Il mondo delle piante
La storia di ogni pianta comincia con un seme caduto nella terra. Esso darà vita a una pianta, che a sua volta crescerà e diventerà sempre più grande. La pianta farà poi dei fiori, dei frutti e dei semi. E questi semi forse finiranno nella terra, dando vita ad altre piante, che a loro volta diventeranno grandi…
È dal seme che comincia la vita di ogni pianta. Per far nascere una pianta di fagiolo, prendiamo un po' di ovatta, bagniamola con l'acqua, mettiamola in un piattino e poggiamoci sopra qualche seme di fagiolo. Possiamo provare anche con chicchi di grano o di mais, con lenticchie, ceci o semi di mela o di lattuga. Teniamo il piattino in un ambiente tiepido (se è inverno, possiamo metterlo vicino al termosifone) e ricordiamoci di inumidire l'ovatta tutti i giorni. In questo modo i semi si troveranno in un ambiente simile a quello che trovano nella terra dei prati o dei campi. Dopo qualche giorno ad alcuni semi saranno spuntate le radici, e dopo un altro po' di tempo anche delle foglioline verdi. Non tutti i semi si saranno comportati allo stesso modo: alcuni avranno già formato la piantina, altri, più pigri, staranno ancora aspettando.
Prima di germinare, cioè prima di tirare fuori le radici e le foglioline, il seme di fagiolo non era proprio vivo: era secco e come addormentato, non si nutriva e non cresceva. Ma quando l'acqua è entrata al suo interno sono successe molte cose. Il seme, in un certo senso, si è risvegliato. Innanzitutto, ha cominciato a respirare. Attraverso i minuscoli buchi sulla buccia, infatti, è entrato l'ossi geno. Oltre all'ossigeno è entrata anche l'acqua che lo ha fatto gonfiare ed è cominciata la trasformazione delle sostanze necessarie a far crescere la futura piantina. Questa piantina ha cominciato a nutrirsi, cioè ad assorbire le sostanze racchiuse nel seme che erano state accumulate lì dalla pianta-madre.
Con l'aria, l'acqua e il nutrimento il seme ha formato le radici e le foglie. Ora possiamo piantare il nostro germoglio in un vaso di terra. Con un po' di attenzione (dobbiamo annaffiarlo regolarmente, fare in modo che non si geli se fa troppo freddo e che abbia una giusta quantità di luce del sole) e un po' di fortuna, il germoglio può diventare una bella pianta robusta e forte, con tante foglie. Poi, con il passare del tempo, la pianta comincerà a fare i fiori.
È importante che i semi di ogni pianta si possano spargere su un territorio vasto. Se questo non accadesse, sotto ogni albero ci sarebbe un sovraffollamento di piantine nate dai semi caduti in terra. Naturalmente non tutti i semi che cadono nella terra riescono a germinare. Molti non trovano le condizioni ideali: magari non c'è abbastanza acqua, oppure fa troppo freddo per mettere fuori le radici. Come fa un seme a germinare lontano dal luogo in cui cade? Alcuni possono essere beccati dagli uccelli e trasportati altrove. Altri semi hanno piccoli peli a forma di uncino che si attaccano alla pelliccia degli animali e così vengono portati lontano dal luogo d'origine. Altri ancora hanno una specie di ali che li fanno volare con il vento. Ognuno di noi poi trasporta dei semi da un posto all'altro. Basta guardare sotto le scarpe dopo una passeggiata in campagna per vedere quanti semi si trovano nel terriccio attaccato alle suole.
Come tutti gli esseri viventi, anche le piante per vivere devono nutrirsi. E lo fanno fabbricando da sole il cibo di cui hanno bisogno. Come? Utilizzando l'acqua, l'aria e la luce del sole, ingrediente fondamentale perché possa iniziare il processo di trasformazione
Per capire come si nutrono le piante, bisogna indagare su quello che accade nelle foglie. Basta osservare da vicino una pianta: vedremo che le foglie sono attaccate al fusto attraverso un picciolo. Ogni foglia è ricca di nervature, cioè di minuscoli tubicini che, come le vene del corpo, servono a trasportare acqua e sali dalle radici alle foglie, e acqua e zuccheri dalle foglie alle diverse parti della pianta. L'acqua, che è presente nel terreno, arriva nelle foglie salendo dalle radici lungo il fusto. L'acqua è un ingrediente fondamentale per la vita delle piante. Ma da sola non è sufficiente. C'è bisogno anche dell'anidride carbonica, cioè di un gas che si trova nell'aria. L'anidride carbonica penetra nella foglia attraverso alcune fessure che sono presenti sulla sua superficie, gli stomi. È proprio con acqua e anidride carbonica che le foglie verdi possono costruire gli zuccheri che formano il nutrimento per l'intera pianta.
L'incontro tra l'acqua e l'anidride carbonica avviene all'interno delle foglie, proprio nella loro polpa. Questi due ingredienti in un primo momento sono separati. Per farli mescolare c'è bisogno di una specie di frullatore, che li rompa in minuscole particelle per poi riunirle. A fare da frullatore è la clorofilla, la sostanza verde che dà il colore alle foglie. Come i frullatori, anche la clorofilla per funzionare ha bisogno di energia che le viene fornita dai raggi del sole. Infatti, se cerchiamo di coltivare una piantina al buio, vedremo che dopo un po' la piantina muore, perché non è in grado di fabbricare il suo nutrimento senza la luce. I pezzettini di acqua e di anidride carbonica, mescolati nel frullatore-clorofilla, si riattaccano in modo diverso rispetto a come erano disposti all'inizio e danno origine a nuovi ingredienti. Alcuni di essi, che chiamiamo zuccheri, restano dentro la pianta e si trasformano in legno, foglie e altro. Altri ingredienti, che chiamiamo ossigeno, escono dalle foglie e tornano di notte nell'aria.
Questo processo si chiama fotosintesi clorofilliana, ed è ciò che rende le piante importanti per la vita sulla Terra: perché tramite l'acqua e l'anidride carbonica esse si formano, crescono e costruiscono il nutrimento per gli animali, e perché restituiscono all'aria l'ossigeno, necessario a tutti gli organismi per respirare.
