GUERRA (XVIII, p. 53)
Guerra aerea (p. 92). - È vanto indiscutibile dell'Italia di aver creato una dottrina della guerra aerea, vale a dire di avere intuito e di aver diffuso intorno alle possibilità e all'impiego bellico dell'aviazione un sistema di concetti e di principî che col passare del tempo e col rapido progresso dei mezzi e delle esperienze si è dimostrato pienamente efficiente e tale da potersi definire un fondamento certo della realtà avvenire. Sarà considerato in seguito il valore delle ultime applicazioni del velivolo (1938) nei confronti della dottrina italiana e fascista sulla guerra aerea; ma prima è opportuno esporre i canoni fondamentali della teoria.
Per "guerra aerea" s'intende la lotta autonoma dell'aviazione con obiettivi proprî, ma collegata alle azioni delle altre forze armate. Qualche studioso dei nuovi problemi della guerra ha affermato che di fronte alla nuova arma, l'esercito e la marina hanno perduto, del tutto o in gran parte, la loro importanza: si tratta di vere esagerazioni che bisogna ribattere con energia. Tutte le forze armate concorrono allo stesso scopo di sconfiggere l'avversario; ma mentre le forze terrestri con il progresso raggiunto dalle armi a tiro rapido, attraverso le esperienze del conflitto mondiale, sembrano destinate ai logoramenti della guerra di posizione, la guerra aerea ristabilisce, per la sua stessa natura, il movimento.
Non bisogna giudicare l'efficacia dell'aviazione dall'esperienza della guerra mondiale e dei conflitti successivi. L'aeroplano non ha ancora offerto l'indice esatto delle sue possibilità che si moltiplicano ogni giorno.
Nella guerra mondiale l'aviazione che era ancora agl'inizî e veniva quindi imperfettamente valutata, non poteva dar la misura della larghezza e potenza di impiego che oggi le si attribuisce. Perciò nessun insegnamento si può trarre in questo campo dall'esperienza, come nessuna sicura deduzione può ricavarsi dalle successive limitate vicende della guerra cino-giapponese, del conflitto italo-abissino e della guerra civile spagnola, in quanto l'aviazione non fu mai - per le ragioni che vedremo - impiegata secondo la concezione dell'autonomia e delle grandi masse.
Tuttavia sul finire della guerra gli alleati avevano pensato ad azioni aeree indipendenti, che poi non si poterono attuare. Solo l'Italia concepì ed attuò nel 1917, le prime grandi azioni offensive di massa aerea impiegando centinaia di apparecchi.
La concezione della guerra aerea totalitaria mediante l'armata del cielo è nuova, prettamente italiana; essa ha avuto un antesignano nel generale G. Douhet, le cui teorie sono note e discusse in tutto il mondo. Naturalmente non tutte le affermazioni del Douhet sono da prendere alla lettera, perché lo sviluppo delle macchine e l'evoluzione continua degli studî e delle applicazioni sono tali da superare ogni previsione.
Tuttavia se nelle guerre future intervenissero le sole forze di terra e di mare con aviazioni ausiliarie, si ripeterebbe probabilmente la guerra a carattere statico del 1914-18. Divenuto il carattere della guerra fra i popoli, oltre che d'armi e di armati, anche sociale, economico, e finanziario, cede la nazione o il gruppo di nazioni il cui morale venga prima fiaccato. Gli eserciti e le flotte non costituiscono più le sole forze di resistenza per cui battuto l'esercito è battuta la nazione; è la vitalità interna della nazione quella che conta.
Se le guerre future venissero condotte con i medesimi criterî delle guerre passate, non darebbero luogo a novità. Ma come è concepibile che un nuovo mezzo così potente come l'aviazione non determini un radicale mutamento nella condotta della guerra?
