ictus cerebrale
Evento cerebrovascolare acuto caratterizzato dalla comparsa improvvisa di segni o sintomi neurologici focali, con una durata superiore a 24 ore, che, pur con differenze da un paziente all’altro, si manifestano associando una sindrome specifica all’interessamento del vaso principale coinvolto o alle sue diramazioni; l’i. c. si distingue dall’attacco ischemico transitorio (➔ TIA), la cui sintomatologia dura meno di 24 ore. Il termine deriva dal latino, col significato di «colpo». L’i. c. può essere determinato sia da un infarto cerebrale, sia da un’emorragia cerebrale. La diagnosi di i. c. è nella maggior parte dei casi facile già all’osservazione clinica; la diagnosi si avvale delle tecniche di neuroimaging, prima fra tutte la TAC, che consente rapidamente di differenziare le emorragie dagli infarti cerebrali; la risonanza magnetica permette di precisare l’estensione e le caratteristiche della lesione e lo studio dei vasi. La creazione di unità di terapia subintensiva dedicate (stroke units) ha modificato positivamente la prognosi dell’i. c.; questi reparti, funzionalmente autonomi, sorgono nell’ambito di grandi ospedali; ogni letto è dotato di apparecchiature di terapia intensiva e il personale è qualificato per le specifiche caratteristiche cliniche dell’i.c. nel suo primo decorso; le stroke units sono in grado di eseguire una terapia specifica per l’i. c. ischemico (la cosiddetta trombolisi) entro 3 ore dall’inizio dei sintomi: tale terapia è in grado di ridurre la mortalità e i deficit invalidanti dovuti all’ictus cerebrale. I malati vengono sottoposti a un monitoraggio dei parametri vitali (polso, pressione, respiro, saturazione di O2, temperatura) e iniziano il più precocemente possibile un programma di riabilitazione personalizzato alle necessità individuali.