Langdon, Harry
Attore teatrale e cinematografico statunitense, nato a Council Bluffs (Iowa) il 15 giugno 1884 e morto a Los Angeles il 22 dicembre 1944. Noto con diversi soprannomi (The baby, The little elf, The sad clown) che ne stigmatizzavano tanto i tratti somatici quanto i ruoli interpretati sia in teatro sia al cinema, L. fu uno dei più grandi comici nati con il muto, insieme a Harold Lloyd e a Buster Keaton. Il mitico personaggio di Harry, cui L. diede il volto di eterno bambino dall'espressione malinconica, rivela, con il lirismo di un sognatore imbambolato, una disarmante fiducia nella vita grazie alla quale si possono risolvere i conflitti più difficili e le situazioni più imprevedibili, non risparmiando una blanda critica sociale volta soprattutto alla riaffermazione di quei valori che l'America degli anni Venti e Trenta tentava di recuperare.
Arrivato al cinema in ritardo rispetto ai suoi colleghi (e dopo aver acquisito una certa notorietà con l'atto unico, Johnny's new car che insieme alla moglie, Rose Francis, portò in tournée negli Stati Uniti), la carriera di L. nacque alla Keystone Pictures sotto l'egida di Mack Sennett ‒ alla cui scuola si formarono pressoché tutti i grandi comici del periodo (compreso Charlie Chaplin) ‒ che aveva saputo riconoscere le sue doti comiche ed elaborare i tratti del suo personaggio, a partire da Picking peaches (1924) di Erle C. Kenton, a Boobs in the wood (1925) di Harry Edwards, che in venti minuti presenta un lunare e divertentissimo L. interprete di un aspirante boscaiolo, sino a Saturday afternoon (1926) diretto da Edwards e scritto da Frank Capra. Se in queste opere, governate da un disordine cosmico e comico dal forte potere liberatorio, il personaggio di L. si delinea con tratti già precisi, la sua maturazione cinematografica è legata a un altro grande nome, quello dell'allora giovanissimo Capra. Dopo aver abbandonato Sennett e fondato nel 1925 la Harry Langdon Corporation, L. proseguì la collaborazione con il futuro regista che (sebbene non accreditato) scrisse per lui Tramp tramp tramp (1926; Di corsa, dietro un cuore) di Edwards, una storia tragicomica (della durata di 62 minuti) fitta di divertenti gag tra cui una memorabile in cui L. riesce a far indietreggiare con una sassaiola un tornado che lo insegue. Successivamente Capra diresse L. in The strong man (1926; La grande sparata, noto anche come L'atleta innamorato e L'uomo più forte del mondo), basato su esilaranti invenzioni comiche giocate sul contrasto tra le più incredibili disavventure e la grazia e la gentilezza del personaggio interpretato dall'attore; quindi in Long pants (1927; Le sue ultime mutandine), una commedia con toni drammatici non priva di momenti da film noir, incentrata sul conflitto tra innocenza ed esperienza, che si conclude con il trionfo della lealtà, dell'altruismo e delle più nobili virtù umane. L'intesa artistica con Capra segnò la nascita di un nuovo genere comico che abbandonava lo stile sennettiano degli anni Venti a favore di una comicità affidata ai buoni sentimenti, all'ottimismo rooseveltiano e all'American way of life. Durante la produzione di Long pants cominciarono però a farsi evidenti i segni della rottura tra i due che sarebbe presto diventata definitiva, segnando l'incipiente declino di L. e il futuro successo di Capra presso la Columbia Pictures. L. iniziò quindi a dirigere, oltre che produrre e interpretare, i suoi film: Three's a crowd (1927), The chaser e Heart trouble, entrambi realizzati nel 1928; quest'ultimo diretto con Arthur Ripley, facendone delle opere stereotipate dominate da un rigido schema narrativo che finì per soffocare Harry, il suo proverbiale personaggio.
Dopo See American thirst (1930) di William James Craft, con l'avvento del sonoro, poco congeniale a L. come del resto alla maggior parte dei suoi colleghi, apparve ancora sul grande schermo, seppure in film e ruoli di scarso rilievo (fra gli altri, Hallelujah, I'm a bum, 1933, di Lewis Milestone; Zenobia, 1939, di Gordon Douglas), collaborò con H. Roach e dal 1938 al 1940 lavorò come gagman per i film di Stan Laurel e Oliver Hardy (tra cui, The flying deuces, 1939, I diavoli volanti).
W. Schelly, Harry Langdon, Metuchen (NJ) 1982; J. Rheuban, Harry Langdon: the comedian as metteur-en-scène, Rutherford (NJ) 1983; R.D. MacCann, The silent comedians, Metuchen Iowa City 1993, pp. 227-35.