BAGLIONI, Guido
Figlio di Malatesta e di Giacoma, sorella di Braccio Fortebracci, fu a fianco del fratello maggiore Braccio (II) nella graduale conquista dell'egemonia in Perugia. Nato intorno al 1425, ricoprì, a cominciare dagli anni giovanili, una serie ininterrotta d'uffici civili e diplomatici e fece le sue prove nel mestiere delle armi, sia che si trattasse di contese cittadine, sia che si trattasse di vere e proprie campagne belliche. Già nel 1448, ai primi di maggio, mentre a Perugia infuriava la pestilenza, fu compreso fra i Dieci eletti a provvedere alle necessità della città "per cagione della morya"; nel maggio dell'anno seguente il Comune gli affidò, insieme con altri due messi, una ambasceria a Niccolò V. A questo pontefice, nel novembre successivo, la madre di Guido, a nome suo, ma anche a nome dei figli, inviava un ricco donativo. Nel decennio seguente la posizione del B. nell'ambito della politica cittadina andò prendendo un rilievo sempre più spiccato.
Iscritto all'arte dei Mercanti, fu priore capo d'ufficio per il bimestre luglio-agosto 1453; due anni dopo, il 15 apr. 1455, fece parte dell'ambasceria inviata dal Comune perugino a Callisto III, da poco eletto, con il compito di offrirgli in dono i proventi di alcune speciali gabelle cittadine e di "reformare li capitoli fra la Chiesa e Perugia". Il B. cominciava quindi a farsi notare nelle contese intestine che periodicamente turbavano la città, ed anche in imprese militari. In occasione del conflitto divampato nel maggio del 1456 fra gli Oddi e i Della Cornia egli si schierò insieme col fratello Rodolfo - che d'ora in avanti comparirà sempre più spesso al suo fianco - a favore dei Della Cornia. Contribuì a rafforzare il suo crescente prestigio anche il matrimonio contratto il 28 maggio dello stesso anno con Costanza Varano, figlia del signore di Fabriano. Sempre nel 1456, nell'ottobre, il B. entrava al servizio, come capitano, di Gismondo Malatesta signore di Rimini, minacciato da Giacomo Piccinino e dal duca d'Urbino. Nel semestre luglio-dicembre 1459 fu eletto tra i camerlenghi delle arti, nel novembre-dicembre dello stesso anno fu priore capo d'ufficio.
Nel novembre del 1460 il B. partecipò, con responsabilità inferiore soltanto a quella del fratello maggiore Braccio, alla uccisione del cugino Pandolfo, delitto di cui fu assolto con breve di Pio II del 31 dicembre dello stesso anno. Attraverso questo delitto l'ambita signoria di Spello passò defìnitivamente, anche se non ancora di pieno diritto, al ramo della famiglia cui il B. apparteneva.
Negli anni seguenti il B. alternò, come di consueto, l'esercizio di cariche pubblíche (capo dell'ufficio dei priori nel bimestre settembre-ottobre 1465 e nuovamente nel luglio-agosto 1469) e di ambascerie (come quelle al pontefice Paolo II nel 1464 e nel 1470) con imprese militari, nel corso delle quali fu sotto Assisi nell'agosto 1475 e nel territorio di Cortona nell'ottobre 1479, insieme con Mariano Savelli.
La morte di Braccio nel 1479 (8 dicembre) ebbe per conseguenza il passaggio della sua eredità politica ai fratelli minori Guido e Rodolfo, i cui nomi compaiono oramai strettamente associati nell'attività politica, interna ed estera, come mostrano, ad esempio, le lettere di Lorenzo il Magnifico loro indirizzate e gli stessi dispacci dai due fratelli congiuntamente firmati. Negli anni seguenti il B. assunse responsabilità sempre più rilevanti sia nell'ambito della politica cittadina, sia nel quadro dei rapporti tra Perugia e Roma da una parte e Perugia e Firenze dall'altra.
Tra il 1480 e il 1481 ricoprì diversi uffici: uno dei savi dello Studio nel 1480, nel marzo-aprile 1481 capo dei priori, quindi uno dei tredici "regolatori" dotati di "grande arbitrio"; e nel settembre dello stesso anno, in travagliate vicende relative alle nuove borse dei magistrati, uno degli "insaccolatori nuovi". Nel 1481 partecipò, inoltre, agli scontri che opposero di nuovo gli Oddi alla sua famiglia e difese le ragioni di questa presso Sisto IV dal quale era stato convocato. Tornato a Perugia, il 3 maggio 1482, quando tra le opposte fazioni era stata raggiunta una pacificazione destinata a rivelarsi non duratura, il B. compì nel 1483 tre successive spedizioni militari in sostegno dell'esercito pontificio impegnato a Città di Castello e nel suo territorio, contribuendo a liberare nel dicembre il castello di Celalba assediato da Niccolò Vitelli.
