RAVEGNANI, Giuseppe
RAVEGNANI, Giuseppe. – Nacque a San Patrignano di Romagna, frazione del comune di Coriano, il 13 ottobre 1895 da Adriano Ravegnani e da Maddalena Carpi. Dalla loro unione nacque anche una figlia, Clementina.
Si avvicinò alla letteratura già in giovanissima età. A soli diciassette anni (nel 1912) diede avvio, con Italo Balbo, a Ferrara, a Vere novo, piccola rivista letteraria che vide però la luce solo due volte, mentre già dal 1915 collaborò a La Diana, rivista napoletana fondata da Gherardo Marone e Fiorina Centi, e all’Antologia della Diana (Napoli 1918). Le sue prime prove come poeta e scrittore confluirono nel 1914 nel monologo goliardico pubblicato con la casa editrice Taddei Quattro parole sole (Ferrara 1914) e nella raccolta I canti del cuculo (Milano 1914). I versi furono stroncati duramente da Giuseppe De Robertis sulla Voce. Uscirono poi a Ferrara, rispettivamente nel 1916 e nel 1921, le liriche di Io e il mio cuore (in autoedizione), che Giovanni Boine (1939) accosta, per limpidezza e naturalità, all’«acqua corrente» (p. 252), e di Le due strade: poesie 1918-1920, sempre con la Taddei. Con la stessa casa editrice Ravegnani pubblicò, inoltre, il poemetto lirico Sinfoniale (Ferrara 1918), «nel quale il colore agreste e civile di Romagna si accese di tinte più ricche e il canto si distese in un’ampiezza di largo recitativo» (Titta Rosa, 1971, pp. 6 s.). Queste prime esperienze mostravano la vicinanza di Ravegnani con le atmosfere crepuscolari e con le influenze di Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio. Fondamentale, per i suoi esordi letterari, fu la vivacità intellettuale dell’ambiente legato alla casa editrice Taddei (sotto la direzione dei fratelli Alberto e Giulio Neppi) e di Ferrara, che ospitava in quegli anni importanti artisti, più o meno famosi, tra cui Corrado Govoni, Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Filippo De Pisis, Sandro Baganzani, Lionello Fiumi, Diego Valeri. Ravegnani, stimolato da queste diverse influenze culturali, seppe stringere rapporti fruttuosi con le più interessanti figure del momento. Rilevante rivista della casa editrice Taddei, nata nel 1913 e viva fino al 1915, fu Myricae, che vide la direzione di Carlo Ungarelli e la collaborazione, come caporedattore, di Ravegnani. Come molti altri collaboratori di Myricae, Ravegnani fu poi chiamato alle armi.
Nel 1922, accondiscendendo ai voleri del padre, che desiderava per il figlio la strada dell’avvocatura, si laureò in giurisprudenza all’Università di Ferrara (ma frequentò in seguito anche la facoltà di lettere dell’Università di Bologna). Il 9 febbraio dello stesso anno sposò Nella Vasè, dalla quale ebbe due figli: Paolo, nato il 4 gennaio 1923, e Adriano, nato il 6 luglio 1924. Legatissimo alla famiglia, come anche si evince dai suoi stessi versi, Ravegnani trasse dalla moglie, dai figli e dai nipoti «le vere e poche gioie e soddisfazioni» (Accrocca, 1960, p. 355).
L’eredità di Myricae passò a Poesia ed Arte, rivista nata a Verona nel 1919 (con la direzione di Antonio Scolari) e rilevata dalla casa editrice Taddei nel 1921, che la affidò a Ravegnani.
La rivista proseguì con le critiche alla letteratura moderna, ma anche ai conservatorismi, e fu contraddistinta da un tono decisamente satirico. Ricorda in proposito Giovanni Titta Rosa (1971): «E Poesia ed Arte, la rivista di Ravegnani, era ricca di spiriti polemici, e […] fu in quelle pagine che ci esercitammo alle nostre prime stroncature, magari di gusto papiniano, e ci facemmo i primi nemici» (p. 14).
Di grande rilievo fu in questi anni per Ravegnani l’impegno con vari periodici e quotidiani. Oltre a quelle già citate, apparve su molte altre riviste, come Lacerba, Solaria, Convegno; divenne, dal 1923, critico letterario del Resto del Carlino al posto di Pietro Pancrazi: raccontandosi a Leonida Rèpaci, confidò di aver appreso entusiasticamente la notizia poco dopo il travagliato parto di Paolo, avvenuto proprio la notte precedente (cfr. Rèpaci, 1960, p. 196). Gli fu poi affidata la terza pagina del Corriere italiano di Roma; scrisse inoltre per La fiera letteraria e La stampa (1927-31). Dal 1929 iniziò la collaborazione con il quotidiano di Ferrara Corriere padano, fondato da Italo Balbo nel 1925: fino al 1943 ne curò in modo continuativo la terza pagina, sostanzialmente di tono letterario, e ne divenne direttore, al posto di Nello Quirici, dal 1940 al 1942.
