Gnosi
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Lo gnosticismo delle origini nasce in epoca ellenistica e si sviluppa nei primi secoli dell’era cristiana come insieme di dottrine e tendenze composite ed eterogenee, anche molto dissimili tra loro, ma accomunate da una alcuni elementi ricorrenti: una visione del mondo improntata al dualismo, che considera l’universo il terreno dello scontro tra i due principi contrapposti del Bene e del Male, e una concezione dell’uomo che, prigioniero della realtà materiale, deve intraprendere un percorso di ritorno verso Dio attraverso la conoscenza superiore e il disprezzo della carne.
Nello stesso II secolo in cui prende inizio il misticismo ermetico fiorisce quel movimento detto gnosi. Nella tradizione del razionalismo greco gnosis significava vera conoscenza dell’essere, in contrapposizione alla semplice percezione (aisthesis) e alla doxa (“opinione”). Era su base discorsiva e dialettica. Ma nell’epoca che ci interessa il termine ha assunto gradatamente il senso di una conoscenza metarazionale, intuitiva, che non può essere raggiunta con le facoltà ordinarie della mente.
Lo gnosticismo è sorto nel II e III secolo dell’era cristiana come un insieme di dottrine che hanno dato luogo a diverse sette. Gli studiosi moderni hanno ipotizzato varie origini della gnosi, una origine greco-babilonese, una egiziana, una iranica e ogni possibile combinazione di queste tra di loro con elementi giudaico-cristiani. Di fatto lo gnosticismo è un prodotto del sincretismo di quei primi secoli dell’era cristiana. D’altra parte si deve tenere conto non solo della natura composita del movimento ma anche del fatto che per secoli gli unici documenti noti sugli gnostici erano dati dai riferimenti alle loro dottrine che apparivano in autori cristiani (e in qualche autore pagano come Plotino e Celso) che li confutavano.
Solo dopo il 1945 le nostre conoscenze sul pensiero gnostico si sono arricchite di fonti di prima mano. Si tratta dei papiri in copto, scoperti a Nag Hammadi e che, dopo varie vicissitudini, sono stati integralmente pubblicati in facsimile (The Facsimile Edition of Nag Hammadi Codices, Leiden: Brill, 1972-77 – questa fonte verrà sempre citata come NH). Sono 13 libri che contengono 53 scritti per un totale di 1153 pagine, di cui il 41 percento era del tutto sconosciuto (il resto ci era noto in altre versioni). I papiri risalgono al IV secolo, sulla base di originali greci del II o III secolo. Disponendo di questi testi si è ora in grado di conoscere meglio vari aspetti della gnosi del II secolo (cfr. Elaine Pages, I Vangeli gnostici, Mondadori, 1981).
Tra i principali pensatori dello gnosticismo citiamo Simon Mago, che appare per la prima volta negli Atti degli Apostoli (dalla sua offerta agli apostoli di pagare il loro segreto per operar miracoli nasce il termine di “simonia” come commercio di cose sacre); Basilide; Valentino, il cui pensiero risulta dalla fusione di tradizioni giudaico-cristiane con la gnosi detta sethiana; Carpocrate; Marcione; Bardesane di Edessa. Le singole teorie di questi maestri della gnosi differiscono talora fortemente tra loro. Inoltre tutti gli scritti gnostici che conosciamo (così come i loro riassunti da parte delle fonti secondarie) non sono di carattere filosofico-telogico, ma assumono la forma del mito. Questo rende molto difficile estrapolarne una teologia coerente. Il discorso mitico è per sua natura narrativo, traveste i concetti mediante immagini e non di rado uno stesso personaggio mitico può simboleggiare o allegorizzare concetti opposti, oppure concetti diversi vengono simbolizzati dallo stesso personaggio o entità.
In ogni caso si possono enucleare alcuni temi classici della gnosi delle origini.
Anzitutto, lo gnosticismo è essenzialmente una dottrina dualistica, che considera l’universo come teatro della battaglia di due principi opposti ed egualmente autonomi e potenti, il Bene e il Male. Tuttavia è stato osservato (cfr. Ioan Petru Culianu, Gnosticismo e pensiero moderno: Hans Jonas, L’Erma, 1958) che si deve distinguere un dualismo radicale (che pone i due principi come coeterni, di cui sarebbero esempi lo zoroastrismo, il manicheismo e il mandeismo, e alcune dottrine catare medievali) da un dualismo mitigato, dove il principio negativo insorge in un secondo momento, a causa di un incidente occorso durante la creazione, alla periferia del mondo divino (e alcune dottrine gnostiche apparterrebbero a questa seconda linea).
Tuttavia il dualismo gnostico è sempre caratterizzato dalla sua condanna del cosmo creato. Il cosmo gnostico mette in scena, come è stato detto, una burocrazia dell’invisibile. La pienezza della divinità, il Pleroma, è una complessa gerarchia di Eoni. Secondo Valentino questi esseri intermedi tra Dio e il creato si presentano in coppie, o Sigizie (disposte secondo una gerarchia decrescente che giunge sino alla materia), e in ciascuna coppia troviamo una dialettica tra principio maschile e principio femminile (come Abisso-Silenzio, Intelligenza-Verità, Verbo-Vita). Gli Eoni sono modelli eterni, di tipo platonico, che il cosmo imita imperfettamente.
