BUSSERO, Goffredo da
Nacque a Milano l'8 ott. 1220, giorno festivo di S. Pelagia e di S. Simeone il vecchio (secondo il martirologio romano), e fu battezzato dal prete Valo di S. Stefano ad Nuxigiam. Autore di una Cronaca, a lui si può attribuire anche il Liber notitiae sanctorum Mediolani. Ambedue le opere sono fondamentali per la storia milanese nel Duecento.
La sua famiglia era originaria di Bussero, una località a 19 chilometri a est di Milano, ovvero aveva avuto in quel centro terre in beneficio, facendo parte della minore feudalità di origine vescovile. Sembra infatti che in quella zona la Chiesa ambrosiana possedesse, tra i secc. IX e XI, un notevole patrimonio fondiario, che venne infeudando nel corso degli anni, dando origine a una classe di vassalli minori (valvassori), che entrò poi a far parte, coi capitanei e i cives, dell'associazione comunale milanese. Il processo che si svolse nell'ambito della famiglia da Bussero, appare in tal senso esemplare: piccoli beneficiari terrieri, i suoi membri, abitanti dapprima in campagna, entrarono nel ceto cittadino attraverso la carriera ecclesiastica e quella notarile e raggiunsero in breve posizioni di primo piano. Di alcuni di essi è lo stesso B. a dare notizia; altri appaiono dai documenti; si tratta quasi sempre, comunque, di persone legate alla Chiesa milanese ed al ceto dirigente cittadino. Terre e case di loro proprietà erano situate nella parrocchia di S. Stefano in Brolo (che si trovava nella zona dove era appunto il Brolo arcivescovile, tra la porta Romana e la pusterla Tosa), il che testimonia una persistenza di rapporti con la Chiesa.
Su questi beni, nel 1145, un omonimo del B. - ed il primo della famiglia che sia ricordato - Goffredo da Bussero, fondò il "Consortium pauperum" di S. Barnaba, da cui ebbe origine l'Ospedale di S. Stefano in Brolo, uno dei più importanti della città, nucleo base, nel 1450, dell'Ospedale Maggiore (Liber, col.1, 52 A; Cronaca,ad annum, p. 240). Egli morì nel 1153 (Cronaca,ad annum, p. 241). Il secondo personaggio noto della famiglia è un "Magister Puteus" o Petrus. Il B. parla di lui nel Liber (col.88 C, n. 84) e nella Cronaca (pp.242 s.): "Puteus" appartiene alla famiglia dei valvassori da Bussero, è canonico di Monza, diacono e poi cardinale, legato di Urbano III in Ungheria Inoltre egli avrebbe riportato a Milano e donato alla chiesa di S. Stefano ad Nuxigiam le reliquie dei ss. Cosma e Damiano (Liber, ibid.); questa notizia tuttavia non trova conferma né in fonti coeve, né posteriori. Secondo il necrologio della Chiesa monzese, egli sarebbe morto nel 1195; secondo Goffredo, nel 1196. Un altro Pietro da Bussero, nato intorno al 1133 e morto nel 1203, la cui identificazione ha causato alcune perplessità a causa della quasi omonimia con il precedente, è ordinario della metropolitana, e arciprete della chiesa di S. Maria del Monte di Velate presso Varese, nominato a tale incarico verso il 1168, ossia in un momento particolarmente difficile per la Chiesa di Milano che si trovava in contrasto con quella varesina, legata al territorio del Seprio, apertamente favorevole alla politica imperiale sveva. Il B., nella sua Cronaca (p.243), ricorda ancora Pagano da Bussero, come sapiens dei dieci podestà cittadini, nominati a Milano nell'anno 1212. Altri membri della famiglia sono documentabili in città fino verso la fine del sec. XIII.
La famiglia non è compresa però nella Matricula nobilium familiarum, che la tradizione vuole composta nel 1277, ma della quale si hanno solo redazioni più tarde. Da essa, che riflette l'ambiente visconteo, sono escluse le famiglie che parteggiavano per i Torriani; i da Bussero erano tra queste, come sembra di poter rilevare anche dalla Cronaca del B., in cui l'attenzione è posta sempre sulla famiglia Della Torre, ed il racconto degli avvenimenti termina, nella redazione conosciuta, con l'anno 1271, quando la fortuna dei Della Torre cominciò a vacillare. Anche l'introduzione del B. al Liber accenna significativamente al danno che sarebbe derivato alla sua opera, qualora fosse stato reso noto il nome dell'autore (col. 1) e non sembra si tratti dell'opportunità di mantenere, per modestia, l'anonimato.
