Il codice dei contratti pubblici
Il d.l. 13.5.2011, n. 106, convertito nella l. 12.7.2011, n. 106, contiene un ulteriore, e non “programmato” correttivo al codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 12.4.2006, n. 163. Sono interessate dalla novella, invero con modalità un po’ disorganica, molteplici norme del codice, concernenti sia la disciplina del procedimento di gara, che la fase di esecuzione del contratto. Meritano, tra le tante, di essere segnalate la modifica apportata all’art. 46, con l’introduzione del principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara, l’estensione dell’ambito di operatività della procedura negoziata e di quella ristretta, l’implementazione del ricorso al project financing ad iniziativa totalmente privata, nonché le limitazioni apposte alla possibilità di iscrivere riserve.
La conclusione della fase dei periodici e programmati correttivi al codice dei contratti pubblici non ha comunque distolto l’attenzione del legislatore da tale importante materia. È così intervenuto, da ultimo, il d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito nella l. 12.7.2011, n. 106, che, con l’art. 4, ha introdotto significative modifiche al codice. Si tratta di un testo legislativo sicuramente incisivo, pur risultando privo di un’adeguata sistematicità, dimostrata fin dalla rubrica della norma, che è intitolata Costruzione delle opere pubbliche, pur andando poi (la norma) ad interessare l’intera disciplina codicistica, che, come noto, almeno tendenzialmente, è, indifferentemente indirizzata ai contratti di lavori, servizi e forniture. La difficoltà di rinvenire una chiave di lettura unitaria, sotto il profilo della destinazione e funzionalità della novella, rende preferibile un’esegesi incentrata sulla portata delle singole norme, che riformano disposizioni con valenza generale del d.lgs. 12.4.2006, n. 1631. Preliminarmente, va rilevato come la disposizione dell’art. 4 d.l. n. 70/2011, con «un’insolita “tecnica normativa” … è preceduta da un’enunciazione degli scopi che il legislatore si prefigge, con una sorta di “disposizione manifesto” o “norma-scopo”, o, se si vuole, di “relazione illustrativa incorporata”»2, che si compendia in sedici lettere (dalla «a» alla «r»), i cui contenuti non sono precettivi, ma di ausilio ermeneutico, nella misura in cui contribuiscano al rinvenimento del fondamento di razionalità della norma. I trends inferibili, con maggiore o minore evidenza, sono essenzialmente quello della limitazione dei costi delle opere pubbliche, anche favorendo l’intervento dei privati, quello della riduzione dei tempi, quello della semplificazione delle procedure di affidamento, quello di garantire un adeguato sistema di controlli, e quello della limitazione del contenzioso. Appare opportuno, per chiarezza espositiva, sviluppare la trattazione collocando i profili innovativi della disciplina nel contesto di riferimento materiale (inteso come sedes materiae) nel quale si inseriscono; sono escluse dall’esposizione le modifiche apportate in tema di qualificazione e di requisiti di ordine generale, oggetto di separati svolgimenti.
Principiando dunque dal procedimento di gara, viene inserito un co. 1 bis nel corpo dell’art. 46, la disposizione che prevede, a certe condizioni, il potere/dovere di regolarizzazione ed integrazione documentale, e ne viene mutata la rubrica. Il co. 1 bis sancisce il principio di tassatività delle cause di esclusione, stabilendo che «la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle». La norma è ispirata essenzialmente al favor partecipationis ed al divieto di aggravamento della partecipazione al procedimento; si intende con la stessa precludere l’esclusione dalle gare per irragionevoli «carenze documentali», rinvenienti il proprio fondamento nel mero formalismo, disancorato alla finalità di assicurare la trasparenza e l’imparzialità dell’Amministrazione, oltre che la par condicio tra i concorrenti. Come effetto pratico, la disposizione in commento, pur non risolvendo ogni problema interpretativo (ed anzi, ponendo, quanto meno sul piano dell’ermeneusi letterale, l’esigenza di capire se la violazione di tutte le prescrizioni codicistiche o regolamentari o comunque di fonte legale, quand’anche non contenenti un’espressa comminatoria, comporti l’esclusione dalla gara3, ad eccezione, ovviamente, di quelle ipotesi in cui è lo stesso codice a chiarire che le infrazioni non costituiscono causa di esclusione4), certamente risulta idonea ad evitare negli atti di gara la presenza di clausole, poste a pena di esclusione, connesse ad irregolarità meramente formali5. L’art. 46, co. 1 bis, stabilendo la prevalenza della legge e dei regolamenti sulle disposizioni specifiche del bando, è destinato ad ampliare l’ambito della regolarizzazione documentale, realizzando, anche nella materia in esame, quel fenomeno di «“dequotazione” delle irregolarità formali, sub specie di cause formali di esclusione, che ha finito per trasformare le gare stesse in una specie di “caccia all’errore”»6. Può anzi ritenersi che la previsione della sanzione della nullità di «ulteriori cause di esclusione» proprio per la sua intrinseca natura, esima il soggetto interessato dalla tempestiva impugnativa delle clausole della lex specialis che le contengano; rimane peraltro ferma la disciplina, di non facile interpretazione sistematica, dell’azione di declaratoria di nullità contenuta nell’art. 31 c.p.a., trattandosi comunque di materia di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, lett. e), sub 1), c.p.a. Rilevante e funzionalmente connesso al principio di tassatività delle cause di esclusione è il co. 4 bis dell’art. 64, che richiede alle stazioni appaltanti di utilizzare bandi-tipo, strutturati cioè su modelli approvati dall’Autorità, imponendo un’espressa motivazione, nella delibera a contrarre, delle deroghe apportate al bando-tipo. Nell’ottica della semplificazione degli adempimenti procedimentali deve essere letto anche il co. 2 bis dell’art. 74, il quale, in tema di forma e contenuto delle offerte, sancisce l’utilizzo di moduli di dichiarazione sostitutiva dei requisiti di partecipazione di ordine generale (e, per i contratti relativi a servizi e forniture o relativi a lavori di importo inferiore a 150.000 euro, anche dei requisiti di partecipazione economico-finanziari e tecnicoorganizzativi) predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli standard definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, acquisito l’avviso dell’Autorità.
