GODESCALCO
Di lui non si hanno notizie fino al momento della sua assunzione all'incarico ducale beneventano nel 739-740. Viene menzionato da Paolo Diacono che ne rammenta il triennio di governo (così anche in Chronicon S. Benedicti Casinensis, p. 487, e in Catalogus regum Langob. et ducum Benevent., p. 494) in momenti di grande travaglio politico. La fredda narrazione dello storico longobardo nulla fa trasparire del clima di forti tensioni che precedettero e inaugurarono il breve ducato di Godescalco. I pochi cenni nell'Historia paolina - che laconicamente informa del matrimonio di G. con una non meglio identificata Anna - non approfondiscono l'argomento della nomina di G. quale immediato successore del defunto Gregorio (739-740 circa), nipote di Liutprando e fedele esecutore della politica del suo potente sovrano.
Quest'ultimo già intorno al terzo decennio del secolo aveva avuto modo di constatare non solo il progressivo distacco dei Ducati di Spoleto e di Benevento dal resto del Regno ma anche, ed era ciò che maggiormente importava, la sempre più accentuata autonomia dalla linea politica adottata dai duchi locali. I due forti Ducati meridionali osservavano allora una politica e delle alleanze indipendenti, che erano apertamente in contrasto con quelle attuate dalla corte pavese. Un avvicinamento alle posizioni del Papato e dei Bizantini si era reso evidente a tal punto che Liutprando, già dal 729, aveva chiesto e infine ottenuto - minacciando rappresaglie sugli ostaggi in suo potere - che i due duchi gli giurassero fedeltà e obbedienza. Nel corso degli anni Trenta, Liutprando si vide costretto - per la sicurezza del Regno e per proseguire nella decisa azione espansiva intrapresa ai danni dell'Esarcato e del Ducato romano cui si erano alleati i duchi Transamondo (II) di Spoleto e Romualdo (II) di Benevento - a intervenire nei loro confronti. Vennero infatti rispettivamente sostituiti da Ilderico e da Gregorio, entrambi devoti al sovrano.
Alla morte di Gregorio, duca di Benevento imposto da Liutprando in sostituzione di Audelahis, pervenne a tale incarico G., che proveniva da una fazione politica avversa a Liutprando e forse, come suppone la più aggiornata storiografia in merito, politicamente non distante dal partito che anni prima aveva eletto duca Audelahis. Si trattava probabilmente di una corrente di funzionari e cortigiani beneventani che rappresentavano una sorta di fazione locale, impermeabile alle intromissioni regie in un ambito territoriale e politico che da secoli aveva goduto di una certa autonomia dal Regnum. Contemporaneamente (739 circa), a Spoleto, Transamondo (II), con un fortunato colpo di mano reso possibile dal temporaneo allontanamento del sovrano, eliminò il duca liutprandino Ilderico tornando al potere. La rinnovata presenza, a Benevento e a Spoleto, di duchi longobardi contrari alle posizioni politiche di Liutprando faceva segnare un salto di qualità alla politica dei due Ducati sia per quel che concerneva la loro autonomia, che appariva una volta di più conclamata, sia riguardo all'alleanza con Papato e Bizantini.
I rapporti tra Gregorio III papa e G. erano eccellenti, come ci conferma una missiva papale al franco Carlo Martello databile al 740 (Codex Carolinus, n. 2 pp. 477 s., dove il pur chiarissimo riferimento a G. è implicito; cfr. anche Jaffé e Patr. Lat.). Il pontefice informava il potente maestro di palazzo austrasiano che G., l'alleato longobardo beneventano, come pure il suo omologo spoletino, non avrebbero aderito alle richieste liutprandine che prevedevano una loro collaborazione militare al fine di invadere il Ducato romano. D'altra parte non va dimenticato che Gregorio III era a conoscenza della delicata posizione diplomatica di Carlo Martello nei confronti di Liutprando il cui apporto, anni prima, nelle operazioni militari tese al contenimento dell'espansione musulmana e culminate con il ben noto scontro di Poitiers (732), era stato determinante per la vittoria del Pipinide. Quindi nel 740, la richiesta inoltrata da Gregorio III al maggiordomo d'Austrasia di procedere a un intervento armato immediato nei confronti di Liutprando non venne accolta (Codex Carolinus, n. 1 pp. 476 s.).