Si chiamano piante carnivore ma non sono certo pericolose come quelle che si vedono nei film dell'orrore. Almeno, non sono pericolose per gli esseri umani. Quelli che devono stare attenti sono gli insetti. Perché queste piante li intrappolano con le loro foglie e… li digeriscono, cioè li mangiano per ricavare alcune sostanze che non riescono a prendere dal terreno ma di cui hanno bisogno per crescere. Alcune specie di piante, come la Dionea, hanno foglie a cerniera, la cui superficie interna presenta alcuni peli che avvertono quando un insetto si muove sulla foglia e fanno chiudere la cerniera, così l'animaletto resta intrappolato. Altre, come la Sarracenia flava, attirano gli insetti nelle loro foglie ripiegate a imbuto: le pareti di queste foglie sono così lisce che gli animali caduti lì dentro non riescono più a uscire.
Come tutti i viventi, anche le piante si riproducono. Per dare origine a una nuova pianta c'è bisogno di far incontrare una parte maschile (il polline) e una parte femminile (l'ovulo). Questo incontro avviene nel fiore. Grazie agli insetti, agli uccelli, al vento…
Come gli esseri viventi (umani e animali), anche le nuove piante nascono dall'incontro di una parte maschile e una femminile: sia la parte maschile sia quella femminile si trovano all'interno dei fiori. Aprendo delicatamente con le mani i petali che formano la corolla di un fiore scopriremo che all'interno ci sono tanti filamenti, alcuni grossi e altri sottili, che servono alla pianta per riprodursi. La parte maschile è rappresentata dal polline, quella polverina gialla che ci si appiccica al naso quando annusiamo un fiore. Il polline è contenuto in una specie di sacchetta che si trova sulla cima dei filamenti sottili (gli stami). La parte femminile, invece, è rappresentata dagli ovuli racchiusi nell'ovario, quella specie di birillo che sta proprio nel centro del fiore. Se guardiamo bene, sulla cima di questo birillo vedremo un imbuto (lo stigma) dal quale entrano i granelli di polline, che scenderanno poi nell'ovario a incontrare gli ovuli.
È proprio nell'ovario che avviene la fecondazione, cioè l'incontro tra la parte maschile e quella femminile, necessaria per formare il nuovo seme. L'ovario diventerà il frutto che al suo interno conterrà uno o moltissimi semi (basta pensare a quelli del pomodoro o del kiwi!). Quando i semi finiranno nella terra, potranno germogliare e dare vita a nuove piante.
Non basta però un solo fiore per formare una nuova pianta: infatti la parte maschile di un fiore non può fecondare la parte femminile dello stesso fiore, perché i tempi di maturazione del polline e degli ovuli sono diversi. E se il polline di una rosa cade su una margherita, cosa succede? Proprio niente: perché i fiori che mandano e ricevono il polline devono essere della stessa specie, altrimenti l'incontro tra la parte maschile e quella femminile non avviene. Così come è impossibile, in natura, far nascere un figlio da un cane e da una gatta.
Come fa il polline di un fiore a finire su un altro fiore, anche molto lontano? Spesso i granellini sono trasportati da animali che volano e che funzionano da impollinatori. Possono essere gli insetti (le api, per esempio, ma anche le farfalle e le mosche), alcuni uccelli e persino i pipistrelli. Quando un'ape si posa su un fiore per succhiare il nettare, un liquido molto dolce che agli insetti piace moltissimo, il polline rimane appiccicato sul suo corpo. Quando poi l'ape si sposta su un altro fiore, forse lascerà su questo i granellini presi dal fiore precedente, e così via. Altre volte, invece, è il vento che trasporta il polline da un fiore all'altro.
Come fanno gli impollinatori a riconoscere i fiori su cui posarsi? Molti sono attirati dal colore, altri dal profumo e altri ancora dal sapore dolce di nettare. Alcuni coleotteri si posano solo sui fiori di colore giallo, alcune farfalle vanno soltanto verso i fiori che hanno puntini chiari, come quelli della Digitale. Anche gli uccelli preferiscono fiori con caratteristiche particolari: il colibrì, per esempio, si posa soltanto sui fiori rossi. Oltre che dal colore, gli impollinatori possono essere attirati anche dall'odore di certi fiori. Alcune mosche sono attratte dai fiori che puzzano di carne marcia, mentre altri fiori sanno di pesce marcio o addirittura di carogna. E ci sono insetti che ne vanno pazzi!
Sia la pera sia la zucchina sono frutti, anche se hanno un sapore e un aspetto così diversi e si mangiano in modi molto differenti. E, come tutti i frutti, contengono i semi che in condizioni opportune potranno dare vita ad altre piante.
Dopo che i granelli di polline sono entrati negli ovuli, l'ovario del fiore femminile comincia a ingrossarsi. Man mano che i giorni passano, i petali del fiore si seccano e cadono. L'ovario, sempre più gonfio, cambia colore (e a volte anche sapore: c'è una bella differenza tra una mela acerba e una matura!). Quello che chiamiamo frutto è proprio l'ovario ingrossato, sia che si tratti di una pera sia di una zucchina, e quelli che chiamiamo semi sono gli ovuli fecondati. Alcuni ovari diventano frutti grossi e carnosi, come i pomodori o le melanzane, altri sono invece più secchi o sottili, come il baccello che contiene i fagioli o i piselli. Altri ancora sono talmente particolari che non sembrano proprio dei frutti: per esempio il riccio della castagna è un frutto, anche se a nessuno verrebbe in mente di mangiarlo. Nel caso della ghianda di quercia, qual è il frutto e qual è il seme?
Quelli che si vendono al mercato sono frutti buoni da mangiare. Ma, attenzione, non tutti i frutti sono commestibili. Alcuni hanno semplicemente un cattivo sapore, altri invece sono addirittura velenosi, anche se hanno un aspetto invitante e appetitoso. E poi ci sono delle belle bacche rosse che fanno venire il mal di pancia!
All'interno del frutto si sviluppano i semi a cui arriva il nutrimento prodotto dalla pianta madre. Qualche volta i semi sono racchiusi in un guscio legnoso, come nel caso delle pesche, delle albicocche o delle mandorle. In altri casi, come per le fragole o le more, i semi non sono racchiusi dal frutto ma disposti sulla superficie.
