grado
Frequentemente col valore di " gradino " (cfr. anche ‛ scaglione ') di una scala, sia essa la scaletta di tre gradi breve che conduce alla porta del Purgatorio (Pg XXI 48, IX 76, 80, 93 e 106, XXI 53), o quella, scavata nella roccia, per cui si accede da un girone all'altro (XII 92, XVII 66; in XXVII 73 e 125 è il g. della lunga scala tra il girone dei lussuriosi e il Paradiso terrestre), o ancora la scala santa del cielo di Saturno, per i cui gradi D. vede scender giuso gli spiriti beati (Pd XXI 31, 42, 64 e 137).
Per estensione, e sempre in relazione con l'idea di ‛ gradualità ', g. indica i cerchi dell'Inferno (Minosse cignesi con la coda tante volte / quantunque gradi vuol che [l'anima malnata] giù sia messa, If V 12; cfr. anche IX 17), gli ordini digradanti della rosa dei beati (Pd XXX 115, XXXI 47 e 68, XXXII 16, 40 e 74), e, in un passo variamente interpretato, i gironi del Purgatorio (Pg X 102 Ecco di qua... molte genti: / questi ne 'nvïeranno a li alti gradi, secondo la lezione - già della Crusca, del Foscolo, del Witte, del Casella - che " consente, meglio di altri gradi, di esser riferita, anziché ai gradini della prossima scala [Mattalia] alle cornici superiori " [Petrocchi, ad l.]; così anche Benvenuto, Landino, Lombardi e, successivamente, Porena, Sapegno, Chimenz). Strettamente legato a queste ultime accezioni il sintagma ‛ di g. in g. ': i diversi cieli prendono la loro virtù dal Primo Mobile e la trasmettono ai cieli inferiori: di grado in grado / ... di sù prendono e di fotto fanno (Pd II 122). Altrove, al valore concreto del sostantivo si associa quello astratto, sicché l'equivalenza è non più a " gradino " bensì a " gradatamente ": If XI 18 dentro da cotesti sassi [del VII cerchio]... son tre cerchietti / di grado in grado, scendenti verso il basso gradatamente, digradanti, " gradatamente restringentisi " (Mattalia); nel Paradiso la beatitudine di ciascuno spirito è proporzionata alla sua grazia e alla sua buona voglia, e aumenta " gradualmente " con esse: così di grado in grado si procede (Pd XXVIII 114). È questa l'interpretazione, già del Lombardi, che il Chimenz preferisce all'altra seguita da parecchi dei moderni - Scartazzini-Vandelli, Casini-Barbi, Rossi-Frascino, Sapegno - sulle orme del Buti: " cioè dalla inspirazione della grazia al volere, dal volere al merito, dal merito a lo intendere, e dallo intendere a l'amare ").
Un concetto analogo a questo è illustrato in un passo del Convivio, dove D. afferma che la bontà di Dio è ricevuta altrimenti da le sustanze separate... e altrimenti da l'anima umana... e altrimenti da li animali... e altrimenti da le piante, ecc. (III VII 5); E avvegna che posti siano qui gradi generali, nondimeno si possono porre gradi singulari; cioè che quella riceve, de l'anime umane, altrimenti una che un'altra. E però che ne l'ordine intellettuale de l'universo si sale e discende per gradi quasi continui da la infima forma a l'altissima [e da l'altissima] a la infima... e tra l'angelica natura ... e l'anima umana non sia grado alcuno, ma sia quasi l'uno a l'altro continuo per li ordini de li gradi... (§ 6). Nel contesto neoplatonico di D., g. indica sia il " luogo " sia la corrispondente " dignità " che ogni forma sortisce nella scala universale degli esseri procedenti dalla causa prima (cfr. Alb. Magno Causis I IV 8 " ordinem universi esse secundum gradus existentium secundum quod fluunt a primo principio ", e II IV 2, dove spiega il diverso modo di ricevere la bontà divina da parte degli esseri derivati: " Tanta est enim largitas primi, et tanta nobilitas, et tanta amplitudo bonitatum eius, quod nihil secundorum capere posset eas secundum quod in ipso sunt: et propterea sapientia primi res non produxit ex aequo distantes ab ipso, sed secundum ordines procedentium et gradus minus et magis distantium, ut omnis capacitas rerum impleatur bonitate divina "). Quanto alla relazione tra ordine e g., va ricordato che se l'ordine identifica l'assetto generale in rapporto a un principio primo come a suo fine, il g. costituisce la determinazione reale del succedersi gerarchico di tale ordine (cfr. Bonaventura Sent. I XXV 2 2 4 " Differunt enim gradus et ordo... gradus dicit superpositionem vel loci, vel dignitatis. Ordo vero dicit habitudinem ad principium sine superpositione "; Tommaso Sent. I XX 1 3 1 ad 2 " gradus dicit quandam speciem ordinis scilicet secundum dignitatem vel perfectionem vel locum "; IV XL 1 2 ob 6 " in rebus ordinatis quodlibet additum alteri facit alium gradum ").
