informazione neurale
La determinazione di come l’attività dei neuroni rappresenti l’informazione che riguarda l’ambiente circostante è un prerequisito fondamentale per lo studio e la comprensione delle funzioni cerebrali sensoriali. L’output dell’elaborazione elementare effettuata da ogni singolo neurone consiste in una sequenza temporale di impulsi elettrici identici. La neurofisiologia si propone dunque di comprendere il codice neurale, cioè il modo in cui l’informazione viene rappresentata tramite queste sequenze. Studi recenti hanno dimostrato che il codice neurale non si basa solo sull’identificazione dei neuroni attivi o sul conteggio del numero di impulsi emessi da ogni neurone. I codici neurali, al contrario, si basano spesso sulla struttura temporale della sequenza di impulsi, perciò forniscono un’informazione sugli stimoli sensoriali molto più ampia di quella ottenibile dal semplice conteggio del numero di impulsi. [➔ cervello, modelli per l’attività su larga scala; cervello, struttura e funzione del; codice di comunicazione neurale; neurone; plasticità neurale; reti neurali] Lo studio dell’i. n. si occupa del modo in cui i neuroni comunicano tra loro e si scambiano informazioni. L’elaborazione neurale viene svolta collettivamente da insiemi di milioni di neuroni, ognuno dei quali riceve segnali da migliaia di altri neuroni ed è in grado di inviarne ad altrettanti. L’output dell’elaborazione elementare effettuata da ogni singolo neurone consiste in una sequenza temporale di impulsi elettrici identici, chiamati potenziali d’azione. Le sequenze di impulsi emessi dai neuroni sensoriali in risposta a specifici cambiamenti nell’ambiente circostante forniscono al cervello l’informazione sul mondo esterno in base alla quale prendere decisioni e reagire agli eventi. Per questo motivo, la determinazione delle sequenze di attività che meglio rappresentano le parti più salienti dell’ambiente esterno e la determinazione del significato di ogni sequenza di risposta neurale costituiscono un prerequisito fondamentale per capire come funzionano i sensi. Dunque, uno degli obiettivi principali della neurofisiologia consiste nel comprendere il codice neurale, cioè il modo in cui l’informazione viene rappresentata tramite queste sequenze.
I primi progressi nella comprensione del codice neurale furono compiuti quando si scoprì che aree cerebrali diverse sono associate a funzioni diverse: per es., l’attività della corteccia visiva veicola informazioni su ciò che l’animale sta vedendo, quella della corteccia motoria sui movimenti che sta per compiere, e così via. Dunque, il primo modo in cui i neuroni trasmettono informazione è lo sviluppo di una selettività di risposta rispetto a caratteristiche particolari degli stimoli. Un esempio classico viene dai neuroni nella corteccia visiva primaria dei mammiferi. In questa regione cerebrale i neuroni, di solito, sono più sensibili a stimoli (strisce o barre) disposti con una certa orientazione in una certa parte del campo visivo. Questa selettività di risposta all’orientazione permette ai neuroni di trasmettere informazioni su alcuni aspetti delle immagini presenti sulla retina. Esempi analoghi si possono estendere ad altre modalità sensoriali: per es., determinati neuroni nella corteccia uditiva rispondono preferenzialmente in presenza di un suono con una certa frequenza, e così via.
La selettività rispetto a caratteristiche particolari di uno stimolo fornisce un esempio della codifica basata sull’identificazione: la conoscenza di quali neuroni nel cervello siano attivi fornisce informazione sull’ambiente in cui si trova l’animale. La codifica basata sull’identificazione è strettamente connessa all’idea secondo la quale i neuroni delle aree sensoriali fungono da rivelatori di caratteristiche: ad attivare selettivamente i neuroni sono le caratteristiche (o gli insiemi di caratteristiche) di uno stimolo, che cade nel campo recettivo del neurone. Il cervello utilizza una codifica basata sull’identificazione, ma il codice neurale è sicuramente molto più complesso. In partic., come ha dimostrato il lavoro classico di Edgar D. Adrian, dell’Università di Cambridge (Regno Unito), nel 1926, un neurone non si limita a rispondere soltanto a un tipo di stimoli, rimanendo silente quando sono presenti stimoli che non gli ‘interessano’, come succederebbe nel caso di codifica a identificazione. Il neurone, invece, risponde di solito a una certa classe di stimoli e non a uno stimolo solo. Nella grande maggioranza dei casi risponde anche in maniera graduale, ossia emette un numero molto alto di impulsi quando è presente uno stimolo particolarmente efficace (per es., un’immagine ad alto contrasto) e un numero intermedio di impulsi per stimoli un po’ meno efficaci (per es., un’immagine di medio contrasto). Questo dimostra che i neuroni non usano soltanto un tipo di codifica basato sull’identificazione, ma anche una codifica basata sul numero di impulsi emesso: un numero di impulsi elevato segnala uno stimolo efficace, mentre un numero basso indica uno stimolo poco efficace, e così via. È importante notare che il tipo di codifica a conteggio non costituisce una necessità logica: nell’ambito di una codifica basata puramente sull’identificazione (per es., un maggiore contrasto nell’immagine), questa potrebbe semplicemente corrispondere, in linea di principio, a un maggior numero di neuroni visivi attivi. Questa descrizione, però, non si adatta al comportamento dei neuroni osservato sperimentalmente: infatti viene utilizzato un ulteriore grado di libertà del segnale, il conteggio degli impulsi, in modo tale che l’intensità del contrasto dell’immagine possa essere codificata da un solo neurone. Il sistema nervoso sfrutta dunque una dimensione o grado di libertà ulteriore nelle sequenze di impulsi, incrementando così la sua potenziale efficienza.
