LAZZARI (de' Lazzari), Ignazio
(de' Lazzari), Nacque a Roma intorno al 1620 da Domenico e da Margherita Fei. Il padre aveva lavorato nella stamperia di B. Zanetti presso il Collegio romano; la madre era sorella di un altro importante stampatore, A. Fei. Entrambe le famiglie erano di origine senese. Rimasta vedova nel 1623, Margherita andò con i figli ad abitare dalla sorella Lucrezia, moglie dello stampatore di origini francesi N. Pogiotti.
Il L. fece il suo apprendistato nell'officina di Pogiotti presso S. Marco ("alle Tre Immagini"). Morti nel 1641 gli zii, ereditò con i fratelli la tipografia. Nel 1648 o 1649 si sposò con Margherita, figlia dell'affermato stampatore F. Cavalli, ben pratica dell'arte per aver collaborato con il padre. Come sovente nella vita degli artigiani dell'epoca, le nozze segnarono per il L. l'avvio di una più intensa attività, utilizzando in essa la dote della moglie. A partire dal 1652 intraprese dunque una rilevante attività editoriale, succedendo di fatto a uno dei maggiori stampatori romani e italiani di quel tempo, Lodovico Grignani, morto nel 1651. Da Claudia Grignani sorella ed erede di Lodovico, il L. acquistò la ben dotata tipografia, sita in via della Gatta, e forse anche le giacenze librarie; poté così stabilire proficui rapporti con i gesuiti del Collegio e del Seminario romano situati lì vicino. La sua attività fu favorita dalla stima di quei dotti insegnanti e probabilmente anche dall'assunzione al pontificato di un senese, Alessandro VII Chigi.
Dopo la peste del 1656 prese casa e bottega in via del Piè di marmo, a pochi passi dalla tipografia. Così il L. fu anche libraio-editore, vendendo nella bottega i libri che egli stesso stampava o che faceva stampare a suo fratello Giacomo Antonio (1612-88), detto il Varese, attivo con propria officina in via della Scrofa. All'inizio del 1659 il L. fu carcerato; non ne è nota la ragione; peraltro il caso era frequente per gli stampatori dell'epoca ed egli fu ben presto rilasciato. Ben coadiuvato dalla moglie, proseguì in una attività editoriale molto intensa e qualificata, con picchi negli anni 1658, 1662, 1671, tenendo al suo servizio operai, fattorini, garzoni, giovani di bottega. Ottenuto un indubbio prestigio sociale e culturale per la cura della stampa e la veste editoriale dei suoi libri, per la floridezza finanziaria dell'azienda, per la fama degli autori, dei committenti e delle istituzioni con cui collaborava, fu ascritto nel 1674 all'Arciconfraternita delle Stimmate.
Il L. fu uno dei maggiori stampatori ed editori romani del Seicento. Avendo a disposizione una bottega di libreria fu commercialmente autonomo, stampando nella maggior parte dei casi in proprio e solo in qualche caso per altri librai-editori; ovviamente ciò avvenne più spesso nei primi anni delle sue pubblicazioni (1652-56), quando non disponeva ancora della libreria. Non poche edizioni figurano esplicitamente a suo carico, recando l'indicazione "alle spese d'Ignatio de' Lazzari", in particolare varie opere di D. Bartoli (Dell'ortografia italiana, Dell'ultimo e beatofine dell'huomo, Della vita del b. Stanislao Kostka, del 1670, Delle due eternità dell'huomo e Dellegrandezze di Christo, del 1675, De' simboli trasportati al morale, del 1677, tutte in edizione originale); tra le altre la prima parte della Bibliotheca Romana di P. Mandosio (1682). In un caso (Epitetorum opus di G. Ravisio Testore, edito nel 1670 per i corsi del Seminario romano) un volume da lui pubblicato fu stampato in un'altra tipografia, quella di F. De Falco. La committenza maggiore gli venne sempre dalla Compagnia di Gesù, della quale il L. fu di fatto lo stampatore e libraio di fiducia. Le vicende biografiche lo legarono ai gesuiti fin dalla nascita e nello stesso suo nome di battesimo. Quando la sua tipografia era già impegnata, il L. ricorreva a quella del fratello Giacomo Antonio, i cui libri erano presumibilmente venduti anch'essi nella bottega al Piè di marmo. Considerate insieme, le edizioni gesuitiche dei fratelli Lazzari raggiungono un numero davvero imponente. Si tratta innanzitutto di opuscoli per le manifestazioni correnti dei collegi: orazioni per la Pentecoste e per la festa di S. Ivo recitate dagli allievi del Seminario romano davanti al papa, scenari delle opere teatrali rappresentate dai convittori in carnevale, cerimonie di quarantore all'oratorio del Caravita, opuscoli italiani e latini per la Congregazione dell'Assunta al Gesù.