A dimostrazione della sua grande versatilità, Ravegnani scrisse anche per il teatro opere come L’incubo delle cose tristi (Roma, Teatro degli Indipendenti, 1925) e Chiamami becco, pubblicato nell’aprile del 1926 su Il dramma.
Nel 1930 uscì, presso Bocca, la prima serie della raccolta saggistica I contemporanei (Torino). In questo importante lavoro Ravegnani si concentrò su autori come D’Annunzio, Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Ugo Ojetti, Dino Campana, Arturo Onofri, Emilio Cecchi, Eugenio Montale. Nella Prefazione al volume, Arturo Farinelli riconobbe nell’amico un «gusto finissimo», un «sentimento vivo, tenero e profondo per l’arte che religiosamente coltiva», nonché «il coraggio, con cui affronta idee e problemi dei suoi contemporanei, senza arrendersi a scuole o a preconcetti» (p. XI).
A partire dal 1933 e fino al 1945 Ravegnani diresse la Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara al posto di Giuseppe Agnelli, allievo di Giosue Carducci e direttore dal 1892. In questo decennio si dedicò alla tutela dei preziosi codici e incunaboli della Biblioteca, e a laboriose ricerche di carattere bibliografico e filologico, pubblicando I manoscritti della Biblioteca Ariostea (Firenze 1933), i due volumi degli Annali delle edizioni ariostee (Bologna 1933), in collaborazione con Giuseppe Agnelli, e il Saggio di un catalogo degli incunaboli della Biblioteca Comunale Ariostea (Ferrara 1943). Parallelamente, nel 1934, uscì un nuovo libro di poesie, Quattro canti (Genova), di cui tre componimenti confluiranno nella raccolta Ode alla luna di marzo ed altre poesie (Milano 1960).
Nel 1935 ottenne la libera docenza in letteratura italiana. Fu anche professore di liceo classico e scientifico a Ferrara. Nel 1936 la casa editrice Guanda pubblicò la seconda serie dei Contemporanei (Modena 1936), che del precedente volume voleva essere «la continuazione logica oltre che spirituale» (dalla Giustificazione dell’autore, p. 13). Il secondo tomo allarga notevolmente le prospettive letterarie aperte nel 1930, indagando nuovamente diversi autori già presi in esame in precedenza, come Papini, Soffici, Ojetti, e aggiungendo nuovi nomi, come Rèpaci, Antonio Baldini, Massimo Bontempelli, Vincenzo Cardarelli, Aldo Palazzeschi.
L’anno successivo uscirono, in un unico volume dal titolo Dieci saggi (Genova 1937), alcuni lavori pubblicati in riviste e giornali tra il 1930 e il 1935.
L’intento di Ravegnani, centrato appieno, fu quello di «ritorcere un’amena accusa», come indicato nell’Avvertenza: «secondo ineffabili vociferatori, noi, critici estetici, e studiosi delle letterature contemporanee, non conosciamo, o conosciamo male, o giudichiamo peggio l’italiana letteratura classica, nella sua storia e nei suoi autori. Quasi che le nostre letture, d’oggi e di ieri, cominciassero dal Carducci e avessero fine con Ungaretti» (p. 9). Questi studi prendono in esame punti cruciali della nostra grande letteratura ripercorsa nei suoi protagonisti, «dal Petrarca al Manzoni», come reca il sottotitolo del libro.
Dal 1937 e fino al 1939 fu redattore della Nuova Antologia. Uscirono inoltre, nel 1939, le prose di Quaderno (Bologna 1939), e la ristampa dei saggi del primo volume dei Contemporanei, con titolo Novecento letterario italiano (Bologna 1939) e senza sostanziali cambiamenti. Nel 1940 scrisse anche la Commemorazione di Giuseppe Agnelli (1856-1940); Ferrara 1940).
Fu direttore, nel 1943, della Gazzetta di Venezia e del Gazzettino.
In seguito ai fatti storici e bellici Ravegnani, che aveva aderito al regime fascista, lasciò Ferrara per trasferirsi a Milano nel giugno del 1945.
