BELEGNO, Giusto Antonio
Figlio di Alvise, nacque a Venezia nel 1567. Trascorse gran parte della giovinezza e della maturità nella marina della Repubblica, caso ormai non più tanto frequente tra il patriziato della Serenissima, in un'epoca che vedeva l'egemonia veneziana sul Golfo fortemente insidiata e sempre più indebolite le capacità competitive della Repubblica di fronte a ben più agguerriti concorrenti. Prima sopracomito, poi provveditore all'Arsenale, il B. fu, tra l'inizio del 1602 e quello del 1603, capitano contro gli Uscocchi (a lui è indirizzata una manoscritta Relatione de' successi di Segna 1601 e 1602 et della morte del commissario Rabatta, conservata nella Bibl. Naz. Marciana di Venezia, cod. Ital., cl. VII, LXV [=6210]). Governatore dei condannati tra il febbraio 1603 e il settembre 1605, recò nel 1604, nella sua galera, il bailo Ottaviano Bon e l'ambasciatore straordinario alla Porta Giovanni Mocenigo, incaricato di congratularsi col sultano Ahmed I per la recente assunzione al trono; condotti al capo Sigeo, i due proseguirono poi sino a Costàntinopoli su una imbarcazione turca. Nel 1605 il B. fu tra i 41 elettori del doge Leonardo Donà. Nominato nel 1606 governatore di galera sottile e poi di galera grossa, il Senato gli diede il comando di una delle tre galeazze fatte armare e poste sotto la direzione di Lorenzo Venier in occasione dell'acutizzarsi della tensione con Roma.
Tra il gennaio del 1607 e l'inizio del 1608 fu commissario permanente presso l'armata, carica istituita dal Senato alla fine del 1602 per ovviare al disservizio amministrativo e specialmente ai sistematici ritardi nella consegna delle paghe, da cui derivava il grave scontento degli equipaggi. Tra l'agosto del 1608 e l'inizio del 1609 egli fu il capitano di un grosso galeone dotato di parecchi pezzi d'artiglieria, alla cui costruzione il Senato era stato indotto dalla speranza che, colla sua potenzialità distruttiva, sarebbe valso a rintuzzare le audaci scorrerie dei corsari - specie degli Uscocchi - che apportavano ai commerci di Venezia sul mare danni incalcolabili. Con esso il B. scortò le navi che recavano mercanzie in Levante; e la sua protezione doveva esser ritenuta utile anche dai Turchi dal momento che, quando il galeone, sorpreso da una tempesta presso Mitilene, perse una ancora, il sultano Ahmed ne fece donare un'altra di grande peso e valore. Il galcone però si rivelò presto inadatto per la sua stessa mole agli imprevisti della guerra di corsa e il B. non poté ottenere alcun consistente risultato contro i pirati.
Tornato a Venezia, il B. fu capo del Consiglio dei Dieci nel 1611 e consigliere per il sestiere di S. Marco nel 1613. Breve parentesi a terra, poiché ben presto gli venne riassegnato un comando sul mare: provveditor d'Armata nel 1615-16, si distinse durante il conflitto gradiscano per una caccia spietata agli Uscocchi e per azioni contro gli Arciducali, quali le devastazioni arrecate al litorale istriano, la distruzione delle saline e dei depositi di sale presso Trieste, il cannoneggiamento. del castello di Duino, di cui fu demolito un torrione, e il contemporaneo saccheggio delle vicine località. Provveditor generale in Dalmazia nel 1617, ebbe, tra il marzo e il giugno, il temporaneo comando supremo della flotta coll'incarico di fronteggiare e ribattere le provocazioni della squadra navale spagnola inviata nell'Adriatico dal vicerè: di Napoli, duca di Ossuna: ma fiacca e incerta apparve la sua azione, né gli mancarono larvati rimproveri da parte del Senato, che affidò poi la direzione della flotta a Giacomo Zane. Tuttavia, anche durante il breve periodo del maldestro comando di quest'ultimo, l'influenza del B. continuò a farsi sentire, e non certo positivamente suggeriva infatti al già di per sé indeciso Zane una tattica dilatoria e temporeggiatrice, del tutto opposta a quella energica ed impetuosa propugnata da Lorenzo Venier, con cui il B. si era trovato spesso in contrasto e al quale infine il Senato deliberò, il 24 luglio 1617, d'assegnare il comando supremo.
