automobilistica, industria
Attività produttiva del settore secondario dell’economia volta alla produzione di automobili.
Dopo diversi esperimenti nel corso della prima parte dell’Ottocento, attorno al 1880 si consolidò la tecnologia del motore a combustione interna. A pochi anni dall’invenzione da parte di N.A. Otto del motore a quattro tempi (1876), si aprirono i primi stabilimenti per la produzione di autoveicoli a motore, la De Dion, Buton et Trépardoux in Francia e la Benz & C. in Germania (1883). Benz e Daimler 3 anni dopo presentarono indipendentemente i loro motori, che costituirono elemento essenziale per lo sviluppo delle loro imprese; nel 1892 R. Diesel brevettò il suo motore. Nel 1899 venne introdotta la frizione, così da permettere l’avvio del veicolo da fermo, senza doverlo spingere manualmente nell’avvio. Da quel momento in quasi tutti i Paesi si consolidò l’industria dell’automobile, che divenne ben presto simbolo stesso della nuova fase del capitalismo industriale. Con H. Ford si sviluppò fin dall’inizio il nuovo modello di produzione, incentrato sulla catena di montaggio; nel 1913 introduceva nella sua azienda il nastro trasportatore per la produzione di massa di motori a benzina, dando il via a un ciclo organizzativo che consolidò in ogni Paese l’industria dell’automobile come settore centrale per lo sviluppo industriale. La Ford Motor Company venne seguita nel 1908 dalla General Motors e nel 1925 dalla Chrysler, dando vita a quella triade che progressivamente concentrò l’intero settore nel Nord America. ● In Italia la storia dell’automobile iniziò fin dal 1880, quando E. Bernardi realizzava un prototipo con motore a benzina, che solo nel 1894 iniziò a produrre artigianalmente. Tuttavia è con la nascita nel 1899 della FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino) a opera di un gruppo di possidenti piemontesi, e soprattutto con l’emergere di G. Agnelli al suo vertice, che si avviò anche in Italia una produzione industriale di automobili. L’accelerazione nella produzione di veicoli a motore avvenne con la Prima guerra mondiale quando, oltre alla FIAT, Ansaldo e altri produttori raggiunsero la dimensione di massa. La FIAT avviò nel 1916 l’impianto del Lingotto, primo impianto moderno italiano, che tuttavia entrò in produzione nel 1923 quando, con la fine della guerra, si dovette ridisegnare tutto il mercato interno, a fini civili, per poi tornare a crescere rapidamente nella nuova fase bellica, avviata già con la guerra di Etiopia.
A livello europeo tutti i Paesi sostennero le loro produzioni nazionali, e in particolare in Germania venne fondata per volere del regime nazista nel 1937 la Volkswagen per la produzione di ‘auto del popolo’, da contrapporsi alle costosissime Mercedes-Benz, affidata a F. Porsche, che progettò un’auto di piccole dimensioni per la motorizzazione di massa del Paese. In Giappone la storia dell’automobile iniziò con l’impianto di Daihatsu nel 1907; Toyota nacque, invece, nel 1933, quando venne aperta la divisione motoristica della Toyoda Automatic Loom, già attiva dal 1890 nel settore dei telai tessili.
In tutti i Paesi la guerra portò a un aumento delle produzioni, ma anche alla pressoché totale distruzione degli impianti al termine del conflitto in Europa e in Giappone. La ricostruzione e il rilancio avvennero con una crescente accelerazione nel dopoguerra in Europa e negli Stati Uniti e, dagli anni 1960, in Giappone. Nel 1950 la produzione mondiale era di 10,5 milioni di auto, concentrate per il 79% in USA e Canada e per il 19% in Europa Occidentale. Nel 2001 la produzione è salita a 60 milioni di vetture, ma la quota di Stati Uniti e Canada è scesa al 24%, quella dell’Europa Occidentale è salita al 31%, quella del Giappone al 17%, mentre il 28% viene prodotto nel resto del mondo. Nel 2009 la quota del resto del mondo e, in particolare di Cina, India e Brasile, è raddoppiata, raggiungendo il 56% del totale, mentre i volumi del Nord America sono tornati agli stessi degli anni 1950 e le produzioni europea e giapponese si sono ridotte drasticamente, dimostrando quanto sia stata profonda la crisi economica del 2008-2009, ma anche come sia cambiata la geografia industriale nel contesto globale.