handicap
Menomazione di tipo motorio o sensoriale, intellettivo o affettivo ai fini di un normale inserimento nella vita sociale in tutte le sue manifestazioni (familiari, scolastiche, professionali, ecc.). Dagli ultimi anni del 20° sec. si parla preferibilmente di disabilità o di persona diversamente abile. L’h. anche in ambito neuropsichico è da considerarsi un fatto relativo, non assoluto, sia per la restrizione delle attività, sia per la limitazione della partecipazione alla vita sociale. L’h. può essere determinato nella persona da difetti congeniti o acquisiti, che provochino limitazioni motorie, intellettive o di partecipazione. Di partic. importanza l’h. infantile da paralisi cerebrali e da difetti congeniti di metabolismo, le sindromi con disturbi del movimento e i disturbi pervasivi dello sviluppo, la cecità e la sordità. Nell’adulto, oltre all’evoluzione delle patologie suddette per l’infanzia (che comportano difficoltà all’inserimento sociale e lavorativo, spesso precludendo del tutto quest’ultimo), si ricordano h. psichici, sensitivi e motori (i più frequenti fra questi sono gli esiti di ictus e traumi). Dal punto di vista materiale, il problema dell’h. può essere affrontato con strumenti diversi (sedie a rotelle, apparecchi ortopedici, supporti tecnologici) oppure con l’aiuto di persone competenti (fisioterapisti, assistenza domiciliare e scolastica). Per es., i computer e i software dedicati usualmente dispongono di strumenti di accesso specifici per persone con difficoltà motorie, visive e uditive; nella scuola la normativa italiana prevede opportuni sostegni per tutto l’arco della vita scolare, ma principalmente per la scuola dell’obbligo; nel lavoro sono previste liste speciali di collocamento per i portatori di handicap.