GIUSTO da Urbino (al secolo Jacopo Curtopassi o Cortopassi)
Nacque a Matraia, presso Lucca, il 30 ag. 1814 da Giuseppe e da Teresa Scolastica Guidi. Aveva appena sedici anni quando, profondamente turbato dalla morte della giovane che amava, decise di entrare nell'Ordine dei frati minori cappuccini con l'aiuto dello zio, Francesco da Urbino, provinciale dell'Ordine nelle Marche. Presi i voti solenni il 28 ag. 1832, fu destinato prima a Cagli e poi a Urbania; insegnò anche filosofia a Pesaro. Nella sua attività di predicatore conobbe la famiglia di Costantino Nascimbeni di Piobbico. Trasferito a Fossombrone, avviò col Nascimbeni un carteggio che mantenne fino alla morte e che costituisce fonte preziosa per ricostruire la sua vita.
Nel 1845 G. chiese di essere adibito alle missioni e fu trasferito a Roma presso Giusto Recanati da Camerino (poi cardinale), già suo superiore al noviziato di Cingoli e suo mentore per tutta la vita. Qui si mostrò assai versato nelle lingue (francese e arabo) che studiava presso le scuole di Propaganda Fide. Rifiutatosi di partire per l'India, venne prescelto per la missione del vescovo G. Massaia, vicario apostolico per il territorio dei Galla nell'Africa orientale.
Partiti da Civitavecchia il 14 maggio 1846, i missionari arrivarono in incognito, vestiti all'orientale con barba e capelli lunghi, ad Alessandria e poi al Cairo, dove incontrarono il vescovo lazzarista G. De Jacobis e A. d'Abbadie, viaggiatore e studioso dell'Africa orientale, promotore della missione. Giunti nell'Agamè, il Massaia fu scoperto e costretto a tornare a Massaua, circostanza di cui G. accusò, sembra a torto, l'Abbadie. Secondo Massaia, G. era di carattere difficile, chiuso verso i confratelli e poco assiduo nello svolgere le mansioni religiose.
Stabilitosi nel monastero di Tadbaba Mariam, G. raggiunse presto una notevole perizia nella lingua etiope parlata (amarica) e letteraria (ge'ez), grazie alla frequentazione di letterati locali ("deftari") e a una intensa attività di studio che il Massaia accettò ritenendola comunque utile alle missioni. Deluso dagli avvenimenti del 1848 e dal fallimento politico di V. Gioberti per il quale anni prima si era entusiasmato, ma anche critico verso G. Mazzini, G. si legò ancor più all'Abissinia, ormai sua patria d'adozione. Nel 1851 l'opposizione violenta del clero abissino contro i cattolici lo colpì molto inducendolo a trasferirsi preso il monastero di Bietlehem. In un incontro con il Massaia a Yifag respinse le offerte di recarsi nel territorio dei Galla, continuando lo studio delle lingue e fungendo anche da intermediario fra il suo superiore e A. d'Abbadie. Aderendo a un invito del Massaia, tradusse nelle lingue ge'ez e amarica il libro di F. Bourgade, Les soirées de Carthage (Parigi 1847: dialogo tra un "muftì", un "cadì" e un missionario), mentre nel 1854 rifiutò risolutamente la carica di vescovo coadiutore, per la cui attribuzione il Massaia aveva fatto pressioni sulla congregazione di Propaganda Fide.
In questi anni G. redasse la grammatica ge'ez e anche alcune composizioni poetiche e studi sulla prosodia, nonché il dizionario etiopico-francese-amarico, elaborato anche sulla base di informazioni di prima mano fornite dai letterati locali e affidato poi all'Abbadie per la pubblicazione ed eventuali ampliamenti (lo studioso francese lo utilizzò nel suo Dictionnaire de la langue amariñña, Paris 1885). Del dizionario (di cui curò anche un'incompleta versione latina) G. voleva fare soprattutto uno strumento a uso dei viaggiatori, affiancando a ogni vocabolo ge'ez la versione francese e la parola corrispondente in amarico.