2.1 Le procedure di scelta del contraente
Il cd. decreto sviluppo prevede inoltre un ampliamento nell’utilizzo della procedura negoziata e di quella ristretta; come noto, la prima, che comprende anche il cottimo fiduciario, è quella caratterizzata dal fatto che «le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto» (art. 3, co. 40); la seconda è quella alla quale «ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui possono presentare un’offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti, con le modalità stabilite dal presente codice» (art. 3, co. 38). Tale estensione dell’ambito di operatività, che può destare perplessità collegate a non isolati fenomeni di degenerazione dell’apparato politico ed amministrativo, i quali, ovviamente, possono diffondersi in misura maggiore con il ricorso alla trattativa privata, appare comunque compatibile con il diritto comunitario (ed in particolare con la direttiva 2004/18/CE). Cerchiamo dunque di enucleare gli esatti termini della novella legislativa; con riguardo alla procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara, viene soppresso l’ultimo periodo dell’art. 56, co. 1, lett. a), del codice dei contratti, che ne limitava il ricorso (nel caso in cui, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate risultavano irregolari od inammissibili) ai lavori di importo inferiore ad un milione di euro. Ricorrendo dunque il predetto presupposto, la procedura negoziata diviene possibile per i lavori di qualsivoglia importo, oltre che per i servizi e le forniture. La procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ovviamente maggiormente derogatoria rispetto al principio della gara, è invece consentita dal successivo art. 57, co. 2, lett. a) in caso di gara (aperta o ristretta) andata deserta; anche in tale caso il limite, che è stato rimosso dal testo legislativo in esame, era quello dell’applicabilità ai lavori di importo inferiore ad un milione di euro. Viene cambiato inoltre l’ambito della procedura negoziata per gli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria; ed invero la modifica del co. 7 e l’abrogazione del co. 7 bis dell’art. 122 la rendono ora possibile per lavori di importo complessivo inferiore ad un milione di euro (in precedenza il limite era tra centomila e cinquecentomila euro), seppure nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza; l’invito deve essere rivolto, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro ad almeno dieci soggetti, e, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti, sempre che sussistano aspiranti idonei in tale numero. L’innalzamento dell’importo per la procedura negoziata negli appalti sotto soglia ha comportato un parallelo innalzamento dell’importo per la licitazione privata (melius: procedura ristretta) semplificata (da un milione ad un milione e cinquecentomila), come si evince dal nuovo art. 123, co. 1. Deve essere altresì segnalato che è stato modificato anche l’importo dell’affidamento mediante cottimo fiduciario dei servizi o forniture : si è passati dal limite dei ventimila a quello dei quarantamila euro e fino alle soglie comunitarie, pur sempre nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori predisposti dalla stazione appaltante (cfr. art. 125, co. 11).