Ancora figurato in Vn XLI 6 lo mio penero sale ne la qualitate di costei in grado che lo mio intelletto no lo puote comprendere. " fino al punto che ", " in misura tale che ".
A un concetto quantitativo il termine si riallaccia anche in altri passi della Vita Nuova, nella locuzione ‛ in g. ' accompagnata da un aggettivo: con ciò sia cosa che... questa donna fosse in altissimo grado di bontade, e lo suo padre... fosse bono in alto grado, " molto " buono (XXII 2; così anche XIV 14 e Pd IX 117 Raab... a nostr'ordine congiunta, / di lui nel sommo grado si sigilla: " nella misura massima ", sì da essere " l'anima che più splende tra i beati del terzo cielo ", Chimenz; ma alcuni intendono sommo grado come " Empireo " [Del Lungo, Torraca]; altri [Casini-Barbi] " in sommo grado di beatitudine ". Meno chiari gli antichi: " eius imago apparet in supremo gradu istius sperae " [Benvenuto; Buti]; e anche: " unita a nostro ordine, intende di beatitudine, si sigilla, cioè si insignisce del sommo grado di lui " [Vellutello]; " Si sigilla, s'imprime nel sommo grado di lui, di esso ordine " [Daniello]).
In Vn XXXII 1 venne a me uno, lo quale, secondo li gradi de l'amistade, è amico a me immediatamente dopo lo primo, il termine indica, più che i " rapporti " (Vallone) dell'amicizia, l'intensità del sentimento. Si noti poi l'espressione brachilogica di Pd V 128 non so... perché aggi / ... il grado de la spera / che si vela a' mortai con altrui raggi, la " misura ", la " quantità " di beatitudine corrispondente al cielo di Mercurio. Significato analogo avrebbe g. nelle parole dell'aquila del cielo di Giove: quelli [lumi] onde l'occhio in testa mi scintilla, / e' di tutti i lor gradi son li sommi (Pd XX 36: " cioè di tutti li gradi, che ànno li beati spiriti per merito di iustizia... sono li più alti ", Buti; g. " di merito ", Tommaseo e Chimenz; " gradazione di dignità e di eccellenza ", Del Lungo), dove invece il Mattalia intende " rango " (già il Vellutello: " tra gli altri re... tengono il primo luogo "), come in If XVI 36.
‛ Mettere in alto g. ' (Fiore X 11; Detto 64 Amor ... / mette [chi si assoggetta a lui] in alto grado / di ciò ched e' disìa) significa " permettere di raggiungere " una condizione molto ambita; analogamente in Fiore CCXXXI 1.
Infine, nel valore di " grado astronomico ": ben cinquanta gradi salito era / lo sole, Pg IV 15; e così Vn II 2, Cv II V 16, XIV 11, III V 14.