TASSINARI, Giuseppe
TASSINARI, Giuseppe. – Nacque a Perugia il 16 dicembre 1891 da Francesco, ferroviere di Rocca San Casciano, e da Vittoria Cianini, di Perugia. Fu il primo di tre fratelli: dopo di lui nacquero Ottorino (1896-1917, deceduto in battaglia sul monte Sief e il cui corpo fu ritrovato solo nel 1929) e la sorella Lina (1903-1984).
Si laureò con lode in scienze agrarie presso il Regio istituto agrario di Perugia il 4 luglio 1912. Chiamato alle armi per il servizio militare, successivamente prese parte alla prima guerra mondiale nel corpo degli alpini. Fu impegnato sul fronte al Tonale-Adamello, lungo il confine tra l’Austria e la provincia di Brescia. Al termine della guerra tornò agli studi ottenendo, nel 1919, il diploma di specializzazione in scienze forestali presso il Regio istituto superiore forestale nazionale di Firenze. Qui, lo stesso anno, fu assunto con il ruolo di assistente alla cattedra di economia forestale ed estimo, iniziando un triennio di formazione con Arrigo Serpieri. Nel 1920 ottenne la libera docenza in economia rurale e nel 1922 pubblicò Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali, lavoro nel quale evidenziava i riflessi negativi della frammentazione della proprietà terriera, richiedendo la costituzione di consorzi di proprietari per favorire la ricomposizione dei fondi. Lo stesso anno si trasferì a Perugia per insegnare economia rurale, estimo e contabilità agraria presso il locale Istituto superiore agrario e, il 17 giugno, sposò Neera Simonini, nata a Rosario di Santa Fe (Argentina). Dal matrimonio nacquero quattro figli: Sergio, Marcella, Maria Lina e Serena. Nell’agosto del 1922 si iscrisse al Partito nazionale fascista e successivamente assunse l’incarico di assessore alle finanze nella prima amministrazione fascista di Perugia. Nell’ottobre del 1925 si trasferì all’Università di Bologna, dove ottenne la cattedra di economia rurale e contabilità agraria, poi trasformata in economia e politica agraria. Dall’anno successivo assunse la carica di professore ordinario. Nel 1934 fu nominato direttore del Regio istituto superiore agrario di Bologna e nel 1935, con la sua trasformazione in facoltà di agraria, assunse la carica di preside, mantenuta fino alla scomparsa nel 1944.
Dal 1927 diresse L’Italia agricola, mensile della Federazione italiana dei consorzi agrari, attraverso il quale diede spazio ai progressi scientifici che interessavano il settore dell’agricoltura.
Sotto la sua guida a Bologna si formarono altri importanti economisti agrari come Aldo Pagani, Luigi Perdisa, Giuseppe Medici, Osvaldo Passerini Glazel, Giovanni Proni, Dario Perini. La storiografia è tuttavia dibattuta sulla possibilità che quella di Tassinari possa essere definita una vera e propria ‘scuola’, in virtù della sua aderenza all’impostazione serpieriana (Antonietti, 1976, pp. 6 s.; Amadei, 2003, p. 256; Di Sandro, 2017). Sulla scia del maestro Serpieri, promosse una cultura agraria di carattere tecnico e applicativo, contribuendo a orientare l’attenzione degli studiosi sugli effetti economico-sociali della produzione agraria e a creare le condizioni per la nascita dell’economia agraria come disciplina (Di Sandro, 1995, p. 85). In funzione di questo orientamento, si adoperò per la nascita dell’Istituto nazionale di economia agraria e di osservatori regionali a esso collegati. Il primo di questi osservatori fu istituito a Bologna nel 1927 proprio da Tassinari. Grazie a tale impegno, entrò sin dall’inizio a far parte del comitato direttivo dell’Istituto nazionale di economia agraria (INEA).
Esemplare del metodo induttivo da lui utilizzato, basato sull’indagine statistica e sullo studio oggettivo dei fatti dell’agricoltura, è la lunga indagine dedicata alla Distribuzione del reddito dell’agricoltura italiana, pubblicata in tre tappe, a cominciare dal Saggio nel 1926 e poi con altri due studi usciti nel 1931 e nel 1935. In questo lavoro analizzò dapprima gli effetti dei processi inflattivi determinati dalla prima guerra mondiale e successivamente le conseguenze deflattive che ebbero sull’economia agricola la politica di rivalutazione della lira (la cosiddetta ‘quota 90’) e poi la crisi economica internazionale del 1929. Anche sulla base dei risultati raggiunti con questa indagine, nel corso degli anni Trenta sostenne la costruzione di uno Stato corporativo come strumento di disciplina dell’economia e di controllo dei prezzi agricoli.