Negli anni seguenti il B. si preoccupò di ovviare al sempre più grave stato di disordine e di violenza che travagliava la vita perugina, anche per limitare l'ingerenza delle autorità pontificie nel governo della città. Nel giugno del 1484 si recò a Roma, ove era stato convocato da Girolamo Riario, e due anni appresso (giugno del 1486) riuscì ad ottenere che gli Armanni e gli Arcipreti stipulassero una solenne, anche se effimera, pacificazione. Quando poi, nell'autunno del 1486, Innocenzo VIII progettò una serie di riforme costituzionali per Perugia, avocando fra l'altro a sé la preparazione degli elenchi dei candidati alle varie cariche comunali, il B., appoggiato dal fratello Rodolfo e dal nipote Malatesta, fu l'unico, fra i rappresentanti dell'oligarchia cittadina convocati a Roma dal pontefice, a difendere i diritti dell'autonomia perugina. Ritornato a Perugia in dicembre, entrò a far parte, insieme col fratello Rodolfo, del nuovo "consiglio ecclesiastico" di 115 membri, previsto dalla riforma di Innocenzo VIII realizzata malgrado l'opposizione dei Baglioni. Nello stesso 1486 (secondo l'Ammirato) il B. e il fratello Rodolfo, evidentemente per reagire alla sempre più diretta ingerenza pontificia nel governo della loro città, avviarono trattative con Firenze per "riducere Perugia in libertà", inserendola in una lega che doveva comprendere anche Viterbo, Assisi, Foligno, Montefalco, Spoleto: i Baglioni avrebbero ricevuto 10.000 fiorini l'anno per mantenere forze armate al servizio della lega, che fu effettivamente costituita nel 1487.
Il predominio del B. e del fratello nella vita politica perugina si consolidò definitivamente nel 1488, anno cruciale nella storia della città.
Alla fine di maggio di quell'anno, perdurando lo stato di disordine pubblico causato principalmente dalla rivalità tra le grandi famiglie, il papa convocò entro breve termine a Roma dodici "gentiluomini" perugini tra cui il B. e Rodolfo, che non obbedirono, come del resto la maggior parte degli altri convocati, all'intimazione. Fallì in seguito una missione pacificatrice affidata nel luglio dal pontefice a Franceschetto Cybo. Nel settembre si accese un conflitto tra Oddi e Della Cornia in Passignano, a causa del quale il B. fu di nuovo chiamato a Roma dal papa. Egli vi si recò e pare anzi che si adoperasse per sedare il contrasto. Ma quando il 24 ottobre successivo la guerra tra Oddi e Della Cornia nuovamente e più violentemente divampò in Passignano e si estese poi a Perugia, il B. con gli altri Baglioni, che si fortificarono nella cattedrale di S. Lorenzo, fu ben presto a fianco dei Della Cornia; gli si attribuiscono, è vero, sforzi per ristabilire la quiete (sarebbe sceso tra i contendenti, disarmato, per separarli), ma in realtà egli spinse agli estremi le cose per sbarazzarsi degli Oddi, che uscirono da Perugia il 30 ottobre dopo tre giorni di accaniti combattimenti. Il 3 nov. 1488 i priori e i camerlenghi elessero dieci cittadini con le più ampie facoltà di prendere ogni provvedimento che loro paresse opportuno; si chiamarono i Dieci dell'Arbitrio: nome non nuovo, anzi proprio della caratteristica magistratura eccezionale di Perugia, ma con competenza e durata dell'ufficio ora molto più estese che in passato. Fecero subito parte dei Dieci il B. e Rodolfa. Successivamente - i Dieci vennero prorogati per un anno nel 1489 e poi nel 1490 senza limitazione di tempo - ben sei Baglioni arrivarono a far parte simultaneamente di un organo che finì coll'assorbire ogni potere, rappresentando lo strumento principale del dominio dei Baglioni.
La liquidazione degli Oddi e dei loro partigiani, confinati il 22 genn. 1489, fu sanzionata dal breve pontificio del 5 marzo successivo che li dichiarò ribelli nel caso in cui non avessero rispettato il confino. Fu questo il risultato di un sottile lavorio diplomatico di cui tenne le fila Lorenzo il Magnifico, sempre largo di consigli e di aiuti ai Baglioni "con stipendi e provvisioni manteneva suoi amici i Baglioni in Perugia...", Machiavelli, Istorie fiorentine, VIII, 36). Nel marzo 1490 giunse, a ulteriore sostegno dei Baglioni, il breve pontificio che proclamava gli Oddi ribelli della Chiesa e ne confiscava i beni.
Dal 1488 in poi il potere egemonico esercitato dal B., il più anziano e il più politicamente dotato dei fratelli Baglioni, e da Rodolfo non trovò praticamente più ostacoli. È significativo un passo della cronaca detta del Graziani: "E continovamente tutti li gentilomine de la nostra città, tanto quelli che son contenti, quanto quelli che son mal contenti, tutti vano a cortegiare e far coda a li Baglione, maxime a Guido e Ridolfo".
