insolvenza
Concetto cardine nel nostro ordinamento giuridico per determinare le modalità con cui affrontare e risolvere situazioni di grave difficoltà aziendale. Ai sensi dell’art. 5, 2° co., della legge fallimentare 267/1942, rimasto invariato anche nelle molteplici modifiche o integrazioni sopravvenute nel tempo, lo stato di i. si manifesta con inadempimenti e altri fatti esteriori i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Il 1° co. dello stesso articolo recita che l’imprenditore che si trova in stato di i. è dichiarato fallito. Lo stato di i. è dunque condizione necessaria per il fallimento, ma non è anche sufficiente. Vi sono infatti categorie di imprese o imprenditori per cui lo stato di i. non comporta il fallimento. Ciò accade sia per imprese e imprenditori caratterizzati da esiguità di risorse patrimoniali, di volume d’affari e di massa dei debiti in essere (secondo parametri dettagliati nell’art. 1, 2° co., l. 267/1942, modificato dal d. legisl. 5/2006 e successivamente dal d. legisl. 169/2007), in parole povere troppo piccoli perché valga la pena di mettere in moto una procedura complessa come quella fallimentare, sia, al contrario, per aziende che per numero di dipendenti e massa di debiti sono troppo rilevanti per consentirne la repentina scomparsa. In caso di i. queste ultime vengono dunque sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria (d. legisl. 270/1999) nella speranza di risollevarne le sorti o quantomeno di dilazionare per un certo periodo la loro chiusura. Altre imprese di tipo particolare (come banche, assicurazioni e società cooperative) sono soggette, a cagione della loro particolare importanza sociale, alle cautele di uno speciale procedimento amministrativo (la liquidazione coatta amministrativa), che mira a garantire una ordinata e non turbolenta cessazione dell’attività.
Il legislatore distingue lo stato di i. dallo stato di crisi, che è la condizione richiamata per l’ammissione al concordato preventivo, procedura concorsuale alternativa e ben più leggera di quella fallimentare. Sulla differenza fra stato di crisi e stato di i., la giurisprudenza e la dottrina non sono del tutto concordi. Sembra comunque che il punto chiave sia l’irreversibilità dell’i. anche in presenza di tagli (peraltro contenuti) alle posizioni debitorie. Il giudizio sulla esistenza o meno dell’i. può essere molto difficile. La questione risulta particolarmente delicata quando, anziché alle imprese, si applichi a istituzioni finanziarie o a Stati sovrani. In questi casi entrano in gioco da un lato fattori di credibilità e reputazione del debitore e dall’altro atteggiamenti di panico irrazionale dei creditori, che possono determinare l’i. anche nel caso in cui la situazione potrebbe oggettivamente essere definita come agevolmente superabile.
L’i. fraudolenta è il delitto contro il patrimonio mediante frode e consiste nel contrarre un’obbligazione con il proposito di non adempierla dissimulando verso la controparte contrattuale il proprio stato di insolvenza.