2.2 La valutazione delle offerte e le offerte anomale: i profili problematici della novella
L’art. 81 d.lgs. n. 163/2006, in tema di criteri per la scelta dell’offerta migliore, e cioè di metodi di aggiudicazione, è stato modificato mediante l’introduzione di un problematico co. 3 bis, disponente che «l’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro». Contestualmente il d.l. n. 70/2011 ha abrogato la previsione dell’art. 87, co. 2, lett. g), che richiedeva di valutare, ai fini dell’anomalia dell’offerta, il costo del lavoro come determinato periodicamente in apposite tabelle ministeriali. Non è agevole comprendere la portata del combinato disposto di queste due norme, ma non deve perdersi di vista, come punto di riferimento, che permane, pur sempre, nell’ordinamento, la disposizione dell’art. 86, co. 3 bis, la quale richiede che nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte gli enti aggiudicatori sono tenuti a considerare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e della sicurezza. Sul piano dell’interpretazione letterale, sembra sostenibile che nel giudizio di anomalia dell’offerta permane la necessità di valutare il rispetto del costo del lavoro7, mentre per determinare l’offerta migliore (sembrerebbe) non doversi tenere conto del costo del personale, che deve dunque essere scorporato, e che (però) va valutato sulla base dei minimi contrattuali e del rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In tale prospettiva, il co. 3 bis comporterebbe la predeterminazione in astratto, da parte della stazione appaltante, del costo minimo del lavoro, e poi l’aggiudicazione con lo scorporo di questo costo. Bene si intende peraltro come, specie ove si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il costo del lavoro, quale che sia il metodo utilizzato (aggregativo, compensatore, ecc.), sia connesso con la proposta dell’offerente; in ogni caso la predeterminazione del costo del lavoro da parte della stazione appaltante può spesso risultare diseconomica, e comunque limitativa della libertà di impresa. Pur nell’insuperabile problematicità del dato normativo, che non brilla certamente per cartesiana chiarezza, sembra dunque preferibile l’opzione interpretativa secondo cui «il costo del lavoro vada analizzato (e non preventivamente predeterminato) in riferimento, e quale specifico componente, dell’offerta concreta presa in considerazione»8; del resto, la norma in questione non stabilisce che l’aggiudicazione è effettuata al netto del costo del lavoro. Non vengono neppure chiarite le conseguenze del mancato rispetto dei minimi contrattuali nel computo del costo del lavoro ai fini dell’offerta; è peraltro verosimile che la prescrizione debba intendersi a pena di esclusione. Occorre inoltre sottolineare come nel corpo dell’art. 253 del codice, recante le norme transitorie, è stato aggiunto il co. 20 bis, che consente, fino al 31.12.2013, per tutti gli appalti sotto soglia (di lavori, servizi e forniture), la facoltà di esclusione automatica delle offerte9.
2.3 La fase di esecuzione del contratto ed i connessi profili problematici
Nell’ottica del contenimento dei costi, e dunque della spesa pubblica, il cd. decreto sviluppo è intervenuto sulla disciplina delle varianti in corso d’opera e della revisione dei prezzi. Sotto il primo profilo, è stato modificato, probabilmente in modo non perspicuo, l’art. 132, co. 3, del codice, che, dunque, nel testo attualmente vigente, consente la «variante migliorativa » (ovvero, di esclusivo interesse dell’Amministrazione) in aumento nei limiti del 5 per cento dell’importo originario del contratto, che deve trovare copertura nella somma stanziata per l’esecuzione dell’opera «al netto del 50 per cento dei ribassi d’asta conseguiti». Per tale variante/non variante, secondo la disciplina dell’art. 132, dunque, viene posto un ulteriore limite; non deve comportare un aumento di spesa e trovare compensazione interna; ciò, inoltre, al netto del 50 per cento dei ribassi d’asta conseguiti. È stato altresì modificato l’art. 133 del codice con la riscrittura dei co. 4 e 5, che consente ora la compensazione del prezzo (in aumento o diminuzione), in ragione all’aumento, per circostanze eccezionali, di singole voci di costo (dei materiali da costruzione) in misura superiore al dieci per cento, solamente per la metà della percentuale eccedente questo dieci per cento. La compensazione (in questa misura dimidiata rispetto al passato) è tecnicamente determinata applicando la metà della percentuale di variazione che eccede il dieci per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al d.m. (che rileva le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi), nelle quantità accertate dal direttore dei lavori. Anche l’art. 140 del codice, in tema di riaffidamento del contratto per fallimento dell’esecutore o risoluzione del contratto per inadempimento, è stato modificato nel senso di ampliare la possibilità di scorrimento della graduatoria, facoltà che non deve più essere contemplata dal bando di gara, e che può operare in presenza di qualunque ipotesi di risoluzione del contratto. Merita di essere segnalata, per la sua dimensione pragmatica, anche la previsione dell’art. 4, co. 13, d.l. n. 70/2011, che, onde garantire l’efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevede