HERMANN, Gottfried
Filologo classico, nato a Lipsia il 28 novembre 1772, morto ivi il 31 dicembre 1848. Ebbe a maestri l'Ilgen e F. W. Reiz. Privato docente a Lipsia dal 1794, professore straordinario dal 1797, ordinario di eloquenza dal 1803, di eloquenza e poesia dal 1809. Fu nella prima metà del sec. XIX il maggior rappresentante di quello che si suole chiamare l'indirizzo formale della filologia classica, caratterizzato dalla predilezione per tutto ciò che è esegesi nel significato più stretto, formale, o che all'esegesi spiana la via, grammatica, metrica, critica del testo.
In ognuno di questi campi il H. mostrò una personalità spiccatissima: MTeno felici appaiono, nonostante le copiose e notevoli osservazioni particolari, le opere sistematiche, di grammatica (la maggiore è il De emendanda ratione graecae grammaticae, Lipsia 1801), perché egli, kantiano fervente, considerava le lingue, e specie la latina e la greca, quale sistema di espressione razionale. Contributo più durevole egli dette alla metrica. Anche qui (De metris poëtarum graecorum et romanorum, Lipsia 1796; Handbuch der Metrik, Lipsia 1799; Elementa doctrinae metricae, Lipsia 1816; Epitome doctrinae metricae, Lipsia 1818, 4a ed., 1869; studio sulla metrica di Pindaro pubblicato nell'edizione del Heyne) egli tende a razionalizzare e a sistematizzare eccessivamente, ma dall'un canto solido è qui il fondamento, la tradizione dei metrici antichi da lui raccolta (di metrici singoli egli curò anche l'editio princeps) e dall'altro elevava il H. sopra gli altri l'eccellenza del senso ritmico. Studî sulle interpolazioni negli inni omerici lo portarono a un lavoro che trascende la critica inferiore: quello sulla questione omerica. La teoria da lui proposta, secondo la quale la nostra Iliade e la nostra Odissea rappresenterebbero allargamenti di due poemi primitivi unitarî, è ancora viva e valida, seppure non basta a risolvere il problema. Ma i suoi lavori più importanti e più durevoli sono quelli che si fondano su observationes singole di metrica o linguistiche, per lo più disperse in programmi universitarî, o celate nelle prefazioni e nelle note a edizionì di testi poetici greci (13 tragedie di Euripide, 7 di Sofocle, le Nuvole di Aristofane, edizione completa di Eschilo, ecc.). Lungi dal dare una recensio completa e sistematica della tradizione manoscritta, la critica del H. è essenzialmente divinatoria. Ma a lui sono riuscite emendazioni che, specie per Eschilo, dànno senso e senso giust0. Il capolavoro del H. è forse l'edizione degli Orphica: qui egli riesce a dimostrare recenti, sul fondamento d'indizî stilistici e specialmente metrici, carmi ai quali si soleva attribuire antichità favolose. Qui il H., per lo più stilista e quindi piuttosto esteta che storico, scrive in nucc una storia dello stile epico dei Greci. Il H. è insigne anche tra i plautini per le sue edizioni del Trinummus e delle Bacchides; di testi greci non pubblicò (oltre i metrici) altri scritti prosaici che la Poetica di Aristotele. Per la legittimità del suo metodo esegetico e critico che aderiva ai particolari e si prefiggeva quasi unicamente d'intendere (ma profondamente) il senso letterale di ciascun singolo passo, egli spezzò parecchie lance: famosa per la sua importanza metodica e per le conseguenze nella storia delle discipline filologiche è la contesa suscitata dalla prefazione di O. Müller alle Eumenidi (Gottinga 1833), il cosiddetto "Eumenidenstreit".
Gli scritti minori del H. sono raccolti in otto volumi di Opuscula (Lipsia 1827-76).
Bibl.: O. Jahn, G. H., eine Gedächtnissrede, Lipsia 1849, ristampata in Biographische Aufsätze, p. 91 segg.; H. Köchly, G. Hermann, Heidelberg 1874; C. Bursian, Geschichte der klassischen Philologie in Deutschland, Monaco 1883, p. 665 segg.; J. E. Sandys, A history of classical scholarship, III, Cambridge 1908, p. 89 segg.; U. v. Wilamowitz, Geschichte der Philologie, Lipsia 1921, p. 49 e Einleitung in die attische Tragödie, Berlino 1907, p. 235 segg. Su H. e Omero, v. G. Finsler, Homer, I, 2a ed., Lipsia 1914, p. 360 segg.