GUARNERIO d'Artegna
Figlio di Pietro di ser Guarnerio, nacque intorno al 1410, probabilmente a Pordenone. Qui infatti la famiglia paterna si era trasferita, fin dalla metà del XIII secolo, dopo che il patriarca di Aquileia l'aveva spogliata del feudo ministeriale di Artegna a causa della sua fedeltà allo schieramento ghibellino.
Un Guarnerio del fu Doffo, nonno di G., è menzionato a Pordenone nella seconda metà del Trecento; più tardi, nel 1428, un atto di procura, rogato sempre a Pordenone, menziona quali tutori di G. ser Natale Panciera di Zoppola e ser Giovanni de Cecco.
Le fonti citano abitualmente G., nella prima parte della sua vita, come G. "de Zopola" o G. "de Portugruario". Portogruaro era centro commerciale e sede abituale del vescovo di Concordia; Zoppola era il castello che la famiglia portogruarese dei Panciera aveva acquistato con il relativo titolo nobiliare.
Rimasto orfano di padre (della madre mai è fatto cenno), G. entrò a far parte della famiglia dei Panciera, il cui esponente più insigne, Antonio, era stato patriarca di Aquileia e, dopo la rinuncia al patriarcato fatta nel 1411, aveva ottenuto il cappello cardinalizio trasferendo la sua residenza a Roma. Se sulla formazione di G. si possono fare solo delle ipotesi (i Panciera di Zoppola avevano un palazzo a Udine, città che con Cividale vantava le migliori scuole del Friuli), l'avvio alla carriera ecclesiastica è senz'altro da collegare ai suoi rapporti con il cardinale. Secondo una testimonianza di Franceschino Panciera, G. si trovava a Roma con il fratello di questo, il cardinale Antonio, almeno a partire dal 1428.
Morto il cardinale nel 1431, G. rimase a Roma ancora per qualche anno, passando al servizio del patriarca gradese Biagio Molin, che allora reggeva gli uffici della Cancelleria apostolica. I Registri Lateranensi alla fine del 1431 e nel 1432 menzionano infatti un "Guarnerius de Portogruario clericus Concordiensis diocesis, familiaris Blasii patriarche Gradensis cancellariam Sacre Romane ecclesie regentis" (La Guarneriana, p. 17). Ai fini della carriera ecclesiastica di G. questi anni furono fondamentali per le conoscenze e le amicizie fatte nell'ambito della Curia pontificia, specialmente fra gli ecclesiastici veneti, di cui Gabriele Condulmer, eletto papa nel 1431 col nome di Eugenio IV, si era circondato. G. ebbe certamente modo di incontrare, quando costui era semplice cubicolario del papa, Ludovico Trevisan, destinato a compiere nel giro di pochi anni una folgorante carriera ecclesiastica. Tra gli amici friulani frequentati da G. in questo periodo, un posto di rilievo ebbe l'udinese Bartolomeo Baldana. Alcune postille nei codici guarneriani conservano memoria delle città del Patrimonio di S. Pietro visitate da G. al seguito di Bartolomeo, commissario apostolico. A questi anni risale anche il rapporto con una donna non meglio identificata e la nascita di una figlia di nome Pasqua, che seguì il padre per il resto della sua vita.
Dal punto di vista strettamente culturale non ci sono elementi per valutare quale sia stato l'apporto dell'ambiente di Curia, cui facevano capo personaggi notissimi a cominciare da Poggio Bracciolini, alla formazione del bibliofilo. Troppo giovane l'età di G. e abbastanza irrilevante il suo ruolo nei primi anni del soggiorno romano per ipotizzare rapporti significativi con esponenti di primo piano della Cancelleria pontificia. Sarebbe tuttavia difficile negare l'influsso positivo di una temperie culturale come quella romana, divenuta uno dei massimi punti di riferimento per gli studi umanistici. Alla chiesa di S. Biagio, negli stessi anni in cui G. vi risiedeva, il cardinale Giordano Orsini aveva destinato la sua raccolta libraria, considerata dagli studiosi una fra le biblioteche più interessanti del primo Quattrocento. Di tenore molto più modesto, stando almeno agli elementi in nostro possesso, sembrerebbe invece la biblioteca del cardinale Antonio Panciera, presso cui G. era vissuto. I pochi libri del Panciera - entrati nella biblioteca di G. attraverso gli eredi del cardinale - riguardano soprattutto il diritto canonico. Due soli volumi commissionati dal Panciera, gli attuali Guarneriani 138 e 220 conservati a San Daniele del Friuli, Biblioteca civica Guarneriana, aprono un piccolo squarcio sulle letture profane del committente collegabili all'umanesimo: si tratta di due copie dei Notabilia Francisci Petrarche Rerum familiarium contraddistinte dallo stemma del cardinale.