l’istituzione, presso ogni Prefettura, dell’elenco (suscettibile di verifiche periodiche) dei fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli affidatari dell’appalto. Può in questo paragrafo farsi riferimento, per esigenze di completezza espositiva, ad alcune norme che, più propriamente, riguardano le controversie insorte nel corso dell’esecuzione contrattuale e che trovano risoluzione in sede stragiudiziale. Anzitutto, in tema di accordo bonario, esperibile allorché l’ammontare delle riserve superi il dieci per cento dell’importo contrattuale, viene stabilito, con la modifica dell’art. 240, co. 1, che la procedura non è applicabile ai lavori relativi ad infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi affidati al contraente generale. Nel successivo co. 5 viene enucleato il termine di trenta giorni dalla comunicazione, da parte del direttore dei lavori, delle riserve iscritte, ovvero dal ricevimento del certificato di collaudo, entro il quale il responsabile del procedimento deve promuovere la costituzione della commissione chiamata a fare la proposta motivata di accordo bonario (per gli appalti e concessioni di valore superiore a dieci milioni di euro). L’art. 240 bis riguarda, poi, la definizione delle riserve; il cd. decreto sviluppo stabilisce che «l’importo complessivo delle riserve non può in ogni caso essere superiore al venti per cento dell’importo contrattuale»; viene inoltre introdotto un co. 1 bis, alla cui stregua «non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che, ai sensi dell’art. 112 e del regolamento, sono stati oggetto di verifica», escludendosi dunque il risarcimento per carenze progettuali. La ratio evidente della novella è quella di limitare e sul piano quantitativo, e su quello qualitativo il ricorso alle riserve, che sono le dichiarazioni di pretesa patrimoniale dell’appaltatore, e dunque la modalità attraverso la quale l’appaltatore può avanzare richieste economiche all’Amministrazione, al fine di garantire il mantenimento dell’equilibrio (nella corrispettività delle prestazioni) del contratto10. Non ci si può esimere dal rilevare come, al di là dell’uso patologico dell’iscrizione delle riserve, cui talora si assiste, dal punto di vista del sistema, imporre un limite legale alle stesse viene ad incidere sulla libertà contrattuale delle parti, e può anche divenire fonte di un diverso, ma non meno problematico, contenzioso11. Allo stesso modo, desta qualche perplessità il limite di tipo qualitativo alla riserva, atteso che «normalmente l’appaltatore è un terzo rispetto al progetto ed al complesso rapporto fra committente, progettista e validatore caratterizzato da un intreccio di responsabilità se possibile complicato dal nuovo regolamento di attuazione, con il che la verifica del progetto è normalmente un’attività che gli è del tutto estranea e precedente alla gara»12. Per completezza di esposizione, anche se fuoriesce dall’ambito tematico oggetto di questa specifica trattazione, vale la pena, brevemente, ricordare come sia stato introdotto nel codice dei contratti l’art. 246 bis, che disciplina la «responsabilità per lite temeraria»; viene disposto, in particolare, che, nei giudizi in materia di contratti pubblici, il giudice, a prescindere dalle spese di giudizio, «condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio quando la decisione è fondata su questioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati». In altre parole, la parte soccombente, oltre ad essere assoggettata al regime delle spese di giudizio, incentrato sulla regola della soccombenza, e potendo, in caso di lite temeraria, essere condannata «al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata» (art. 26 c.p.a.), è esposta anche al pagamento della descritta sanzione amministrativa pecuniaria (il cui gettito va all’erario), che, a rigore, deve essere irrogata, anche d’ufficio, dal giudice, come conseguenza della temerarietà della controversia intrapresa.
2.4 Il project financing
La finanza di progetto è attualmente disciplinata, nei suoi aspetti principalmente procedurali, dall’art. 153 del codice dei contratti pubblici. Il nucleo caratterizzante dell’istituto è costituito da un’operazione di finanziamento a lungo termine, che dà luogo ad una forma di partenariato pubblico-privato (P.P.P.) di tipo contrattuale secondo la previsione contenuta nell’art. 3, co. 15 ter, del d.lgs. n. 163/2006. La finanza di progetto ruota intorno alla concessione di costruzione e gestione dell’opera, nel senso che chi si aggiudica la gara, esegue l’opera con lo strumento concessorio, ciò implicando l’affidamento ad un medesimo soggetto, cui viene trasferito il rischio, della progettazione, dell’esecuzione e della gestione funzionale ed economica dell’opera stessa. L’ambito oggettivo del project financing non è limitato alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità programmati (oltre che di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati)13, estendendosi anche ai servizi, nei limiti delle compatibilità sistemiche, secondo quanto inferibile dall’artt. 152, co. 3, ed anche dall’art. 156, co. 1, del codice dei contratti pubblici14. Quanto, poi, all’ambito soggettivo, va osservato come il novellato art. 153, co. 8, ammette alla procedura di gara