Poeta (n. intorno al 1235 - m. Firenze 1294), figlio di Viva di Michele. Intorno al 1265 entrò nei "Milites Beatae Virginis Mariae" (i cosiddetti frati gaudenti), opponendosi alla mondanità di essi. È la figura più rappresentativa del momento di trapasso tra la poesia siciliana provenzaleggiante e lo stil novo iniziato da G. Guinizzelli, e anzi il caposcuola della generazione anteriore a Dante nell'ambito della quale esercitò una vera e propria dittatura letteraria. Contro questa infatti si appuntò l'intransigente polemica di Dante e degli stilnovisti, polemica che, come è stato osservato, è essa stessa segno di ammirazione e rispetto. Faticoso e oscuro nello stile, non riuscì mai a liberarsi dalla maniera provenzale; meglio che nelle rime giovanili d'amore, riuscì in quelle ispirate a sentimenti di carità patria e di vita morale, in cui si espande una robusta vena oratoria (la sua produzione poetica assomma a cinquanta canzoni e duecentocinquanta sonetti). Nelle elaboratissime Lettere, in prosa volgare, ha rilievo la sua forte personalità morale e civile; ma tali lettere sono importanti soprattutto perché il volgare prosastico vi è adoperato per la prima volta con ambiziosi intenti d'arte. Ipotesi recenti fanno di G. l'inventore della ballata sacra, cioè della lauda.