Tra i libri di autori gesuiti si trovano opere storiche, letterarie, teologiche, morali e scientifiche; inoltre cantate latine per lauree conseguite dai convittori dei diversi collegi gesuitici della città. Fra gli autori spicca D. Bartoli: del grande prosatore il L. fu dal 1653 l'editore di fiducia. Altri nomi importanti sono quelli di G.B. Giattini, M. Martini, G.A. Caprini, C. Bovio, G.L. Lucchesini, G. Anturini, tutti con più titoli; inoltre il generale della Compagnia P. Oliva e A. Kircher. Di S. Pallavicino il L. curò nel 1675 la riedizione degli Avvertimenti grammaticali. Non mancano committenze di altri ordini religiosi, in particolare dei teatini. Anche tra gli autori laici o sacerdoti secolari si incontrano nomi famosi: di F. Ughelli il L. pubblicò la Genealogia nobilium Romanorum de Capisucchis (1653), del teologo e dotto arabista L. Marracci Le memorie di S. Maria in Portico di Roma (1657), del cistercense cardinale G. Bona i Principi e documenti della vita cristiana (1676, ed. postuma nella traduzione italiana di G. Baba). Nel complesso delle edizioni del L. vanno segnalate, accanto alle numerosissime edizioni latine, alcune notevoli opere in volgare d'argomento grammaticale o linguistico: la più famosa è Il torto e il diritto del non si può del padre Bartoli (1655), cui seguì il trattato Dell'ortografia italiana dello stesso autore (1670), nonché Il ne quid nimis della lingua volgare di G.M. Vincenti (1665) e il citato libro del cardinal Pallavicino. A esse si può aggiungere Il segretario erudito di C. Mezzamici (1684). Accanto a qualche raccolta poetica (spiccano gli Applausi funebri de' signori Accademici Caliginosi in morte del signor conte Prospero Bonarelli della Rovere, del 1659) e a numerose orazioni e sermoni, si trovano opere morali e devozionali (famosa La ricreatione del savio di Bartoli, 1659), storiche (le varie parti Dell'historia della Compagnia di Giesu di Bartoli, 1653-73), mediche, giuridiche (G. Coelli, G. Carpano). Rari i libri di altro genere, tra cui un'importante guida della città (F. Martinelli, Roma ex ethnica sacra, 1653), l'Iconografia del pittore G.A. Canini (uscita postuma nel 1669) e qualche relazione.
L'assoluta maggioranza delle edizioni del L. sono originali, poche le ristampe e quasi assenti quelle di carattere dichiaratamente commerciale, indizio della sicurezza e stabilità di commissioni raggiunta dalla sua attività. Fanno eccezione due settori, le edizioni musicali e quelle teatrali. Nelle prime il L. fu per alcuni anni il maggiore stampatore romano di musica pratica e mantenne dirette relazioni con autori affermati (F. Foggia, B. Graziani) e con un attivissimo promotore e curatore di antologie musicali, il canonico F. De Silvestris. La prima edizione musicale (Laudi e canzoni spirituali, con ariette facili e dilettevoli, in Fiorenza, e con nuova scelta e musica, in Roma, per Ignatio de' Lazzeri), importante attestazione della circolazione del tradizionale repertorio laudistico anche in ambito gesuitico, è del 1654. Poiché, insieme con 265 testi poetici, contiene 35 melodie in notazione musicale, il L. disponeva in officina del corredo per stampare musica pratica: può darsi che nell'acquisto della tipografia già di Grignani, avesse avuto anche i caratteri musicali dello stampatore. Le Laudi del 1654, ristampate nel 1657, non furono seguite subito da altre edizioni musicali, che invece il L. promosse continuativamente dal 1660 al 1666. Forse gli occorreva una rete commerciale specifica per quel tipo di edizioni; infatti quelle degli anni Sessanta furono da lui stampate quasi tutte per conto di due librerie-cartolerie specializzate nel commercio della musica ed entrambe site in via di Parione (l'attuale via del Governo vecchio): quella di A. Poggioli all'insegna del Martello e quella di G.B. Caifabri, che aveva due distinte botteghe, una all'insegna dell'Imperatore e l'altra all'insegna della Croce di Genova.
