UGONIA, Giuseppe
– Nacque a Faenza il 25 luglio 1881 da Angelo, stradino comunale, e da Anna Tozzi, casalinga (Giuseppe Ugonia..., 1994, p. 141).
Nella città natale, compiuti gli studi elementari, frequentò la Scuola di arti e mestieri, dove ebbe come maestro Antonio Berti e strinse amicizia con Domenico Baccarini, suo compagno di corsi. Contemporaneamente iniziò a lavorare come garzone nella litografia di Pellegrino Morgagni. Nel 1904 s’iscrisse all’Accademia di belle arti di Bologna, diplomandosi nel luglio del 1908. Durante gli anni trascorsi nel capoluogo felsineo per approfondire la conoscenza delle tecniche calcografiche trovò impiego come apprendista presso la litografia Comellini.
Nel 1909 si stabilì a Brisighella (Ravenna), paese d’origine dei suoi genitori, dove il sindaco Francesco Bracchini gli affidò l’incarico d’insegnante nella Scuola comunale di disegno per arti e mestieri, che era stata appena istituita.
Nel 1910 avviò la sua attività espositiva partecipando alla mostra dell’Associazione internazionale tra i giovani artisti Bernardo Celentano a Napoli, e l’anno successivo presentò alcune litografie, tra le quali La strada, La rocca, L’olmo e la vite (tutte conservate presso il Museo Ugonia di Brisighella e riprodotte in Giuseppe Ugonia, 1994, pp. 46, 50, 52) alla V Mostra d’arte di Faenza.
Nel 1912 acquistò un torchio e iniziò a stampare da sé le proprie opere nello studio ricavato in alcuni ambienti della sua casa, villa S. Anna, ubicata nel parco di villa Ginanni-Fantuzzi (già Spada). Legato al ‘cenacolo’ faentino di Domenico Baccarini, insieme a Domenico Rambelli, Giovanni Guerrini, Ercole Drei, Francesco Nonni e Orazio Toschi, fu tra i promotori di una cultura simbolista intrisa di suggestioni letterarie. Perseguendo tali indirizzi di ricerca entrò in contatto con l’ambiente artistico gravitante intorno alla rivista L’Eroica e, conseguentemente, fu invitato alla I Mostra internazionale di xilografia organizzata dalla redazione del periodico a Levanto.
Nel febbraio del 1913, su invito del Senefelder club di Londra (di cui fu nominato socio emerito nel 1916), partecipò all’International Exhibition of original lithographs presso le Public art galleries di Brighton.
Nel corso dell’anno successivo, con la litografia Contrasto, fu ammesso nella sezione Bianco e nero alla XI Biennale internazionale d’arte di Venezia e ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione internazionale del libro e dell’arte grafica di Lipsia; inoltre, la rivista inglese The Studio pubblicò nel numero di febbraio l’opera intitolata Arcadia (conosciuta anche con il titolo Sul colle, riprodotta in Giuseppe Ugonia, 1994, p. 65) e la Galleria degli Uffizi acquistò, su segnalazione di Ugo Ojetti, Le ginestre per la raccolta del Gabinetto dei disegni e delle stampe.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Ugonia fu chiamato a prestare servizio militare nella 6ª compagnia Sanità presso l’ospedale S. Chiara di Venezia. Nonostante le difficoltà dovute agli eventi bellici proseguì la sua ricerca espressiva realizzando alcune serie di disegni e acquerelli con vedute della città lagunare (Fondamenta Santa Chiara, Piazzetta San Marco, entrambe riprodotte in Giuseppe Ugonia, 1994, pp. 103, 105) e inviando opere in diverse rassegne: nel 1916 partecipò alla Mostra nazionale d’arte per il posto di ristoro organizzata a Sarzana dalla rivista L’Eroica in collaborazione con la Croce Rossa, alla Mostra pro invalidi di guerra di Verona, alla Mostra dell’incisione italiana a Londra e all’Esposizione del bianco e nero – Società Francesco Francia a Bologna. A quest’ultima mostra fu presente anche nelle successive edizioni del 1917 e del 1918.
Nel 1917 fu trasferito a Porretta Terme (Bologna) per svolgere la mansione di istruttore nella locale Scuola mitraglieri.
