glioblastoma
Tumore del sistema nervoso facente parte del gruppo dei gliomi. Il g., che è la più maligna fra le neoplasie gliali, ha un’incidenza di 2÷3 casi su 100.000 persone. Può essere secondario, e quindi svilupparsi da un astrocitoma diffuso o anaplastico, o manifestarsi come primario.
Si presenta preferenzialmente in età adulta (50÷70 anni) e si localizza soprattutto negli emisferi cerebrali, spesso nelle aree fronto-temporali, infiltrandosi diffusamente nella sostanza nervosa circostante. Le cellule gliali tumorali sono astrociti scarsamente differenziati, morfologicamente irregolari, con atipie nucleari e un fenotipo a cellule giganti nei g. secondari, e un fenotipo a piccole cellule nei g. primari.
Si è fatta strada l’ipotesi che i g. possano prendere origine dalle cellule staminali neuronali, in quanto si è scoperto che all’interno della popolazione di cellule gliali neoplastiche è presente una componente cellulare con caratteristiche sovrapponibili alle cellule staminali nervose, tali da individuare una componente staminale tumorale cerebrale e una componente tumorale cerebrale. Le cellule tumorali astrocitiche staminali permettono al g. di espandersi velocemente e diffusamente. I g. secondari, associati alla mutazione del gene TP53 (➔ glioma), compaiono in età più giovane, ma sono anche più rari. I g. primari presentano l’amplificazione del gene EGFR e la mutazione del gene oncosoppressore PTEN, compaiono in tarda età e sono molto frequenti e maligni.
I sintomi e i segni di presentazione, come per tutti i gliomi, dipendono dalla localizzazione, e sono: aumento della pressione endocranica, deficit motori e della sensibilità, disturbi cognitivi e psichici e infine epilessia.
La terapia del g. è resa difficile da diversi fattori: notevole resistenza delle cellule tumorali ai chemioterapici; ridotte capacità di autoriparazione dei tessuti cerebrali; ostacolo della barriera emato-encefalica alla permeabilità dei farmaci. In partic., la chemioterapia consiste nella somministrazione della temozolomide, una molecola che attraversa la barriera emato-encefalica, sia prima che durante la radioterapia e comunque dopo la chirurgia quando praticabile. La temozolomide sensibilizza le cellule tumorali alla terapia radiante, determinando un incremento della sopravvivenza con una tossicità generale non eccessiva. Senza nessun tipo di trattamento la morte sopravviene entro tre mesi, con l’approccio combinato fra chemioterapia e radioterapia circa 1 su 20 pazienti affetti da g. sopravvive per più di tre anni.