Il 1929 segnò il suo ingresso nella vita politica nazionale, per volontà della Confederazione nazionale fascista degli agricoltori che lo indicò tra i nominativi da inserire nella lista dei deputati al Parlamento. Nel maggio del 1931 entrò a far parte del Gran Consiglio del fascismo e del Consiglio delle corporazioni. Dal 1930 al 1934 fu commissario straordinario della stessa Confederazione. Sempre nel 1934 fu confermato deputato e svolse un viaggio in Libia in qualità di presidente della Commissione per lo studio agrologico della Cirenaica. Nello stesso anno cominciò a stringere rapporti con il mondo tedesco, partecipando al III Congresso internazionale degli economisti agrari svoltosi a Bad Eilsen dal 26 agosto al 2 settembre.
Nel corso degli anni Trenta accumulò numerosi incarichi che contribuirono ad accrescerne il peso scientifico e politico. Nel 1932 divenne accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili e nel 1937 collaboratore fisso del Corriere della sera per la parte economico-finanziaria, presidente della sezione di scienze agrarie e forestali della Società italiana per il progresso delle scienze e presidente dell’INEA. Nel 1939 fu nominato consigliere nazionale nella prima Camera dei fasci e delle corporazioni, membro della Commissione suprema di difesa, del Comitato dei ministri per il credito, del Comitato corporativo centrale e della Commissione suprema per l’autarchia, oltre a essere rieletto membro del Gran Consiglio del fascismo. Gli incarichi più significativi furono comunque presso il ministero dell’Agricoltura e delle foreste dove, nella seconda metà degli anni Trenta, assunse il ruolo di sottosegretario dal 1935 al 1939, di sottosegretario con delega alla Bonifica dal 1937 al 1939 e poi di ministro dal 1939 al 1941. In queste vesti svolse, dal 4 gennaio al 6 marzo 1937, un viaggio nell’Africa orientale italiana, terminato con una relazione presentata a Benito Mussolini avente per oggetto le opportunità di colonizzazione demografica e agraria dell’Etiopia.
Durante i suoi anni al ministero dell’Agricoltura e delle foreste fu attuata la Carta del lavoro anche in agricoltura (Bellia, 1993, p. 53, nota 17), e, una volta proclamato da Mussolini l’«assalto al latifondo», si adoperò per realizzarlo. Rafforzò l’intervento dello Stato nel settore della bonifica integrale, interpretandola come uno strumento avente finalità sia sociali (redistribuzione della terra) sia economiche (aumento della produzione agricola a sostegno degli obiettivi autarchici). Differentemente da quanto realizzato da Serpieri nella prima metà degli anni Trenta, Tassinari concentrò gli interventi nelle aree soggette a latifondo dell’Italia meridionale.
Seguendo le sue indicazioni furono elaborati nuovi piani di intervento per il Volturno, il Tavoliere, il Metaponto, Sibari e Crotone. Inoltre fu varata la legge sulla colonizzazione del latifondo siciliano del 2 gennaio 1940, con l’obiettivo di promuovere la redistribuzione della terra e la formazione della piccola proprietà coltivatrice attraverso la costituzione di un apposito Ente di colonizzazione, posto alle dipendenze del ministero dell’Agricoltura.
A causa del peso politico assunto, entrò in rotta di collisione con altre figure di spicco del regime, in particolare con il ministro dei Lavori pubblici e segretario del Partito nazionale fascista Adelchi Serena. Il 26 dicembre 1941, proprio a seguito di un’accesa lite avuta con questi in occasione di un Consiglio dei ministri, fu sollevato dal suo incarico ministeriale a beneficio di Carlo Pareschi.
Gli impegni politici non frenarono la sua attività scientifica. Nel 1941 pubblicò Il manuale dell’agronomo, grazie alla collaborazione dei suoi allievi, in particolare Medici e Antonio Calzecchi-Onesti, con l’obiettivo di raccogliere tutte le nozioni scientifiche e i dati tecnici sull’attività agricola, appresi nel corso della sua attività di studioso.
Nel periodo in cui fu sottosegretario e ministro dell’Agricoltura e delle foreste consolidò i legami scientifici e politici con il mondo tedesco, in particolare con l’accademico e agronomo Konrad Meyer-Hetling e con il sottosegretario di Stato al ministero dell’Alimentazione Herbert Backe, entrambi membri delle SS. Nel 1938 fu anche nominato cavaliere di gran croce dell’Aquila tedesca e il 17 marzo 1943 gli fu conferita la laurea honoris causa da parte dell’Università Friedrich-Wilhelm di Berlino.