Pur essendo stato nominato canonico di Aquileia fin dal 1430, G. rientrò in Friuli solo verso la fine del 1434 in concomitanza della fuga di Eugenio IV da Roma e della rottura fra il papa e il concilio di Basilea. Dai verbali delle sedute capitolari, che registrano per lo più una normale attività di carattere amministrativo, il ruolo di G., che pure aveva ricevuto solo gli ordini minori, emerge nel corso del tempo con una certa autorevolezza. Il 4 ag. 1438 una commissione arbitrale presieduta dal visitatore apostolico Tommaso Tommasini, vescovo di Recanati e Macerata, riconosceva espressamente che G. "satis practicus est, doctus et expertus in factis ipsius capituli et in temporalibus providus et circumspectus, quamvis in sacris non existat, nichillominus possit, valeat et debeat admitti pre reliquos canonicos existentes in sacris ad omnes actus et tractatus capitulares dumtaxat temporales et predictis omnibus vocem habeat ac si in sacris existeret" (Udine, Archivio capitolare, Pergamene, V, n. 59). La nomina a "litterarum apostolicarum abbreviator" (titolo che lo accompagna almeno dal 1436) e il successivo privilegio di esenzione dal giudice ordinario, accordatogli da Eugenio IV a Firenze il 14 dic. 1439, dimostrano senza ombra di dubbio le benemerenze acquisite da G. nei confronti della Curia romana in anni particolarmente difficili.
Non mancano riscontri ad alcuni episodi significativi sia sul piano ecclesiastico sia su quello più propriamente culturale. La lettera del Bracciolini a G. del 2 maggio 1438 è una prova della presenza di G. a Ferrara durante il concilio, come d'altra parte il privilegio di esenzione concesso da Eugenio IV allo stesso G. "tamquam cortisianus et Romane curie sequens" (Casarsa - D'Angelo - Scalon, pp. 7 s.) il 14 dic. 1439, sembrerebbero attestare una frequentazione diretta da parte di G. della Curia pontificia dopo il trasferimento del concilio da Ferrara a Firenze. Qui, in questo stesso periodo, si trovava tra gli altri, in forma stabile, un altro canonico aquileiese amico di G., Giacomo di Giacomo da Udine. Notizie di un viaggio compiuto da G. attraverso le Alpi e i Pirenei si trovano in due lettere inedite del 4 febbr. 1440 di Giovanni da Spilimbergo, l'una a Tommaso Della Torre, l'altra a Giacomo da Udine. I riferimenti scherzosi non consentono di cogliere le motivazioni reali di questo viaggio, pur non mancando suggestioni che richiamano analoghe esperienze di umanisti alla ricerca di autori antichi nelle biblioteche d'Oltralpe. Dai viaggi compiuti a Venezia nel 1444 e nel 1445 emerge il ruolo crescente svolto da G. nel campo della politica ecclesiastica. Sia il viaggio del febbraio 1444 per incontrare il patriarca Ludovico Trevisan, insieme con il collega canonico Cristoforo Susanna, sia gli incontri dell'anno successivo in compagnia del canonico Giovanni da Zucco sono da mettere in relazione alle trattative che giungeranno a conclusione nel giugno del 1445 con la sottoscrizione dell'accordo definitivo fra la Repubblica e il patriarca sulla fine dello Stato patriarcale, a venticinque anni di distanza dalla conquista veneziana del Friuli.
