glifosato
s. m. Prodotto chimico usato come erbicida, divenuto di libera produzione nel 2001, dal 2015 dichiarato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms potenziale cancerogeno per l’uomo.
• La produzione agricola della soia transgenica con le sue monocolture e l’utilizzo intensivo di prodotti chimici come il glifosato hanno provocato la distruzione dell’economia familiare e regionale generando malformazioni genetiche negli esseri umani e negli animali. (Adolfo Pérez Esquivel, Unità, 18 novembre 2009, p. 33, Esteri) • Questo diritto è fondamentale per il benessere di un popolo, quel benessere che non si misura con il Pil ma con strumenti ben più accurati e ‒ lasciatemelo dire ‒ scientifici: si misura andando a rilevare la quantità di glifosato presente nelle acque di falda, si misura monitorando le incidenze di determinati tipi di tumori, si misura rilevando le competenze alimentari diffuse tra le giovani generazioni, si misura in termini di identità, quella stessa identità che rende così economicamente rilevante il nostro made in Italy, il quale ‒ e parlo da gastronomo ‒ non si valuta all’atto della vendita o della degustazione, non inizia quando ci si siede a tavola davanti a un piatto. (Carlo Petrini, Repubblica, 5 ottobre 2014, p. 25, Cronaca) • il glifosato è al centro di una diatriba tra l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro di ricerca sul cancro (lare) dell’Oms. Per l’Efsa, infatti, la cancerogenicità del glifosato non è verificata dal punto di vista scientifico; al contrario, i ricercatori dell’Oms hanno definito il glifosato «probabilmente cancerogeno per l’uomo». (Andrea Zaghi, Avvenire, 8 marzo 2016, p. 18, Economia & Lavoro).
- Adattato dall’ingl. glyphosate.
- Già attestato nella Stampa del 28 dicembre 1986, p. 22, Cuneo e Provincia (Rusticus).