È probabile che alcuni componenti la famiglia da Bussero siano emigrati in Friuli, al seguito di Raimondo Della Torre, eletto nel 1273 patriarca di Aquileia. Raimondo, al. quale era stato negato nel 1262 il seggio arcivescovile milanese concesso invece al potente avversario Ottone Visconti, rappresentava le ultime speranze della fazione guelfa nell'Italia settentrionale. Il suo insediamento nella sede aquileiese fu preceduto dall'invio in Friuli di numerosi parenti e familiari, mandati in loco allo scopo di spianare la via al neoeletto, soprattutto nei confronti del conte di Gorizia e della Repubblica di Venezia, e fu seguito, durante un cinquantennio, da un continuo affluire di altri congiunti, amici o aderenti, i quali cercavano nella terra veneta quelle fortune che il predominio visconteo negava loro in patria. Un da Bussero, infatti, Giuliano del fu Luzono, milanese, è documentato nel 1329 a Gemona, in qualità di familiare del capitano del luogo, Federico Della Torre.
Il B. fu prete di Rodello (oggi Rovello, presso Appiano: Liber, col.160 B, n. 182), ma oltre a ciò non si ha alcuna notizia sulla sua vita. Non si può essere d'accordo con il Monneret de Villard che ritiene sia stato predicatore, sulla base d'una espressione che il B. stesso usa nel Liber (col. 135 C, n. 156):"huius sancti Florentii est ecclesia in loco Trizinti de plebe sancti Iuliani, ubi multi vadunt in die eius, remedia poscentes, et ibi praedicatur...". Si sa per certo che viveva ancora nel marzo del 1289, perché in quel giorno celebrava la messa nell'ospizio di S. Martino a Milano e dell'ambiente prendeva le misure: "et mensuratus sum illud (sic) locum; ante altare pedes tantum quatuor et a meridie ad aquilonem octo", allo scopo di riferirne nel suo lavoro (Liber, col. 254 B, n. 280). Dopo questa data non si hanno più notizie del B.; questo ha indotto a collocare intorno a quell'anno la sua morte, ma la supposizione non è suffragata da alcun documento.
Il B. parla di altri suoi scritti in vari passi del Liber:cita un'opera in lode della Vergine (col. 265 A, n. 281); un Liber porte Ticinensis (col.144 c, n. 165) che tratta della chiesa di S. Genesio e parla degli attori dei quali il santo è il protettore; un Liber de omnibus ecclesiis Mediolani (col. 384 A, n. 422); e altri due lavori sulle porte Romana e Comacina, sempre in relazione alle chiese che vi si trovavano (col. 369 D, n. 399). Di essi però, così come sono indicati, non è rimasta traccia. Quello che è giunto fino a noi è il Liber notitiae sanctorum Mediolani, composto probabilmente verso la fine del sec. XIII, che fino all'edizione curata dal Magistretti e dal Monneret de Villard era stato sempre attribuito al B. e che sembra comprendere, almeno in parte, anche gli scritti succitati.
Il Liber è una delle opere più interessanti per la storia milanese che ci siano pervenute. Esso infatti, accanto alle vite dei martiri e dei santi, narrate con ricchezza di particolari e con intento edificatorio, contiene un elenco di tutte le chiese e altari, nonché delle reliquie e delle feste dei santi della diocesi di Milano e costituisce pertanto una preziosa fonte per la storia ecclesiastica e per quella civile. La ricchezza delle informazioni che vi sono contenute permette di ricostruire, attraverso la toponomastica e la descrizione delle singole chiese, il volto di Milano nel Duecento; di risalire, attraverso le dedicazioni, alle più antiche plebanie, seguendo così il cammino percorso dall'evangelizzazione, nonché di conoscere l'organizzazione della diocesi milanese tra Due e Trecento. Il Giulini ne aveva ben compreso l'importanza e lo usò infatti ampiamente nelle sue Memorie della città e campagna di Milano..., ma se si eccettua il Dozio e qualche altro, gli studiosi non l'hanno finora apprezzato nel suo pieno valore. Dal punto di vista storiografico, il Liber rappresenta inoltre un esempio non trascurabile, anche se un po' tardo, di quella mentalità, che già aveva dato vita alla cronachistica milanese del sec. XI, tendente a fondere, nella celebrazione della città, la storia della Chiesa ambrosiana e quella delle istituzioni civili.