Terminata la guerra, fece ritorno a Brisighella, dove riprese l’attività d’insegnante e ricominciò a lavorare nel suo studio, dandone notizia con un biglietto augurale che stampò per le festività natalizie e spedì agli amici (riprodotto in Giuseppe Ugonia, 1981, p. 50).
Nel 1920 fu ammesso alla XII Biennale internazionale d’arte di Venezia (Ave Maria, Il mandorlo della torre) e partecipò alla periodica Esposizione del bianco e nero – Società Francesco Francia di Bologna.
Nel 1921 ottenne una sala personale alla I Biennale d’arte di Roma, e una delle dieci litografie esposte, I cipressi del Monticino (attuale ubicazione ignota), fu acquistata dalla regina madre Margherita.
Nel 1922, in febbraio, si sposò con Elena Mignini, mentre a giugno gli fu conferita la medaglia d’argento nell’ambito dell’Esposizione del bianco e nero – Società Francesco Francia a Bologna, e una sua tavola litografata, La gradinata del Monticino, figurò, sempre nella sezione Bianco e nero, alla XIII Biennale di Venezia. A novembre nacque la prima figlia, Miriam, che visse soltanto sette giorni.
L’anno successivo, tra i numerosi impegni espositivi che lo videro protagonista i più significativi furono: la Fiera internazionale del libro d’arte di Firenze, la XXV Esposizione annuale d’arte della società amici dell’arte di Torino, la I Mostra internazionale di arti decorative di Monza, la II Biennale d’arte di Roma e la I Esposizione d’arte italiana a Buenos Aires. Inoltre avviò la collaborazione con Francesco Sapori alla redazione della rivista Il Circeo.
Sin dagli esordi della sua attività, Ugonia indirizzò la sua ricerca verso le tecniche incisorie, scegliendo come principale medium espressivo la litografia. Nelle opere dei primi decenni del Novecento coniugò accenti di matrice simbolista con il tono illustrativo connaturato alla sua maniera e in alcuni lavori elaborò un segno grafico capace di tradurre i modi della pittura divisionista (La strada, 1910; riprodotta in Giuseppe Ugonia, 1997, p. 69). In altre tavole riferibili allo stesso periodo propose un tratto definitorio, secco e incisivo, sviluppato nel sinuoso linearismo e nelle eleganti stilizzazioni d’ascendenza liberty (Arcadia, 1913).
Nel 1924, a gennaio, nacque la figlia Anna. Nel corso dell’anno partecipò con un’opera alla Crociera italiana nell’America Latina (la particolare fiera campionaria che si svolse sulla nave Italia), fu invitato alla XIV Biennale di Venezia (Il torretto) e realizzò le illustrazioni per la leggenda La quercia tutta nostra scritta da Piero Zama e pubblicata dai Fratelli Lega di Faenza. In dicembre allestì una personale nel salone della Camera di commercio di Forlì.
Nel 1925 ottenne il primo premio, medaglia d’oro, alla II Mostra internazionale delle arti decorative di Monza e rappresentò l’Italia sia all’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi sia alla Sixth International print makers exhibition di Los Angeles.
Alla XV Biennale di Venezia del 1926 presentò la litografia Passeri, mentre nell’edizione del 1928 (XVI) espose la serie di illustrazioni ideata per l’ode A Ravenna di Francesco Sapori. Sempre nel 1928, anno in cui fu nominato presidente della sezione brisighellese dell’Istituto fascista di cultura – seguendo, in tale veste, gli interventi di restauro della Pieve del Tho –, fu premiato con la medaglia d’oro nella sezione Bianco e nero alla II Mostra biennale romagnola di Imola. In questo periodo iniziò a lavorare alle tavole litografate destinate a illustrare il libro del sacerdote forlivese Tommaso Nediali, La mistica agostiniana di Cascia: santa Rita (edito dai Fratelli Lega di Faenza nel 1930), e negli anni che precedettero la pubblicazione, durante le vacanze estive, con la famiglia soggiornò più volte in Umbria per conoscere e rappresentare con precisione i luoghi in cui visse la santa.