Sembra che, a partire dal 1850 circa, G. fosse intenzionato - in seguito a una crisi spirituale - a trasferirsi in Francia per dedicarsi agli studi linguistici presso l'Abbadie. In questi anni si collocano il reperimento e la trascrizione (ovvero la redazione, sulla quale non vi è però prova decisiva) da parte di G. delle due opere in ge'ez Hatatā Zar'a Yà'qob e Hatatā Walda Heywat, trattati nei quali si criticano le religioni cristiana, ebraica e musulmana esaltando una religione razionalista di tipo deista e richiamandosi a valori fondamentali di unione tra gli uomini.
Una discussione scientifica ancora aperta si agita intorno al fatto se tali trattati siano stati effettivamente scritti nel XVII secolo da Zar'a Yā'qob e dal suo discepolo Walda Heywat, dunque facenti parte del patrimonio culturale etiope, oppure siano stati redatti nell'antica lingua ge'ez proprio da G. nel periodo di crisi spirituale di questi anni. Nel contesto di questa seconda ipotesi gli studiosi si interrogano se G. abbia così inteso dare espressione sotto mentite spoglie alla sua crisi religiosa, oppure se vi fosse, da parte sua, il tentativo di proporre un'integrazione della tradizione etiopica con valori di promozione civile e nazionale nel quadro di una religione meno formalistica e più attenta alle esigenze dei popoli.
Nel 1855 il nuovo re Teodoro II, influenzato dall'abuna Salama, scatenò una violenta repressione anticattolica che il 26 aprile portò all'espulsione di Giusto. Questi, arrivato al Cairo, il 2 agosto inviò a Propaganda Fide un piano di soccorso per il Massaia, il quale intanto, ritenendolo in viaggio per l'Italia, gli proponeva di fungere da suo rappresentante sia in Egitto, sia presso la Curia romana. G. decise però di tornare alle missioni: un articolo da lui scritto e pubblicato al Cairo contro l'abuna Salama e Teodoro II dimostrava come egli fosse addentro alle vicende politico-religiose dell'Etiopia (Vicende politiche e religiose in Abissinia dopo il 1852, in Spettatore egiziano [Il Cairo], 29 gennaio, 8 e 18 febbr. 1856).
Partito nell'aprile 1856 e colpito dalle febbri durante il viaggio verso il Sudan, morì a Kharṭūm il 22 nov. 1856. All'oscuro del fatto, il Massaia gli scriveva ancora il 1° genn. 1857 proponendogli di collaborare alla missione dall'Italia.
Se le qualità di linguista di G. hanno ricevuto apprezzamenti unanimi, più controversa è la valutazione sulla sua personalità e sul suo carattere di religioso. La sua concezione missionaria, senza sottrarsi all'inquadramento nella Chiesa, sembra spingerlo, più che alla trasmissione di una fede assoluta, a un confronto di natura intellettuale tra culture diverse che giustifica il suo interesse per le lingue, le tradizioni e anche le vicende politiche dell'Etiopia.
Fonti e Bibl.: I manoscritti di G. si conservano in Francia, spediti dal missionario A. d'Abbadie, e a Roma, in seguito al loro recupero ordinato da Propaganda Fide dopo la denuncia, presentata poco tempo dopo la morte di G., sulla presunta redazione degli Hatatā da parte del cappuccino. Di grande interesse sono i carteggi con i corrispondenti in Europa (in particolare il Nascimbeni e l'Abbadie), utili sia alla ricostruzione biografica e psicologica, sia come fonti geo-etnografiche e politico-militari sull'Etiopia. Le sue opere linguistiche e letterarie sono state pubblicate o analizzate dagli studiosi, in particolare C. Conti Rossini, S. Grébaut e J. Simon, rispettivamente sul Journal asiatique (1912-15), su Aethiops, poi Aethiopica (1931-36), e su Orientalia (1936-37).