Dopo la guerra continuò, come giornalista, a intervenire copiosamente su svariati quotidiani e riviste, tra cui la Gazzetta del popolo, Letterature moderne, Il giornale d’Italia e L’osservatore politico letterario, per il quale si è occupò delle rubriche Poesia e Scadenzario (materiale che poi confluì in Scadenzario. Scritti polemici, Padova 1960). L’impegno dominante in questi anni fu soprattutto la collaborazione con la casa editrice Mondadori, iniziata quando, nel novembre del 1945, Alberto Mondadori gli assegnò la traduzione di Les enfants terribles di Jean Cocteau (Milano 1947). Non nuovo all’esperienza – aveva già curato, infatti, la versione italiana di un’Antologia di novelle catalane (Milano 1926) e del Josafat di Betrana (Milano 1927) –, tra il 1945 e il 1960 Ravegnani si impegnò come traduttore, specialmente per Mondadori, dal francese e dallo spagnolo. Il legame con la casa editrice fu consolidato quando iniziò a lavorare nel settimanale Epoca, dal 1950 al 1960, per la quale si dedicò anche alla filatelia, suo grande «pallino» (cfr. Rèpaci, 1960, p. 201). Scrisse di francobolli con evidente passione anche su Topolino (1956-1961), il più importante periodico per ragazzi edito da Mondadori, e per il Corriere della sera. Sempre al fianco di Alberto Mondadori fu condirettore della collana Lo specchio, aprendo la strada anche ad autori nuovi e giovani. Di grande rilevanza fu inoltre l’edizione, curata da Ravegnani, di tutte le poesie di Corrado Govoni, con titolo Poesie (1903-1949); Milano 1961). Altrettanto sostanziale fu l’impegno come editor della casa editrice. La sua collaborazione con Mondadori fu ridimensionata notevolmente alla fine degli anni Cinquanta.
Nel 1955, con Uomini visti. Figure e libri del Novecento (Milano 1955), edito da Mondadori, vinse il premio Viareggio per la saggistica.
I due volumi di Uomini visti proseguono i lavori critici precedentemente pubblicati e pongono come premessa la citazione di Charles Morgan: «È tra i doveri d’un critico richiamare l’attenzione su vecchi scrittori che negli ultimi tempi siano caduti nell’oblio o la cui opera egli pensa debba ora essere vista in una nuova luce». Il primo volume contiene sedici «ricordi letterari», come Ravegnani stesso li definisce (il primo dedicato alla vita culturale di Ferrara, gli altri alla rievocazione di autori come Alfredo Panzini, Deledda, Campana, Filippo De Pisis), e cinque saggi monografici su Raffaele Carrieri, Govoni, Marino Moretti, Rèpaci, Manara Valgimigli. Il secondo volume riporta invece numerose «noterelle critiche» su libri usciti di recente o in riedizione, di autori assai diversi tra loro, come Corrado Alvaro, Anna Banti, Gianna Manzini, Alberto Moravia, Cesare Pavese, Elio Vittorini. Anche in questo caso il discorso finisce sempre con l’allargarsi al profilo complessivo dello scrittore.
Nel 1956 ottenne il premio Marzotto per la critica giornalistica.
Nel 1958 uscirono, con Ceschina, le prose di Febbre bianca (Milano 1958), dedicate a Marino Moretti, «dopo tanti anni di amicizia», e la Rievocazione di Filippo De Pisis (Ferrara 1958). Negli anni successivi Ravegnani tornò al suo primo amore, la poesia, con Ode alla luna di marzo ed altre poesie (Milano 1960) e Quasi una fiaba (Sarzana 1963).
Quest’ultima riprende la raccolta precedente, che a sua volta contiene parte di Quattro canti e aggiunge nuovi versi. Si tratta di una poesia legata alla famiglia e a temi come la malinconia, la contemplazione naturale, la divinità, il ricordo.
Sempre con Ceschina pubblicò, nel 1960, una nuova edizione rivista dei due volumi dei Contemporanei (Milano 1960). Curò inoltre l’edizione dei Poeti futuristi (Milano 1963) e L’antologia dei poeti italiani dell’ultimo secolo con Titta Rosa (Milano 1963). Nel 1964 vinse il premio nazionale di poesia Sebeto.
Morì infine a Milano, il 20 maggio 1964. Nel 1971 venne pubblicato il volume D’Annunzio scrittore di lettere (Milano), che rappresenta il frutto dello studio di Ravegnani condotto agli Archivi del Vittoriale su incarico della Mondadori.
Scrittore e poeta, bibliografo, giornalista, traduttore, appassionato di filatelia, collezionismo, sport e cinema, Ravegnani, che si distinse per la sua grande versatilità, è stato soprattutto un gentiluomo della nostra critica, come spesso viene ricordato, e ha lasciato, nei suoi scritti, notevoli interpretazioni, tracciando profili puntuali e storici dei suoi amati autori del Novecento italiano, senza dimenticarne il vissuto e il volto umano.