La menzione come "plebanus Sancti Danielis", oltre che canonico di Udine, in un documento rogato a Udine il 18 ott. 1445 presso la casa dei Panciera in borgo Poscolle (Udine, Archivio capitolare, Ospedale civile di Udine, Pergamene antiche, II) fa pensare che G. avesse ricevuto attorno a questo periodo l'ordinazione sacerdotale. Tale ordinazione, di cui non si ha memoria esplicita, sembrerebbe tra l'altro uno dei presupposti per la nomina a vicario generale sostituto del patriarca, avvenuta verso la fine del 1445. Con questa nomina, in assenza del patriarca Ludovico Trevisan che risiedeva abitualmente presso la Curia pontificia e del suo vescovo vicario in spiritualibus che garantiva in diocesi solo una presenza saltuaria, G. si trovò a gestire di fatto per circa una decina di anni la curia patriarcale e il tribunale ecclesiastico della vastissima diocesi di Aquileia.
Dal punto di vista pastorale l'azione di G., come vicario generale, fu orientata soprattutto al ripristino della disciplina ecclesiastica con l'imposizione della residenza e con provvedimenti punitivi nei confronti del clero concubinario. In questo G. proseguì i tentativi di riforma avviati nel 1437 con la visita pastorale compiuta nella diocesi aquileiese dal vescovo Tommaso Tommasini e dall'abate di S. Giustina Ludovico Barbo quali legati papali. L'incarico di vicario generale di G. si protrasse fino ai primi mesi del 1454. Una delibera del Comune di Udine del 26 luglio 1454 fa pensare, infatti, che in questa data, a seguito della rinuncia o della sostituzione di G., si fosse provveduto alla nomina di un nuovo vicario patriarcale. Di fatto nei documenti di data posteriore G. è menzionato unicamente come pievano di San Daniele. Al trasferimento della residenza da Udine a San Daniele del Friuli sembrerebbe riferirsi l'inventario dei suoi libri, raccolti in casse, compilato dallo stesso G. il 25 ag. 1456.
G. trascorse l'ultimo decennio della sua vita, che non si segnala per avvenimenti particolari, fra Udine, dove continuava a partecipare all'attività del capitolo, e San Daniele del Friuli, di cui era pievano.
Il 7 ott. 1466, a San Daniele, G. dettava il suo testamento, con cui legava alla chiesa di S. Michele di San Daniele "tutti li suoi libri che si ritrovava havere con obligo alla Chiesa di far fabricare in loco honesto et condecente una libraria et in quella tutti l'istessi libri ponere, con sue catene ligati, et ivi conservarli per uso dell'istessa Chiesa et che non siano mai levati di detta libraria per accomodar altri. Et se alcuno volesse sopra detti libri legere o studiare et al Consilio et Comunità piacesse, possa sopra detti libri e nell'istessa libraria e non altrove legere et studiare con licenza del Consiglio et Comunità di San Daniele" (D'Angelo, 1970, pp. 35-37). La Comunità di San Daniele, da parte sua, avrebbe dovuto indennizzare con 400 ducati i due nipoti Samaritana e Cipriano, che la figlia di G., Pasqua, aveva avuto in prime e in seconde nozze rispettivamente con Giovanni Baldana e Niccolò da Spilimbergo.
La morte colse G. il 10 ott. 1466 nella sua casa di San Daniele del Friuli.
Come scrive in modo efficace C. Griggio, "invenzione e merito di questo uomo di chiesa, di non eccezionale ingegno" fu la realizzazione della "straordinaria biblioteca di carattere unitariamente umanistico" (1995, p. 641), che si conserva pressoché integra nel luogo in cui il testatore la volle lasciare. Pur non essendo una grande biblioteca, essa si presenta come un fondo particolarmente coerente nella scelta degli autori antichi (i greci sono solo in traduzione latina) e contemporanei (mancano completamente gli autori in volgare) e può essere considerata a giusto titolo un punto di riferimento essenziale per la cultura umanistica della regione. Nel presentare una visione d'insieme della cultura umanistica rispecchiata in questa biblioteca, Laura Casarsa riconosce che la biblioteca di G. "ha svelato molti dei suoi arcani. Manoscritti e copisti, testi e scritture, tecniche di confezione e decorazione ricompongono, oggi, concretamente l'organico disegno culturale ideato e attuato nell'arco di una raccolta trentennale" (Casarsa - D'Angelo - Scalon, p. 89). Partendo da una serie di elementi, fra cui l'identificazione di gran parte dei copisti, le datazioni di alcuni codici, il raffronto tra i due inventari compilati rispettivamente nel 1456 e nel 1461, l'analisi delle filigrane e, non ultime, le ricerche d'archivio, è stato possibile ricostruire le varie fasi della formazione dell'intero fondo dagli anni aquileiesi al "ritiro" sandanielese.
