PUCCIONI, Giuseppe
PUCCIONI, Giuseppe. – Nacque a Siena il 21 settembre 1788 da Anton Carlo e da Anna Maria Morelli.
Dopo la laurea all’Università di Siena in diritto il 28 giugno 1804, intraprese la carriera in magistratura. Nel periodo della dominazione francese fu procuratore imperiale a Montepulciano (1812) e sostituto procuratore a Siena (1814). Tornati i Lorena, riprese il suo impegno di giudice dalle corti inferiori (vicario a Casole d’Elsa). Alla fine del 1823, dopo un iniziale progetto di nomina a vicario di Vicopisano, divenne auditore del Tribunale civile collegiale di Pistoia. Nel 1828 passò alla Ruota civile e criminale di Grosseto. Nell’autunno del 1831, dopo un anno di «temporario riposo» per gli acciacchi rimediati in servizio a Grosseto, pur avendo richiesto la nomina ad «auditore al Magistrato supremo» (Archivio di Stato di Firenze, Segreteria di Stato, b. 354, f. 10), fu nominato auditore aggregato della Ruota criminale e, poi, confermato in ruolo l’anno successivo. Nel 1832 divenne docente di giurisprudenza criminale pratica nel Liceo fiorentino.
Sposatosi con Teresa Poggi, sorella dei noti Enrico, Girolamo e Giuseppe, con lei ebbe un figlio Piero (1833-1898), futuro avvocato, pubblicista, deputato e senatore.
Dall’inizio degli anni Trenta, Puccioni fece parte stabilmente di quel gruppo di magistrati dal quale il granduca e i suoi ministri attinsero per la progettazione normativa. Questo impegno, oltre al lavoro nelle varie commissioni, lo condusse alla stesura di un progetto di codice penale (1838) con annesso Rapporto e motivi (donati a Francesco Carrara dal figlio Piero e conservati oggi in Pisa, Biblioteca universitaria, Mss. Carrara, 6-7), di statistiche giudiziarie accompagnate da relazioni esplicative e di materiali di procedura penale oggi perduti, ai quali fece seguito un testo completo redatto assieme ad altri, del quale egli stese la bozza di base (1841).
A fronte di un processo penale costantemente pensato come informato al principio di oralità pura, al sistema accusatorio e al «sistema dei giurati», con il progetto di codice penale, redatto con linguaggio maggiormente tecnico e imperativo dei precedenti progetti, Puccioni, «recando le minori innovazioni» possibili, intese «ordinare le materie sparse in tante e tante leggi e in migliaia di decisioni dei tribunali» adeguandole «alle esigenze dei tempi» in modo da «rendere alla portata di ognuno ciò che oggi è patrimonio di pochi» (Da Passano, 1996, p. 323). Condensato delle principali acquisizioni della scienza giuridica criminalistica e della giurisprudenza dei tribunali toscani, il progetto si concludeva con la scelta di lasciare al di fuori della riorganizzazione del sistema penale le norme attinenti ad alcuni tipi di trasgressioni, ritenute ben formulate già alla loro origine.
Nel 1836 Puccioni aveva partecipato alla sperimentazione del nuovo ordinamento giudiziario tornando a Grosseto al Tribunale di prima istanza. Quando, poi, nel 1838 le nuove norme entrarono in vigore, fu nominato vicepresidente della Corte regia di Firenze. Tre anni dopo venne nominato consigliere della Suprema corte di cassazione, per divenirne nel 1859 presidente di sezione e vicepresidente.
Del servizio in magistratura di Puccioni, ma anche del suo impegno per la riforma del diritto penale e della procedura e per l’attività di insegnamento, Carrara, legato al figlio, stese accorate pagine volte a dipingere un magistrato di elevato rango culturale, una figura di «operatore attento e sensibile» (Grossi, 1988, p. 45), membro di quella magistratura toscana, illuminata, leopoldina e conscia del suo ruolo di impegno civile. Anche se egli del servizio nel periodo lorenese avrebbe lamentato in una lettera del 1861 «persecuzioni [per i suoi] principi politici sempre e costantemente liberali» (Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari, 265.37).
