Polenta, Guido Novello da
Uno dei personaggi di maggior rilievo della sua casa. Figlio di Ostasio, a sua volta figlio di Guido Minore, l'instauratore della signoria polentana in Ravenna, è ignota la sua data di nascita che si può indicare non più tardi del 1275.
Del 3 e 5 aprile 1301 sono le prime notizie del suo ingresso nella vita pubblica come componente del consiglio dei Sapienti; in seguito partecipò ai lavori di quel consiglio, e nel maggio 1304 ebbe l'incarico della presa di possesso di Comacchio, sottomessasi a Ravenna. Nel 1307 ebbe la prima carica fuori della città, ossia fu capitano del popolo a Reggio Emilia, e fu anche fra i quindici savi sopra gli " emergenti " che sorgevano a proposito della guardia di Ravenna e Cervia. Nel 1310 è già sposato con Caterina dei conti Malvicini di Bagnacavallo, dalla quale ebbe cinque figli (tre femmine e due maschi). Nello stesso anno muore Guido Minore, che aveva sempre mantenuto l'equilibrio fra i figli e i nepoti, e per alcuni anni Guido Novello non compare, evidentemente messo in disparte dagli zii, Lamberto e Bernardino. È solo ricordato fra gli elettori del rettore di Santo Stefano del Mercato (3 luglio 1312). Nel 1314 per la seconda volta è capitano del popolo a Reggio Emilia e dall'agosto in poi a Cesena. Il 10 agosto partecipa all'inaugurazione del porto di Cesenatico. Il 9 novembre il vicario del rettore di Romagna attacca Cesena; Guido lo affronta e lo respinge dopo diverse ore di combattimento, ma la sollevazione della città lo costringe ad abbandonarla. Per un altro biennio non abbiamo notizie su di lui.
Nel 1316, alla morte di Lamberto (22 giugno), gli succede nella podesteria di Ravenna. Suo proposito era di fare tutto il possibile per vivere in pace, e quindi rimane estraneo agli avvenimenti di Romagna dal 1316 al 1319. Poche e insignificanti sono le notizie sulla sua podesteria. Nel 1317 fece fondere la campana grossa del comune. Alla fine del 1318 e all'inizio del 1319 gli si sottomette Comacchio; e il 20 gennaio vi fu un tentativo fallito dei Ravennati contro Bagnacavallo a proposito delle valli, delle selve e delle relative giurisdizioni; poi arriviamo all'8 marzo 1321 quando il fratello Giovanni, su suo ordine, catturò a Polenta il cugino Alberto, figlio di Guido Riccio.
A turbare il ritmo pacifico e tranquillo della podesteria di Guido venne il contrasto con Venezia a proposito del contrabbando del sale. Con ripetuti patti Venezia aveva stabilito uno stretto monopolio sul sale e le altre merci che passavano per il porto di Ravenna e in proposito esercitava una strettissima sorveglianza, e costruì il forte di Marcabò dove il fiume si divideva in due. Quindi frequenti in proposito i contrasti, uno dei quali sorse probabilmente nel 1318, e in questa occasione Cangrande della Scala inviò D. a Ravenna per rafforzare la resistenza della città alle richieste veneziane. Le trattative furono lunghe, difficili e infruttuose, finché nell'agosto 1321 Venezia fornì aiuti in denaro al signore di Forlì, Cecco Ordelaffi, per un'azione comune contro Ravenna. All'incalzare di questi avvenimenti si ricollega l'ultima ambasceria di D. a Venezia, cui seguì la sua morte, celebrata da Guido con solenni funerali e la sepoltura in un antico sarcofago vicino all'ingresso laterale della basilica di San Francesco.
Le trattative dell'ultima ambasceria di D. dovettero essere sostanzialmente decisive poiché il 21 settembre 1321 venne presentato, dagli ambasciatori ravennati, un progetto respinto dalla Serenissima il 20 ottobre; ma con le opportune modifiche giunse l'accordo definitivo il 4 maggio 1322.
Dopo questi avvenimenti comincia la decadenza di Guido. Il 23 febbraio 1322 viene eletto capitano del popolo a Bologna per il semestre aprile-settembre e, partendo, affida il governo di Ravenna al fratello Rinaldo, eletto arcivescovo. Il cugino Ostasio, che ambiva al governo della città, uccide Rinaldo (20 settembre) e s'impadronisce del potere. Allora il comune di Bologna concede a Guido duecento uomini a cavallo, ma dopo tre giorni li ritira in cambio di molte concessioni a Guido. Questi non abbandona i suoi tentativi per riprendere il dominio su Ravenna e il comune di Bologna lo allontana dalla città pur confermando i redditi assegnatigli. Da allora comincia il tramonto definitivo di Guido. Un ultimo tentativo per rientrare in Ravenna lo si ebbe fra il 16 e il 17 giugno 1323, ma il progetto di scalata delle mura venne mandato a vuoto da Ostasio. Dopo questo episodio non abbiamo più notizie di Guido fino alla sua morte (1333).
In complesso Guido Novello come politico non fu uomo di rilievo: al contrario degli altri Polentani ebbe un culto palese per la pace, per gli studi e per le arti; a lui il Ricci riconosce sei poesie, che però sarebbero precedenti alla venuta di D. a Ravenna. Stretti rapporti fra D. e Guido parrebbero dimostrati dalla corrispondenza con Giovanni del Virgilio (Eg III 80, IV 95), nella quale il Polentano è indicato come l'ospite che non permetteva al poeta di allontanarsi; ma in quella corrispondenza D. non poteva accennare alla ragione vera della sua missione a Ravenna, e quindi in Iollas trova l'ostacolo per non poter lasciare la città. Per quanto riguarda la presunta epistola volgare di D. a Guido Novello, non ci sono elementi che ne confermino l'autenticità. È senz'altro ammissibile che i rapporti fra D. e Guido siano stati molto cordiali: all'amore per lo studio e per la poesia, alla venerazione e ammirazione per il sommo poeta si aggiungeva in Guido l'aiuto che gli veniva da D. nelle trattative con Venezia. Dobbiamo anche ricordare il patronato, probabilmente con relativi benefici, concesso al figlio di D., Pietro, nella chiesa di Santa Maria in Zenzanigola e San Simone de muro, dalla moglie di Guido, Caterina.
In definitiva la fama di Guido Novello è legata soprattutto al soggiorno di D. a Ravenna, ma anche al fatto che i primi due decenni del sec. XIV costituirono il periodo migliore della signoria polentana.
Bibl. - C. Ricci, L'ultimo rifugio di D., nuova ediz. con appendice di aggiornamento a c. di E. Chiarini, Ravenna 1965; A. Torre, I Polentani fino al tempo di D., Firenze 1966.