Il progetto di realizzare una biblioteca di ampio respiro prese corpo quasi certamente subito dopo il rientro di G. in Friuli. In una prima fase, a partire dall'inverno 1435-36, G. compare come copista di interi manoscritti. Le Commedie di Plauto, l'attuale Guarneriano 54, furono da lui copiate ad Aquileia il 10 genn. 1436; il De officiis di Cicerone il 2 febbr. 1441 (Guarneriano 69: "Guarnerius scripsit raptissime"); le Declamationes maiores dello Pseudo Quintiliano il 12 dicembre successivo (Guarneriano 79: "Guarnerius scripsit. Laus Deo. Amen"); le Periochae omnium librorum di Tito Livio il 29 giugno 1442 (Guarneriano 71: "Guarnerius scripsit. Amen. Raptim"). La scrittura di G. è una corsiva all'antica, che rivela una formazione grafica (e quindi un'educazione scolastica) comune a quella di alcuni altri ecclesiastici suoi colleghi, come Giacomo da Udine. Essa corrisponde all'intenzione più volte dichiarata di una trascrizione veloce (raptim o raptissime) di testi ricevuti in prestito, piuttosto che alla confezione di copie di lusso. In seguito, quando la carica di vicario gli metterà a disposizione consistenti mezzi finanziari e un discreto apparato di cancelleria, G. potrà avvalersi sia dei suoi collaboratori d'ufficio sia di copisti, miniatori, legatori di professione. Fra i copisti, che collaborarono con G. in un arco di tempo trentennale, sono riconoscibili di volta in volta il canonico Niccolò da San Vito al Tagliamento, che si sottoscrive in cinque codici dal 1439 al 1451; notai e cancellieri come i fratelli Leonardo e Iacopo di Gabriele Pittiani, Niccolò di Giovanni Pittiani, Federico Marquardi, Odorico e Lorenzo Pilosio; un professionista della "littera antiqua" come Battista da Cingoli, alla cui bottega si rivolgevano anche i luogotenenti veneti (il Vindobonense 39 è un Virgilio copiato per Gerolamo Barbarigo); giovani studenti della scuola di notariato di Udine, quali Niccolò de Collibus, Marco da Spilimbergo, Giovanni Belgrado; un chierico come Niccolino da Zuglio entrato a far parte della "famiglia" di G. nell'ultimo decennio.
Alle varie fasi di formazione della biblioteca corrisponde anche una diversa tipologia dell'ornato (quasi assente nell'ultimo decennio), che è stata efficacemente illustrata da Giordana Mariani Canova. I manoscritti del periodo aquileiese sono ancora decorati "alla moderna", con un tipo di ornato fogliaceo tardogotico legato ai tradizionali moduli veneto-bolognesi in uso sia a Venezia sia in Terraferma nel secondo quarto del Quattrocento. A partire dal 1450 o poco prima (punto di riferimento è il Guarneriano 8, che si apre nel primo foglio con una splendida cornice con decorazione floreale e a nastro intrecciato in cui si inserisce lo stemma del committente) inizia la realizzazione di una serie di codici decorati "all'antica" nei due tipi fondamentali dei bianchi girari e del nastro intrecciato. È quest'ultimo in particolare che, a giudizio della Mariani Canova, rappresenta "una splendida originalissima invenzione, da ritenersi nata proprio nella ristretta cerchia degli umanisti veneto-padovani, intorno a Francesco Barbaro e a Guarnerio" (La Guarneriana, p. 37). Non vi è dubbio che l'incontro con il Barbaro durante la sua luogotenenza in Friuli tra il luglio 1448 e il giugno 1449 abbia dato a G. nuove importanti occasioni di scambio di testi e di contatti con miniatori e legatori che operavano nell'ambiente veneziano.