i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario (anche associando o consorziando altri soggetti)15, oltre che dei requisiti di ordine generale previsti dall’art. 38. Il d.l. n. 70/2011 ha principalmente modificato, riscrivendo i co. 19 e 20 dell’art. 153, il procedimento amministrativo, già significativamente rimodulato dal terzo decreto correttivo del 2008, connesso alla realizzazione di interventi finanziati in tutto od in parte con risorse private. Per meglio capire la portata sistematica dell’ultima novella, appare utile rammentare come, a seguito del d.lgs. 11.9.2008, n. 152, l’art. 153 prefigura tre moduli procedimentali principali, finalizzati all’adozione di una concessione, che rimane dunque il perno del project financing, tutti presupponenti lavori inseriti nella programmazione triennale. Il primo modello di project financing, disciplinato dai co. 1-14 dell’art. 153, è quello con gara unica, previo bando per singola opera pubblica, e senza prelazione, che prevede l’indizione di una gara sulla base di uno studio di fattibilità predisposto dall’Amministrazione16 e dell’impiego del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; in tale caso l’offerta consiste nella predisposizione del progetto preliminare e deve contenere un piano economico-finanziario asseverato da una banca, nonché la specificazione del servizio e della gestione. Esaminate le offerte, l’Amministrazione aggiudicatrice redige una graduatoria e nomina promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta; quindi pone in approvazione il progetto preliminare. Può accadere che il progetto preliminare richieda delle modifiche per essere approvato; altrimenti può procedersi direttamente alla stipula della concessione. Nel caso di modifiche necessarie, l’Amministrazione, ove il promotore non accetti di modificare il progetto, può richiedere progressivamente ai concorrenti collocati successivamente in graduatoria l’accettazione delle modifiche al progetto presentato dal promotore, alle stesse condizioni. Nel caso in cui l’affidamento avvenga in favore di soggetto diverso dal promotore originariamente prescelto, questi ha solamente il diritto al rimborso, da parte dell’aggiudicataria, delle spese, che non può superare il 2,5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara (co. 12). Il secondo modello di project financing, delineato dal co. 15, è caratterizzato dalla doppia gara, previo bando, e con diritto di prelazione. Si ha, in sintesi, l’indizione di una gara sulla base di uno studio di fattibilità, con la precisazione peraltro, nel bando, che la procedura (improntata, anch’essa, al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) non comporta l’aggiudicazione al promotore prescelto, ma la sola attribuzione al medesimo del diritto di prelazione. Più nel dettaglio, la gara enuclea tre fasi: la prima è costituita dalla presentazione del progetto preliminare; l’Amministrazione individua l’offerta migliore e nomina promotore il presentatore dell’offerta, ponendo poi il progetto preliminare in approvazione. La seconda fase è costituita da una procedura selettiva indetta sulla base del progetto preliminare approvato e l’offerta è valutata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La terza fase evidenzia due possibili alternative: quella in cui non siano presentate offerte economicamente più vantaggiose, con conseguente aggiudicazione del contratto al promotore, e quella in cui, al contrario, vi siano offerte, nel quale caso l’Amministrazione individua l’offerta migliore, ed il promotore ha quarantacinque giorni di tempo per adeguare la propria offerta a quella ritenuta migliore; in tale evenienza il contratto è aggiudicato al promotore, mentre, in difetto di adeguamento dell’offerta da parte di quest’ultimo, il contratto è aggiudicato al presentatore della migliore offerta. Anche tale tipo di project financing si concretizza dunque, dal punto di vista contenutistico, nell’affidamento di una concessione di progettazione integralmente a carico del privato. Il terzo modello procedurale, previsto dal co. 16, presuppone invece l’inerzia dell’Amministrazione dopo l’approvazione dell’elenco annuale, ed è ad iniziativa privata; nell’ipotesi in cui nell’elenco annuale siano inserite opere finanziabili in tutto od in parte con risorse private, e l’Amministrazione ometta entro i sei mesi dall’approvazione dell’elenco di pubblicare i bandi, i soggetti in possesso dei requisiti prescritti, entro i successivi quattro mesi, possono presentare una proposta avente il contenuto dell’offerta; nel successivo termine di sessanta giorni l’Amministrazione provvede, anche in presenza di una sola offerta, a pubblicare un avviso contenente i criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alla cui stregua valutare le proposte. Entro novanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso, gli operatori che hanno presentato l’offerta, possono rielaborarla e riproporla alla luce dei predetti criteri; nei successivi sei mesi le Amministrazioni aggiudicatrici esaminano le proposte ed individuano quella ritenuta di pubblico interesse. Se il progetto preliminare richiede delle modifiche, viene indetto un dialogo competitivo (purché si tratti di appalto particolarmente complesso), ponendo a base il progetto preliminare e la proposta; se