Nel 1847 Puccioni pubblicò anonimi a Pistoia i Pensieri di un filantropo sul sistema penitenziario che, pur lodati anni dopo da Carrara, furono accolti negativamente dal mensile La Temi di Giuseppe Panattoni. Nello stesso anno contribuì con uno scritto anonimo intitolato Guardia civica. Pene e tribunali militari al giornale liberale La Patria del 21 ottobre 1847. Tra il 1855 e il 1858, rivendicandone la paternità solo nell’ultimo volume, diede alle stampe un commentario del codice penale toscano del 1853: Il Codice penale illustrato sulla scorta delle fonti del diritto e della giurisprudenza (I-V, Pistoia 1855-1858).
L’opera, giudicata a ragione da Carrara come «rigurgitante di dottrina, e di perpetuo giovamento ai cultori del giure penale» (1870, p. 53), riconosceva che la pubblicazione del codice era un evento «che forma epoca […] memorabile» (Il Codice penale illustrato, cit., I, p. III), ma non per questo riteneva inutile il materiale con il quale i giuristi prima del codice avevano sempre lavorato. Indirizzata al pubblico, ai magistrati, ma anche alla curia e ai giovani studenti di discipline criminali e lontana dal «tuono cattedratico» dei «mediocri» e per «amore della scienza» volta anche a mostrare dissenso relativamente ad alcune disposizioni adottate, l’opera proponeva un commento articolo per articolo sulla base delle «leggi romane» (considerate, non sorprendentemente, «ragione universale scritta»), della «autorità dei più accreditati scrittori», della «giurisprudenza nostra» (onde fornire «lezioni di esperienza pratica», che portavano a diffidare delle «splendide teorie» che sovente finivano per arrecare solo «inciampo» alla giustizia) e delle indicazioni ricavabili dai «codici penali», tra i quali compariva quello francese «mitigato e corretto» (I, p. VII) nel 1832. Oltre al commento il testo proponeva anche una serie di appendici tra le quali meritano menzione quella contenente un succinto «stato della legislazione penale toscana» (I, p. IX) precedente al codice, quelle riguardanti la sanità marittima, la «tratta dei negri», i telegrafi elettrici, le leggi patrie relative alla «finanza e regalie» e il «colombicidio» (V, pp. 370-409) e quella concernente un succinto confronto tra il primo libro del codice toscano e lo stesso libro del codice estense del 1855.
Nel 1858 pubblicò a Firenze un Saggio di diritto penale teorico-pratico, che fu adottato nelle due cattedre dove Puccioni avrebbe insegnato e per tre anni a Pisa prima dell’introduzione del Programma di Carrara.
Da una iniziale Avvertenza, il volume si proclamava redatto per esigenze didattiche, necessario quale aggiornamento alle riforme del 1838 in alcuni manuali tra i più noti, e si proponeva, alla maniera di molti giuristi toscani capeggiati da Carmignani, di «esporre contemporaneamente i principi elementari della scienza penale e il modo di attuarli nella loro pratica applicazione» ponendo «la legge e la scienza in armonia con la giurisprudenza» (pp. n.n.). La struttura del testo, infine, dopo una esposizione del diritto penale in chiave storica, si articolava sulla falsariga dei testi istituzionali più noti in cinque libri (Delitti in genere, Pene in genere, Giudizi, Delitti in specie, Trasgressioni).
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Dopo il 27 aprile 1859, Puccioni fu membro della Consulta di Stato del governo toscano e partecipò a varie commissioni per la riforma dell’ordinamento (quella per la revisione del codice penale, quella creata per la verifica dello «stato delle carceri penitenziarie toscane» e quella volta ad adeguare il «codice penale militare sardo» al «magistero penale toscano» (Università di Firenze, Biblioteca umanistica, Regio istituto di studi superiori, b. 3, f. 50). Fece, infine, parte dell’Assemblea dei rappresentanti toscani (1859-60) e, in epoca unitaria, fu eletto deputato, escluso per sorteggio e poi nominato nel 1861 senatore come riconoscimento per la presenza nella Corte di cassazione toscana.
L’attività al Senato di Puccioni, oltre agli interventi sul progetto di legge sull’affrancamento dei canoni enfiteutici, fu all’origine di una polemica con Paolo Onorato Vigliani, del quale parlò a Francesco Bonaini come la «personificazione la più completa del piemontesismo in fatto di legislazione» (Archivio di Stato di Firenze, Fondo Bonaini, b. 6, f. 15). Un discorso inaugurale di Vigliani quale procuratore generale presso la Corte d’appello di Torino dette il destro a Puccioni per un intervento (non firmato, ma a lui attribuibile sulla base del carteggio con Bonaini) su La Nazione del 6 dicembre 1862 diretta dal figlio Piero. Dalle pagine del quotidiano fiorentino Puccioni criticò la «censura immeritata» data da Vigliani trattando di pena di morte e di esigenze di unificazione legislativa «alla magistratura e al popolo toscano».
