Hilbert
Hilbert David (Königsberg, Prussia Orientale, oggi Kaliningrad, Russia, 1862 - Göttingen, Bassa Sassonia, 1943) matematico tedesco. La sua opera ha segnato emblematicamente per la matematica il punto di svolta nel passaggio tra il secolo xix e il secolo xx. Dopo aver studiato e iniziato la carriera di docente nella sua città natale, nel 1895 si trasferì a Göttingen, dove insegnò fino al suo ritiro nel 1930 e diresse la rivista «Mathematische Annalen». Il suo nome è legato a numerosi fondamentali contributi in vari campi della matematica e alle indagini sui → fondamenti della matematica. Nella prima direzione, le ricerche di Hilbert, concentrate tra il 1892 e il 1909, spaziano in diversi settori. Innanzitutto, in algebra, con la teoria degli invarianti algebrici, la teoria delle forme algebriche e il teorema della base, a partire dal quale P.A. Gordan dimostrò che l’anello degli invarianti dei polinomi omogenei di fissato grado in due variabili (dette anche forme binarie) è finitamente generato. La ricerca matematica di Hilbert riguarda inoltre la teoria dei numeri, il calcolo delle variazioni, il principio di Dirichlet, le equazioni integrali, l’equazione di Fredholm; le indagini su quest’ultima culminano nella teoria degli spazi che di Hilbert portano il nome. Una conferma della estrema varietà di interessi matematici di Hilbert è fornita dalla lista di 23 problemi, a quella data ancora aperti, presentata al Congresso internazionale di matematica di Parigi del 1900 (→ Hilbert, problemi di). Alcuni di essi, come l’ipotesi di Riemann, sono tuttora irrisolti; altri, come il primo, relativo alla cardinalità del continuo, o il secondo, relativo alla compatibilità degli assiomi dell’aritmetica, hanno dato risultati davvero sorprendenti, tanto da rivoluzionare la visione stessa della matematica.
Al problema dei fondamenti Hilbert dedicò gli studi fra il 1899 e il 1903 e quelli che sviluppò a partire dal 1916, dopo un fecondo periodo dedicato alla fisica teorica e relativistica e ai loro fondamenti. In questi anni pose i fondamenti della propria concezione della matematica, nota come → formalismo, e sviluppò gli strumenti logici necessari per darne una formulazione rigorosa. Su tale versante l’influsso del matematico tedesco è stato eccezionale e la sua figura resta centrale nella storia della matematica e della filosofia della matematica. Con l’opera Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria, 1899) Hilbert portò a compimento l’evoluzione ottocentesca del metodo assiomatico (→ Hilbert, assiomi di). Con lui, la geometria diventa la scienza delle conseguenze puramente logiche deducibili da un sistema di assiomi o ipotesi, estremamente più articolato dei tradizionali postulati euclidei, giacché gli assiomi coinvolgono relazioni tra entità di carattere astratto dette punti, rette e piani, che si definiscono non attraverso una loro descrizione individuale, che faccia appello a qualche forma di intuizione, ma soltanto attraverso le loro reciproche relazioni formali di appartenenza e inclusione. Ai fini matematici, perciò, hanno il diritto di esser chiamati «punti», «rette» e «piani» tutti gli enti tra i quali sussiste il sistema di relazioni descritto dagli assiomi (→ definizione): volutamente si ignora il ricorso all’intuizione o all’esperienza sensibile (che Hilbert tiene presente, ma accantona perché fonte di possibili fraintendimenti). Con ciò la geometria è fondata come scienza formalizzata. L’esplicitazione di tutte le ipotesi alla base della geometria consente una oggettivazione della scienza geometrica, con la conseguente possibilità – di portata rivoluzionaria – di assumere quello stesso complesso di ipotesi come ambito di indagine razionale al fine di scoprirne proprietà intrinseche, tra le quali, per esempio, la non contraddittorietà. Una simile prospettiva condusse Hilbert, nel corso di vari anni, a elaborare un singolare programma di