GENTILE, Gualtiero
Figlio di Simone, conte di Nardò, nacque probabilmente negli anni Ottanta del XII secolo. Il padre, ricordato già nel 1193 come "domini regis baro", aveva legato strettamente le sorti della sua famiglia a Federico II, da quando, dopo la ritirata di Ottone IV nel 1211-12, si era adoperato per ristabilire il dominio degli Svevi in Puglia. Poco prima della sua morte, avvenuta nel 1213, il re svevo aveva anche riconosciuto a Simone il possesso della contea di Nardò (1212).
In riconoscimento di questo aiuto, Federico conferì al G. l'ufficio di "magnus comestabulus" e, con un documento emesso a Genova nel maggio 1212, trasformò i suoi feudi e quelli di suo fratello Bernardo, situati nella zona di Lesina, in feudi dipendenti direttamente dalla Corona. Il documento emanato a Genova testimonia che in quel momento il G. si trovava al seguito di Federico diretto in Germania, dove si era aperta la contesa per la corona imperiale. Nel dicembre dello stesso anno il G. si trovava a Spira quando Federico assegnò diversi castelli a un altro compagno di questo viaggio pieno di pericoli: l'arcivescovo Berardo di Bari. Federico, il 12 luglio 1213, nella Dieta di Eger, fece redigere in favore di Innocenzo III la bolla d'oro che garantiva il patrimonio dello Stato della Chiesa e regolava definitivamente i rapporti del sovrano tedesco con la Chiesa dell'Impero; questo documento recava in una prima redazione anche il nome del G., con il titolo di "comestabulus regni Sicilie"; i legati pontifici insistettero però che in un documento dell'Impero in favore della Chiesa non potevano figurare testimoni provenienti dal Regno di Sicilia, perciò, in una seconda redazione, i nomi del G. e dell'arcivescovo Berardo di Bari furono omessi.
L'ufficio di "magnus comestabulus private masnade" era stato creato all'epoca di Guglielmo I e Guglielmo II e consisteva nel comando della guardia reale nella residenza di Palermo. Predecessore del G. era stato Paolo di Cicala, conte di Golisano (Collesano), che aveva perduto il suo ufficio per aver congiurato con alcuni nobili calabresi contro Federico. Non sappiamo con sicurezza fino a quando il G. abbia ricoperto tale incarico nel quale è documentato fino al 1213; dato che in seguito, sicuramente prima del 1216, Paolo di Cicala fu ripristinato nelle sue funzioni, il G. dovette esercitarle non oltre il 1215.
Fece probabilmente ritorno in patria insieme con il fratello Bernardo, il quale nel 1216 aveva accompagnato la regina Costanza d'Aragona, moglie di Federico, in Germania e, prima di rientrare a Nardò, fu nominato dal re svevo capitano e maestro giustiziere per la Puglia e la Terra di Lavoro. Nell'agosto 1217, a Nardò, Bernardo concesse a Paolo, abate di S. Maria, particolari diritti di decima, e il G. figura come testimone nel documento: a quella data dunque era di nuovo nel suo feudo.
Ricompare nelle fonti nel marzo del 1231 quando il monastero della Ss. Trinità di Cava de' Tirreni lo citò dinanzi al tribunale della Magna Curia in qualità di feudatario di Mottola, a causa dei suoi soprusi contro l'insediamento del monastero cavense a Casalrotto, presso Castellaneta. Il G. aveva privato gli abitanti di Casalrotto dei diritti di pascolo, legnatico e pesca, perché questi avevano danneggiato una defensa imperatoris, e aveva contestato all'abate di Cava il diritto di insediare in Casalrotto propri baiuli e giudici. Egli permise anche che gli abitanti che avevano abbandonato Casalrotto riparassero a Mottola. Il tribunale della Magna Curia decise il contenzioso con due giudizi a favore del monastero di Cava.
Nel dicembre dello stesso anno il G., come "dominus Motuli", era presente al conferimento della chiesa di S. Angelo di Satrano da parte del vescovo Giovanni da Mottola al rappresentante del monastero di S. Giovanni in Fiore, Giuseppe.
Non è nota la data di morte del Gentile. In considerazione dei precedenti rapporti della sua casata con l'Abruzzo, è possibile che il G. sia da identificare con quel "Gualterius Gentilis", morto prima del 1242, che era stato signore di Larino, e che aveva posseduto quote di Corvaro e Pesco Sansonesco negli Abruzzi.
La figlia di quest'ultimo, Anna Gentilis, per ordine dell'imperatore, sposò Ruggero di Dragone, fratello di Dipoldo di Dragoni, e gli portò in dote l'eredità paterna. Quando Ruggero nel 1268 tentò di sollevare gli abitanti di Larino in favore di Corradino, fu da costoro incarcerato insieme con i figli e consegnato a Carlo I d'Angiò. Questi incamerò la città di Larino, ma concesse più tardi una pensione in favore di Anna Gentilis.
Fonti e Bibl.: Cava de' Tirreni, Archivio della Badia della Ss. Trinità, Arca nuova, XLIX, 32, 34 (pergamene del marzo 1231); Matera, Biblioteca provinciale, ms. 21.II: N. Venusio, San Giovanni in Fiore (sec. XVIII), cc. 105v-107v; Mon. Germ. Hist., Constitutiones et acta publica, a cura di L. Weiland, II, Berlin 1896, pp. 57 s., nn. 46-51; Historia diplomatica Friderici secundi, a cura di J.-L.-A. Huillard-Bréholles, I, 1, Paris 1852, pp. 211 s., 232 s., 268 s.; E. Winkelmann, Acta Imperii inedita, I, Innsbruck 1880, pp. 676 s.; J.F. Böhmer, Regesta Imperii…, V, a cura di J. Ficker - E. Winkelmann, Innsbruck 1881-82, nn. 668, 683 s., 705, 3275, 12510; Le pergamene del duomo di Bari, a cura di G.B. Nitto - F. Nitti de Vito, in Codice diplomatico barese, I, Bari 1897, pp. 158 s. nota; P. Scheffer-Boichorst, Zur Geschichte des 12. und 13. Jahrhunderts, Berlin 1897, pp. 394 s.; G. Paolucci, Contributo di documenti inediti sulle relazioni tra Chiesa e Stato nel tempo svevo, in Atti della R. Acc. di scienze, lettere e belle arti di Palermo, s. 3, V (1900), pp. 29 s.; C.A. Garufi, La più antica firma autografa di Pier della Vigna, in Studi medievali, II (1906), pp. 106 s.; M. Pastore, Le pergamene della curia e del capitolo di Nardò, Lecce 1964, pp. 41 s.; F. Zazzera, Della famiglia Gentile, in Della nobiltà dell'Italia, II, Napoli 1628, pp. n.n.; W. Holtzmann, Aus der Geschichte von Nardò in der normannischen und staufischen Zeit, Göttingen 1961, pp. 64 s.; R. Neumann, Parteibildungen im Königreich Sizilien während der Unmündigkeit Friedrichs II., Frankfurt 1986, pp. 190, 212, 240, 261, 263; P. Dalena, Da Matera a Casalrotto. Civiltà delle grotte e popolamento rupestre (secc. X-XV), Galatina 1990, pp. 28, 167 s.; J.-M. Martin, L'administration du Royaume entre Normands et Souabes, in Die Staufer im Süden. Sizilien und das Reich, a cura di Th. Kölzer, Sigmaringen 1996, pp. 127, 129.