Due delle edizioni musicali del L. (Psalmiop. 5 di F. Foggia, 1660, ristampati nel 1661; Istas alias sacras cantiones, antologia del 1664 a cura di F. De Silvestris) uscirono per conto di Poggioli, che ne sostenne il costo, come riportano i frontespizi ("a spese di Antonio Poggioli all'insegna del Martello", "sumptibus Antonij Poggioli sub signo Martelli"); altre quattro (le antologie di De Silvestris Psalmos istos, 1662, e Has alteras sacras cantiones, 1663, e due raccolte di B. Graziani, Responsoria, del 1663, e Psalmi, del 1666) apparvero invece con l'indicazione, altrettanto eloquente, "si vendono in Parione all'insegna dell'Imperatore, & Croce di Genova" oppure "expensis Io. Baptista Caifabrij, ad signum Imperatoris, & Crucis Genuae in Parione". Le altre edizioni musicali del L. (A. Berardi, Missa pro defunctis, 1663, e Sacri concentus, 1666; C. Bonfiglio, Madrigali spirituali, 1663) non recano indicazione di bottega di vendita, forse perché la stampa fu sostenuta finanziariamente dagli autori.
Le ultime edizioni propriamente musicali del L. sono quelle del 1666, giacché i Discorsi della musica di V. Chiavelloni, pubblicati nel 1668, sono un trattato teorico, contenente riflessioni filosofiche sulla musica, e perciò non fanno uso degli speciali caratteri per la notazione musicale. In campo teatrale, dalle tipografie del L., del fratello e, successivamente, del figlio, uscirono 88 edizioni di testi drammatici (tragedie latine e italiane in versi, commedie e tragicommedie italiane in prosa), di libretti per musica (in particolare delle citate cantate latine per laurea, ma anche di oratori e melodrammi) e soprattutto di scenari e "argomenti" di spettacoli rappresentati nei collegi della città (Seminario romano, Collegio inglese, Collegio clementino) o in palazzi patrizi (Ragguaglio del Costantino, "attion tragica" recitata nel palazzo Boncompagni di Isola Liri nel 1660 con cori e intermedi per musica). Nella lunga serie si incontrano i nomi dei più noti autori drammatici gesuiti (B. Stefonio, L. Santi, E. Lobb, L. Cellot, O. Scammacca) e di alcuni attivi commediografi del Seicento romano (G.B. Salvati, P. Susini).
Il L. morì a Roma, nella sua casa al Piè di marmo, il 17 nov. 1683 e fu sepolto nella chiesa delle Stimmate.
In base al testamento, dettato il giorno prima della morte, suo erede fu il figlio Francesco (nato nel 1662), sottoposto però con rigorosa formula all'autorità della madre, designata, secondo la formula più piena in uso all'epoca, "donna, madonna ed usufruttuaria universale". Margherita condusse in effetti l'azienda con buoni risultati per qualche anno, sottoscrivendo le edizioni "per Francesco de' Lazzari figlio d'Ignatio" per sottolineare la continuità di gestione e valorizzare il prestigio del nome del defunto marito. Le edizioni uscite tra il 1683 e il 1698 sono in buona parte di committenza gesuitica; non comprendono alcun titolo di interesse musicale.
Dopo il 1689 si nota una flessione qualitativa e quantitativa nelle pubblicazioni, e il materiale tipografico dell'officina mostra segni di logoramento. Ma intanto Margherita aveva ottenuto nozze di prestigio per la figlia Francesca con il conte P. Morelli. Ceduta allora la tipografia di via della Gatta a P. Moneta, cessò l'attività (1698) e andò con Francesco, fattosi sacerdote, ad abitare a via Frattina in casa del genero. Nella fortuna della figlia di Ignazio, divenuta contessa, si può vedere una significativa promozione sociale dovuta alla capacità e laboriosità di un artigiano di umili origini.
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