Nel 1930 ricevette l’invito per esporre alla XVII Biennale veneziana (La torre dell’orologio) e alla Mostra dell’incisione e della medaglia italiana allestita alla Biblioteca nazionale di Parigi. L’anno seguente fu di nuovo nella capitale francese al Salon international du livre d’art; inoltre, partecipò sia alla I Quadriennale nazionale d’arte di Roma (Sera di festa) sia all’Esposizione internazionale d’arte sacra moderna di Padova, e cominciò a lavorare alla serie I cinque castelli brisighellesi.
Nel 1932 fu nominato, insieme a Guido Cadorin e a Felice Casorati, membro della giuria costituita per la scelta dell’insegnante di decorazione all’Accademia di belle arti di Ravenna. Partecipò alla II Mostra sindacale di Forlì, alla Mostra dell’incisione italiana moderna di Firenze, e fu premiato con medaglia d’argento alla II Mostra d’arte sacra di Roma. Sempre nel 1932 la Galleria d’arte moderna di Firenze acquistò la litografia a colori Le grazie sopra Rimini.
Rifuggendo soggetti e stilemi imposti dalla retorica dell’arte di Stato, Ugonia proseguì la sua ricerca incentrata sui toni elegiaci e intimisti di alcuni temi ricorrenti, come quelli religiosi, o le innumerevoli raffigurazioni del paese di Brisighella e della sua campagna (La torre dell’orologio, 1930; Brisighella, 1937). Cospicua fu anche la produzione di ex libris e di cartoline pubblicitarie, al pari di quella riguardante biglietti augurali e commemorativi che stampò per uso personale (ogni anno, dal 1909 al 1943, realizzò cartoncini illustrati da inviare a parenti e amici sia per le feste natalizie sia in occasione del suo onomastico) o che gli furono commissionati per nascite, battesimi, matrimoni e festività liturgiche o civili.
Nel 1934 iniziò a collaborare con Il Resto del carlino, fornendo al quotidiano illustrazioni raffiguranti panorami e monumenti di città italiane.
Negli anni Trenta le sue opere furono richieste per essere inserite nei percorsi espositivi di importanti rassegne a carattere internazionale dedicate all’arte calcografica: l’International Exhibition of fine lithography (1934) organizzata presso la Fulham library di Londra dal Senefelder club, l’Exhibition of contemporary international lithographs alla National Gallery of Canada di Ottawa (1935), la Mostra dell’incisione italiana alla galleria Nordiska Kompaniet di Buenos Aires (1935), la Fourth International Exhibition of etching and engraving all’Art Institute di Chicago (1936). Fu inoltre invitato sia alla II Quadriennale nazionale di Roma nel 1935 (La torre del Morino), sia alla successiva edizione del 1939 (Brisighella).
Nel 1936 stampò le litografie in bianco e nero del ciclo Le sei chiese di Brisighella, ma nel corso del decennio fu costretto per motivi di salute a diradare i suoi spostamenti e a ridurre progressivamente gli impegni professionali.
Nel 1941 dipinse sei acquerelli, di piccole dimensioni, con vedute della città di Faenza, destinati a essere riprodotti come cartoline illustrate.
Tra il 1943 e il 1944, per sfuggire ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, si rifugiò con la famiglia in un podere di campagna poco distante da Brisighella.
Morì a Brisighella il 5 ottobre 1944.
Fonti e Bibl.: D. Dalmonte, G. U. (25 luglio 1881 - 5 ottobre 1944), in Studi romagnoli, IX (1958), pp. 337-345; G. U.: 34 tavole a colori, presentazione di L. Bianchi, testo di M. Catelli Isola, Faenza 1970; E. Golfieri, L’arte a Faenza dal Neoclassicismo ai nostri giorni, II, Faenza 1977, pp. 19, 32, 36, 42, 49, 53; G. U. Disegni, litografie, illustrazioni nelle collezioni del Gabinetto delle stampe, (catal.), a cura di F. Di Castro, Roma 1981; G. U. Paesaggi (catal., Brisighella), a cura di F. Di Castro, Milano 1994; G. U. nel 50° anniversario della morte. Atti del Convegno di studi... 1994, Faenza 1997; Museo civico G. U. di Brisighella, a cura di B. Buscaroli Fabbri, Ravenna 2000; G. Bianchi, G. U., il litografo del ’900 italiano: rassegna d’opera, Faenza 2015.