Opere. Traduzioni: C. Soldevila, Una data eccezionale: un atto, in Il dramma, XIX (1943), n. 402-403, pp. 79-82; S. De Horozco, La vita di Lazzarino di Tormes, Milano 1949; J. Green, Moïra, Milano 1957; A. Malraux, La speranza, Milano 1957. Curò anche alcuni testi illustrati per Walt Disney per Mondadori: Il Siam, Milano 1956 (testo originale di P. Boulle), Marocco - Uomini blu, Milano 1957 (testo originale di M. Croizard e P. Galante), Polinesia - Le Samoa, Milano 1958, (testo originale di P. Métais). Saggi introduttivi: Poesia di Carrieri, in R. Carrieri, Il trovatore, Milano 1953; La poesia di Giovanni Titta Rosa, in G. Titta Rosa, Poesie d’una vita, Milano 1953; La poesia di Govoni, in C. Govoni, Manoscritto nella bottiglia. Nuove poesie, Milano 1954; Corrado Govoni e la poesia del Novecento, in C. Govoni, Poesie. 1903-1959, Milano 1961. Introduzioni e prefazioni a volumi: M. Stefanile, La danza del fuoco, Napoli 1937; L. Caretti, Poesie, Bologna 1939; A. Ugolini, I fuggiaschi, Firenze 1955; C. Munari, La serva col monocolo, Padova 1959; F. Di Pilla, Tempo d’esilio, Milano 1960; N. Festa, Linea del sole, Padova 1960; N. Visentini, Sinfonia minore, Milano 1963; G. Pezzuoli, L’età giovane, Parma 1964. Curatele: A. Gramsci, L’albero del riccio, Milano 1948; I. Nievo, Il castello di Fratta, Milano 1949; Rèpaci controluce. Antologia e critica, Milano 1963.
Fonti e Bibl.: Il Fondo Ravegnani è conservato nella Biblioteca civica Carlo Bonetta di Pavia. Si veda in proposito: F. Milani, Inventario del carteggio di G. R., in Bollettino storico della Società pavese di storia patria, XLVI (1994), pp. 365-395; Per G. R. (1895-1964), Atti della Giornata di studio (1995), Pavia 1997; Lettere 1914-’21 / 1952-’63: Marino Moretti a G. R., a cura di L. Benedini - C. Martignoni, Pavia 2000 (il volume contiene la scheda biobibliografica di Giuseppe Ravegnani a cura di L. Benedini, pp. 177-191). Si vedano inoltre: A. Farinelli, Prefazione, in G. Ravegnani, I contemporanei, Torino 1930, pp. IX-XII; E. Montale, G. R. I contemporanei, in Pègaso, aprile 1930, pp. 505-508; G. Boine, G. R. Io e il mio cuore, in Id., Plausi e botte, Modena 1939, pp. 252-254; E. Falqui, Di una storia letteraria contemporanea, in Id., Di noi contemporanei, Firenze 1940, pp. 101-105; G. Susini, R. e i contemporanei, in Id., Ragionamenti sulla poesia, Modena 1942, pp. 347-351; F. Casnati, Quarant’anni di critica letteraria, in Vita e pensiero, ottobre 1955, pp. 591-597; Per un omaggio a R., a cura di G. Vigorelli, in La Fiera letteraria, IX (1956) n. 16, pp. 1-6; E.F. Acrocca, Ritratti su misura, Venezia 1960, pp. 354 s.; F. Casnati, Il primo Novecento nella critica di G. R., in Vita e pensiero, febbraio 1960, pp. 100-106; F. Flora, Prefazione, in G. Ravegnani, Ode alla luna di marzo ed altre poesie, Milano 1960; L. Rèpaci, G. R. (1 gennaio 1958), in Id., Compagni di strada, Roma 1960, pp. 189-203; A. Capasso, G. R. poeta, Genova 1962; C. Marabini, Ricordo di R., in Nuova Antologia, agosto 1964, pp. 513-520; Testimonianze per G. R., a cura di N. Palumbo, Rapallo 1965; G. Debenedetti, Un libro sui contemporanei, in Id., Saggi critici, s. 2, Milano 1971, pp. 117-121; G. Titta Rosa, R., in G. Ravegnani, D’Annunzio scrittore di lettere, Milano 1971, pp. 5-16 (prima, con il titolo Ricordo di R., in L’osservatore politico letterario, settembre 1964, pp. 29-36); G. Longo, R., in Id., Le statue parlanti, Milano 1979, pp. 83-88.