Quando sarà ben maturo, il frutto pieno di semi (per esempio, una ciliegia, un lampone o un chicco d'uva) cadrà in terra. Se verrà mangiato da un animale, i semi passeranno senza danni nel suo apparato digerente e… finiranno in terra con gli escrementi. A questo punto, se nella terra i semi troveranno condizioni opportune, potranno a loro volta germogliare. Daranno così origine ad altre piantine.
Nel corso dei secoli, gli uomini si sono accorti che dai semi delle piante migliori, cioè quelle più resistenti alle malattie, che crescevano più alte e davano i frutti più grandi e succosi, nascevano a loro volta piante che avevano le stesse caratteristiche: cioè erano resistenti, belle e producevano frutti grossi e saporiti. Così gli agricoltori decisero di avviare un processo di selezione: si prendevano i semi migliori per avere i frutti migliori, da cui di nuovo venivano presi i semi migliori, per avere frutti ancora più grandi e saporiti, e così via. È grazie a questo processo che le mele che mangiamo oggi sono molto diverse, sono più grandi e più dolci delle mele che l'uomo poteva coltivare e raccogliere molti anni fa.
Oggi al mercato si possono comprare tutti i frutti del mondo, in tutte le stagioni dell'anno. Anche se nel nostro paese i pomodori maturano in estate, possiamo trovarne anche in inverno. Questo perché gli agricoltori hanno inventato un sistema di coltivazione in serra. La serra è un posto riparato, umido e caldo anche quando fuori fa molto freddo, con le pareti trasparenti che permettono il passaggio della luce del sole. Qui i semi trovano le condizioni ideali per germogliare, quelle che in natura troverebbero solo in primavera. In altri casi, invece, i pomodori che mangiamo a dicembre arrivano da paesi lontani, dove è piena estate quando da noi è inverno e i pomodori possono maturare al caldo. In genere i frutti che arrivano da altri paesi sono raccolti ancora acerbi e vengono fatti maturare artificialmente, poco prima di essere messi in vendita.
Le piante si accorgono molto bene di quello che succede intorno a loro. Sanno se c'è il sole o se fa buio, oppure se fa freddo o se fa caldo. Sentono com'è fatto il terreno in cui affondano le radici, e se c'è un sostegno su cui arrampicarsi. Alcune di loro reagiscono se qualcuno le sta toccando.
Se osserviamo attentamente il fiore di molti tipi di piante al mattino e alla sera ci accorgeremo che durante il giorno i petali sono ben aperti: stami e pistilli si mostrano agli insetti che raccoglieranno il nettare e il polline. Quando il sole è tramontato, i petali cominciano a richiudersi. Anche le foglie si accorgono dei raggi del sole e si orientano in modo diverso alla luce o al buio. È un ciclo che si ripete ogni giorno, finché il fiore è vitale. Poi, col passare del tempo, il fiore comincia ad appassire e si apre un po' di meno, finché i suoi petali si accartocciano e diventano secchi.
Questo ciclo quotidiano vale per molti fiori, ma non per tutti. Ce ne sono alcuni, come le 'belle di notte', che si aprono alla sera e si chiudono al mattino. I girasoli, invece, si comportano diversamente: è tutto il fusto della pianta che si rivolge alla sorgente di luce. Anche se mettiamo dei semi a germinare in casa vedremo che i germogli si orientano verso la finestra. Se li mettiamo in un luogo chiuso e buio i germogli, invece di essere verdi, saranno pallidi, di colore giallino, perché senza i raggi del sole non si forma la clorofilla.
A volte le piante producono calore: è molto poco, ma basta mettere un termometro in un recipiente pieno di semi che germinano per accorgersene!
I cambiamenti delle piante che dipendono dalla luce del sole hanno un ritmo quotidiano. Ma le piante sono influenzate anche dalla temperatura e cambiano aspetto a seconda delle stagioni. In primavera sui rami compaiono gemme e germogli e spunta l'erba nel prato. In estate gli alberi sono pieni di foglie verdi, ma l'erba comincia a ingiallire. In autunno i rami degli alberi sono ancora pieni di foglie, che però cambiano colore: diventano gialle, rossicce, violette. In inverno invece i rami sono spogli, le foglie cadono sul terreno. Ma ci sono anche piante che amano il freddo e fioriscono quando le temperature sono ancora basse, come il mandorlo. Inoltre, ci sono piante che restano sempre verdi, come pini e abeti.
Oltre ad accorgersi della luce del sole e delle variazioni di temperatura, le piante si accorgono anche della presenza di un sostegno (il ramo di un'altra pianta, un bastone, una parete o rete metallica in un giardino) adatto per arrampicarsi. L'edera e la vite americana, per esempio, per attaccarsi a un muro e salire tirano fuori piccoli rami modificati, che si chiamano viticci. Se li osserviamo da molto vicino, ci accorgeremo che alle loro estremità ci sono tante piccole ventose che servono per attaccarsi meglio.
Le piante riconoscono anche il tipo di terreno in cui vivono. Alcune possono vivere solo sul terriccio del sottobosco, altre riescono a far sviluppare le loro radici nelle rocce calcaree, altre ancora preferiscono la sabbia delle dune vicino al mare o le morene delle montagne.
Alcune piante sentono se qualcuno le tocca, e reagiscono in modo molto visibile. Come la Mimosa pudica, il cui nome significa 'che si vergogna'. Naturalmente la pianta non si vergogna affatto, è solo che se qualcuno tocca con un dito le sue foglie, queste si richiudono immediatamente su sé stesse, un po' come fanno le persone timide. Forse si tratta di una forma di difesa nei confronti degli animali che potrebbero mangiarla.