Dal punto di vista dei contenuti culturali la biblioteca di G. si colloca nel contesto straordinariamente fecondo dell'umanesimo veneto che, per quanto riguarda il Friuli, ha nelle scuole comunali e nei suoi maestri il principale punto di riferimento e di diffusione. A tale proposito un ruolo fondamentale è quello svolto da Giovanni da Spilimbergo, al quale è probabile che G. debba parte della sua formazione umanistica (numerosi sono i testi scolastici del maestro presenti nel fondo Guarneriano); in ogni caso è ampiamente documentato che fu Giovanni l'interlocutore diretto di Guarino Guarini e di Poggio Bracciolini e che gli antigrafi inviati dai due umanisti arrivarono a G. per questa strada. La scuola di notariato di Udine rimase un punto di riferimento essenziale per G. anche dopo la morte dello Spilimberghese, a cui subentrò nell'insegnamento Francesco Diana, un altro maestro di notevole spessore che aveva già insegnato nella scuola di notariato di Venezia. Il Diana era stato discepolo di Lorenzo Valla e con il maestro manteneva stretti rapporti. Per questa via anche G. poteva accedere agli autografi dell'umanista, come si legge in una nota a margine del Guarneriano 111, un codice composito che conserva l'Apologo del Valla contro Poggio: "Nota qui transcripseris quod hic non est finis, qui alibi querendus est, si cupis integram disceptationem. Franciscus Dyana habet Antidotum Laurentii e Valle contra quemdam Bartolomeum Facium et Antonium Panormitam manu ipsius Laurentii emendatissimum" (c. 27r). È il caso di ricordare che G., pur non essendo un filologo, aveva una certa attenzione e sensibilità per l'individuazione e la registrazione delle variae lectiones tramandate dai testimoni manoscritti, aspetto questo che dovrà essere approfondito attraverso l'analisi della sua attività di postillatore.
Numerose altre testimonianze dei rapporti fra G. e i maestri delle locali scuole comunali (si pensi per esempio a Odorico e Lorenzo Pilosio, Francesco da Fanna, Niccolò di Iacopo da Spilimbergo) confermano che la biblioteca di G. non è un episodio isolato, ma si inserisce profondamente nel tessuto della cultura locale, che si presenta straordinariamente sensibile e aperta agli stimoli provenienti dai grandi centri di Venezia e Firenze. Questo contesto e questo ambiente, accanto alle vicende pubbliche e private del fondatore, spiegano la nascita di una collezione che rimane, a giudizio di un grande paleografo come E. Casamassima, "una delle più coerenti dell'umanesimo italiano" (Mostra di codici, p. 1).
Fonti e Bibl.: Udine, Archivio capitolare, Pergamene, V, n. 59; Ibid., Ospedale civile di Udine, Pergamene antiche, II, cc. n.n.; Ibid., Archivio patriarcale, Acta, 1448, 1449; Ibid., Biblioteca civica, Fondo Joppi, 20: Trasunto di documenti notarili riguardanti G. ed i prossimi suoi parenti; P. Bracciolini, Lettere, II, Epistolarum familiarium libri, a cura di H. Hart, Firenze 1984, pp. 312 s.; F. Barbaro, Epistolario, I, La tradizione manoscritta e a stampa, a cura di C. Griggio, Firenze 1991, pp. 20, 148, 257 s., 271 s., 281, 284-291, 293; II, La raccolta canonica delle "Epistole", a cura di C. Griggio, ibid. 1999, pp. XXIV, XXXVI, XXXVIII, 631, 635 s., 639, 643, 679, 719, 721-724, 727-735, 738 s., 742, 744-751, 753-758, 760-762, 764 s., 767-776, 779-781; G.G. Liruti, Notizie delle vite e delle opere scritte da' letterati del Friuli, I, Venezia 1760, pp. 343-355; P. Paschini, Umanisti intorno ad un cardinale, in La