PERSIANE, GUERRE
. Col nome di guerre persiane (μηδικά, περσικά, μηδικὸς πόλεμος) Tucidide designa, giusta un uso che rimase poi prevalente, non tutto quel periodo di guerra tra i Greci della penisola e i Persiani che s'iniziò col soccorso inviato dagli Ateniesi e dagli Eretrî agli Ioni ribelli nel 498 e si chiuse dopo la spedizione di Cimone a Cipro con la pace di Callia (448?), ma solo una piccola parte di esso: la parte culminante, la lotta contro la grande invasione persiana. Perciò egli può dire che questa guerra "ebbe rapida decisione con due battaglie navali e due terrestri" (I, 23,1): le battaglie dell'Artemisio e di Salamina e quelle delle Termopile e di Platea. Come si vede, egli considerava la battaglia di Maratona (490) quale un preludio anteriore alla guerra persiana propriamente detta e non riferiva alla guerra persiana neppure la battaglia di Micale, perché questa non mirava come quella dell'Artemisio e di Salamina a respingere l'invasione, ma iniziava un'offensiva in Asia contro il territorio dominato dal gran re. Sicché la stessa definizione usuale, secondo cui per Tucidide guerra persiana è quella condotta sotto l'egemonia di Sparta, cioè fino alla secessione degli Ioni (477), va piuttosto corretta nel senso che è soltanto la difesa dei Greci contro l'invasione di Serse (480-479).
Riguardo alle cause della guerra tra i Persiani e i Greci della penisola, basterà qui notare che lo stato di guerra s'iniziò per il fatto del soccorso inviato agli Ioni d'Asia, ma che la causa vera della invasione della penisola fu nella forza espansiva d'uno stato di carattere imperialista come la Persia, il quale era naturale che non trovasse altri limiti se non nella propria effettiva capacità d'espandersi; e la pace di Callia non fu che il riconoscimento di tale limite verso occidente.
La difesa dei Greci venne caratterizzata nel rispetto politico da un'unione fra tutti i Greci della penisola, salvo Argo e le popolazioni arretrate in civiltà dell'Occidente (Etolia, Acarnania, Epiro), sotto l'egemonia spartana. Una lega così vasta non si ebbe mai più in Grecia, se non nel breve periodo tra la caduta di Atene e la guerra corinzia (404-395) e poi dalla battaglia di Cheronea alla guerra di Lamia (338-323). Ma queste due ultime furono unioni imposte con la forza, l'altra fu invece un'unione voluta e cordiale contro il barbaro, almeno per quello che riguardava le due potenze maggiori che vi partecipavano, la Lega peloponnesiaca e Atene.
Numericamente e finanziariamente, la superiorità della Persia era smisurata. Essa sola aveva allora un tesoro di guerra con cui poteva allestire e tenere in mare quante navi voleva, e aveva tali riserve di uomini che il solo limite posto alla misura degli eserciti d'invasione era quello delle esigenze logistiche, cioè della possibilità o meno di mantenere grossi eserciti in paese straniero e di mediocre fertilità coi mezzi primitivi di trasporto allora in uso. È merito della critica del sec. XIX d'avere relegato tra le favole le cifre smisurate delle truppe di terra e degli equipaggi della flotta, per cui i Persiani avrebbero portato in Grecia, secondo Erodoto, oltre 5 milioni di uomini e, secondo un epigramma contemporaneo, ne avrebbero impegnati 3 milioni alle Termopile: masse umane che neppure i sistemi più perfezionati della logistica moderna permetterebbero ivi di concentrare e di rifornire. Ma anche eliminate queste esagerazioni, non è dubbio che l'esercito di Serse avesse su quello che potevano contrapporgli i Greci un notevole margine di superiontà numerica, e lo stesso vale anche per l'armata navale. Stava inoltre a vantaggio dei Persiani l'assoluta unità del comando, l'occhio strategico acquistato nella lunga esperienza di grandi guerre e la stessa pratica che le vicende dell'Asia avevano data loro della grande politica, prescindendo dalle larghe disponibilità di denaro che avevano per avvalorarla. E un esame attento dei dati fa riconoscere che fu ottima per loro parte la preparazione politica e la successiva azione, diplomatica e che nulla difettò alla loro strategia e, in particolare, fu assai sapiente la coordinazione con cui agirono le forze di terra e di mare: il primo esempio d'una tale coordinazione che si abbia nella storia delle guerre. Forse una collaborazione così efficace tra l'esercito e l'armata non si ebbe più sino alle guerre puniche dei Romani.