il progetto non necessita di modifiche, viene approvato e posto a base di gara per la concessione, cui è invitato il promotore, ovvero, ancora, a base di una gara ai sensi del co. 15, lett. c), d), e), f). Si tratta, in definitiva, di un project financing su iniziativa del privato, implicante comunque la pubblicazione di un avviso, e che apre poi la strada a tre procedure alternative, a seconda che il progetto preliminare chieda o meno delle modifiche. Si assiste, dunque, ad una deroga alla regola generale in forza della quale nessuna opera può essere inserita nell’elenco annuale di cui all’art. 128 del codice dei contratti pubblici, se non munita di progetto preliminare. Da ultimo, il d.l. n. 70/2011, oggetto, in questa sede, di attenzione specifica, dichiaratamente perseguendo l’obiettivo di estendere il campo di applicazione della finanza di progetto, con la riforma del co. 19 dell’art. 153, ha attribuito un maggiore rilievo alla possibilità che siano gli operatori economici a presentare una proposta di realizzazione in concessione di lavori pubblici (od anche mediante locazione finanziaria), seppure non presenti nella programmazione triennale di cui all’art. 128. La procedimentalizzazione di tale iniziativa straordinaria fa sì che debba attualmente riconoscersi un quarto modello di project financing, che si potrebbe definire ad iniziativa totalmente privata, concepito nei termini seguenti: la proposta contiene un progetto preliminare, un piano economico-finanziario (comprensivo anche delle spese sostenute per la predisposizione della proposta) asseverato e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. L’Amministrazione entro tre mesi valuta, inevitabilmente con ampi margini di discrezionalità17, il pubblico interesse della proposta e può chiedere al proponente18 di apportare al progetto preliminare le modifiche necessarie per la sua approvazione; se tali modifiche non vengono predisposte, la proposta non può essere valutata di pubblico interesse. Il progetto preliminare, eventualmente modificato, viene dunque inserito nella programmazione triennale ed è posto in approvazione; il proponente è tenuto ad effettuare le eventuali ulteriori modifiche chieste in sede di approvazione (in difetto, il progetto si intende non approvato). Superata questa fase finalizzata ad inserire il progetto di iniziativa privata nella programmazione pubblica triennale, il progetto è posto a base di gara per l’affidamento della concessione; alla medesima è invitato il proponente, che assume la denominazione di promotore. Il bando riconosce al promotore il diritto di prelazione, non immune da dubbi di compatibilità comunitaria, nella misura in cui non si inserisce o comunque non presuppone un contesto concorrenziale, che può essere esercitato entro quindici giorni dalla comunicazione dell’intervenuta aggiudicazione definitiva. Se il promotore, non risultato aggiudicatario, non esercita la prelazione, ha comunque diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta, nei limiti indicati dal co. 9; specularmente, ove il promotore eserciti la prelazione, l’originario aggiudicatario, negli stessi limiti, ha diritto al pagamento, da parte del promotore, delle spese per la predisposizione dell’offerta.
2.5 Le infrastrutture strategiche e gli appalti relativi a beni culturali
Plurime sono anche le modifiche apportate dal d.l. n. 70/2011 alla disciplina codicistica dei lavori relativi ad infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi (riproduttiva della cd. legge obiettivo e dei relativi provvedimenti attuativi19), finalizzate ad un’accelerazione del procedimento ed alla riduzione dei costi. Anzitutto, in tema di progetto preliminare delle infrastrutture, viene modificato l’art. 165, co. 3, concernente il contenuto, essenzialmente con riguardo al limite di spesa, che non può essere superiore al due per cento dell’intero costo dell’opera (comprensivo degli oneri di mitigazione di impatto ambientale), per le eventuali opere e misure compensative dell’impatto territoriale e sociale. Il co. 4 inserisce poi la conferenza di servizi istruttoria nel procedimento di approvazione del progetto preliminare: in particolare, è previsto che i soggetti aggiudicatori rimettano il progetto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ed eventualmente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero dello sviluppo economico, ed al Ministero per i beni e le attività culturali), nonché alle Regioni o Province autonome competenti per territorio, oltre che agli enti gestori delle interferenze ed alle Amministrazioni interessate dal progetto rappresentate nel CIPE. Le valutazioni delle Amministrazioni interessate sono acquisite mediante la conferenza di servizi, alla quale, in quanto avente finalità istruttoria, non si applicano le disposizioni degli artt. 14 ss. della legge sul procedimento amministrativo. Nei sessanta giorni successivi alla conclusione del procedimento conferenziale il Ministero delle infrastrutture valuta le proposte e formula la propria proposta al CIPE, che, nei trenta giorni successivi, approva il progetto preliminare. Il nuovo co. 5 bis stabilisce i tempi degli adempimenti cui il soggetto aggiudicatore è tenuto, a pena di revoca del finanziamento a carico dello Stato; e così è prevista la pubblicazione