Il momento di maggiore fortuna delle opere del B. fu il sec. XIV, quando Bonvesin de la Riva e Galvano Fiamma le conobbero ed usarono come fonti; poi, fino al Giulini, come s'è detto, vennero trascurate. Solo nel 1901 il Ratti rilevò che il manoscritto della Biblioteca Capitolare, nel quale era conservato il Liber, non era l'autografo, come si era sempre creduto; inoltre vi trovò alcune inesattezze che gli permisero di ritenerlo invece copia di amanuense della fine del sec. XIII-inizi XIV. Sulla scorta di queste indicazioni, il Momeret de Villard (Introd., pp. XVII, XXIV ss.) lo definì compilazione di ignoto, non colto, fatta con materiale probabilmente raccolto dal Bussero. Il Liber, tuttavia, può essere attribuito al B. anche se il testo originale è andato perduto, e l'opera ci è pervenuta in una redazione scorretta e in qualche punto incompleta.
L'altro lavoro del B., la Cronaca, che si credeva anch'essa perduta, ma che era stata spesso citata dal Fiamma, fu nel 1906 identificata da L. Grazioli con quella che Giulini chiama la "Cronachetta di Filippo da Castelseprio", e da lui edita sulla base dell'unico manoscritto conosciuto (cod. Trivulziano 1218, pp. 50 ss.). L'opera si presenta in forma di annali, basati sul martirio e sulla morte dei santi e comprende il periodo dall'anno 16 della fondazione di Roma al 1271 (con diversi spostamenti di date ed alcune omissioni). Può essere interessante osservare che in essa non viene mai fatto riferimento ad avvenimenti che riguardino i Visconti, ma soltanto i Della Torre e che non è ricordata l'elezione di Ottone Visconti alla cattedra arcivescovile di Milano, avvenuta nel 1262 (come accade in genere per gli altri presuli milanesi); inoltre, i membri della famiglia da Bussero vi sono citati quattro volte.
Fonti e Bibl.: Liber notitiae sanctorum Mediolani, a cura di M. Magistretti e U. Monneret de Villard, Milano 1917; L. Grazioli, La Cronaca di G. da B., in Arch. stor. lomb., s.4, V (1906), pp. 211 ss. (che reca l'edizione della Cronaca stessa); Regestum S. Mariae de Monte Vellate, a cura di C. Manaresi, in Regesta chartarum Italiae, Roma 1937, nn. 166 s., 171 s., 191, 213, 250, 315, 320, 359, 372 s.;F. Picinelli, Ateneo de' letterati milanesi, Milano 1670, pp. 372 s.; G. A. Sassi, Dissertatio apologetica ad vindicandam Mediolano corporum ss. Gervasii et Protasii martyrum antiquissimam possessionem, Milano 1708, p. 76; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Milano 1745, I-III, col.243; G. Giulini, Memorie della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, Milano 1760, III, p. 431; V, pp. 442 ss., 541 ss.; VI, p. 353; VII, pp. 40 ss., 62, 130, 195, 281, 355; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, Brescia 1763, II, 4, p. 2460; G. Dozio, Notizie di Vimercate e sua pieve, Milano 1853, p. 90; F. Predari, Bibliografia enciclopedica milanese, Milano 1857, pp. 508 s.; A. Ratti, Bolla arcivescovile milanese a Moncalieri ed una leggenda inedita di s. Gemolo di Ganna, in Arch. stor. lomb., s. 3, XV (1901), pp. 5-36; F. Savio, La cronaca di Filippo da Castelseprio, in Atti d. Accad. d. scienze di Torino, XLI (1905-1906), pp. 825 ss.; A. Battistella, I Lombardi in Friuli, in Arch. stor. lomb., s.4, XIV (1910), pp. 297-372. Sul B. e sul suo omonimo cfr. i luoghi della Storia di Milano, II-IV, VIII-IX, Milano1953-1966, raccolti in Indice, pp. 137 s.