Per fortuna, sul nostro pianeta esistono tante specie diverse di piante, ciascuna adatta al luogo in cui vive. Alcune specie amano il caldo, altre il freddo. Alcune vivono in mare, altre nei deserti. Alcune sono gigantesche, altre sono così piccole che si vedono solo al microscopio
Per germinare, un seme ha bisogno di trovare la giusta temperatura, la giusta quantità d'acqua, la giusta composizione del terreno. Le condizioni giuste per vivere variano da specie a specie. Ecco perché sulla Terra, in diversi climi, crescono differenti specie di piante. Facciamo un viaggio intorno al mondo, e vediamo quali varietà vivono nelle tante regioni del nostro pianeta.
Immaginiamo di partire dal Polo Nord e di spostarci verso l'Equatore. Nelle regioni più fredde, dove la terra è coperta quasi sempre dai ghiacci, non piove quasi mai e la notte dura ininterrottamente sei mesi all'anno, riescono a sopravvivere solo muschi e licheni. Sono vegetali che possono resistere ai forti venti che spazzano il terreno. Invece nelle regioni temperate (per esempio in Italia) si troveranno prati e boschi con fitto sottobosco. Vicino al mare e dove fa più caldo cresceranno soprattutto le piante della macchia mediterranea.
In quelle sterminate distese d'erba che sono le praterie (come la steppa asiatica, la savana africana e la pampa dell'America Meridionale), la pioggia è concentrata in pochi periodi dell'anno e ci sono forti correnti di aria secca. Per questo la vegetazione in genere è bassa e rada, gli alberi sono spinosi e hanno foglie molto piccole. Assai diverse sono le condizioni del deserto. Le temperature di giorno arrivano a toccare i 50 °C e di notte scendono sotto lo zero. Piove molto raramente, ma quando piove i semi inattivi germogliano rapidamente tutti insieme, e per qualche giorno le distese di sabbia e sassi sembrano un giardino fiorito.
Nel deserto, inoltre, si possono formare riserve di acqua sotterranee che permettono la vita di palme e altri alberi: sono le oasi, gli unici posti dove anche l'uomo può vivere. Ora spostiamoci verso l'Equatore, dove il sole batte forte ma piove quasi tutti i giorni. Qui troviamo la foresta pluviale, composta da piante che amano il caldo e l'umido. Ci sono anche enormi ficus (una pianta che cresce a stento nei nostri appartamenti), orchidee e diversi tipi di funghi.
Quando siamo al mare spesso ci capita di vedere le alghe, a volte sul fondo sabbioso, a volte attaccate agli scogli. Ci sono alghe che invece vivono solo in acqua dolce, nei fiumi e nei laghi. Tutte, comunque, respirano prendendo l'ossigeno disciolto nell'acqua, come fanno i pesci. Anche le alghe, come le piante che vivono sulla Terra, contengono la clorofilla, necessaria per la fotosintesi clorofilliana. Perché avvenga la fotosintesi c'è bisogno di luce, che difficilmente arriva in mare quando è troppo profondo; così, la maggior parte di queste piante acquatiche vive dove l'acqua è bassa, per lo più vicino alle coste.
Come tante piante, alcuni tipi di alghe possono essere mangiati dall'uomo. Per esempio, in Cina se ne fa largo uso. Altre varietà di alghe sono un ottimo cibo per gli animali marini vegetariani.
Le piante grasse (si chiamano così anche se di grasso non hanno proprio niente) possono sopravvivere per mesi senza una goccia d'acqua. Come fanno? Come gli esseri umani perdono acqua attraverso la pelle così le piante perdono acqua dalle foglie. Per non prosciugarsi le piante del deserto sono ricoperte da una pellicola impermeabile, e le loro foglie si sono trasformate in spine, in modo da ridurre la superficie di evaporazione.
Non sono piante vere e proprie. Ma non sono neppure animali. Sono i funghi, un gruppo che comprende organismi a prima vista molto diversi tra loro: funghi come i porcini e i tartufi, ma anche le muffe del pane, il lievito che serve a fare il vino o i formaggi, e persino i 'funghi' che vengono tra le dita dei piedi!
Sembra strano pensare che il porcino, così buono da mangiare, è un parente stretto di quella muffa verdognola che compare sul pane vecchio. Eppure entrambi sono funghi, organismi che non contengono clorofilla e quindi non possono costruire da sé il nutrimento, come fanno le piante verdi. Come gli animali, i funghi si nutrono di sostanze costruite da altri. Alcuni usano sostanze organiche non viventi, come le foglie cadute in terra; altri attaccano organismi vivi e sono capaci di devastare intere piantagioni di frutta. Però è importante che nel loro ambiente ci sia sempre l'acqua.
Se osserviamo da vicino un fungo di quelli che si comprano al mercato, vedremo tante lamelle marroni disposte a raggiera sotto il suo cappello biancastro. Sulle lamelle si forma una polverina leggerissima, costituita da miliardi di spore. Ogni spo-ra è una singola cellula rivestita da una robusta parete che le impedisce di seccarsi. Le spore sono così leggere che il vento può trasportarle anche molto lontano. Se trovano un ambiente adatto, dove c'è nutrimento, aria e umidità sufficiente, possono germinare formando altri funghi. Alcuni funghi possono addirittura crescere sulla nostra pelle. In piscina, per esempio, dobbiamo stare attenti a non fare la doccia a piedi nudi. Infatti, sul pavimento possono essere presenti le spore di un fungo che si annida tra le dita dei piedi e crea macchie biancastre sulla pelle.
Anche il lievito che si compra dal fornaio è una specie di fungo, ed è di grande utilità. Infatti per far gonfiare la pasta del pane o della pizza è necessario aggiungere un pezzettino di lievito, una sostanza biancastra dall'odore pungente, in cui ci sono miliardi di organismi microscopici vivi. Questi organismi usano una parte della farina per formare le bolle di anidride carbonica che rendono soffice la pasta.
I lieviti, in condizioni adatte, trasformano anche il succo d'uva in vino.
Il sapore un po' forte di alcuni formaggi, come il gorgonzola, è dovuto a muffe particolari. Ogni macchiolina verde che vediamo è una colonia formata da moltissimi individui-muffa che vengono fatti crescere durante la lavorazione del formaggio e lo trasformano, dandogli quella consistenza e quell'odore particolare.