del bando di gara entro novanta giorni dalla pubblicazione in G.U. della delibera del CIPE di approvazione del progetto preliminare. Ai sensi del co. 7 bis, per le infrastrutture il vincolo preordinato all’esproprio ha durata di sette anni, decorrenti dalla data in cui diventa efficace la delibera del CIPE che approva il progetto preliminare dell’opera; entro tale termine può essere approvato, sempre dal CIPE, il progetto definitivo, che comporta la dichiarazione di pubblica utilità (la mancata approvazione del progetto definitivo determina la decadenza del vincolo preordinato all’esproprio); per tale progetto non è più prevista la conferenza di servizi, anticipata, come già visto, al progetto preliminare. Il decreto di esproprio può essere emanato entro sette anni (prorogabili di altri due) dalla data in cui è divenuta efficace la delibera del CIPE di approvazione del progetto definitivo. L’art. 167, co. 7 bis, pone un limite alle varianti, stabilendo che le stesse devono essere strettamente correlate alla funzionalità dell’opera e non possono comportare incrementi del costo rispetto al progetto preliminare. Gli artt. 187 e 189 riguardano poi la qualificazione dei contraenti generali; il d.l. n. 70/2011 ha innovato essenzialmente al fine di stabilire, con riguardo ai requisiti di idoneità tecnica ed organizzativa, che i certificati indicano le lavorazioni eseguite direttamente dal contraente generale nonché quelle eseguite mediante affidamento a soggetti terzi ovvero eseguite da imprese controllate od interamente possedute; tali lavorazioni, risultanti dai certificati, possono essere utilizzate ai fini della qualificazione SOA nelle corrispondenti categorie. Una notazione conclusiva sugli appalti di lavori concernenti i beni mobili ed immobili e gli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate di beni del patrimonio culturale, sottoposti alle disposizioni di tutela del codice dei beni culturali e del paesaggio20 (così definiti dall’art. 198 d.lgs. n. 163/2006); per questi contratti il cd. decreto sviluppo, modificando l’art. 204, co. 1, ha innalzato l’importo (da cinquecentomila ad un milione di euro) per l’affidamento con procedura negoziata, prevedendosi peraltro l’applicazione dell’art. 122, co. 7, che impone l’invito ad almeno cinque soggetti per appalti fino a cinquecentomila euro, e ad almeno dieci soggetti per quelli sopra cinquecentomila euro.
1 È, questa, l’indicazione metodologica fornita da Rostagno, Il cd. «DL Sviluppo» e i suoi riflessi sul corpus normativo dei contratti pubblici, in www.giustamm.it, 5, 2011.
2 Così De Nictolis, Le novità del D.L. n. 70/2011, in Urb. app., 2011, 1013.
3 In argomento, ad avviso di De Nictolis, Le novità del D.L. 70/2011, in Urb. app., 2011, 1024- 1025, «la formulazione letterale dell’art. 46, co. 1 bis, codice, induce a ritenere che l’esclusione possa essere disposta non solo nei casi in cui disposizioni del codice o del regolamento la prevedano espressamente, ma anche nei casi in cui impongano adempimenti doverosi ai concorrenti o candidati, o dettino norme di divieto, pur senza prevedere un’espressa sanzione di esclusione». In senso contrario si è pronunciato Cons. St., sez. IV, ord. 27.7.2011, n. 3263, in www.giustamm. it, 8, 2011, che ha sottolineato la necessità di interpretare le prescrizioni della lex specialis alla luce della disposizione in esame, la quale, al di là dei problemi ermeneutici che solleva, è certamente ispirata dal principio del favor partecipationis, con la conseguente esigenza di circoscrivere l’area delle previsioni assistite dalla sanzione dell’esclusione.
4 Cfr., a titolo esemplificativo, gli artt. 73, co. 4, 74, co. 3, d.lgs. n. 163/2006, che, con riferimento al contenuto delle domande di partecipazione e delle offerte, specificano che la prescrizione dell’utilizzo dei moduli predisposti dalla stazione appaltante non può essere imposta a pena di esclusione.
5 In sede di prima applicazione dell’art. 46, co. 1 bis, del codice dei contratti pubblici, introdotto dall’art. 4, co. 2, d.l. n. 70/2011, il TAR Veneto, Sez. I, 13 settembre 2011, n. 1376, in www.lexitalia.it, 9, 2011, ed il TAR Liguria, sez. II, 22.9.2011, n. 1396, in www.lexitalia. it, 9, 2011, hanno ritenuto illegittima l’esclusione da una gara di appalto di un’impresa che aveva presentato una cauzione provvisoria di importo insufficiente o comunque minore rispetto a quanto richiesto dalla lex specialis, nell’assunto che una siffatta condizione, non costituendo un’ipotesi codificata di esclusione, imponeva una richiesta di integrazione della cauzione stessa. Facendo corretta applicazione dell’art. 46, co. 1 bis, TAR Umbria, 13.10.2011, n. 330, in www.lexitalia. it, 10, 2011, ha, invece, ritenuto legittima l’esclusione dalla gara di una ditta il cui legale rappresentante abbia omesso di dichiarare la sussistenza a proprio carico di decreti di condanna irrevocabili, trattandosi di un «elemento essenziale » dell’offerta; mentre Cons. St., sez. V, ord. 12.10.2011, n. 4496, in www.lexitalia.it, 10, 2011, ha ritenuto illegittima l’esclusione in ragione della ritenuta carenza della documentazione comprovante la carica ed i poteri del sottoscrittore dell’offerta, non integrando tale circostanza una delle cause legali tassative di esclusione previste dalla norma in esame.