Il mondo è stato creato per incidente. Secondo alcune correnti il processo creativo avviene per emanazione (come per i neoplatonici, dove l’emanazione è necessaria, in quanto l’Uno originale deve effondersi creando il cosmo, che di conseguenza non è cattivo perché altro non è che la divinità stessa che si propaga così come il calore si propaga da una fonte). Secondo altre correnti non era necessario che Dio creasse, e la creazione è frutto di un errore originario. In tal senso, nella cosmogonia gnostica anche il tempo è un difetto, una pallida imitazione dell’eternità.
Per molte correnti gnostiche la creazione abortiva del cosmo è opera del Demiurgo (che, presente nella gnosi valentiniana, è assente per esempio in Simon Mago). Secondo Ippolito il Demiurgo non era malvagio, ma inabile: “I marcosiani dicono che il Demiurgo voleva imitare la natura infinita, eterna, estranea a ogni limite, e a ogni tempo, dell’Ogdoade superiore, ma non ha saputo riprodurre la sua stabilità e perpetuità perché egli stesso era frutto di un difetto. Così per appressarsi alla eternità dell’Ogdoade ha fatto dei tempi e dei momenti, delle innumerevoli serie di anni, immaginandosi di imitare attraverso l’accumulazione dei tempi l’infinità dell’Ogdoade” (Philosophoumena, 6, 5, 55)
Ippolito non riferiva molto infedelmente, perché uno dei papiri di Nag Hammadi (NH, 3, 77, 3) dice: “Il cosmo è frutto di un errore. Poiché chi lo creò volle crearlo imperituro e immortale, ma commise un errore e non riuscì a raggiungere l’oggetto delle sue speranze”.
Per alcuni gnostici il Demiurgo è il falso dio onorato dagli ebrei, Sabaoth o Ildabaoth. Lo Jahveh ebraico appare allora come un semplice artefice, rozzo e ignorante. Questo spiega anche perché in genere gli gnostici rifiutavano il Vecchio Testamento (e una delle imprese dei Padri della Chiesa, per reagire alle eresie gnostiche, fu quella di riaffermare l’unità dei due Testamenti, il Vecchio e il Nuovo).
Il Demiurgo è di solito accompagnato da una serie senza fine di ipostasi negative, caricature degli Eoni del Pleroma, tipici rappresentanti di quelle divinità intermedie comuni a tutta la spiritualità del II secolo: Angeli, Arcangeli, Arconti, Tiranni, Forze, Scintille, Astri.
Ma per spiegare il dualismo cosmico (la luce divina contro le tenebre del mondo creato) molte dottrine gnostiche inseriscono un dualismo nel seno stesso della natura divina. Il principio dell’incidente cosmico, e dunque del male, risiedeva già nell’intimo stesso di Dio. Questa forma di dualismo radicale si oppone alla dottrina neoplatonica, dove il male e la tenebra sono effetto periferico della emanazione divina, la cui origine, l’Uno inaccessibile, è in sé pienezza, luce, bontà, e il mondo è cattivo nella misura in cui si allontana da Dio. Per lo gnosticismo, invece, il male non è un accidente, non è il nemico di Dio, è l’altra parte di Dio. La cosmogonia gnostica vede sovente la divinità come androgina, coppia che genera e produce attraverso le nozze sacre dei due sessi. In NH 13, 1 la Protoennoia, il primo pensiero del padre, proclama: “Io sono androgina (io sono insieme una madre) e un padre perché (ho rapporti) con me stessa”.
La Protennoia, o Ennoia, è la possibilità che il Padre ha di riflettere su se stesso. Ma questo principio di stabilità è al tempo stesso principio di turbamento, perché il principio femminile, si chiami esso Ennoia o Sophia (Sapienza), turba la stabilità del Padre e lo spinge alla creazione. Nel produrre la creazione, la Ennoia depaupera la sostanza divina. Causa della creatività, essa è anche causa dell’errore cosmico e in definitiva del male.
Se Sophia è una eco della Sapienza biblica, si dà qui il caso che la Sapienza Divina sia diventata causa ed espressione della defettibilità divina.
Sophia, commettendo l’errore di dar vita al cosmo senza unirsi al suo sposo, produce un mondo di cui rimane prigioniera. Gli angeli, gelosi e innamorati di lei, l’hanno trattenuta in un corpo femminile (che subisce durante i secoli diverse reincarnazioni), facendole subire tutti gli oltraggi. Ma, al tempo stesso, di questo mondo è l’Anima, e il principio di salvezza, se riuscirà a liberarsi dalla tirannia degli angeli. In un certo senso la possibile redenzione di Sophia è parallela, come vedremo, alla possibile rendenzione dell’uomo.
Come principio di fecondità, Sophia rappresenta un principio ambiguo, vergine da un lato, e dall’altro principio generativo e, in certe versioni, prostituta sacra.
