MENDES, Guido Aronne
– Nacque a Firenze (non a Venezia, come erroneamente detto in alcune fonti) il 18 ag. 1876 da Moisè (Maurizio) e da Elisa Olivetti, in un’antica famiglia ebraica sefarditica di origine portoghese.
Il M., dopo aver trascorso l’infanzia e la giovinezza al seguito del padre rabbino in alcune città italiane, dal 1894 risulta iscritto alla Comunità ebraica di Roma. Frequentò il liceo E.Q. Visconti della capitale, ove fu compagno di classe di Eugenio Pacelli (futuro papa Pio XII), con il quale avrebbe poi mantenuto stretti rapporti di amicizia. Conseguita la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Roma, dove si laureò il 17 luglio 1900.
Assistente volontario nella clinica psichiatrica universitaria nell’anno accademico 1901-02, il M., superato il concorso, nel settembre 1903 fu nominato aiuto medico negli Ospedali riuniti di Roma. Nel contempo, nell’ottobre 1901, era entrato nel corpo di sanità dell’Esercito.
In questo periodo pubblicò alcuni lavori clinici su argomenti di interesse infettivologico: la descrizione di un caso di infezione meningea (Sull’ascesso extra durale di origine otitica, in Arch. italiano di otologia rinologia e laringologia, XVII [1905-06], pp. 89-94); la possibilità di diagnosticare come «tetano cronico», spesso esitante in guarigione spontanea, due casi della malattia non risolti dalla somministrazione dell’antitossina Tizzoni ma felicemente conclusisi in seguito a trattamento con colesterina (Di due casi di tetano trattati con colesterina e con esito in guarigione, in Bull. della R. Accademia medica di Roma, XXXIII [1907], pp. 162-170, in collaborazione con M. Almagià); la conferma, con osservazioni condotte presso l’ospedale militare romano del Celio, dell’eziologia similtifica e della natura benigna della cosiddetta «febbre estiva» dei militari (Contributo allo studio della «febbre estiva» nei militari, in Giorn. medico del R. Esercito, LV [1907], pp. 357-372); la dimostrazione, in seguito a ripetute osservazioni compiute nel reparto malattie infettive del policlinico Umberto I, dell’impossibilità di mettere in evidenza nel sangue dei bambini affetti da difterite la tossina specifica secondo il metodo di A. Uffenheimer (Circa una reazione biologica del veleno difterico nel sangue degli ammalati, in Giorn. di medicina militare, LVI [1908], pp. 650-653).
Avviatosi decisamente alla carriera militare, il M. nel settembre 1910 fu promosso capitano medico e, dopo aver partecipato alle operazioni belliche in Libia, pubblicò un primo contributo monografico, il Manuale di medicina e chirurgia di guerra (Roma 1915), nel quale descrisse in particolare gli effetti dei gas nervini. Nel luglio 1916, ottenuto per meriti eccezionali il grado di maggiore medico, cominciò a interessarsi del grave problema della diffusione della tubercolosi tra i militari, sul quale avrebbe in breve focalizzato tutti i suoi interessi clinico-scientifici.
Basandosi su precisi rilievi statistici, metteva in evidenza l’assoluta necessità di affrontare secondo un razionale piano profilattico-organizzativo il fenomeno della recrudescenza della malattia, determinata dalla vita militare, nella notevole percentuale di soggetti affetti da forme latenti e giudicati abili nelle affrettate visite di leva del periodo bellico. Dette quindi un valido contributo, delineando precise linee guida, alla realizzazione da parte dell’Amministrazione militare di una eccellente organizzazione di misure antitubercolari. Con l’aiuto del corpo della Croce rossa italiana (CRI), pur nella difficoltà di disporre di mezzi adeguati nel corso del conflitto, furono infatti istituiti speciali reparti di accertamento diagnostico per individuare le forme incipienti e larvate, spesso misconosciute, evolventi, dopo pochi mesi di vita militare, in forme aperte di tubercolosi polmonare gravi e fonti pericolose di contagio. Chiamato nel 1917 a dirigere la divisione e i servizi tecnici (servizi ospedalieri) della direzione generale della Sanità militare, il M. affrontò anche il problema dello scambio con l’Austria dei prigionieri tubercolotici, le cui condizioni erano di assoluta gravità per la denutrizione e il periodo trascorso in totale assenza di norme igieniche. Collaborò attivamente con l’Amministrazione militare all’istituzione di centri sanatoriali di smistamento (Centro sanatoriale di Nervi, ospedale Tiburtino di Roma, ospedale a strutture provvisorie in località Beverara nel comune di Bologna) nei quali venivano fatti affluire, e divisi a seconda della loro gravità, i militari malati: i più gravi erano trasferiti, con apposite vetture ferroviarie, in speciali reparti di degenza siti presso ogni corpo d’armata territoriale, onde assicurare loro la vicinanza alle famiglie per il breve tempo di vita concesso dalla malattia; i meno gravi erano invece ricoverati in altre strutture sanatoriali, istituite in ogni territorio di corpo d’armata per una capienza complessiva di circa 8667 posti letto, per un periodo di tre mesi, al termine dei quali venivano espletate le pratiche per la riforma. La preoccupazione del M. che ai riformati venissero successivamente a mancare le provvidenze assistenziali fu poi all’origine di un accordo tra il ministero della Guerra e quello dell’Interno, secondo il quale sarebbero state loro assicurate le spese di retta sanatoriale sino a tre anni dopo la riforma, fermo restando il diritto al riconoscimento dell’invalidità per causa di servizio e all’attribuzione del relativo trattamento pensionistico. Egli, insieme con il tenente colonnello medico C. Baduel, presentò tali linee guida in una relazione alla conferenza interalleata di Londra del 1917 sull’assistenza agli invalidi di guerra (L’assistenza ai tubercolosi in Italia, in Giorn. di medicina militare, LXVII [1918], pp. 454-471); e tornava ripetutamente sull’argomento (L’organizzazione militare antitubercolare, in Tubercolosi. Giorn. di studi e di lotta antitubercolare, X [1918], pp. 33-40; Come l’Italia assiste i militari tubercolosi, ibid., pp. 94-101; La lotta antitubercolare nell’Esercito italiano durante la campagna di guerra 1915-1918, in Giorn. di medicina militare, LXIX [1921], pp. 298-302), esprimendo ancora la preoccupazione che, terminata l’emergenza bellica, agli ex militari malati venisse a mancare l’assistenza sanitaria, sociale ed economica (Per gli ex tubercolotici di guerra, in Gazzetta medica lombarda, LXXX [1921], pp. 87 s.) e richiamando l’attenzione sul maggior numero e sul migliore funzionamento dei sanatori nell’Italia settentrionale rispetto a quelli del Meridione (Lo stato attuale della lotta antitubercolare in Italia, in collaborazione con A. Campani - A. Ilvento, I, Roma 1923, pp. 13-21; II, ibid. 1925, p. 160; III, ibid. 1925, p. 15).