Nel 1860 divenne docente di «giurisprudenza criminale e di procedura nel giudizio penale» nella sezione di studi legali dell’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Di questo istituto assunse anche la presidenza della sezione di studi legali e, dal 1862, di quella di filosofia e filologia. La sua reggenza, nonostante l’età e la nomina a senatore, fu spesa nel tentativo di migliorarne la qualità cercando di incrementare la biblioteca e caldeggiando l’introduzione di corsi di filosofia del diritto e di storia del diritto.
All’inizio degli anni Sessanta, pubblicò Della pena capitale nel Giornale per l’abolizione della pena di morte di Pietro Ellero (1862-63, vol. 2, pp. 3-29). In quelle pagine, dopo aver fatto parte del collegio giudicante che aveva sentenziato nel momento dell’annessione del Ducato lucchese la giuridica impossibilità di conservazione della pena di morte in quelle terre, senza «l’orgoglio di dir cose nuove» (p. 4), Puccioni interveniva nel dibattito riepilogando i temi dibattuti, criticando quella che poi sarebbe stata la soluzione adottata in Italia (estensione del codice sardo e permanenza in vigore del codice toscano già purgato dalla pena di morte) e riabilitando al partito abolizionista Pellegrino Rossi.
Morì a Firenze il 2 marzo 1866.
Fonti e Bibl.: Siena, Archivio storico dell’Università, XII.E.a.1, c. 61; Firenze, Biblioteca umanistica dell’Università, Regio Istituto di studi superiori, b. 3, f. 50; Archivio di Stato di Firenze, Consulta, I, 2783; Segreteria di Stato (1814-1849), bb. 184, f. 61; 354, f. 10; Fondo Bonaini, b. 6, f. 15; Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari, 488.19, 487.59, 487.3; Biblioteca Riccardiana, Carteggio Galeotti, cass. 13.880; Pisa, Biblioteca universitaria, Mss. Carrara, 6-7; Archivio di Stato di Pisa, Fondo Centofanti, 2, 25.18; Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 4208, b. 8, ff. 3, 5; Roma, Museo centrale del Risorgimento italiano, b. 352/56; Heidelberg, Universitätsbibliothek, Heid. Hs. 3468, 192; Lucca, Biblioteca statale, Mss. Carrara, XVI, 25, 28; Mss., 3651/44-45; Pistoia, Biblioteca Forte-guerriana, Raccolta Niccolò Puccini, cass. XVIII. Inoltre: F. Carrara, G. P. ed il giure penale, in Id., Opuscoli di diritto criminale, I, Lucca 1870, pp. 3-86; P. Grossi, Stile fiorentino. Gli studi giuridici nella Firenze italiana (1859-1950), Milano 1988, ad ind.; Id., Le statistiche giudiziarie come strumento di politica penale: il granducato di Toscana, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXV (1995), pp. 43-58; M. Da Passano, I tentativi di codificazione penale nel Granducato di Toscana. Il progetto di G. P. (1838), ibid., XXVI (1996), pp. 319-357; M.R. Di Simone, Gaetano Filangieri e i criminalisti italiani della prima metà dell’Ottocento, in Diritti e Costituzione. L’opera di Gaetano Filangieri e la sua fortuna europea, a cura di A. Trampus, Bologna 2005, pp. 184 s., 199; F. Colao, Avvocati del Risorgimento nella Toscana della Restaurazione, Bologna 2006, ad ind.; F. Colao, G. P., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), a cura di E. Cortese - I. Birocchi - A. Mattone - M. Miletti, II, Bologna 2013, pp. 1632 s.; D. Edigati, Il codice mancato. Tentativi di codificazione della procedura e riforma della giustizia criminale nella Toscana ottocentesca, Roma 2013, ad ind.; F. Tacchi, Tra università e professioni. La sezione di Studi legali nell’Istituto di studi superiori di Firenze, in Cromohs, 2014, vol. 19, pp. 1-17; M.P. Geri, Il magistero di un criminalista di foro. Giovanni Carmignani «avvocato professore di leggi», Pisa 2015, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/ deputato/ giuseppe-puccioni-17880921#nav (20 febbraio 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato. it/web/senregno.nsf/P_l2?OpenPage (20 febbraio 2016).