MODENA, Gustavo
– Nacque a Venezia il 13 genn. 1803 da Giacomo, attore drammatico di origine trentina, e da Luigia Bernaroli, anche lei attrice, rimasta vedova di Luigi Lancetti con un figlio, Vincenzo. Dopo i primi studi nella città natale, il M. si trasferì al liceo di Verona, dove ebbe tra gli insegnanti padre Ilario Casarotti. Nel dicembre 1818 si iscrisse al corso di studio politico-legale dell’Università di Padova. Nel giugno 1820, nell’incandescente atmosfera provocata dal divieto della polizia austriaca agli studenti di assistere alle prove dell’opera Fedra, fu coinvolto in un tumulto e ferito gravemente al braccio sinistro, il cui uso avrebbe in seguito recuperato. Abbandonata l’ormai per lui insicura Padova, si trasferì a Bologna, dove si laureò nel giugno 1821 e iniziò la pratica legale presso gli studi di F.L. Ercolani e di G. Vicini, conseguendo nel 1824 il titolo di avvocato. L’ambiente professionale dei genitori e le letture giovanili fecero tuttavia prevalere sull’esercizio dell’avvocatura la passione per l’arte drammatica, presto intesa come forma di militanza civica e patriottica.
Inizialmente contrastato dal padre, il M. esordì nella compagnia del capocomico S. Fabbrichesi, con la quale ebbe occasione di recitare in numerose città italiane e di rivelare il suo talento nel ruolo di David nel Saul di V. Alfieri, che sarebbe divenuto uno dei suoi cavalli di battaglia. Nell’autunno del 1829 si esibì a Padova con una propria compagnia nella quale recitava anche il padre e il cui repertorio includeva Francesca da Rimini di S. Pellico, una tragedia nel mirino della censura e nella quale il giovane M. offrì un’interpretazione emotivamente assai intensa.
Attore già affermato allo scoppiare dei moti del 1831, il M. collaborò a Bologna con l’avvocato Vicini, esponente di spicco del governo provvisorio, partecipando in prima linea alle vicende dell’Italia centrale sino alla capitolazione di Ancona, che abbandonò fortunosamente via mare insieme con quasi un centinaio di esuli diretti a Marsiglia, dove giunse all’inizio del giugno 1831.
Risalgono a questo periodo l’incontro del M. con G. Mazzini e il suo entourage e subito dopo l’adesione e la fattiva collaborazione alla nascente Giovine Italia (nella quale assunse il nome di battaglia di Michele di Lando) e al suo periodico: importanti per questa stagione i tre dialoghi conosciuti come Insegnamento popolare – Il padrone, e il castaldo; Il negoziante, e il carrettiere; Un novizio, e suo fratello, titolo attribuito da T. Grandi nell’edizione degli Scritti e discorsi (p. 7) – che, pubblicati come supplemento ai primi fascicoli della Giovine Italia, grazie alla forma dialogica di domande alternate a risposte (una caratteristica del suo stile) e al lessico semplice e incisivo, sarebbero divenuti il più efficace strumento della propaganda unitaria clandestina tra i ceti subalterni nelle città e nelle campagne, soprattutto lombarde.
Attivo emissario tra Marsiglia e l’Italia centrale, sempre sotto l’occhio attento delle polizie della penisola, il M., come risulta dall’epistolario mazziniano, cercò di coniugare l’attività cospirativa con la ricerca di fonti di sostentamento. Del 1833 è l’incontro in Svizzera con Giulia Calame, figlia di un notaio del Bernese, destinata a diventare la fedele e attiva compagna che, dopo numerose traversie, si sarebbe unita in matrimonio con lui nell’autunno 1835. Intanto, ai primi di febbraio del 1834, il M. aveva preso parte alla spedizione in Savoia, ideata da Mazzini per far insorgere gli Stati sardi: come testimonia un interessante scritto del 1834 ricco di pathos e di riferimenti biblici, l’Epistola di Lando ai giovani italiani (Scritti e discorsi, pp. 58-72), l'insuccesso dell’impresa non diminuì la sua convinzione nella bontà del programma mazziniano, ora ampliatosi grazie alla formula della Giovine Europa. Inseritosi nel 1835 nel milieu degli esuli italiani a Parigi, il M. dovette lasciare la città dietro pressioni della diplomazia austriaca dopo aver improvvisato un’incandescente orazione funebre dedicata al generale G. Olini, attivo nei moti del 1821 e del 1831, da lui descritto come esemplare figura di combattente, esule e martire per la libertà, in contrasto con la crudeltà dell’imperatore Francesco I d'Asburgo Lorena (ibid., p. 75). Dopo una breve tappa a Strasburgo, gli anni tra il 1835 e il 1838 furono trascorsi dal M. e dalla moglie a Bruxelles tra continue difficoltà economiche e piccole attività commerciali.