I manoscritti sono conservati a Parigi, Bibliothèque nationale, Collection d'Abbadie e Nouvelles acquisitions françaises, n. 23852 (carteggio con A. d'Abbadie); Roma, Biblioteca nazionale, Fondo Sapeto; Ibid., Biblioteca della Soc. geografica italiana, Dizionario etiopico-latino (manoscritto); Ibid., Arch. stor. dei cappuccini, serie H.44, IV (carteggio con Giusto Recanati da Camerino); Ibid., Arch. stor. della Congregazione di Propaganda Fide, Congressi, Africa Centrale Etiopia, voll. 4 (1841-47), 5 (1848-57), e 6 (1858-60); e Congressi, Egitto, vol. 19 (1854-61); Biblioteca apost. Vaticana, Mss. Vaticani Etiopi, 165; Lucca, Arch. stor. dei Cappuccini di Monte San Quirico, sez. XVII (carteggio con la sorella).
G. Massaia, Lettere e scritti minori, I-II, a cura di A. Rosso, Roma 1978, ad indicem; Id., Memorie stor. del vicariato apostolico dei Galla 1845-1880 (manoscritto autografo vaticano), a cura di A. Rosso, I-II, Città del Vaticano 1984; A. Guerra, I missionari lucchesi nei paesi barbari, in Atti dell'Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti, XXVI (1893), pp. 274 s., 277 ss.; F. Tarducci, Il padre G. da U. missionario in Abissinia e le esplorazioni africane, Bologna 1899 (frontespizio interno: Faenza 1899, con ritratto di G. a opera di G. Gulmanelli; il volume utilizza ampiamente il carteggio con Nascimbeni); E. Littmann, Philosophi Abessini, in Corpus scriptorum christianorum orientalium. Scriptores Aethiopici, s. 1, XXXI, Parisiis-Lipsiae 1904 (edizione degli Hatatā); G. Sforza, Un lucchese compagno del p. G. Massaia in Africa (1846-1856), in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, cl. di scienze morali e filol., s. 2, LXIV (1914), pp. 1-24; C. Conti Rossini, Lo Hatatā Zar'a Yā'kobe il padre G. da U., in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, cl. di scienze morali, stor. e filol., s. 5, XXIX (1920), 1-3, pp. 213-223; E. Mittwoch, Die amharische Version des Soirées de Carthage. Mit einer Einleitung: die angeblichen abessinischen Philosophen des 17. Jahrhunderts, Berlin-Leipzig 1934; J. Simon, Le Hatata Zar'a Yā'kob et le Hatatā Walda Heywat, in Orientalia. Commentarii periodici Pontificii Instituti biblici, V (1936), pp. 93-101; S. Grébaut, Supplément au Lexicon linguae Aethiopicae de August Dillmann (1865) et édition du lexique de Juste d'Urbin (1850-1855), Paris 1952; R. Schneider, Complément du lexique de Juste d'Urbin, ibid., pp. 399-443; L. Ricci, Le ultime fortune di G. da U., in A Francesco Gabrieli. Studi orientalistici offerti nel sessantesimo compleanno dai suoi colleghi e discepoli, Roma 1964, pp. 225-241; C. Sumner, The treatise of Zar´a Ya`eqob and of Walda Heywat. Text and authorship, I-II, Addis Abeba 1976-78; N. Trozzi, Lo Hatata Zar'a Yaikob We-Walda Hiywat e padre G. da U., Chieti 1986 (con bibl. sulla questione degli Hatatā); Id., Il padre G. da U. e l'ascesa di Teodoro II al trono di Etiopia, in Africa, XLIII (1988), 2, pp. 213-230; Id., Motivi geografici nella corrispondenza di padre G. da U., in Riv. geografica italiana, CI (1994), 4, pp. 633-641. Tra i repertori e le bibliografie: S. Zanutto, Bibliografia etiopica. In continuazione alla "Bibliografia etiopica" di G. Fumagalli. Secondo contributo: manoscritti etiopici, Roma 1932, pp. 41, 85 s.; S. Grébaut - E. Tisserant, Codices Aethiopici Vaticani et Borgiani, Barberinianus orientalis 2, Rossianus 865, I, Enarratio codicum, Città del Vaticano 1935, pp. 613 ss.; Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 891 s.; W. Leslau, An annotated bibliography of the semitic languages of Ethiopia, London-The Hague-Paris 1965, ad indicem; Enc. Italiana, XVII, p. 399; Enc. cattolica, VI, sub voce.