BACCI (Baccich), Icilio
Nato il 2 luglio 1879 a Sussak (Fiume) da Eugenio e da Isolina Gilardelli, compì gli studi di diritto in Italia. Sin da giovane svolse una attività pubblicistica collaborando al giornale La difesa,degli autonomisti italiani di Fiume, uscito negli anni 1897-1903. Nel 1904 fu tra i fondatori e tra i capi della società "Giovane Fiume", che si proponeva di raccogliere con un programma autonomistico e chiaramente filoitaliano i giovani irredentisti della città. L'associazione, che ebbe dapprima vita segreta e che annoverava fra i suoi maggiori esponenti, oltre al B., i fratelli R. e S. Gigante, L. Lenaz, E. Rossi, ecc., ebbe riconoscimento legale nel 1905 e dall'aprile 1907 al 1910 pubblicò il periodico La giovane Fiume. Nel 1907 il B. veniva eletto consigliere comunale e partecipava attivamente alla vita amministrativa della città: dal 1910, per un anno circa, coprì la carica di vicepodestà, avendo però in pratica le funzioni del podestà, assente da Fiume. Cessate le pubblicazioni de La giovane Fiume e sciolta d'autorità l'associazione dopo una gita sociale a Ravenna nel settembre 1911, il B. fu costretto dalla ostilità delle autorità governative a lasciare Fiume. Si stabilì ad Ancona: mentre collaborava alla Idea nazionale di Roma, sorta da poco, cercò tuttavia di creare a Fiume un nuovo giornale, quotidiano questa volta, che esprimesse e raccogliesse l'opposizione separatista al governo austro-ungarico: sorse così Il giorno,quotidiano politico, alla cui direzione il B. chiamò il giornalista milanese Amedeo Fava. Ma l'iniziativa morì sul nascere: nel marzo 1913, dopo il primo numero, il giornale fu soppresso e il direttore arrestato ed espulso. Lo stesso B., ritornato per breve tempo a Fiume, dovette lasciare la città. La lontananza dalla città natale non significò per lui l'abbandono della polemica irredentistica: lo scoppio della guerra mondiale anzi, con la prospettiva di un possibile rimaneggiamento della carta europea, offrì al B. l'occasione di compiere in Italia attiva propaganda per l'annessione di Fiume.
Una certa risonanza, nel dibattito politico sulla questione adriatica in vista di un eventuale intervento, ebbe l'opuscolo del B. Ilproblema dell'Adriatico e Fiume (Ancona 1914), riapparso con qualche ampliamento nel gennaio 1915 a Torino col titolo Fiume. Il Quarnero e gli interessi. d'Italia ne l'Adriatico, ristampato nel volume miscellaneo Dal Brennero alle Alpi Dinariche (Firenze-Roma, s. d.), pp. 216-256, insieme con scritti di M. Alberti, S. Barzilai, C. Battisti, A. Desico, A. Dudan, V. Gaida, S. Slataper e G. Stefani.
Nell'opuscolo il B. partiva dall'idea che il problema adriatico non si dovesse risolvere semplicemente con l'integrazione dell'unità nazionale. Per attuare il programma di Fiume all'Italia il B. non poteva infatti appellarsi a confini naturali, ma da un lato alla presenza di una maggioranza etnico-culturale italiana e dall'altro a tutta una serie di motivi di convenienza per Fiume, per Trieste e per l'Italia "non lasciare la città adriatica all'Ungheria" ad uno stato slavo. Particolare rilevanza era data ai motivi di natura economica, che il B. con la sua esperienza di pubblicista e di amministratore civico poteva con competenza illustrare: Fiume, mercato dei prodotti agricoli dell'Istria orientale e del Quarnero; Fiume, via più rapida di comunicazione dell'Italia con la Croazia, Ungheria, Romania, Serbia, Bulgaria, Russìa, Turchia; Fiume, parte integrante dell'Istria orientale. La conclusione era riassunta per il B. nel programma "L'Italia da Cervignano alle foci del Narenta" (p. 17), che a suo giudizio non avrebbe danneggiato gli interessi slavi, sufficientemente tutelati dal possesso dei porti della Dalmazia meridionale. Come concessione massima eventuale il B. proponeva di lasciare agli Slavi il litorale ed il porto di Segna (Serij), da valorizzarsi con un opportuno collegamento ferroviario. Mentre l'avversione del B. al dominio ungherese è radicale, verso gli Slavi invece viene da lui auspicato un accordo duraturo: non è chiaro però come questo avrebbe potuto realizzarsi stante l'ampiezza del programma irredentista.
Entrata l'Italía in guerra, il B. si arruolò volontario al pari dei fratelli Iti e Ipparco. Tornò a Fiume dopo l'armistizio e, durante la "reggenza del Carnaro", fu "rettore" agli Interni e alla Giustizia. Nel 1929 venne nominato preside della provincia del Carnaro. Il 23 genn. 1934 fu nominato senatore del regno. A Fiume continuò la sua professione di notaio.
Il B. fu ucciso a Fiume nell'agosto 1945: della uccisione, che negli ambienti dei profughi fiumani venne attribuita ad elementi delle formazioni di Tito, si ebbe notizia in Italia soltanto nel 1949.
Bibl.: Corriere della sera, 21 apr. 1949 (necrologio); E. Savino, La nazione operante. Profili e figure, Milano 1934, p. 926; S. Cella, Giornalismo e stampa periodica a Fiume (1813-1947), in Fiume, Rivista di studi fiumani, V (1957), pp. 38, 39 e nota, 57; E. Burich, Momenti della polemica per Fiume prima della guerra 1915-18, ibid., IX (1961), n. 1-2, passim.