Risalgono a questo periodo alcuni testi importanti, come lo scritto dedicato alla funzione educativa del teatro, pubblicato il 31 ott. 1836 nel foglio letterario parigino L'Italiano, fondato da M. Accursi e Cristina di Belgioioso, che testimonia la profonda sensibilità del M. per il tema dell’istruzione patriottica del proletariato urbano e rurale, accompagnata dalla capacità di individuare, all’interno del discorso patriottico democratico, forme narrative e recitative capaci di raggiungere le corde emotive dei ceti illetterati (Il teatro educatore, p. 251).
L’amnistia concessa dal nuovo imperatore Ferdinando I ai sudditi lombardo-veneti che si erano allontanati per motivi politici incontrò la profonda diffidenza del M. (si vedano le lettere inviate all’anziano padre a Venezia in Epistolario, p. 27; Arisi Rota, p. 155), il quale esitò a rientrare nella penisola nonostante le scarse prospettive di mantenersi all’estero, aggravate dalla declinante salute e dalla preoccupazione di non abbandonare i compagni d’esilio: la decisione finale di chiedere il rimpatrio venne invece ben compresa da Mazzini, che del M. dimostrò sempre di apprezzare la bontà e generosità d’animo.
Finanziatosi il rientro in Italia con una recita a Londra, il 17 maggio1839, di brani della Divina Commedia – famosa divenne la sua interpretazione di alcuni passi dell’Inferno –, si impegnò nella ripresa dell’attività teatrale che, finché il governo del Granducato di Toscana gli proibì le recite, realizzò a Parma e a Padova, quindi anche a Pisa e Livorno, combattendo continuamente contro la censura. Nel 1843 formò una nuova compagnia con la quale, in un paio di anni, si esibì a Padova, Milano, Venezia, Rovigo, Trieste e il cui repertorio, oltre al collaudato Saul, comprendeva Wallenstein di F. Schiller e Adelchi di A. Manzoni, nonché alcune traduzioni dello stesso M. di commedie e drammi di autori francesi, tra le quali La calunnia e Una catena di E. Scribe, Le educande di Saint-Cyr di A. Dumas padre: il repertorio e le interpretazioni del M. annoveravano tra i critici anche N. Tommaseo (p. 285) e tra gli estimatori la redazione del giornale triestino La Favilla, animata da P. Valussi.
Alla vigilia delle insurrezioni del marzo 1848 il M. sciolse la compagnia per poter prender parte diretta alla lotta; contattò D. Manin e Tommaseo, mise la sua capacità oratoria al servizio della propaganda nelle strade e di un quotidiano di orientamento repubblicano; quindi, insieme con la moglie, si unì ai cosiddetti Crociati, i volontari diretti a Udine e poi dirottati verso la fortezza di Palmanova, dove ebbe parte attiva come aiutante del comandante, il generale C. Zucchi, conosciuto durante l’assedio di Ancona. Malgrado la pericolosa missione effettuata dal M. presso il campo piemontese per ottenere rinforzi, la fortezza fu costretta a capitolare il 25 giugno. Impegnato nella primavera-estate del 1848, come altri mazziniani di convinta fede unitaria repubblicana, nel confronto con i sostenitori dell’opzione fusionista filopiemontese, in luglio il M. si recò a Milano, dove ritrovò Mazzini e collaborò alla breve vita del quotidiano L’Italia del popolo; tornate le truppe austriache passò nel Canton Ticino, a Lugano, dove trascorse due mesi nella cerchia di Mazzini organizzando recite a favore degli esuli e componendo il mordace libello satirico Domine, salvum fac … contro il ministero Pinelli in Piemonte. Passò quindi a Firenze dove, insieme con P. Cironi, sarebbe stato il referente di Mazzini per la creazione di un comitato nazionale per la convocazione di una Costituente e l’autore di numerosi interventi nel quotidiano del comitato, La Costituente italiana, diretto da A. Mordini e pubblicato dal 23 dic. 1848 al 30 mar. 1849, sul quale ospitò veri e propri appelli per il superamento dei municipalismi e per l’unione delle forze democratiche in favore di una Costituente eletta a suffragio universale.