L'aviazione non conosce frontiere e non conosce trincee. Il raggio d'azione comprende tutti i punti sensibili e vitali del popolo avversario. Le risorse materiali e morali del nemico vengono a trovarsi sotto una minaccia paralizzante dal cielo; di fronte a questa realtà, è evidente che l'arma aerea è l'unica idonea a provocare la demolizione morale del nemico.
Non abbiamo avuto finora una guerra di nazioni modernamente armate da contrapporre alla guerra europea, e, d'altra parte, la tecnica del tiro di caduta non ha raggiunto il progresso conquistato invece dall'aeroplano in velocità e in sicurezza di navigazione. Ma quando il problema importantissimo del tiro aereo si sarà perfezionato ed i mezzi di puntamento saranno arrivati a quel grado che dovranno pur raggiungere, non vi ha dubbio che la capacità offensiva dell'aviazione sarà risolutiva.
Lo studio dei progressi tecnici, dei progressi organizzativi e degli ultimi esperimenti militari può solo fornire indici induttivi sulla futura efficacia della forza aerea in conflitto. Le forme d'impiego a massa, propugnate e sperimentate dall'aviazione militare italiana in regime fascista, hanno messo già in evidenza queste possibilità.
Non bisogna dimenticare che l'offensiva è la dominatrice della guerra. Ora, mentre le possibilità offensive sono illimitate per il mezzo aereo, non lo sono altrettanto per le forze di superficie. Nella guerra di un ipotetico domani verranno ripartiti i compiti spettanti a ciascuna forza armata secondo le diverse caratteristiche e possibilità, e quella forza armata che per la sua prontezza, mobilità e capacità di concentrazione sarà in grado di portare l'offesa sui bersagli sensibili non soltanto della fronte, ma di tutto il territorio nemico, dove risiede l'origine della resistenza materiale e morale, potrà dire la parola decisiva. Da questo concetto derivano gli elementi della dottrina della guerra aerea secondo cui si deve esercitare una forte pressione difensiva sulla superficie, mentre l'offesa è recata dal cielo.
Questo concetto corrisponde del resto alle caratteristiche delle tre forze armate, alla facilità con la quale l'esercito e la marina possono assumere un contegno difensivo a differenza di quello offensivo, che richiede mezzi e sacrifici di gran lunga superiori, e dalla preferenza che l'arma aerea può e deve dare all'offensiva secondo le sue speciali caratteristiche, che le concedono una grande libertà d'azione. Fra gli scopi iniziali vi sarà quello di annullare o ridurre la potenza aerea nemica colpendola alle radici, mirando cioè alla distruzione dei centri di produzione e di raccolta del materiale, ai centri di preparazione del personale, agli organismi aeronautici. La sua azione sarà altresì diretta alle fonti dell'alimentazione delle altre forze armate, alle industrie di guerra, ai depositi dei materiali bellici.
La ricerca della flotta aerea nemica per demolirla con il combattimento non è sempre consigliabile, potendosi facilmente tradurre in una dannosa perdita di tempo con conseguente logoramento della propria efficienza. Si può soltanto dire che trovandosi di fronte a formazioni più deboli che ostacolino la marcia, conviene accettar battaglia, come invece conviene evitarla di fronte a masse aeree più potenti.
A nessuno dei belligeranti conviene dunque ricercare la battaglia con il solo scopo di distruggere le forze aeree nemiche. Ciò si potrà fare a scopo dimostrativo o quando si abbia l'interesse di impegnare il nemico per conferire maggiore libertà d'azione ad altre masse amiche operanti distintamente sulla stessa zona o altrove, o quando speciali ragioni militari o politiche consiglino, nel particolare istante, di ostacolare con il combattimento, a costo di qualunque sacrificio, l'irruzione di masse aeree sul territorio nazionale.
Non sono dunque da applicare di massima per la guerra aerea i concetti informatori della guerra terrestre, dove la distruzione dell'esercito nemico costituisce il diretto e più efficace sistema per aver ragione dell'avversario. E ciò ben si comprende pensando che nella guerra terrestre si tratta di occupare il territorio materialmente sbarrato dalle truppe avversarie, mentre la guerra aerea è regolata da concetti d'azione diversi nei riguardi delle forze aeree nemiche.