La penicillina è un farmaco che ha contribuito a salvare molte vite umane da numerose infezioni batteriche. È prodotta coltivando industrialmente una muffa verde, la stessa che si vede sui limoni e sulle arance andati a male. Questo prezioso rimedio venne scoperto, in modo quasi casuale, da Alexander Fleming, un medico che stava studiando il mondo dei microrganismi. Durante le sue ricerche Fleming si accorse che intorno alle colonie formate da questo tipo di muffa non crescevano i batteri: approfondì lo studio di questa muffa e riuscì a estrarne la sostanza che è in grado di uccidere i batteri. Proprio per questa sua capacità la penicillina è considerata un antibiotico, un tipo di farmaco il cui nome significa 'contro la vita'. Quella dei batteri, naturalmente.
In moltissime cose che usiamo ogni giorno c'è almeno una sostanza che viene dal mondo delle piante: pensiamo alla menta del dentifricio, al limone nel detersivo per lavare i piatti, oppure all'aspirina che prendiamo quando abbiamo mal di testa. Ma la lista non finisce qui.
Per capire quanto sono presenti le piante nella vita di ogni giorno proviamo a far scomparire dalla nostra casa tutti gli oggetti che hanno a che fare con loro. Scompaiono il letto di legno, gli armadi con tutti i cassetti, la scrivania; tutti i libri, i giornaletti e i quaderni, perché la carta viene fatta con la pasta di cellulosa, che è un componente degli alberi. Scompaiono gli strumenti musicali di legno, come il flauto, la chitarra o il pianoforte. Non ci sono più i fiammiferi, le magliette di cotone, le lenzuola e gli asciugamani. Per cena non c'è la pasta, né sugo di pomodoro, né il purè di patate o gli spinaci.
Ma le piante sono 'nascoste' anche in tanti altri posti. È molto probabile che tra i componenti di quella pasta che usiamo per lavarci i denti ci siano le essenze di menta, di eucalipto o di salvia. La menta serve a profumare l'alito (infatti la troviamo anche in molte gomme da masticare), la salvia e l'eucalipto hanno un'azione rinfrescante per la bocca. Estratti vegetali si trovano anche in moltissimi altri prodotti di uso comune: nelle creme idratanti si usa spesso la camomilla o l'olio di mandorla, negli shampoo ci sono le mele verdi o l'ortica, nei deodoranti e nei profumi ci sono il bergamotto o la rosa.
Sin dall'antichità, gli uomini e le donne hanno imparato a utilizzare le caratteristiche di alcune piante per gli scopi più diversi. Quando non esistevano i frigoriferi, per esempio, molti alimenti venivano conservati (v. conservazione degli alimenti) ricoprendoli con particolari spezie, come il peperoncino, per evitare che andassero a male. Ma la cosa più importante è che, quando non esistevano le medicine così come le conosciamo oggi, le malattie si curavano con le piante. Gli abitanti dell'antico Egitto avevano scoperto che la radice di ricino poteva essere usata contro il mal di testa, o che dal papavero si poteva estrarre un buon anestetico per le operazioni chirurgiche. E i Romani, duemila anni fa, usavano la polpa di zucca per farsi passare il mal di denti, o l'infuso di mammole contro la congiuntivite.
Ancora oggi, molti farmaci sono ottenuti a partire da estratti vegetali. La comunissima aspirina contiene, per esempio, l'acido acetilsalicilico, che si chiama così perché viene ricavato da un estratto della corteccia di salice.
Prima che i Cinesi inventassero la carta, duemilacinquecento anni fa si scriveva su fogli di papiro. Questa pianta cresceva spontaneamente in Siria, in Palestina, in Mesopotamia, lungo il corso del Nilo e del Niger. Ecco come lo scrittore latino Plinio il Vecchio, nel 79 d.C., descrive la lavorazione del papiro: "Il fusto veniva tagliato in strisce sottili per il lungo con un coltello e venivano poste l'una accanto all'altra su di una tavola fino a formare la grandezza del foglio desiderata; sopra questo strato venivano poste altre strisce ad angolo retto rispetto alle prime; il tutto veniva inumidito con le acque torbide del Nilo; infine i due strati venivano pressati e fatti essiccare al sole. Si ottenevano fogli della larghezza voluta e la striscia veniva conservata arrotolata".
Quali piante popolavano il nostro pianeta quando non esistevano ancora gli animali e neppure l'uomo? E quanto erano diverse da quelle che conosciamo oggi? Per scoprirlo, gli scienziati studiano i fossili, cioè resti e tracce di organismi (sia animali sia vegetali) vissuti tantissimo tempo fa, che si sono conservati nella roccia e sono arrivati fino a noi.
Milioni e milioni di anni fa, nei primi tempi della storia della vita, la Terra era molto diversa da come la vediamo oggi. Dove adesso ci sono le montagne più alte, prima c'era il mare e anche i continenti avevano un'altra forma. Nei mari e nelle pozze di acqua dolce vivevano molte specie di alghe che oggi non esistono più. Le terre emerse erano invece abitate da piante simili alle felci, c'erano palme come quelle che oggi si ritrovano nelle regioni tropicali, conifere e alberi oggi comunissimi, come l'arancio selvatico.
Ma come fanno gli studiosi delle piante a sapere come erano gli alberi, i cespugli, i fiori e i frutti di milioni di anni fa? Fanno esattamente come gli scienziati che si occupano degli animali preistorici: studiano i fossili. Esplorando le rocce delle montagne o le distese di territori desertici, non si trovano soltanto tracce della vita passata di animali, come ossa, uova, escrementi, impronte di zampa e così via. Insieme a queste tracce si possono scoprire le impronte lasciate dai vegetali, ben pressati tra gli strati delle rocce o delle sabbie che li conservano. Altre volte si trovano veri e propri resti fossilizzati di tronchi, foglie, radici, alghe, e persino granelli di polline e spore di funghi.
Trovare il fossile di una pianta non è raro né difficile; anzi, è molto più facile che trovare un osso di dinosauro! In tutta Italia ci sono molti musei che conservano resti fossili di piante come la palma, l'alloro, la vite, la quercia, il noce e il castagno. E in alcune regioni si possono trovare anche intere foreste fossilizzate: una distesa di tronchi pietrificati dove, alla morte della pianta, il legno si è modificato fino a formare minerali duri come la roccia.
