ḤAMDĀNIDI
. Dinastia musulmana con tendenze sciite, che nel sec. IV dell'ègira (X d. C.) ebbe un breve ma brillante dominio in Mesopotamia e in Siria. Nel 292 èg. (904 d. C.), un Abū'l-Ḥaigiā' figlio di Ḥamdān, della tribù araba dei Banū Taghlib, fu dal califfo ‛abbāside al-Muktafī nominato governatore di Mossul e del territorio relativo. Un suo figlio, al-Ḥasan, col titolo onorifico di Nāṣir ad-dawlah (morto nel 358 èg., 968 d. C.) regnò come sovrano praticamente indipendente ed estese il suo potere su buona parte della Mesopotamia (Diyār Rabī‛ah, Diyār Muḍar); ma la figura più nota è il fratello minore di al-Ḥasan, ‛Alī detto Saif ad-dawlah, morto nel 356 èg. (967 d. C.), che nel 944 conquistò Aleppo agl'Ikhshīditi, facendone sua capitale dei dominî della Siria settentrionale, donde per più anni condusse con alterna vicenda sanguinose guerre contro i Bizantini. La corte ḥamdānide di Aleppo fu nel sec. X vivo centro di cultura e poesia (valente poeta fu anche il cavalleresco cugino di Saif ad-dawlah, Abū Firās). Ma con i discendenti di Saif ad-dawlah, Sa‛d ad-dawlah e Sa‛īd ad-dawlah, la potenza della dinastia declinò; i territorî del ramo siriano furono attorno al 1000 conquistati dai Fāṭimidi di Egitto, quelli del ramo mesopotamico dai Buwayhidi di Baghdād.
Bibl.: G. W. Freytag, Gesch. der Hamdaniden, in Zeitschr. d. deutschen morgenl. Gesellschaft, X (1836), pp. 432-09; XI (1857), pp. 177-252; M. Badruddin, Sayf addawlah and his time, Lahore 1931; E. de Zambaur, Manuel de généalogie et de chronologie pour l'hist. de l'Islam, Hannover 1927, p. 133.