Dato che lo scopo della guerra è quello di spezzare la volontà di resistenza della nazione nemica costringendola alla resa, converrà inoltre dirigere l'offesa contro obiettivi più sensibili e di maggior rendimento, senza escludere l'eventualità d'intervenire a concorso delle operazioni delle altre forze armate, ma sempre a scopo prevalentemente offensivo e aggressivo, tendente alla demolizione morale dell'avversario.
Spetta all'armata aerea impegnarsi risolutamente tentando di conseguire fin dall'inizio delle ostilità la netta superiorità sul nemico. Per riuscire in tale intento occorre che l'armata aerea sia prevalentemente costituita di velivoli da offesa. Rimane incontrovertibile l'assioma che per difendersi non vi è che un sistema: attaccare.
L'atteggiamento difensivo di qualche sua aliquota deve intendersi limitato al puro indispensabile, senza intaccare le caratteristiche offensive della gran massa di questa nuova forza armata, la cui ragione d'essere risiede solo nella formidabile capacità offensiva.
Abbiamo detto che la dottrina della guerra aerea integrale non ha sofferto alcuna incrinatura dalle ultimissime esperienze della guerra italo-etiopica, della guerra civile spagnola e del conflitto cino-giapponese. Infatti in nessuna di queste guerre l'aviazione, per il suo limitato attuale sviluppo e per le circostanze contingenti, ha potuto avere un'applicazione totalitaria.
Nella guerra italo-etiopica i reparti dell'armata aerea, pur avendo avuto parte di primo piano nella rapida e vittoriosa risoluzione del conflitto e gareggiato in eroismo ed abnegazione nell'esplicazione delle missioni più multiformi e difficili, hanno dovuto limitare la loro attività a compiti di prevalenza ausiliarî, se pur di vitale importanza agli effetti della vittoria. Ciò soprattutto per la quasi assoluta mancanza di obiettivi su cui il nemico imperniasse la propria resistenza materiale e morale e per il fatto che, d'altra parte, la distruzione dell'esercito avversario costituiva il sistema più rapido ed efficace per il suo totale annientamento.
Analogamente, nell'attuale guerra civile spagnola che ha segnato per l'aeronautica legionaria pagine luminosissime di eroismo e che ha messo in evidenza l'eccellenza dei piloti e delle macchine, è pressoché mancata, sia per la esigua entità delle forze aeree in contrasto e soprattutto per le numerose limitazioni d'indole morale, politica e militare proprie di una guerra civile, la possibilità di grandi azioni autonome a massa.
E neppure nell'attuale conflitto fra Cina e Giappone si è verificata una guerra aerea vera e propria. L'aeronautica giapponese, che ha svolto e svolge un'intensa e brillante attività sia pur con mezzi limitati, data la grande lontananza dalle basi della madrepatria, ha effettuato, è vero, numerose azioni di bombardamento, ma scopo essenziale di tali azioni è sempre rimasto quello di aprire la via all'esercito e alla flotta, più che di minare direttamente la resistenza nemica.
Non c'è dunque stata finora (1938) una guerra da contrapporre alla guerra europea, con le caratteristiche cioè di un conflitto totalitario che possa offrire elementi decisivi di giudizio nei riguardi dell'aviazione.
I pochi esempî classici di impiego di masse sono ancora quelli offerti dall'aviazione italiana sul finire della guerra mondiale, venti anni fa. Di tutti il più notevole fu certo il bombardamento di Durazzo compiuto il 2 ottobre 1918 con una massa superante i cento apparecchi. Dopo la guerra mondiale una grande esperienza teorica fu pure compiuta dall'Italia con le "manovre aeree" del luglio 1931, nelle quali si esperimentò una massa di mille apparecchi suddivisi in due partiti contrapposti a cavallo dell'Appennino.