Eletto deputato all’Assemblea legislativa toscana, il M. vi pronunciò due discorsi a sostegno dell’unione dello Stato toscano con quello romano e della Costituente, scontrandosi anche per questo con F.D. Guerrazzi. Allo scioglimento del governo toscano, il M. e la moglie si recarono a Roma per sostenere la Repubblica contro i Francesi: mentre la moglie era impegnata nella direzione dell’ospedale di S. Spirito, il M. prese parte ai combattimenti lasciandone un accorato resoconto nelle lettere al cognato I. Paulet, dalle quali emerge l’amarezza per il destino di Venezia.
Caduta la Repubblica Romana, nel settembre del 1849 il M. e la moglie giunsero a Torino: grazie alle pressioni dell’amico G. Ordoño de Rosales sul presidente del Consiglio M. d’Azeglio, il decreto di espulsione dagli Stati sardi venne ritirato e i due poterono fare della capitale sabauda, affollata di emigrati lombardi, la loro residenza per quasi dieci anni. A una nuova fortunata stagione di attività teatrale il M. affiancò una ripresa della militanza occupandosi della diffusione delle cartelle del Prestito nazionale mazziniano, per la quale, come testimoniano i costituti del processo mantovano, entrò in contatto con A. Scarsellini, che sarà uno dei nove martiri di Belfiore, condannato a morte nel 1852. Nell'imminenza degli eventi decisivi per il raggiungimento dell'Unità svolse inoltre un'intensa propaganda politica fatta soprattutto di scritti occasionali che, firmati o anonimi, spesso in forma parodistica, miravano a stigmatizzare le ipocrisie degli ambienti fusionisti monarchici e a tener vivo l’obiettivo di un «teatro educatore». Tra i molti, merita di essere ricordato in particolare l’atto unico Il falò e le frittelle, stampato a Milano nel marzo 1860, complessa farsa allegorica – forma cara alle denunce del M. – che aveva per obiettivo polemico Camillo Benso conte di Cavour, G. La Farina e la Società nazionale da lui fondata, e le annessioni al Piemonte, le frittelle, appunto, laddove il falò per cuocerle veniva alimentato bruciando i libri proibiti ai giovani, fra cui le opere di C. Cattaneo e di Mazzini.
Inframmezzando l’attività teatrale a Torino con i periodi estivi a Torre Luserna, presso Pinerolo, sempre sotto il controllo della polizia, il M. proseguì negli anni Cinquanta l’intenso sodalizio artistico-affettivo con la moglie e calcò le scene di numerosi teatri piemontesi, liguri, toscani e milanesi, spesso devolvendo gli incassi a favore degli emigrati italiani. Nel 1859 rifiutò l’offerta del posto di maestro di declamazione a Firenze. Tra le intense amicizie di quegli anni va ricordata quella con V. Brusco Onnis, che negli anni Ottanta si sarebbe dedicato al primo riordinamento dell’epistolario del M., lasciandolo interrotto per la morte, sopravvenuta nel 1888. Il lungo lavoro sarebbe stato successivamente completato da T. Grandi. Vicini al M. furono anche democratici di vario orientamento, come A. Brofferio, F. Dall’Ongaro, M. Macchi.
Convinto probabilmente da Brusco Onnis e dall’attore-impresario T. Salvini a intraprendere una stagione di rappresentazioni nel Meridione, nel novembre del 1860 il M. si recò a Napoli, dove tuttavia una sopraggiunta stanchezza fisica e la delusione per come si era conclusa l’impresa garibaldina, mentre ancora l’Austria regnava sul suo Veneto, lo indussero a far subito ritorno a Torino.
Il M., ammalatosi di pleurite durante il viaggio, morì a Torino il 20 febbr. 1861.
Dopo i funerali civili, fu sepolto nel cimitero degli acattolici: alla sua scomparsa fu dato ampio risalto dalla stampa torinese, soprattutto dal Diritto, foglio di orientamento democratico, e da quella repubblicana nazionale. L’intensità dei legami maturati nel corso dei decenni con numerosi esponenti del milieu mazziniano e dell’ambiente teatrale italiano è testimoniata dai rapporti che la vedova continuò a coltivare sino alla morte, avvenuta nel 1869.
Opere di G. M.: Politica e arte. Epistolario con biografia, 1833-1861, Roma 1888; Epistolario di Gustavo Modena, a cura di T. Grandi, Roma 1955; Scritti e discorsi di Gustavo Modena (1831-1860), a cura di T. Grandi, Roma 1957.
