La religione è un elemento fondamentale dell’identità nazionale polacca. La Polonia è infatti un paese prevalentemente cattolico e questo distingue i suoi abitanti dai vicini tedeschi, in gran parte protestanti, e dai russi, ortodossi. La Chiesa cattolica, ben ramificata su tutto il territorio polacco tramite le parrocchie, rappresenta non soltanto un punto di riferimento religioso, ma anche culturale e sociale. Quest’ultimo aspetto è emerso in tutta la sua evidenza durante gli anni della Guerra fredda e del regime comunista, in particolare dopo l’elezione a pontefice del cardinale polacco Karol Wojtyła nel 1978. Da quel momento il ruolo della Chiesa come elemento aggregante degli elementi anticomunisti si è andato sempre più intensificando, anche grazie al sostegno dato dalla Chiesa al movimento Solidarnos´c´.
Ancora oggi le parrocchie, soprattutto nelle aree rurali del paese, fungono da perno della vita sociale e garantiscono servizi di assistenza alla popolazione in ambito sociale, sanitario ed educativo. La Chiesa continua a svolgere un ruolo attivo anche nella vita politica del paese, e la società civile polacca risulta spesso divisa sull’ingerenza di questa istituzione nella vita pubblica. Le campagne elettorali sono spesso caratterizzate da nette prese di posizione da parte della Chiesa polacca. La polemica circa l’influenza della Chiesa si riflette anche in ambito legislativo: Varsavia, per esempio, dispone di una delle leggi più restrittive sull’aborto in Europa. Nel 2009, inoltre, la Polonia ha ratificato il Trattato di Lisbona con una clausola di esenzione (opting out) nei confronti della Carta sui diritti fondamentali dell’Unione Europea, in quanto il partito Pis temeva che il paese potesse perdere la propria sovranità su alcune materie come aborto, matrimoni tra persone dello stesso sesso e eutanasia.