CAMPOSAMPIERO, Guglielmo da
Primo di questo nome, nacque probabilmente a Padova attorno al 1275 da Giacomo, figlio di Tiso (VI), e da Maria da Vo. Nel 1228 fu preso prigioniero da Ezzelino da Romano quando questi si impadronì del castello di Fonte, sito in territorio trevisano e appartenente ai Camposampiero, ma venne restituito alla famiglia in seguito alla decisa azione dell'avo paterno Tiso, che chiese l'intervento del Comune di Padova.
Dopo la morte di Tiso avvenuta nel 1234, il C. (già orfano del padre probabilmente dal 1228), in quanto possessore di feudi in territorio padovano, venne annoverato in una lista di magnati, compilata prima del 1236 per aggiornare uno statuto del Comune di Padova (del 1225) contro le sopraffazioni dei signori feudali. Nonostante la giovane età, il C. mantenne anche nella Padova ezzeliniana una posizione di prestigio: nel 1240 infatti, durante l'assedio di Ferrara, allora in mano del ghibellino Salinguerra, da parte del marchese d'Este, Ezzelino, per garantirsi contro insurrezioni in Padova, lo prese come ostaggio col consenso dei propri fautori padovani, trattandolo tuttavia onorevolmente. I parenti materni del C., Ruggero, Ugo e Ubertino da Vo e il giudice Gnanfo garantirono per lui e ottennero la sua liberazione.
Quando Ferrara cadde in mano al marchese d'Este, il C. ritenendo imminente una ribellione in Padova, si allontanò dalla città assieme ai suoi fedeli per rifugiarsi nel suo castello di Treville in territorio trevisano, dove si fortificò. Ezzelino fece allora rinchiudere nella rocca di Cornuda i signori da Vo che dopo quattro anni di prigionia furono lasciati morire di fame. Il Liber regiminum Padue, in contrasto con le affermazioni di Rolandino, riferisce invece che il C. provocò una ribellione in Padova, e che per questo motivo Ezzelino incarcerò i suoi mallevadori e distrusse le case del Camposampiero. Alcuni anni dopo cercò di accostarsi ad Alberico da Romano, signore di Treviso e allora fedele alla "pars Ecclesiae"; ma vista l'inutilità del tentativo, nel 1245 il C., che si era impadronito di Castelfranco consegnò se stesso e i suoi castelli ad Ezzelino, che in un primo tempo lo trattò amichevolmente.
La condanna a morte di alcuni membri della nobile famiglia padovana dei Dalesmanini, accusati di trattative segrete col guelfo conte di San Bonifacio, con i quali il C. era imparentato avendo sposato Mabilia Dalesmanini, lo coinvolse nella loro rovina. Dapprima fu imprigionato nel castello di Angarano presso Bassano, per non aver voluto, secondo Rolandino, accettare il divorzio impostogli dal podestà ezzeliniano Ansedisio Guidotti (ma il Biscaro ritiene questo racconto un artificio retorico); tradotto successivamente a Padova e giudicato colpevole di tradimento, il 24 luglio 1250 venne decapitato nella piazza del Comune e dilaniato. Il suo corpo fu pietosamente composto contro gli ordini del podestà da Daria da Baone, vedova di Gherardo da Camposampiero e dalla figlia Maria, e sepolto presso la chiesa di S. Antonio in Padova. Nel testamento, redatto in attesa della condanna, il C. lasciò erede di una somma di denaro la propria figlia, e destinò gli altri beni ai cavalieri del Tempio, forse nella speranza di sottrarli così alla confisca. La repressione ezzeliniana colpì numerosi padovani legati al C. da parentela o amicizia.
Fonti e Bibl.: Rolandini Patavini Cronica..., in Rer. Ital. Script., 2 ed., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 33-39, 71 ss., 81, 94 ss.; Liber regimin. Padue, ibid., pp. 314 s.; Statuti del Comune di Padova dal secolo XII all'anno 1285, a cura di A. Gloria, Padova 1873, p. 213; G.Biscaro, Attraverso le carte di S. Giorgio in Braida di Verona esistenti nell'Archivio Vaticano, in Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, XCII (1933), 2, pp. 1040-1042; G. Camposampiero, Domus de Campo Sancti Petri. Storia genealogica dei Camposampiero, in Bollettino del Museo civico di Padova, LVIII (1969), pp. 345-71.