Fonti e Bibl.: Genova, Biblioteca universitaria, Fondo autografi; Archivio di Stato di Milano, Presidenza di governo, cart. 226; Milano, Museo del Risorgimento, Fondo esuli, Grilenzoni (fotografie); Carte di A. Bertani (23 lettere a Bertani e a G. Medici); Pavia, Biblioteca civica, Archivio della famiglia Cairoli, cart. XXIV (quattro lettere del 1860); Roma, Museo centrale del Risorgimento, Archivio Jessie White Mario (32 lettere); Carte Adriano Lemmi; Timoteo Riboli; Volumi manoscritti (32 lettere ad A. Bertani); Carte Gerolamo Ramorino; Archivio di Stato di Torino, Gabinetto di polizia. G. Cagnacci, Giuseppe Mazzini e i fratelli Ruffini: lettere, Portomaurizio 1893, pp. 16, 215-218, 227; C. Cattaneo, Epistolario, raccolto e annotato da R. Caddeo, I-IV, Firenze 1949-56, ad indices; Epistolario di Giulia Modena: con appendice, a cura di T. Grandi, Venezia 1968; Scritti editi ed inediti di G. Mazzini, Indici, II/2, a cura di G. Macchia, Imola 1973; N. Tommaseo, Diario intimo, a cura di R. Ciampini, Torino 1938, pp. 107, 285. Per gli studi sul M. sino alla metà degli anni Cinquanta del XX secolo si rinvia alla bibl. di circa 400 titoli pubblicata in appendice agli Scritti e discorsi, pp. 339-352 e a quella curata da F. Della Peruta nella Bibliografia dell’Età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, I, Firenze 1971, pp. 308 s. (aggiornata da G. Luseroni nella Bibliografia dell’Età del Risorgimento 1970-2001, I, Firenze 2003, p. 384). Si vedano comunque S. Mastellone, Mazzini e la «Giovine Italia» (1831-1834), I-II, Pisa 1960, ad ind.; G. Arrighi, Lettere inedite di G. M. nell’Archivio comunale di Lucca, in Boll. della Domus Mazziniana, X (1964), 1, pp. 103-110; T. Grandi, Una lettera dell’attore M. al censore teatrale, ibid., pp. 111 s.; D. Corsi, G. M. a Lucca nel 1840 (dalle carte della Polizia), ibid., X (1965), 2, pp. 9-35; T. Grandi, G. M. attore patriota, Pisa 1968 (con in app. elenco delle principali produzioni teatrali presentate, dell’iconografia, delle poesie, epigrafi, lapidi e monumenti dedicati a G. M.); C. Arrigoni, Delle lettere dell’attore patriota G. M. all’amico Agostino Bertani medico chirurgo, in Minerva medica, LXI (1970), pp. 4793-4810; C. Meldolesi, Profilo di G. M. Teatro e rivoluzione democratica, Roma 1971 (con selezione di testi di G. M.); A. Marchetti, G. M. esule a Lugano, in Il Mattino, Napoli 20 febbr. 1971; Teatro e Risorgimento, a cura di F. Doglio, Bologna 1961, pp. 24-28, 33 s., 36, 40; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani. Il «Partito d’Azione» 1830-1845, Milano 1974, ad ind.; G. Monsagrati, Momenti della vita di un artista (con inediti di G. M.), in Boll. della Domus Mazziniana, XXIV (1979), pp. 157-168; C.M. Lovett, The democratic movement in Italy, 1830-1876, Cambridge-London 1982, ad ind.; F. Della Peruta, Politica e società nell’Italia dell’Ottocento. Problemi, vicende, personaggi, Milano 1999, pp. 56, 279 ss.; A. Arisi Rota, Il processo alla Giovine Italia in Lombardia (1833-1835), Milano 2003, ad ind.; Belfiore, I, I comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto ed il loro processo a Mantova del 1852-1853; II, Costituti, docc. tradotti dal tedesco ed altri materiali inediti del processo ai comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto (1852-1853), a cura di C. Cipolla, Milano 2006, ad indices; P. Ginsborg, Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-49, Torino 2007, ad ind.; Storia d’Italia (Einaudi), Annali 22, Il Risorgimento, a cura di A.M. Banti - P. Ginsborg, Torino 2007, pp. 223, 304, 412 n.; G. Luseroni, Giuseppe Mazzini e i democratici nel Quarantotto lombardo, Roma 2007, pp. 222, 313, 330 s.; Gli Italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai nostri giorni, I, Fare l’Italia: unità e disunità nel Risorgimento, a cura di M. Isnenghi - E. Cecchinato, Torino 2008, ad ind.; Diz. biogr. dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici …che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, a cura di F. Regli, pp. 334-337; Diz. del Risorgimento nazionale, III/2, pp. 604-607; Enc. biografica e bibliografica «italiana», N. Leonelli, Attori tragici e attori comici, II, pp. 98-102 (con 5 ritratti).