Rinascita, I (1938), p. 56; Id., Lodovico cardinal camerlengo († 1465), in Lateranum, n.s., V (1939), 1, p. 36; P.S. Leicht, Il fondatore della Guarneriana, in Il Tesaur, I (1949), pp. 2-5; E. Patriarca, G., Verona 1951; P. Paschini, I vicari generali nella diocesi di Aquileia e poi di Udine, Vittorio Veneto 1958, ad ind.; G. Billanovich, Un altro Livio corretto dal Valla, in Italia medioevale e umanistica, I (1958), pp. 273-275; M. Zicari, Il Catullo di G., ibid., II (1959), pp. 453-455, 459, 462-465; M. D'Angelo, Alcune notizie inedite su G. da un antico regesto, San Daniele del Friuli 1970; N. Zorzetti, Il "codex Danelensis" del "De viris illustribus", in Atti dell'Accademia delle scienze di Torino, cl. di scienze morali, CV (1970-71), pp. 109-122; G. Vonzin, G. e la formazione della sua biblioteca, in La filosofia friulana e giuliana nel contesto della cultura italiana. Atti del Primo Congresso regionale di filosofia friulana e giuliana, Cividale del Friuli… 1970, Udine 1972, pp. 135 s.; G. Marchetti, Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1974, pp. 176-180; P. Tremoli, Osservazioni preliminari sui codici plautini della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, Trieste 1977; Mostra di codici umanistici di biblioteche (catal.), a cura di E. Casamassima et al., Firenze 1978 (in particolare pp. 1-6); M. Zicari, Scritti catulliani, a cura di P. Parroni, Urbino 1978, pp. 109-122; M. D'Angelo, La libreria di G. Stato attuale delle ricerche. I codici datati, in Studi e documenti nel 1050° di San Daniele, San Daniele del Friuli 1979, pp. 23-62; C. Griggio, Note guarneriane in margine alla "recensio" dell'epistolario di Francesco Barbaro e alla mostra di codici umanistici friulani, in Lettere italiane, XXXI (1979), pp. 206-218; M. Regoliosi, in L. Valla, Antidotum in Facium, a cura di M. Regoliosi, Patavini 1981, pp. LXXXVI-XCIII, XCV s., CLX, CLXXI, CLXXIII; M. D'Angelo, Inventari quattrocenteschi della chiesa di S. Michele a San Daniele del Friuli, San Daniele del Friuli 1983, ad ind.; Id., Lettera di un notaio spilimberghese a G., in Il Barbacian, XXI, (1984), 1, pp. 12 s.; Id., Nuovi copisti nello "scriptorium" di G., in Quaderni guarneriani, VIII (1984), pp. 5-25; Id., Frammenti di un manoscritto della "Rhetorica ad Herennium" nell'Archivio parrocchiale di Fagagna, ibid., pp. 27-33; L. Casarsa, Gli inventari antichi della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, ibid., IX (1986), pp. 1-72; M. di Prampero de Carvalho, Poggio Bracciolini a G., in Ce fastu?, LXII (1986), 1, pp. 165-174; C. Scalon, Libri, scuole e cultura nel Friuli medioevale: "membra disiecta" dell'Archivio di Stato di Udine, Padova 1987, pp. 76 s.; La Guarneriana. I tesori di un'antica biblioteca, a cura di L. Casarsa et al., San Daniele del Friuli 1988; L. Casarsa - M. D'Angelo - C. Scalon, La libreria di G. d'A., Udine 1991; C. Griggio, L'umanesimo friulano. Rassegna di studi, in Lettere italiane, IV (1995), pp. 641-659; Id., Nuove prospettive nell'epistolario di Francesco Barbaro, in Una famiglia veneziana nella storia: i Barbaro. Atti del Convegno di studi, Venezia… 1993, a cura di M. Marangoni - M. Pastore Stocchi, Venezia 1996, pp. 345-362; M. D'Angelo, Il "concordium" fra gli eredi di G. e le sorti della sua libreria nel secondo Quattrocento, in Metodi e ricerche, XIX (2000), 2, pp. 3-14; Id., Spigolature guarneriane, in Quaderni guarneriani, n.s., II (2002); P.O. Kristeller, Iter Italicum, II, pp. 236, 565-569.