Nel 1919 il M., nominato direttore del Centro antitubercolare militare di Roma, conseguì la libera docenza in patologia speciale medica discutendo una tesi su «La diagnosi delle localizzazioni polmonari d’inizio della tubercolosi con speciale riguardo alle ricerche radiologiche», che fu più tardi pubblicata in veste monografica con il titolo Moderni mezzi diagnostici della infezione tubercolare, Bologna 1922. Quando nel 1920 Baduel, già capo dell’Ufficio provvidenze sanitarie e sociali della CRI, fu chiamato a ricoprire la carica di direttore generale e decise di intensificare il programma di assistenza ai militari tubercolotici, al M. fu affidato l’incarico di dirigere, a Roma, con il grado di tenente colonnello, il grande complesso sanatoriale Cesare Battisti della CRI. Descrisse la fondamentale attività della struttura in una breve monografia, Istituto climatico Cesare Battisti della Croce rossa italiana, Roma 1928, pubblicata in occasione della VI conferenza internazionale contro la tubercolosi tenutasi a Roma nel 1928, nel corso della quale fu promotore di un ordine del giorno in cui si auspicava la costituzione, in prossimità dei maggiori nosocomi, di piccoli reparti ospedalieri riservati ai tubercolotici. In quegli anni il M., che per la vasta esperienza maturata nel campo della lotta antitubercolare era stato eletto nel 1927 segretario generale della Federazione nazionale fascista per la lotta contro la tubercolosi, fu anche incaricato di organizzare il sanatorio di Torino, nell’attuale comprensorio ospedaliero Amedeo di Savoia - Birago di Vische, e il sanatorio per bambini Somaglia - Frascara nei pressi di Roma. Tra i suoi scritti sull’argomento si ricordano ancora le monografie Tubercolosi e sanatori (Trattamento igienico-dietetico), ibid. 1923, e La cura medica della tubercolosi polmonare, ibid. 1933.
L’adesione del M. al regime fascista fu totale: inquadrato nei ruoli sanitari della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, raggiunse il grado di luogotenente generale. Nel 1932 fu nominato commendatore della Corona d’Italia.
Radiato in seguito ai provvedimenti razziali del 1938, riuscì a riparare in Svizzera con la famiglia grazie all’aiuto dell’allora segretario di Stato vaticano Pacelli, come egli stesso raccontò al giornale israeliano Jerusalem Post, il 10 ott. 1958 all’indomani della morte di Pio XII. Successivamente, grazie all’interessamento del sostituto della segreteria di Stato vaticana G.B. Montini e del nunzio apostolico in Palestina, il M. riuscì a ottenere per sé stesso e per tutta la sua famiglia i visti di ingresso nei territori palestinesi allora sotto mandato britannico, nei quali tuttavia non gli fu concesso di esercitare la professione medica. Realizzò, comunque, con l’aiuto professionale della moglie, Giulia Fischel, batteriologa, e grazie alla convenzione stipulata con le truppe polacche e cecoslovacche dislocate in Palestina, una brillante impresa: la riattivazione di un vecchio ospedale abbandonato nel deserto del Negev, con il cui proprietario aveva sottoscritto l’accordo che lo impegnava alla divisione degli eventuali profitti. Nel 1948, alla proclamazione dello Stato di Israele, abbandonò la struttura e aprì un ambulatorio a Tel Aviv.
Il M. morì a Ramat Gan, in Israele, il 19 luglio 1965.
Fonti e Bibl.: Necr., in Corriere della sera, 20 ag. 1965, p. 13; Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Divisione prima, Liberi docenti, f. Mendes Guido; Ibid., Arch. storico della Comunità ebraica di Roma, Registri degli iscritti, ad nomen; I giovani israeliani credono con fanatismo nella nuova patria, in Il Tempo, 19 genn. 1958, p. 9 (intervista); Storia d’Italia (Einaudi), Annali 7, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino 1984, ad ind.; A. Rovighi, I militari di origine ebraica nel primo secolo di vita dello Stato italiano, Roma 1999, p. 191; A. Tornielli, Pio XII. Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro, Milano 2008, pp. 23 s.; Jüdisches Biographisches Index, p. 1008.
S. Arieti