Per molto tempo si è ritenuto che l’informazione fosse codificata solo attraverso l’identificazione dei neuroni attivi (codifica basata sull’identificazione) e attraverso il numero di potenziali di azione da loro emessi (codifica basata sul conteggio). Ricerche più recenti (a partire dal 1976 in poi) hanno esaminato la possibilità che i neuroni sfruttino in modo più efficiente la loro capacità di trasmissione dell’informazione, codificando i messaggi attraverso la struttura temporale delle sequenze di impulsi emesse. La codifica temporale è definita come quella che usa i tempi di emissione degli impulsi (e non soltanto il loro numero) per rappresentare lo stimolo. Questo avviene quando il neurone codifica due diversi stimoli emettendo lo stesso numero di impulsi, ma usando una sequenza temporale di impulsi diversa per ognuno dei due stimoli. Gli studi effettuati a partire dagli anni Novanta del secolo scorso hanno chiaramente dimostrato che i codici neurali temporali contengono molta più informazione sugli stimoli sensoriali di quella nel codice a conteggio.
Studi svolti nel primo decennio del 21° sec. hanno rilevato diversi tipi di codici temporali utilizzati dai neuroni, che si differenziano in base alla diversa sequenza di risposta usata per trasmettere informazioni.
Codifica a latenza. Il modo più semplice in cui i neuroni usano la dimensione temporale della risposta per trasmettere informazioni è il codice a latenza, in cui i diversi attributi dello stimolo vengono rappresentati dalla latenza della risposta, definita come l’intervallo di tempo che intercorre tra la presentazione dello stimolo e la prima risposta neurale. Questo tipo di codifica è molto usato nelle cortecce sensoriali primarie; comporta il vantaggio di essere velocissima (nessuna parte del segnale è misurabile prima della latenza), ma anche lo svantaggio di dover far uso di un sistema di riferimento temporale esterno al cervello (il tempo di presentazione dello stimolo) per funzionare. In alcuni casi è possibile che questo tipo di segnale esterno sia disponibile ai neuroni, per es. quando la percezione è un processo attivo iniziato dal soggetto stesso (come quando si palpa una superficie con le dita). In altri casi (per es., quando viene percepito un suono distante e inatteso) è meno chiaro se i neuroni possano avere accesso a questo sistema temporale esterno.
Codifica a intervalli. Per evitare di usare un sistema di riferimento esterno, il sistema nervoso impiega anche altri tipi di codifica basati su un sistema di riferimento temporale generato internamente, e quindi decodificabili anche senza bisogno di segnali esterni. L’esempio più notevole è la cosiddetta codifica a intervalli, in cui i diversi attributi dello stimolo vengono rappresentati dagli intervalli temporali che separano gli impulsi emessi dal neurone. Questo tipo di codifica è ben documentato, specie a livello di sistema nervoso periferico e nelle strutture sottocorticali.
Codifica a oscillazioni. Un altro tipo di codifica temporale basato su sistemi di riferimento interni è quello a oscillazioni. In questo caso il sistema nervoso genera variazioni periodiche (oscillazioni) dell’attività locale della rete neurale. I vari attributi dello stimolo possono essere codificati dai singoli neuroni mediante il tempo, misurato rispetto all’inizio dell’oscillazione, a cui gli impulsi vengono emessi. La codifica a oscillazioni è stata documentata nei sistemi sensoriali primari, specie in risposta a stimoli naturali (per es., oggetti provenienti dall’ambiente naturale nel caso del sistema visivo, o rumori ambientali e linguaggio per il sistema uditivo).