Nel 1621-22 il B. svolse le importanti funzioni di provveditor generale in Dalmazia, Golfo e isole di Levante; di nuovo a Venezia, nel 1624 le principali casate della città - specie Correr, Priuli, Morosini, Contarini - lo contrapposero, per la nomina a consigliere, a Renier Zeno, del quale temevano le velleità innovatrici. Membro del Consiglio dei Dieci nel 1626, ne divenne capo l'anno dopo; nel 1628 fu nominato procuratore de citra di S. Marco.
Morì a Venezia nel 1634.
Fonti e Bibl.: Nel Civico Museo Correr di Venezia, P.D. 576 CIXL, è custodito un Compendio delle terminationi pubbliche delB. durante il suo provveditorato in Dalmazia nel 1621-22, comprendente anche l'indicazione di quelle emesse durante il precedente esercizio di questa carica nel 1617; sempre nel Civico Museo Correr v. cod. Cicogna 2889, G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, cc. 89r, 91 rv; ibid., cod. misc.2856, Viaggio per acqua alla S. Casadi Loreto, p. 11; ibid., cod. misc. Cicogna 3558, S. Querini, Raccolta di alcune cose particolarmente osservate nel viaggio del Tenedo, p. 2; ibid., cod. Cicogna 3762, G. A. Venier, Storia delle rivolutioni seguite, nel governo della repubblica di Venezia et della institutione dell'ecc. cons. di X sino alla sua regolatione del 1628, pp. 93, 97, 136; Ibid., cod. Cicogna 1495, Relatione delli moti interni della Repubblica dal 1616 al 1630, p. 69; Ibid., cod. Cicogna 3525, G. P. Gasperi, Catalogo della biblioteca veneta, I, p. 111; Archivio di Stato di Venezia, Senato Secreta, Lettere provveditori da terra e da mar e altre cariche, 437, 438, 439, 933, 934, 1208, 1209, 1245, 1328, 1329, 1395; Ibid., Senato Secreta, Relazioni, 55, 66; Venezia, Bibl. Naz. Marc., cod. Ital., cl.,VII, DCCCCXXV (8594), M. Barbaro, Genealogie delle famiglie Patrizie venete, I, p. 105 v; ibid., cod. Ital., cl. VII, 8304 (XV), G. A. Cavellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, pp. 134 v, 135 r; N. Crasso, Elogia patritiorum venetorum, Venetiis 1615, p. 88; F. Moisesso, Della guerra del Friuli, II, Venetia 1623, p. 146; P. Emigliani, Guerre d'Italia tra la repubblica di Venetia e gli Arciducali di casa d'Austria e tra Filippo III re di Spagna e Carlo Emanuele duca di Savoia, Paistorf s. d., pp. 10, 15, 22, 36, 37, 43 s., 49, 56, 57; P. G. Capriata, Historia, I, Genova-Torino 1640, pp. 423, 428, 436; G. P. de Crescenzi Romani, Corona della nobiltà d'Italia, II, Bologna 1642, p. 186; G. Fiorelli, Detti e fatti memorabili del Senato e patritii veneti, Venezia 1672, p. 129; A. Gnirs, Österreichs Kampf für sein Sand am Isonzo (1615-1617).Wien 1916, p. 155; A. Battistella, Una campagna navalo-veneto-spagnuola in Adriatico poco conosciuta, in Arch. veneto-tridentino, II (1922), passim e III (1923), p. 68 n. 1; Id., Un diario navale venez sulla campagna veneto-spagnola del 1617-18, in Arch. Ven., s. 5, IV (1028), pp. 145, 150, 152, 153; A. Zanelli, Le relazioni tra Venezia e Urbano III durante la nunziatura di mons. Gio. Agucchia (1624-1631), in Arch. ven., s. 5, XVI (1934), p. 195; M. Nani Mocenigo, Storia della marina veneziana da Lepanto alla caduta della Repubblica, Roma 1935, pp. 102, 103, 104. 105, 106, 107, 108, 121; R. Quazza, Preponderanze straniere, Milano 1938, p. 135; A. Tenenti, Venezia e i corsarì, Bari 1961, passim.