Con la caduta del regime e l’annuncio dell’armistizio l’8 settembre 1943, fu suggerito ad Adolf Hitler da Eugen Dollmann, interprete e colonnello delle SS, come possibile guida di un nuovo Stato italiano da contrapporre al Regno d’Italia guidato dal governo Badoglio (Dollmann, 1963, trad. it. 1968, p. 285). Tassinari ebbe un colloquio con Hitler, Joachim von Ribbentrop e Heinrich Himmler presso il quartier generale del führer a Rastenburg il 14 settembre 1943, ma la liberazione di Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore e il risultato non soddisfacente dell’incontro cancellarono il progetto. Il nome di Tassinari continuò a circolare per la guida del ministero dell’Agricoltura e delle Foreste della Repubblica sociale italiana (RSI), tuttavia gli fu preferito l’italiano di origini argentine Edoardo Moroni. Pur senza assumere incarichi istituzionali, rimase nel territorio formalmente sotto controllo della RSI.
Morì il 20 giugno 1944 all’ospedale di Salò, dopo essere stato colpito da un mitragliamento aereo alleato mentre viaggiava in macchina nei pressi di Desenzano del Garda.
Opere. Per lo sviluppo dell’economia rurale della nostra montagna, Bologna 1921; Frammentazione e ricomposizione dei fondi rurali, Firenze 1922; Sulla stima dei latifondi siciliani espropriati dall’Opera nazionale combattenti, Firenze 1922; Saggio intorno alla distribuzione del reddito nell’agricoltura italiana, Piacenza 1926; La distribuzione del reddito nell’agricoltura italiana, Piacenza 1931; Problemi dell’agricoltura italiana, Roma 1932; Appunti di economia agraria, Roma 1934; Scritti rurali, Roma 1934; Scienza economica e corporativismo, Bologna 1935; Le vicende del reddito dell’agricoltura italiana: dal 1925 al 1932, Roma 1935; L’impero e le sue possibilità economico-agricole, Roma 1937; Scritti di economia corporativa, Bologna 1937; La bonifica integrale nel decennale della Legge Mussolini, Roma 1939; Autarchia e bonifica, Bologna 1940; Il manuale dell’agronomo, Roma 1941.
Fonti e Bibl.: Firenze, Accademia dei Georgofili, Archivio Giuseppe Tassinari.
S. von Frauendorfer, Agrarwirtschaftliche forschung und agrarpolitik in Italien: entwicklung vom 18. Jahrhundert bis zur Gegenwart, Berlin 1942, pp. 5, 150, 200, 202, 205, 217 s., 234-236, 238-242, 244-246, 251, 254 s., 257, 260 s., 264, 267, 269; C. Barberis, Teoria e storia della riforma agraria, Firenze 1957, pp. 77, 97 s.; E. Dollmann, Dolmetscher der Diktatorem, Bayrenth 1963 (trad. it. Un libero schiavo, Bologna 1968, pp. 283, 285-287, 294, 296, 298 s., 315, 318, 323); Venti anni di agricoltura italiana. Scritti in onore di Arrigo Serpieri e di Mario Tofani, a cura di SIEA - INEA, Bologna 1976, pp. 6 s.; V. Patuelli, G. T., in Genio rurale, L (1987), 10, pp. 13-16; F. Bellia, G. T.: un economista agrario in un’epoca difficile, in Rivista di politica agraria, n.s., XI (1993), 5, pp. 47-53; G. Di Sandro, Gli economisti agrari italiani tra Otto e Novecento, Bologna 1995, pp. 16, 21, 23-26, 47, 84-88, 110; G. Amadei, La scuola degli economisti agrari di Bologna, in Competenza e politica. Economisti e tecnici agrari in Italia tra Otto e Novecento, a cura di G. Di Sandro - A. Monti, Bologna 2003, pp. 248-256; M. Zaganella, Dal fascismo alla Dc. T., Medici e la bonifica nell’Italia tra gli anni Trenta e Cinquanta, Siena 2010; G. Di Sandro, La scuola bolognese degli economisti agrari (1925-1981): da G. T. a Luigi Perdisa a Enzo Di Cocco, Milano 2017; G. T. Il fascista che disse di no a Hitler. Diari (1933-1941), a cura di M. Franchi, Milano 2019.