Ifigenia
La figlia sacrificata agli dei
Simbolo della prova più grande a cui un dio può sottoporre l'uomo, Ifigenia è una delle figure più tragiche del mito greco. La sua vicenda è stata narrata da molti poeti, che attraverso di essa hanno sottolineato ora gli aspetti drammatici e assoluti della religione, ora l'imprevedibilità della sorte umana
Nei miti e nelle antiche tradizioni religiose accade spesso che una divinità sottoponga l'uomo a prove durissime, sia per conoscere veramente la sua fede sia per punirlo se ha commesso una colpa. Spesso il dio chiede all'uomo un sacrificio enorme, che ai nostri occhi può sembrare addirittura assurdo: pensiamo al Dio di Israele che chiede ad Abramo di immolare suo figlio Isacco.
Nel mito greco l'episodio più famoso che riguarda una prova di questo tipo vede protagonista Ifigenia, figlia primogenita di Agamennone, capo della spedizione greca nella guerra di Troia.
La flotta greca è ferma al porto di Aulide perché i venti contrari ne impediscono la partenza. Il sacerdote Calcante spiega che l'ira degli dei può essere placata solo se Agamennone sacrificherà sua figlia Ifigenia ad Artemide (la Diana dei Romani). Cosa accade a questo punto? Il mito e soprattutto la sorte di Ifigenia sono stati raccontati in diversi modi dai poeti greci e latini. Le differenti conclusioni dell'episodio danno alla vicenda significati simbolici diversi.
In quella che era sicuramente la versione più antica del mito, Ifigenia subisce la sorte più tragica. Il padre Agamennone la attira nel porto di Aulide con l'inganno, facendole credere di voler celebrare le sue nozze con Achille, ma una volta vestita con gli abiti nuziali della vergine la ragazza viene uccisa dallo stesso padre, che in tal modo soddisfa la volontà di un dio tanto assoluto quanto crudele.
Questa versione è narrata da Eschilo all'inizio della tragedia Agamennone: agli occhi di Eschilo il sacrificio di Ifigenia appare la causa che scatena l'odio di Clitennestra, madre della vittima, contro il marito Agamennone, e di qui tutte le orribili e tragiche vicende della famiglia. Ma per Eschilo l'episodio è anche il simbolo del potere assoluto della divinità sull'uomo, nonché della tragica scelta fra le ragioni della famiglia e dei legami di sangue e il bene della comunità (in questo caso la possibilità per i Greci di salpare verso Troia).
Anche il poeta romano Lucrezio, nel 1° sec. a.C., pone questa versione all'inizio del suo poema Sulla natura, ispirato alla filosofia laica e materialistica di Epicuro. Per Lucrezio il sacrificio di Ifigenia è simbolo della crudeltà a cui l'uomo giunge nel nome della religione, che diviene superstizione e strumento di potere politico, non fede serena e rassicurante.
Secondo un'altra versione, certamente più recente perché meno violenta, al momento del sacrificio Ifigenia viene sostituita da Artemide con una cerva. È infatti proprio per aver ucciso in precedenza una cerva a lei cara che Agamennone è stato punito da Artemide. La dea, tuttavia, dopo aver dimostrato il suo potere, salva la ragazza e ne fa una sua sacerdotessa.
Questa versione è il soggetto del dramma Ifigenia in Aulide di Euripide. Lo stesso autore rappresenta gli sviluppi della vicenda in un'altra tragedia, Ifigenia in Tauride. Dopo averla sottratta alla morte, Artemide trasporta Ifigenia nella lontana regione dei Tauri, in Asia, dove sarà sua sacerdotessa. I barbari Tauri, come usanza, uccidono nel tempio di Artemide tutti gli stranieri che giungono nella loro terra. Ma un giorno approda fra loro Oreste, il fratello di Ifigenia, in compagnia dell'amico e cugino Pilade: devono condurre ad Atene una statua di Artemide sacra alla città. Ifigenia non vedeva Oreste da quando questi era appena nato, ma dopo diverse peripezie i due si riconoscono. Ifigenia nasconde gli stranieri e alla fine riesce a fuggire dalla terra dei Tauri riportando ad Atene la statua sacra. Questa versione sottolinea l'imprevedibilità della sorte e delle vicende umane, nelle quali la verità e l'apparenza spesso si confondono fra loro traendo in inganno l'uomo.