Nel 741 la neutralità di Carlo Martello, la debolezza e la confusione in cui versavano i Bizantini e i Romano-Italici e, in maniera determinante, la pericolosa alleanza tra il duca di Benevento, G., e quello di Spoleto, Transamondo (II), e dei Romano-Bizantini con loro, fecero decidere il re longobardo per una spedizione militare su larga scala.
Liutprando si trovava allora all'apogeo della sua potenza politica e militare e, proprio in quell'anno, in posizione vantaggiosa anche per la morte del suo principale antagonista, papa Gregorio III (verso la fine del 741). A quest'ultimo successe Zaccaria (inizi dicembre 741) che, conscio dell'estrema debolezza della coalizione di cui faceva parte, inaugurò una fase politica nuova, abbandonando le posizioni rigidamente antilongobarde del suo predecessore. Si trattava quindi di avviare un'azione diplomatica tesa a riconciliare il Papato con la corte di Pavia. Liutprando accolse benevolmente un'ambasciata pontificia che, per giungere a un compromesso che salvaguardasse il papa e il Ducato romano, proponeva un mutamento di indirizzo politico che risultava a dir poco dirompente per la coalizione di cui faceva parte Zaccaria. Il pontefice infatti, districandosi in modo spregiudicato dai legami diplomatici che fino a pochi mesi prima avevano unito Papato, Bizantini e Ducati longobardi di Spoleto e Benevento, non solo prendeva le distanze dall'esarca, ma anche - ed è ciò che più conta - da G. e da Transamondo (II), sconfessando la loro politica autonomistica. Zaccaria inoltre offriva a Liutprando la disponibilità delle milizie del Ducato romano per la spedizione punitiva, che si immaginava prossima, nei confronti dei duchi ribelli.
Le truppe liutprandine, coadiuvate nella retroguardia da un forte contingente di Longobardi friulani condotti dal duca Ratchis e da suo fratello Astolfo, mossero alla volta del Sud della penisola. Nonostante la resistenza opposta, nella boscaglia tra Fano e Fossombrone, al passaggio dell'esercito regio da truppe miste, formate da Bizantini, Romano-Italici e Longobardi spoletini, in breve l'armata liutprandina giunse vittoriosa a Spoleto. Il duca si sottomise e, fatto chierico, venne escluso dalla vita politica, mentre dal sovrano venne imposto quale nuovo duca un suo nipote, Agiprando (742). La rapida soluzione delle vicende spoletine consentì al re di dirigersi allora verso Benevento dove G., informato dell'imminente arrivo di Liutprando, tentò la fuga (Paolo Diacono). Solo sua moglie Anna, tuttavia, riuscì a porsi in salvo con tutti i loro beni raggiungendo Costantinopoli. G., in procinto di raggiungerla a bordo della nave che avrebbe dovuto condurli entrambi in "Grecia", venne raggiunto da milizie beneventane fedeli al giovane Gisulfo (II), il figlio dell'ormai defunto duca Romualdo (II) cui erano succeduti, in anni di rivolte e di crisi, prima Audelahis, e successivamente Gregorio, predecessore di Godescalco.
Gisulfo (II), nipote di Liutprando, ottenne proprio dal sovrano l'incarico ducale a seguito dell'eliminazione di G., sicuramente avvenuta nel 742, probabilmente dopo il febbraio, quando ancora G. appare in vita, secondo un documento beneventano (Bertolini, 1926, n. 48).
La morte di G. non pacificò il Ducato beneventano, che ancora per anni fu travagliato dalle lotte tra la fazione dei sostenitori del giovane duca Gisulfo (II), che a ragione è stata da Gasparri definita "legittimista", e quella dei fautori di Godescalco. Tale tensione traspare da una charta convenientiae beneventana del giugno 766 (Chronivon Vulturnense, ma cfr. Codice diplomatico longobardo). Il documento, relativo a una riconciliazione tra l'abate Giovanni (I) di S. Vincenzo al Volturno e il gastaldo Rodoaldo - costui in rappresentanza di altri soggetti - riguardo a possedimenti contesi a Isernia nel Molise, ci informa della donazione compiuta da G. di cospicui beni fondiari al monastero di S. Maria "in Ysernias" appunto, dove si era ritirata Anna, moglie di G., prima della drammatica fuga in Oriente. Quei beni, un tempo del monastero di S. Maria, e che al momento della morte di G. e dell'avvento di Gisulfo (II) facevano parte da tempo ("vivente ipso [il duca G.] et Anna": Cod. dipl. long., p. 365) del patrimonio del potente monastero di S. Vincenzo al Volturno, vennero spregiudicatamente confiscati da Gisulfo (II), che li distribuì "per singulis fidelibus suis" (ibid.). È importante infine sottolineare come proprio a partire dagli anni di governo di G. l'apparato burocratico e amministrativo del Ducato si sia venuto sviluppando in modo assai articolato con la precisazione dei compiti di non pochi funzionari quali il referendarius, il thesaurarius (o stolesaiz), il marphais e il vestararius.