ricerca circa i fondamenti della matematica, che si caratterizzò per il forte impianto formalista e fu propulsivo nell’individuare importanti problemi fondazionali. Il programma hilbertiano si struttura essenzialmente in due punti: (1) formalizzazione di tutte le teorie matematiche sufficientemente sviluppate nonché di quei settori delle scienze sperimentali che ricorrono in modo essenziale a strumenti e concetti matematici; (2) analisi di tali formalizzazioni allo scopo di mostrarne l’intrinseca non contraddittorietà. Poiché infatti le teorie matematiche formalizzate altro non sono che insiemi di proposizioni sintatticamente corrette ma con significati non necessariamente univoci, il criterio della non contraddittorietà costituisce per Hilbert la vera discriminante per la loro accettabilità razionale. E poiché, inoltre, il passaggio alla formalizzazione è l’unico strumento rigoroso atto a oggettivare le teorie matematiche, il programma hilbertiano, una volta portato a termine, avrebbe necessariamente condotto la comunità degli studiosi di matematica a riconoscere che, almeno per quanto li riguardava, il problema di una fondazione razionale della matematica era definitivamente risolto. I massimi sforzi di Hilbert e della sua scuola si concentrarono così sul problema della non contraddittorietà della teoria formale dei numeri. Questa si era infatti rivelata essere la teoria sulla base della quale tutte le altre, opportunamente tradotte in termini numerici, potevano essere ricondotte. Data l’intrinseca irriconducibilità ad altro di questa teoria, Hilbert si propose di affrontare il problema della sua non contraddittorietà, studiando il concetto di dimostrazione all’interno della stessa teoria formale dei numeri al fine di escludere la dimostrabilità in essa di una contraddizione. Hilbert fonda così la teoria della dimostrazione (Beweistheorie) o metamatematica, cioè la scienza che ha come suo oggetto le teorie formalizzate, dove anche il concetto di dimostrazione è esso stesso oggettivato in quanto formalizzato (→ sistema formale); suo obiettivo è indagare la struttura formale delle dimostrazioni e verificare in che misura gli enunciati dimostrabili in una teoria lo siano senza ricorrere ad altri enunciati contenenti riferimenti a totalità infinite. Sorge a questo punto il problema di quali strumenti razionali adottare all’interno di questa nuova scienza. Infatti l’eventuale adozione indiscriminata di strumenti di tipo aritmetico renderebbe circolare una dimostrazione di non contraddittorietà dell’aritmetica. Così Hilbert si propone di adottare solo un frammento dell’aritmetica, la cosiddetta aritmetica finitista, cioè quella parte di essa che non coinvolge un riferimento alla infinità dei numeri. In quanto parte della matematica finitista, la Beweistheorie ha a che fare con segni, combinazioni di segni ecc.; quindi per poter studiare le teorie matematiche occorre tradurle in un linguaggio formale in cui le regole dimostrative divengono regole sulla manipolazione di simboli: questa formalizzazione è consentita dalla logica matematica. L’impostazione hilbertiana si manifestò inattuabile in seguito alla formulazione, a opera di Gödel, del teorema di incompletezza (→ Gödel, teorema di), ma i metodi inaugurati da Hilbert (metodi diretti, in generale non costruttivi, e dimostrazioni esistenziali che rendono superflue le costruzioni dei singoli enti) hanno costituito il fulcro di gran parte delle ricerche logico-matematiche contemporanee. Anche in conseguenza dei risultati di Gödel il formalismo non incontrò larghi consensi nel mondo matematico. Quello che la matematica novecentesca ha assorbito della concezione hilbertiana è piuttosto l’impostazione assiomatica. Fra le sue opere, Grundzüge der theoretischen Logike (Lineamenti fondamentali di logica teoretica, 1928, con W. Ackermann) e Grundlagen der Mathematik (Fondamenti della matematica, 1934-39, con P. Bernays).