Al momento affiora una crisi apparente circa l'efficacia del mezzo aereo contro le navi da guerra: ma essa dipende dal contrasto fra il rapido progresso raggiunto in pochi anni in velocità e navigazione degli apparecchi e la scarsa evoluzione del tiro di caduta.
Dopo meno di venti anni dalla memorabile traversata della Manica compiuta da Blériot nel 1909, Lindbergh attraversa l'Atlantico nel 1927. Dopo appena quattro anni dalla traversata di Lindbergh, si verifica la prima crociera atlantica italiana (dicembre 1930) con la quale 14 apparecchi partono dall'Italia ed 11 arrivano al Brasile alla velocità di 170 km. all'ora. Nel luglio del 1933, 24 apparecchi italiani compiono la doppia traversata fra l'Atlantico e l'America del Nord alla velocità di 220 chilometri all'ora. Il 28 dicembre 1937 M. Stoppani con un idrovolante compie un volo di 7000 chilometri da Cadice a Caravellas. Il 26 gennaio 1938 una squadriglia di tre aeroplani S. 79 unisce Roma a Rio de Janeiro alla velocità di circa 400 chilometri all'ora.
Questi riferimenti dimostrano il rapido cammino percorso dalla macchina aerea, mentre ben poco progresso si constata nel proietto di caduta e nei sistemi di puntamento. Questo grave inconveniente non deve stupire, se si riflette che l'artiglieria ha impiegato quattro secoli per raggiungere la perfezione attuale.
È spiegabile quindi che qualche bombardamento mal riuscito su obiettivi navali durante l'attuale conflitto spagnolo abbia portato nuove ombre sull'efficacia distruttiva del tiro degli aerei. E tale sfiducia, se così si può definire, ha assunto proporzioni maggiori che gli eventi non meritassero, perché apparsa in contrasto con un periodo di eccezionale valorizzazione dell'arma aerea. Da tale crisi non sembra estranea l'attuale generale tendenza ad accrescere gli armamenti navali.
Ma a ripristinare la completa fiducia sulla grande e risolutiva efficacia del bombardamento aereo sono già allo studio o in corso di attuazione, nelle aviazioni dei grandi stati, efficaci provvedimenti atti a perfezionare il munizionamento di caduta ed i traguardi di puntamento ed a riprendere su larga scala le esperienze e le esercitazioni di tiro reale, sia nei poligoni, sia su navi radiocomandate; esperienze, quest'ultime, che brillantemente iniziate in America fin dal 1921 dal generale Mitchells, sono state poco dopo repentinamente interrotte.
Altro elemento contrastante è lo scarso sviluppo numerico che di fronte al problema della guerra aerea hanno finora avuto tutte le armate aeree, sia per l'alto e crescente costo degli apparecchi sia per l'inadeguata comprensione del valore e importanza effettiva dell'aviazione. In realtà le flotte aeree delle nazioni più potenti si aggirano oggi sui 1500-2000 apparecchi, mentre per la grandiosità del compito da assolvere occorrerebbero all'armata aerea almeno mille apparecchi per ogni milione di combattenti in campo.
Tuttavia le circostanze sfavorevoli brevemente accennate non infirmano minimamente la concezione fondamentale italiana della guerra aerea. Non è una frase fatta che all'aviazione spetta l'avvenire. Il progresso tecnico è incessante, la velocità ha raggiunto limiti da rivoluzionare molte concezioni: oggi anche l'America Settentrionale sta perdendo il suo splendido isolamento nei confronti dell'Europa, poiché aeroplani potranno fra pochi anni partire dal vecchio continente e raggiungere i centri del continente nuovo rientrando alle basi di partenza.
Il progresso non ha sosta e anche l'arte della guerra è destinata a mutare i suoi canoni secondo le esigenze dei tempi.