Le foreste pietrificate, e tutte le piante fossili in generale, permettono agli studiosi di capire qual era il clima di una certa regione milioni di anni fa. Per esempio, il fatto che nell'Italia centrale siano stati trovati resti di palme e di altre piante tropicali indica che in quella zona, a un certo momento, il clima era molto più caldo di quello attuale. Al contrario, quando in un posto caldo si trova il fossile di una pianta tipica delle regioni fredde, come la sequoia, si può immaginare che in quel tempo il clima era più rigido di oggi.
In Italia, una delle foreste fossili più famose è quella che si trova a Dunarobba, in provincia di Terni. Era un bosco di conifere, dove la pianta più diffusa era la sequoia, quell'albero altissimo che oggi vive soprattutto nell'America Settentrionale.
Un'altra foresta fossile molto importante è quella del Rio Altana in Sardegna, dove sui tronchi pietrificati si riconosce ancora la forma della corteccia. E c'è una grande foresta fossile anche nelle Marche, tra Monte Porzio e Pergola, dove la maggior parte degli alberi appartiene alla specie del Pino silvestre. Uno dei luoghi più famosi dove raccogliere i fossili si trova a Biolca, vicino Verona. Qui, dove cinquanta milioni di anni fa c'era l'oceano, oggi c'è una cava dove si possono riconoscere i resti di molti pesci (acciughe, sardine, tonni e squali) e soprattutto di alghe e di piante che vivevano sulle rive di quell'antico mare.
Nel mondo vivono tante specie diverse di piante. Molte di queste sono ancora sconosciute. E alcune, forse, non le conosceremo mai perché i luoghi in cui vivono, come per esempio le foreste tropicali, vengono distrutti per fare spazio alle attività umane. Sarebbe invece importante conservare questa ricchezza di vita sulla Terra.
Tanti sono gli ambienti che rendono il mondo bello e interessante: le foreste, i mari, i deserti, le montagne. In ciascuno di questi ambienti vivono moltissime specie di piante e animali, adatti alle caratteristiche di quel clima. Questa grande ricchezza di specie viventi si chiama biodiversità. Sulla Terra esistono talmente tante piante diverse che nessuno è ancora riuscito a contarle tutte. Alcune le possiamo vedere da un fioraio: sugli scaffali ci sono decine e decine di piante e fiori dai colori più diversi e dalle forme più strane.
La varietà di piante che possiamo trovare da un fioraio rappresenta però solo una piccolissima parte di quella che esiste in natura. Su tutta la Ter ra sono state individuate almeno 270.000 specie diverse di piante, e 72.000 specie diverse di funghi. Un numero gigantesco. Ma c'è una cosa ancora più impressionante: in tutto il mondo esistono sicuramente moltissime specie vegetali che ancora non sono state classificate. La maggior parte di queste piante sconosciute si trova nelle foreste tropicali, come quella dell'Amazzonia. Individuare e studiare queste specie ancora ignote è importante perché, per esempio, si potrebbe scoprire che contengono sostanze utili per combattere alcune malattie oppure che i loro frutti sono commestibili.
Purtroppo non faremo in tempo a studiare tutte le specie di piante che vivono sul nostro pianeta, perché gli ambienti in cui si trovano queste piante spesso vengono distrutti: serve terreno per coltivare piante con cui nutrirsi, per costruire nuove fabbriche o nuove città, e serve anche il legno degli alberi per costruire mobili o per riscaldare le case. Così, mentre i biologi setacciano le foreste alla ricerca di specie nuove, per lasciare spazio alle attività dell'uomo molte piante scompaiono per sempre dalla faccia della Terra, insieme agli animali che vivono nel loro stesso ambiente. Per proteggere le foreste e salvaguardare le piante e gli animali dal rischio di estinzione, sono nate molte associazioni, come Greenpeace o il Wwf, che si battono per conservare la biodiversità.
Un orto botanico è un luogo dove sono conservate tante specie vegetali diverse che al di fuori di lì non potremmo vedere tutte insieme. Assomiglia in qualche modo a uno zoo, dove ci sono animali che provengono da tante regioni del mondo. Per ricreare gli ambienti naturali delle diverse specie, vengono costruite serre tiepide per le piante che amano il caldo delle zone tropicali e serre refrigerate per le piante tipiche dei climi freddi. Si creano le condizioni perché possano fiorire le piante che solitamente crescono in montagna e le piante che vivono soltanto sulle dune di sabbia del mare o dei deserti, e così via. In alcuni casi, l'orto botanico conserva anche piante rare, in modo da proteggerne la specie.
Avere il pollice verde significa essere capaci di curare una pianta, farla crescere, ricordarsi di annaffiarla e tenerla alla luce del sole. Con un po' di pazienza, molta attenzione e un pizzico di fortuna, possiamo trasformare la nostra stanza in una piccola serra. Ma dobbiamo saper scegliere le piante giuste: non tutte sono adatte alla vita dentro casa.
Sulla Terra esistono moltissimi tipi di piante. Alcune amano il freddo, altre il caldo, alcune vivono nel deserto, altre nell'acqua. E poi ci sono piante un po' più pigre, che vivono bene al caldo e vogliono essere accudite, concimate, annaffiate. Sono le piante da appartamento, come il ficus, la stella di natale, il ciclamino gigante. In genere provengono dai paesi tropicali, e dunque hanno bisogno di un ambiente riscaldato, umido e luminoso. Sono piante un po' esigenti, che richiedono cura, ma sono così belle che è un piacere guardarle. Farle crescere robuste e forti non è poi tanto difficile.
Tra le piante più facili da coltivare in casa ci sono le piante grasse, adattabili a diverse condizioni. Gli zygocactus del Brasile, per esempio, sono piante tropicali dai colori molto vivaci che, per crescere bene, non devono essere troppo soleggiate; queste piante amano l'aria calda e vanno spruzzate spesso con l'acqua. Nelle case sono diffuse, per la loro bellezza, anche le orchidee, che provengono dalle foreste tropicali: devono essere tenute in un posto ombreggiato, al caldo e all'umido, come nelle regioni in cui crescono spontaneamente.