6 Così Virga, Il divieto di “caccia all’errore” nelle gare, previsto dall’art. 46, comma 1 bis, del codice degli appalti, in www.lexitalia.it, 9, 2011, 4.
7 Anche perché ai sensi dell’art. 87, co. 3, d.lgs. n. 163/2006 «non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge».
8 Così Roux, I criteri per la scelta dell’offerta migliore e la conversione del decreto sviluppo (legge 12 luglio 2011 n. 106): i paradossi e la «volontà inconsapevole del legislatore, in www.lexitalia.it, 7-8, 2011, 3.
9 Non può tacersi la dubbia compatibilità comunitaria di una siffatta disposizione, avendo già la C. giust. CE, con la decisione 15.5.2008, in cause C-147/06 e C-148/06, in Urb. app., 2008, 123, affermato che le norme fondamentali del Trattato sulla libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, nonché il principio generale di non discriminazione ostano ad una normativa nazionale che, per gli appalti di valore inferiore alla soglia della direttiva 93/37/CEE, con interesse transfrontaliero, imponga alle Amministrazioni, qualora il numero delle offerte valide sia superiore a cinque, l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse rispetto alla prestazione da fornire, in base ad un criterio matematico, e precludendo all’Amministrazione qualsiasi possibilità di verifica della composizione delle offerte.
10 La modifica dell’art. 240 bis d.lgs. n. 163/2006 ha certamente un grande rilievo pratico; è stato evidenziato in dottrina come il cd. decreto sviluppo, inserendosi peraltro in un trend legislativo fortemente caratterizzato da un’esigenza di risparmio per l’Amministrazione (nel cui solco si inseriscono, tra l’altro, il sistema dell’appalto a forfait o prezzo chiuso, nonché provvedimenti a vantaggio delle Amministrazioni debitrici nei procedimenti esecutivi), contribuisce a modificare la natura giuridica del contratto d’appalto, che da contratto commutativo sta assumendo alcuni contenuti di aleatorietà: cfr. in tale senso Piselli, Il contratto d’appalto di opere pubbliche: da contratto commutativo a contratto aleatorio, in www.giustamm.it, 7, 2011.
11 Non è inverosimile ritenere che l’impresa, privata della possibilità di iscrivere le riserve, su cui si instaura il contraddittorio tra le parti, decida di sciogliersi dal vincolo contrattuale.
12 Così Rostagno, Il cd. “DL Sviluppo” e i suoi riflessi sul corpus normativo dei contratti pubblici, in www.giustamm.it, 2011, 6.
13 Secondo la formulazione dell’art. 143 del codice dei contratti pubblici.
14 La disciplina dell’affidamento in finanza di progetto dei contratti di concessione di servizi è contenuta nell’art. 278 d.P.R. 5.10.2010, n. 207, recante il regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici.
15 Si tratta, in particolare, degli artt. 95 e 96 d.P.R. n. 207/2010.
16 Il cui contenuto è disciplinato dall’art. 14 d.P.R. n. 207/2010. È stato sottolineato come lo studio di fattibilità assuma «un ruolo fondamentale nella procedura, in quanto è propedeutico all’inserimento dei lavori negli strumenti di programmazione e, nel contempo, costituisce pure il documento da porre a base di gara nelle procedure, diverse da quella di cui al nuovo co. 19, delineate dall’art. 153»: così Baldi, Il nuovo modello di project financing introdotto dal D.L. 70/2011, in Urb. app., 2011, 1042.
17 Osserva Baldi, Il nuovo modello di project financing, loc. cit., che «l’interesse pubblico, quale criterio esclusivo di valutazione utilizzabile nella selezione del promotore nel modello di cui all’art. 153, co. 19, ha un’espansione non limitata dal procedimento di programmazione, cui corrisponde un’amplissima discrezionalità dell’Amministrazione, che incontra unicamente gli ordinari limiti della congruità, dell’adeguata motivazione e della corretta ponderazione dei diversi interessi confliggenti. Il nuovo modello di p.f. non appare facilmente conciliabile con l’intervenuta codificazione da parte del d.lgs. n. 163/2006 (art. 2) dei principi, desumibili dagli artt. 43, 49 e 55 del Trattato, di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di tutela della concorrenza».
18 Osserva condivisibilmente De Nictolis, Le novità del D.L. 70/2011, in Urb. app., 2011, 1030, che le nuove norme «contemplano la figura del “proponente”, diversa da quella del “promotore”, perché il proponente presenta una proposta per la realizzazione di opere che non sono comprese nella programmazione triennale o in altri strumenti di programmazione della stazione appaltante, laddove il promotore presenta una proposta per opere già inserite negli strumenti di programmazione».
19 Si tratta, rispettivamente, della l. 21.12.2001, n. 443, e del d.lgs. 20.8.2002, n. 190.
20 Si tratta del d.lgs. 22.1.2004, n. 42.