Esautorate, ma non soppresse, le magistrature comunali, l'azione politica del B. si volse a contenere anche in altra direzione i poteri concorrenti con il suo, assumendo una posizione assai ferma nei confronti del rappresentante pontificio in Perugia, mentre la forza delle armi, nelle quali si stava affermando il figlio Astorre, era impiegata contro i fuorusciti e chi li proteggeva. I rapporti con Foligno furono per questo motivo, oltre che per causa di Spello, assai spesso interrotti (l'11 genn. 1496, per esempio, il B. era designato a trattare la pace con Foligno). Con Assisi, tenuta dai conti di Sterpeto appoggiati dal duca di Urbino, lo stato di belligeranza non cessò praticamente mai dal 1492 al 1497, e il B., benché già vecchio, fu spesso intrepidamente sul campo. Nel giugno 1491, quando i fuorusciti tentarono di rientrare a Perugia, il B. e Rodolfo, benché colti di sorpresa, riuscirono a superare lo svantaggio iniziale e diressero la sanguinosa repressione in cui il tentativo si risolse. L'11 maggio 1494 un nuovo provvedimento voluto dal B. e da Rodolfò - la designazione delle 48 famiglie, dalle quali soltanto potevano esser tratti i capitani del contado - rafforzò il reggimento strettamente oligarchico di quello stato perugino che alcuni chiamano addirittura "stato baglionesco". Nello stesso 1494, dietro consiglio di Astorre, il B. e Rodolfo fortificarono Perugia per resistere a un eventuale attacco dei Francesi. Ma prudentemente fermarono Astorre e Giampaolo (figlio di Rodolfo) che intendevano attaccare i Francesi al loro passaggio nel territorio perugino. Nel 1495 il B., nonostante l'età, fu assai spesso a fianco del figlio e degli altri capitani di casa Baglioni nella difesa di Perugia dall'accerchiamento del fuorusciti e poi dal nuovo tentativo degli Oddi, miseramente fallito, di penetrare in forze, il 3-4 settembre, nella città. Qualche tempo prima (6-20 giugno) ad Alessandro VI, che era venuto a Perugia per evitare un incontro con Carlo VIII e che forse mirava a fare di Perugia una signoria per i Borgia, il B. si era mostrato pronto ad offrire, invece del torneo desiderato dal papa (il quale forse progettava di approfittare dell'occasione per impadronirsi di tutti i Baglioni con un colpo di mano), lo spettacolo delle proprie truppe armate alla difesa di Perugia. Anarchia in città - nel 1496 si dovettero creare sei magistrati, i riformatori della giustizia, per il ristabilimento dell'ordine - e ancora guerra all'esterno, nel 1498, con il duca di Urbino per il possesso della torre di Bigazzino, caratterizzano gli anni seguenti. In calce al documento che il 6 luglio 1498 fece cessare questo conflitto troviamo, e sono le ultime volte, le sottoscrizioni del B. e di Rodolfo che seguono immediatamente quelle dell'altro contraente, il duca d'Urbino. Nello stesso anno il governo diarchico attraversò una crisi, quando il diverso fronte in cui militavano i cugini Astorre e Giampaolo (il primo era con i Veneziani che appoggiavano il tentativo di Piero de' Medici di rientrare a Firenze, il secondo militava per la Repubblica fiorentina) si riprodusse nel contrastante atteggiamento che assunsero a Perugia il B., favorevole alla concessione di aiuti e al permesso di passaggio per il territorio perugino chiesto dai provveditori del campo veneziano, e Rodolfo, che si dichiarò contrario ad ogni concessione. Fra i due fratelli, che sarebbe ingenuo ritenere sempre uniti e d'accordo, c'era già stato del resto un conflitto nel 1491, allorché, dopo la morte del vescovo di Perugia, D. Vannucci, il B. pretendeva il vescovado per uno dei suoi figli, Gentile, e Rodolfo per uno dei suoi, Troilo. La questione fu risolta con la scelta da parte di Innocenzo VIII di un terzo candidato.
In età ormai tarda, nella nefanda tragedia domestica dei Baglioni, che interruppe nella notte tra il 14 e il 15 luglio 1500 le nozze di Astorre, il B. rimase ucciso da Bernardo d'Antognolla.
Aveva avuto molti figli: Gentile, Astorre, Adriano detto Morgante, Sigismondo, Marcantonio e Ottaviano, Giacoma maritata a Signorello Signorelli, Isabetta unita in matrimonio a Sforza degli Oddi, Penelope sposa di Giulio Cesare degli Armanni, quest'ultima condannata all'esilio con il marito dopo i fatti del 1491. L'"assegna" catastale del B. è ancora conservata, con splendide miniature, nell'archivio perugino (Catasti, II gruppo, 22, cc. 135 r ss.). Da essa risulta la vastità dei possessi fondiari del B. in Deruta, Torsciano, Piscille, Panicale, Colle, Castiglion della Valle, Monte Petriolo, Sant'Apollinare, Montali. È proprio in tale documento che si può leggere in oro il titolo, attribuito al B., di "primarius civis civitatis Perusii".
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