La difficoltà principale nello studio dell’i. n. sta nel fatto che i tipi di codifica utilizzati da ogni neurone non sono noti a priori, ma devono essere valutati empiricamente comparando la qualità e la fedeltà con cui ogni codice può rappresentare gli stimoli. Questa valutazione è complicata dal fatto che le risposte di singoli neuroni sono caratterizzate da una certa variabilità: la ripetuta presentazione dello stesso stimolo porta ogni volta a una risposta diversa. Ci sono varie ragioni che spiegano questa variabilità, la più importante delle quali è che le risposte dei neuroni non dipendono solo dallo stimolo esterno, ma anche dallo stato interno della rete neurale al momento in cui lo stimolo è ricevuto. Lo stato della rete dipende a sua volta da quali sono le intenzioni dell’organismo o dal suo stato emotivo, dallo stato di vigilanza, ecc. Questa variabilità implica che la valutazione della qualità di diversi codici neurali nel rappresentare lo stimolo non può essere fatta semplicemente abbinando in maniera visiva stimoli e risposte. Deve essere invece valutata con criteri statistici. Il più diffuso di questi criteri è la misura della mutua informazione (➔ segnali cerebrali, analisi dei) che il codice neurale considerato trasmette riguardo agli stimoli. La mutua informazione misura la differenza tra l’incertezza riguardo a quale stimolo viene presentato, in cui si trova un osservatore esterno del codice neurale specificato prima dell’osservazione della risposta neurale, e l’incertezza che caratterizza l’osservatore dopo aver osservato la risposta. La mutua informazione misura questa incertezza in unità di bit: ogni bit fornito dal neurone corrisponde a un dimezzamento dell’incertezza dell’osservatore. In parole più semplici, un bit corrisponde all’informazione guadagnata ricevendo una risposta corretta a una domanda a cui si può rispondere solo sì o no. La valutazione dei codici neurali con la teoria dell’informazione viene solitamente compiuta presentando ripetutamente una serie di stimoli sensoriali diversi, registrando l’attività neurale in risposta a questi stimoli, e quantificando, infine, quale tipo di codice neurale fornisce più bit di mutua informazione.
I diversi codici neurali temporali non si distinguono solo per il tipo di sequenza usata per trasmettere informazione, ma anche per le scale temporali a cui trasmettono tale informazione. Queste ultime possono essere misurate determinando qual è la precisione temporale con cui si devono misurare i tempi di emissione degli impulsi per estrarre tutta l’informazione disponibile nel segnale neurale. Studi effettuati a partire dall’inizio del 21° sec. hanno dimostrato che i codici di latenza e di intervalli usano scale di tempo molto precise, dell’ordine di pochi millisecondi o al massimo di poche decine di millisecondi. I codici oscillatori, invece, codificano informazione su scale temporali molto più lente, dell’ordine delle centinaia di millisecondi. Stefano Panzeri e collaboratori hanno recentemente dimostrato (2008) che l’abilità del sistema nervoso di generare codici neurali su scale di tempo così diverse ha un vantaggio importante in termini di funzione sensoriale: in questo modo due diversi codici operanti su scale temporali diverse possono simultaneamente coesistere senza interferire tra loro, aumentando così la capacità totale di trasmissione dell’informazione da parte dei neuroni.
L’osservazione che un codice neurale porta più informazione rispetto a un altro suggerisce, ma non implica necessariamente, che il codice maggiormente informativo sia usato dal sistema nervoso preferenzialmente per prendere decisioni che portano a comportamenti appropriati. Solo negli ultimi tempi alcuni studi hanno cominciato a valutare se la struttura temporale della risposta neurale non solo porti più informazione, ma abbia anche un impatto profondo sul comportamento dell’animale. Lo studio più convincente al riguardo è stato effettuato nel laboratorio di Sheila Nirenberg dell’Università Cornell di New York che, nel 2009, ha dimostrato come il codice temporale nella retina debba essere quello necessariamente usato dal sistema nervoso per riconoscere immagini con caratteristiche diverse. L’evidenza si basa sul fatto che, usando come codice il numero di impulsi emessi dai neuroni della retina, il resto del cervello non riceve una quantità di informazione sufficiente a raggiungere un riconoscimento delle immagini affidabile e preciso quanto quello raggiunto dagli animali di laboratorio. Stefano Panzeri