Fonti e Bibl.: Chronica ducum Beneventanorum, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, III, Hannoverae 1839, p. 212; Annales Cavenses, ibid., p. 187; Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, a cura di G. Waitz - L. Bethmann, Ibid., Scriptores rerum Lang. et Italic. saec. VI-IX, ibid. 1878, p. 185 (l. VI, capp. 56-57); Chronica S. Benedicti Casinensis. Incipit cronica Langobardorum seu monachorum de monasterio Sanctissimi Benedicti, ibid., pp. 201, 480; Duces Beneventi, ibid., p. 487; Catalogus regum Langobardorum et ducum Beneventanorum, ibid., p. 494; Codex Carolinus, a cura di W. Gundlach, Ibid., Epistolae, III, 1, Merowingici et Karolini aevi, Berolini 1892, nn. 1 pp. 476 s., 2 pp. 477 s.; Gregorius III papa, Epistulae, in J.-P. Migne, Patr. Lat., XCIX, n. 5 col. 582; Ph. Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, I, a cura di S. Löwenfeld et al., Lipsiae 1885, n. 2244; A. Chroust, Untersuchungen über die langobardischen Königs - und Herzogs Urkunden, Graz 1888, nn. 14 s., 41; Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, a cura di V. Federici, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LVIII, Roma 1925, pp. 321-324 (I, 69); O. Bertolini, I documenti trascritti nel "Liber preceptorum Beneventani Monasterii S. Sophiae (Chronicon S. Sophiae)", in Studi di storia napoletana in onore di M. Schipa, Napoli 1926, nn. 47 s. p. 24; Codice diplomatico longobardo, a cura di L. Schiaparelli - C. Brühl, V, Le chartae dei Ducati di Spoleto e di Benevento, a cura di H. Zielinski, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXVI, Roma 1986, n. VII pp. 365, 367; F. Hirsch, Il Ducato di Benevento sino alla caduta del Regno longobardo, Torino 1890, passim; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, 2, Gotha 1903, pp. 97, 126, 146 e passim; O. Bertolini, I papi e le relazioni politiche di Roma con i Ducati longobardi di Spoleto e di Benevento, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, VI (1952), p. 44; Id., Carlomagno e Benevento, in Karl der Grosse. Lebenswerk und Nachleben, I, Düsseldorf 1965, p. 609; Id., Le relazioni politiche di Roma con i Ducati di Spoleto e di Benevento nel periodo del dominio longobardo, in Scritti scelti di storia medievale, II, Livorno 1968, pp. 687 s.; C. Brühl, Chronologie und Urkunden der Herzöge von Spoleto, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LI (1971), p. 21 e passim; S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, pp. 78, 93-96; P. Delogu, Il Regno longobardo, in P. Delogu - A. Guillou - G. Ortalli, Longobardi e Bizantini, Torino 1980, pp. 159-161; S. Gasparri, Il Ducato e il Principato di Benevento, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Napoli 1988, pp. 105 s.; H. Taviani-Carozzi, La Principauté lombarde de Salerne, I, Roma 1991, pp. 12, 19; O. Capitani, Storia dell'Italia medievale. 410-1216, Roma-Bari 1992, p. 65; J.M. Martin, La Pouille du VIe au XIIe siècle, Roma 1993, pp. 184, 195, 208, 221; J. Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino 1995, p. 92; T.F.X. Noble, La Repubblica di S. Pietro. Nascita dello Stato pontificio (680-825), Genova 1998, pp. 67, 71 s.; Enc. Italiana, XVII, p. 455.