Invece di comprare una pianta da appartamento dal fioraio, possiamo provare a farla nascere da un seme. Possiamo scegliere un frutto esotico come il dattero o l'avocado. Il seme di dattero può germogliare se viene messo in un vaso dai 5 agli 8 cm di diametro pieno di terriccio da semina, ricoperto da un foglio di plastica nera e tenuto al caldo, ma lontano dal termosifone. Per far crescere una pianta di avocado, invece, dobbiamo aprire il frutto maturo, prendere il seme, infilzargli sui lati tre fiammiferi e posarlo su un piccolo vaso con un po' d'acqua in modo che rimanga sospeso a due centimetri dalla superficie dell'acqua. Dopo circa otto settimane, alla base del seme compariranno sottili radici bianche. A quel punto dobbiamo mettere il seme in un vaso pieno di terriccio ed esporlo alla luce, in un luogo caldo e umido.
Possiamo anche decidere di far germogliare in casa piante ottenute da frutti più comuni, come l'arancia, il pompelmo o l'ananas. Nel caso degli agrumi, togliamo cinque o sei semi dagli spicchi e piantiamoli subito in un vaso di circa 10 cm di diametro, con un po' di terriccio da semina. Dopo aver annaffiato abbondantemente, ricopriamo il vaso con un foglio di plastica fissato con un elastico o col nastro adesivo, e poi lasciamolo alla temperatura di 18 °C. Dopo qualche settimana, quando si sono formate le prime radici, togliamo il foglio di plastica e trapiantiamo i germogli in vasi più grandi.
Se invece vogliamo una pianta di ananas, prendiamo un frutto fresco e tagliamo il ciuffo di foglie che ha in cima, lasciandoci attaccata un po' di polpa gialla. Facciamolo asciugare un paio di giorni, poi interriamo la parte con la polpa in un vaso pieno di terriccio umido. Copriamo il vaso con un sacchetto di plastica fissato con un elastico e mettiamolo in un luogo caldo e ombreggiato. Dopo circa otto settimane, quando le foglie si sono irrobustite, togliamo il sacchetto e trapiantiamo l'ananas in un vaso più grande.
Se vogliamo costruire un giardino in miniatura, prendiamo una boccia di vetro trasparente o verdognolo, con un'apertura abbastanza grande, ma che si possa chiudere con un tappo. Con un imbuto infiliamo nella boccia uno strato di ghiaietto e ricopriamolo con 10 cm di terriccio bagnato. Poi facciamo alcuni fori nella terra e sistemiamo le piantine con l'aiuto di un filo di ferro a uncino. Infine mettiamo il tappo: per diversi mesi potremo godere del nostro giardino in miniatura, dando alle piantine poche gocce d'acqua ogni tanto e togliendo il tappo quando le pareti della bottiglia si appannano per l'eccessiva traspirazione.
«"Niente fretta, è questo il mio motto!". I due hobbit si trovarono a faccia a faccia con l'essere più straordinario che avessero mai visto. Aveva il fisico di un uomo, alto però più del doppio, molto robusto, con una lunga testa e quasi senza collo.
Sarebbe stato difficile dire se ciò che lo ricopriva fosse una specie di corteccia verde o grigia, o la sua stessa pelle…».
Da non credere! Anche se sei un hobbit, incontrare un albero che parla e che cammina non capita dovunque e neanche tutti i giorni; ed è per questo che in Pipino e Merry nascono mille curiosità e domande su quello strano essere. È lui, l'Ent per eccellenza, il Barbalbero, spirito saggio che abita un albero, a rispondere.
"Noi vecchi Ent - racconta - siamo i pastori degli alberi, poco ci interessa di noi stessi perché, al contrario degli uomini, siamo sempre molto occupati a capire gli altri esseri, a metterci nei loro panni. Noi camminiamo lentamente, senza piegare le ginocchia, non ci sediamo mai, ci sdraiamo invece su comodi letti di erba secca e paglia, ma dormiamo in piedi. Non siamo tormentati dal futuro, siamo calmi e riflessivi: noi siamo creature con occhi antichi e profondi".
Ha ragione Barbalbero! Quegli stessi occhi puoi trovarli nel cartone animato di Pocahontas: sono gli occhi di Nonna Salice. Un albero pieno di saggezza, una vecchia nonna affettuosa, che capisce, consiglia e incoraggia la figlia di Powatan a seguire ciò che le dice il cuore. La saggezza di Nonna Salice sta nella sua vecchiaia, nella sua esperienza: lei, da albero, sotto i suoi rami ha visto scorrere tante storie…
Se ci pensi, fin da quando è seme, l'albero sa tante cose, e quindi può essere un consigliere straordinario anche per problemi che sembrano insolubili. Lui sa come funziona il mondo perché sta lì piantato nella terra da tanto tempo e la vita gli passa davanti. Viene in mente la storia del corniolo che si trova nel giardino di Jason, triste per l'ennesimo trasloco.
L'albero è un saggio consigliere e gli sussurra in un orecchio che nella vita non è importante dove abitare, ma piuttosto avere un posto dove sentirsi a casa, in qualsiasi punto della terra ci si trovi. Ma l'albero è anche un grande amico: fa salire Jason sui suoi rami, lo abbraccia, lo consola e soprattutto un giorno gli dice: "Ogni volta che mi vuoi, io sono qui".
Di solito chi è saggio è anche buono. Come l'albero Omumbo-Rombonga che una notte Tartaruga sognò. Dai suoi rami pendono tutti i frutti della terra: banane, datteri, noci di cocco, meloni, miglio, patate dolci, manioca, granturco, ananas, arance… Bisogna assolutamente trovarlo e gli animali si mettono in cerca dell'albero dei sogni. Ma è la lenta tartaruga che lo trova e quando finalmente, al contrario degli altri animali che l'avevano preceduta, pronuncia il suo difficile nome, l'albero regala i suoi frutti a lei e a tutti gli animali della Terra. Se guardi in alto la chioma degli alberi, capisci subito che sono buoni: i rami sembrano mani, che ti porgono frutti succosi e ti accolgono come braccia possenti. L'albero non protesta, lui è generoso e offre tutto quello che ha!