Prodotto della caduta originaria, l’uomo dello gnosticismo vive esiliato nel mondo, vittima della sua miseria. Esso è vittima del corpo, definito a varie riprese come tomba, prigione, intruso, avversario. Esistere è un male, l’universo è radicalmente cattivo, il tempo e la storia sono una prigione. Lo gnostico capisce che egli non è di questo mondo ma che, come la Sophia, è una scintilla della divinità che si trova provvisoriamente, a causa di un incidente cosmico, in esilio. L’uomo deve dunque tornare a Dio, e così facendo non solo si ricongiungerà col suo principio ma contribuirà a rigenerarlo, a purificarlo dell’errore originario.
Così, benché prigioniero di un mondo malato, l’uomo dello gnosticismo è l’agente della rigenerazione divina. La divinità può ricomporre la frattura iniziale solo grazie alla collaborazione dell’uomo. Ma la salvezza dell’uomo non si attua attraverso le opere, bensì attraverso la conoscenza superiore. Gli uomini sono divisi in ilici, legati alla materia, senza speranza di salvezza, psichici (per alcune correnti sarebbero i cristiani) e pneumatici, gli unici che possono aspirare alla reintegrazione nel divino attraverso la conoscenza. Lo gnosticismo è aristocratico: si salveranno solo i Perfetti.
Vittima del mondo, l’uomo per reintegrarsi deve odiarne la natura materiale. È fondamentale nello gnosticismo il disprezzo della carne e della stessa attività riproduttiva. Questi elementi si ritroveranno in movimenti gnostici posteriori come il catarismo, dove addirittura il disprezzo della carne porta al suicidio rituale (endura).
Il disprezzo della carne e del mondo raggiungeva in alcune correnti gnostiche forme paradossali. Per Carpocrate l’uomo, per liberarsi dalla tirannia degli angeli, signori del cosmo, deve perpetrare tutte le ignominie possibili. Deve cioè passare attraverso tutte le esperienze carnali. Questo atteggiamento è talora confortato da un’altra persuasione: nella misura in cui ottiene la rivelazione, il pneumatico, il perfetto, viene a trovarsi al di là del bene e del male. Il pneumatico che si sa salvo può dedicarsi a ogni licenza, perché ormai umilia il corpo, che deve distruggere, ma non la sua anima, che è già salva. Il presunto libertinaggio gnostico è controverso, perché molte delle notizie sull’immoralismo gnostico sono fornite dagli apologisti cristiani che avevano interesse a presentare i loro avversari come perversi, e nella storia dell’eresiologia abbondano le descrizioni di riti immondi attribuiti a diverse sette ereticali, tutti a sfondo orgiastico. Ogni volta che la Chiesa ha cercato di condannare un movimento gli ha attribuito i riti libertini che i primi padri apologisti attribuivano agli gnostici.
I fermenti dello gnosticismo circolano in altre dottrine, nelle quali si può indubbiamente individuare il richiamo a una gnosi, anche se non a tutte le idee dello gnosticismo classico. Sono a sfondo gnostico varie eresie dualistiche, prima tra tutte il manicheismo, predicato in Persia da Mani (III secolo). Per il manicheismo il bene e il male operano nella realtà come due principi distinti, Luce e Tenebre. Il mondo è effetto del principio negativo. La morale manichea prevede una restaurazione dell’io divino attraverso il disprezzo della carne, della procreazione, del matrimonio e speciali pratiche ascetiche (distinzione tra auditori e eletti). Nei secoli seguenti nasceranno varie sette a sfondo manicheo (con differenziazioni tra dualisti e monarchici o monarchiani, e con nomi imprecisi, dove non è chiaro se la tradizione chiami con lo stesso termine gruppi diversi o viceversa: Messaliani, Stratiotici, Fibioniti, Borboriti... Non è neppure chiaro quali siano di origine gnostica, quali di origine manichea, quali di natura sincretica.
Notizie più precise abbiamo sui Pauliciani, che nascono in Armenia e raggiungono grande diffusione e potenza, si installano principalmente in Asia Minore ma passano in diversi momenti in territorio musulmano e bizantino. I Pauliciani sostengono un dualismo radicale, rifiutano l’Antico Testamento e il dio degli ebrei, asseriscono che la salvezza è dovuta a un Cristo spirituale che non ha subito l’incarnazione (è passato attraverso la Vergine “come attraverso un tubo”) e la cui crocifissione è stata apparente. Nasce con ogni probabilità in questo ambiente il disprezzo della croce come strumento infame di tortura – e per questo molti gruppi dualisti successivi, sino al Medioevo, saranno accusati di disprezzare il crocifisso.
Probabilmente sotto l’influenza pauliciana si affermerà nel X secolo la predicazione del prete Bogomil in Bulgaria, che conquisterà le masse diseredate dei contadini slavi oppressi dai conquistatori bulgari. Anche i bogomili si richiamavano a un pessimismo dualistico, disprezzavano la croce, rifiutavano l’incarnazione e la passione, predicavano il rifiuto del mondo, delle ricchezze, della procreazione.
Il resto appartiene alla storia delle sette ereticali del Medioevo, come i patarini e i catari.