ospedaliera, infezione
Infezione che insorge nel corso di un ricovero in ospedale, o in alcuni casi dopo che il paziente è stato dimesso, e che non era manifesta clinicamente né in incubazione al momento del ricovero. Tutte le infezioni già presenti al momento del ricovero (con un quadro clinico manifesto o in incubazione) vengono, invece, considerate acquisite in comunità (quindi denominate infezioni comunitarie), a eccezione di quelle correlabili a un precedente ricovero ospedaliero. I pazienti rappresentano la popolazione a maggior rischio di infezione o., ma anche altre figure professionali possono contrarre, anche se meno frequentemente, un’infezione nel contesto dell’ospedale: personale ospedaliero, personale volontario di assistenza, studenti, tirocinanti.
Un ruolo centrale nella trasmissione delle infezioni è svolto dalle mani del personale ospedaliero: moltissimi microrganismi sia gram-positivi (Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis) sia gram-negativi (Escherichia coli, Serratia, Enterobacter, Acinetobacter spp., Pseudomonas spp) sono in grado di colonizzare temporaneamente o stabilmente le mani. Anche tutti i liquidi (farmaci, apparecchiature contenenti liquidi ecc.) rappresentano un buon serbatoio per i microrganismi, in partic., per le Enterobacteriaceae, che per questo motivo sono molto spesso causa di infezioni ospedaliere. Nel caso di gram-positivi, il serbatoio e la fonte di infezione sono in genere rappresentati dall’uomo (soggetti colonizzati o infetti). L’ambiente ospedaliero (inteso come insieme di sistemi idrici, sistemi di ventilazione, superfici ambientali, ecc.) gioca, al contrario di quanto si credeva alcuni anni fa, un ruolo importante nella trasmissione delle infezioni. La frequenza di infezioni o. dipende da tre fattori principali: il tipo di pazienti ricoverati (gravità delle condizioni cliniche); il profilo assistenziale praticato (complessità degli interventi assistenziali); le misure adottate per ridurre la frequenza di infezioni ospedaliere. Ci si deve dunque attendere che la frequenza di infezioni sia più elevata negli ospedali di terzo livello che ricoverano pazienti in condizioni cliniche gravi e che praticano profili assistenziali complessi.
Le infezioni o. interessano quattro sedi principali dell’organismo, che rendono conto dell’80% circa di tutte le infezioni osservate: il tratto urinario, le ferite chirurgiche, l’apparato respiratorio, le infezioni sistemiche (sepsi, batteriemie). Tra queste le più frequenti sono le infezioni urinarie, che da sole rappresentano il 35÷40% di tutte le infezioni ospedaliere. I reparti nei quali si osserva una frequenza più elevata di infezioni ospedaliere sono quelli che ricoverano pazienti gravi e nei quali si effettuano interventi assistenziali invasivi: in partic., i reparti di terapia intensiva e i reparti chirurgici.
Non tutte le infezioni ospedaliere sono prevenibili: è quindi indispensabile attuare sistemi di sorveglianza per valutare quelli attribuibili a problemi di qualità dell’assistenza. Si possono prevenire le infezioni associate ad alcune procedure, riducendo quelle non necessarie,attraverso la scelta di presidi più sicuri e una scrupolosa asepsi. In termini di sanità pubblica è importante attuare programmi di controllo a diversi livelli (nazionale, regionale, locale), per attuare tutte le misure necessarie ed efficaci a ridurre al minimo il rischio di complicanze infettive durante il ricovero.