Materialmente i Greci avevano di fronte ai Persiani il vantaggio di combattere in terreno conosciuto e familiare e la facilità dei rifornimenti, ma questo doppio vantaggio non ha poi giovato a loro nulla nelle guerre contro i Romani. E d'altronde esso fu in parte compensato quando, avendo i Greci rinunziato a difendere la linea dell'Olimpo, i Tessali passarono all'alleanza persiana e poi quando la battaglia delle Termopile (luglio 480) fruttò ai Persiani il possesso della Grecia centrale e in particolare l'alleanza militarmente tutt'altro che dispregevole dei Beoti. Nel rispetto militare la vittoria dei Greci si dovette essenzialmente alla perfezione dell'ordinamento tattico. Tutte le battaglie combattute tra Greci e Persiani da Maratona a Gaugamela (331) mostrano che i Persiani non sono stati mai in grado di resistere all'attacco della falange degli opliti; e di quest' immensa superiorità dell'oplita greco sul combattente persiano diede solennissima dimostrazione dopo la battaglia di Cunassa (401) la ritirata dei Diecimila. Per mare poi la vittoria greca si dovette all'eccellenza dei costruttori navali e in particolare al fatto che, sebbene l'armata persiana fosse numericamente superiore, le grandi navi di linea, veloci e di tipo moderno, le triremi, erano presso i Greci non solo di costruzione più recente e più perfetta, ma anche probabilmente più numerose. Questa eccellenza tattica e questa superiorità dell'armamento navale erano del resto esse stesse il frutto della superiorità intellettuale dei Greci e dell'educazione strenua che essi in forma varia si erano dati fino da età remota; ed erano allora avvalorate dall'ardore del sentimento patrio, dall'amore indomito per la libertà, dall'avversione al dispotismo sotto cui i barbari vivevano, dalla consapemlezza dei valori morali che si difendevano contro di essi.
Della storia delle guerre persiane qualche cenno era certamente in logografi anteriori a Erodoto, ma il primo a darne una larga narrazione fu Erodoto, poco meno di mezzo secolo dopo i fatti. Questa narrazione è fondata in massima parte su fonti orali (v. erodoto) e solo in piccolissima misura su documenti o monumenti. Ciò ne spiega le deficienze, che non possono essere riparate con altre fonti se non assai di rado, perché Ctesia, di cui abbiamo un estratto presso Fozio, dà un racconto privo di valore e le altre fonti, a cominciare dal racconto di Eforo presso Diodoro, libro XI, risalgono in massima a Erodoto che in parte alterano per ragioni di tendenza o di cercati effetti retorici. Accanto a Eforo sono da citare le biografie plutarchee di Aristide e di Temistocle, sulle cui fonti rimane quasi sempre la consueta incertezza, sebbene non sia dubbio l'influsso che su di esse ha esercitato Teopompo. Abbondano notizie di mediocre valore in fonti minori, come Nepote, Giustino, Polieno, e innumerevoli sono gli accenni sparsi negli scrittori posteriori, particolarmente gli oratori attici, ma accanto agli storici sono da citare varî epigrammi della raccolta simonidea e soprattutto i Persiani di Eschilo che ci dànno la descrizione, sia pure poeticamente colorita, della battaglia di Salamina fatta da uno che vi partecipò, e che soprattutto ci rispecchiano lo stato d'animo dei Greci vincitori. Importante documento epigrafico conservato è la lista degli alleati incisa sulle spire dei serpenti che reggevano il tripode da essi dedicato in Delfi dopo la vittoria (W. Dittenberger, Sylloge, 3ª ed., I, 31; M. N. Tod, A selection of Greek hist. Inscr., 19).
Bibl.: L'indagine critica intorno alle guerre persiane si può dire incominciata da H. Delbrück, Die Perserkriege und die Burgunderkriege, Berlino 1887. Inoltre, prescindendo dalle maggiori storie greche, sono da vedere: H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, I, 3ª ed., Berlino 1920, p. 31 segg.; J. Kromayer-G. Veith, Antike Schlachtfelder, IV, i, Berlino 1924, p. 22 segg.; id., Schlachten-Atlas zur antiken Kriegsgeschichte, tavole I e II, col. 3 segg.; G. B. Grundy, The great Persian war, Londra 1901; E. Obst, Der Feldzug des Xerxes, Lipsia 1914; G. Giannelli, La spedizione di Serse da Terme a Salamina, Milano s. a. (ma 1924); G. De Sanctis, in Riv. di fil., n. s., III (1925), p. 113 segg.; IV (1926), p. 104 segg. - Per le fonti, A. Hauvette, Hérodote historien des guerres médiques, Parigi 1894; N. Wecklein, Die Tradition der perserkriege, in Sitzungsber. der bayr. Akad., 1876; A. Momigliano, Tradizione e invenzione in Ctesia, in Atene e Roma, n. s., XII (1931), p. 33 segg.