Mele, alberi, uomini e generosità sono gli ingredienti di un'altra storia.
"C'era una volta un albero che amava un bambino. Ogni giorno il bambino arrivava, si arrampicava sul tronco, si dondolava sui rami e mangiava le mele. Insieme giocavano a nascondino e quando il bambino era stanco si addormentava alla sua ombra. Il bambino amava l'albero… moltissimo. E l'albero era felice. Ma il tempo passò. Il bambino crebbe. E l'albero restava spesso solo. Poi un giorno il ragazzo tornò dall'albero e l'albero disse: "Vieni ragazzo, arrampicati sul mio tronco, dondolati sui miei rami, mangia le mie mele, gioca alla mia ombra e sii felice". "Sono troppo grande per arrampicarmi e giocare" - disse il ragazzo. "Voglio un po' di soldi. Puoi darmi dei soldi?" "Mi spiace - disse l'albero - io non ho soldi. Prendi le mie mele, ragazzo, e vendile in città. Così avrai dei soldi e sarai felice"".
E così l'albero dona al ragazzo le mele; al ragazzo ormai diventato uomo regala il legno dei rami per costruire una casa; all'uomo fattosi anziano offre il legno del tronco per costruire una barca. Anche quando è ormai solo un ceppo l'albero continua a essere perfetto per far sedere a riposare il vecchio.
Alberi ospitali crescevano anche nell'antico Egitto al tempo dei faraoni. Si racconta che un alberello di acacia avesse nascosto nel suo fusto, diventato improvvisamente grande, la bara del dio egizio Osiride, che era stata abbandonata sul fiume dal crudele fratello. Il tronco di acacia divenuto possente diventa poi una maestosa colonna che sostiene il tetto del palazzo del re. La sposa di Osiride, Iside, lo cerca per tutto l'Egitto e, quando arriva a corte, riconosce nella colonna il fusto dell'acacia e se la fa donare per poter finalmente custodire il corpo del suo amato sposo.
Quante cose può fare un tronco d'albero! Nascondere, proteggere, sostenere. Anche Ulisse, che tanto ama la sua Penelope, costruisce il suo letto nuziale nel tronco di un grande ulivo, vivo e vegeto. Pensa che meraviglia: tu sei lì che dormi e lui non smette mai di crescerti intorno: l'albero ti accoglie e ti protegge con il suo legno resistente, ti fa ombra con le sue foglie. Per non parlare dei Tuim che addirittura abitano comodamente in un tronco d'albero! I Tuim sono quegli esseri paffuti, coperti di morbido pelo marrone e provvisti di una coda gattesca, che vivono in una splendida valle, a detta di tutti la più bella del mondo, in cui scorre lento il fiume.
Nella parte alta dell'albero-casa si trova la camera delle stelle dove si guarda il cielo quando è sereno, in basso c'è la cantina piena zeppa di provviste per il lungo inverno e, in mezzo, appare la camera per dormire con tanti amici. Ma c'è anche la piscina per sguazzare, la bibliotechina, la bibliotecona e anche la saletta con il dondolo per passare il tempo a leggere un bel libro.
Che sogno sarebbe abitare nel tronco di un albero così! A ben pensare, in effetti, in un albero, nel tronco, tra le foglie, tra i rami, ma anche nelle radici si nasconde un vero e proprio condominio di animali diversi: nidi di uccelli, tane di scoiattoli e ghiri, amache per le scimmie, sentieri per le formiche, sostegni per le ragnatele dei ragni.
Ma non sempre gli alberi sono così accoglienti.
La fessura lungo il tronco d'albero potrebbe nascondere una porta che si chiude alle tue spalle e ti cattura. Ecco cosa capitò un giorno in Africa. Faceva un gran caldo e all'ombra di un baobab si ferma una lepre che comincia a lodare il bel fresco che fa lì sotto. L'albero è contento e la lepre un po' maliziosa decide di provocarlo, stuzzicandone l'orgoglio.
Si chiede se i frutti siano davvero così buoni e l'albero glieli offre: "Mmmh deliziosi!". Poi si chiede ancora se il cuore dell'albero non sia troppo duro e allora, lentamente, l'albero socchiude la sua scorza. Appaiono collane di perle, stoffe ricamate e gioielli d'oro. "Grazie, grazie, tu sei il più buono e il più bell'albero del mondo!", dice la lepre, tornando a casa felice con il suo magnifico tesoro.
Qualche giorno dopo, quella stessa lepre si trova a passeggiare per i sentieri ed è tutta ingioiellata. Durante il cammino incontra la iena. Le racconta che tutti quei bei gioielli li ha ricevuti in dono dal baobab. E quella, invidiosa, corre subito anche lei ai piedi dell'albero generoso con l'intento di arraffare anche per sé un bottino altrettanto prezioso. Ma, diversamente dalla lepre, la iena non si mostra gentile con l'albero. Al contrario, dopo averlo adulato per fargli aprire la corteccia, si mette a frugare vorace con i denti e gli artigli nel tronco ferendolo e rovinandolo. A quel punto, vedendosi così colpito e dilaniato, il baobab si spaventa e subito richiude il tronco, catturando così la iena. Per troppa avidità è stata punita ed è rimasta prigioniera al suo interno. Per sempre.
Quando si avvicina l'ora del tramonto, gli alberi si trasformano ai nostri occhi: quei bei rami che alla luce del sole sembravano mani generose che offrono frutti e fiori, diventano più scuri, neri addirittura, e se li guardi meglio assomigliano a dita sottili, fredde e nodose che cercano di catturarti. Sarà per questo che si può avere molta paura a entrare in un bosco di sera. Sembra che nell'oscurità i tronchi si muovano, scricchiolino e pare di vedere mille occhi vispi e brillanti che ci scrutano: sono forse Cappuccetto Rosso e il suo lupo, la Bella Addormentata scappata dal castello, Hansel e Gretel che cercano il sentiero con Pollicino, Biancaneve che insegue i nani? Mi dispiace, ragazzi, farei volentieri quattro passi con voi, ma… sarà per un'altra volta. Ora è più sicuro tornare a casa… (Carla Ghisalberti)
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