POZZOBONELLI, Giuseppe
POZZOBONELLI, Giuseppe. – Nacque a Milano il 1° agosto 1696, dal marchese Francesco e da Camilla Dardanoni.
La famiglia paterna apparteneva alla media aristocrazia, con tradizione di toga. Francesco, dottore collegiato, era regio feudatario di Arluno dal 1674, data della morte del proprio padre, Giovanni. Il fratello di Giuseppe, Gerolamo, fu tra i membri della Società palatina. Con la morte di Giuseppe la famiglia si estinse.
Pozzobonelli studiò presso il Collegio dei nobili e, dopo un soggiorno a Roma, conseguì nel 1725 la laurea in utroque iure presso l’Università di Pavia. Nel 1726 divenne giureconsulto collegiato. Uomo di cultura, fu dotto latinista, nonché autore, anche durante l’episcopato, di componimenti poetici in latino e in italiano, che circolarono manoscritti.
Membro dell’Arcadia con il nome di Vidalgo Pitiuseo, fu anche vicecustode della colonia milanese, cui partecipavano personaggi come il conte Gabriele Verri e il gesuita Tommaso Ceva.
Tale adesione può essere intesa come il desiderio di rifugiarsi in una cultura ormai inattuale, ma dimostra anche l’attenzione di Pozzobonelli nei confronti dell’ambiente romano, aperto a questi orientamenti.
Si avviò tardi al percorso ecclesiastico, su impulso del cardinale arcivescovo Benedetto Erba Odescalchi, suo direttore spirituale, e fu ordinato sacerdote il 23 dicembre 1730. Ottenne vari incarichi: canonico ordinario della Metropolitana sin dall’ordinazione, nel 1733 fu nominato visitatore regionale; nel 1737, durante l’episcopato di Carlo Gaetano Stampa, ebbe l’incarico di vicario delle monache; dal 1733 al 1737 fu conservatore della Biblioteca Ambrosiana; nel 1742, alla morte dell’arcivescovo Stampa, venne eletto dal capitolo del Duomo vicario generale in sede vacante.
Il 14 giugno 1743 Pozzobonelli, esaminato due giorni prima, fu nominato arcivescovo di Milano; egli stesso ne diede l’annuncio alla diocesi il 19 giugno. Fu anche nominato prelato domestico e protonotario apostolico onorario (27 giugno 1743). Fu consacrato vescovo personalmente dal pontefice Benedetto XIV, a Roma nella chiesa ‘dei lombardi’ di S. Carlo al Corso, il 21 luglio, festa liturgica di s. Prassede, significativa per la Chiesa di Milano. Il pallio gli fu imposto in S. Maria della Minerva il successivo 4 agosto. Onorificenza consueta per i titolari della sede ambrosiana, il 23 settembre 1743 fu insignito di un titolo cardinalizio, quello di S. Maria in Via. Il 2 agosto 1758 ottenne il titolo di S. Maria sopra Minerva e il 28 maggio 1770, in quanto decano dell’Ordine dei preti, optò per il titolo di S. Lorenzo in Lucina.
Pozzobonelli non poté prendere immediatamente possesso della diocesi, in quanto il placet gli venne a lungo negato da Maria Teresa, non per ragioni personali, bensì per ragioni politiche di carattere giurisdizionale. Inviò comunque subito una lettera, indirizzata al clero e al popolo milanese, nella quale tracciava il proprio programma pastorale in modo conforme alla tradizione locale, alle istanze del Concilio romano del 1725, alle direttive di Benedetto XIV, espresse in particolare nella Ubi primum del 1740. Fece il solenne ingresso in Milano il 21 giugno 1744, festeggiato con una sontuosa cerimonia.
Secondo gli orientamenti del pontificato di Benedetto XIV, Pozzobonelli assunse in prima persona compiti spesso demandati ad altri dagli ordinari diocesani, come la predicazione e la partecipazione a iniziative della dottrina cristiana, l’amministrazione dei sacramenti e quella, solennizzata, del viatico. Rispettò rigorosamente gli obblighi della residenza.
Carestie, epidemie e guerre caratterizzarono la prima fase del suo episcopato. Successivamente, in particolare dal 1767, si fecero più forti le difficoltà nei rapporti con l’autorità civile, le cui pretese giurisdizionali andavano crescendo. Moderato e alla ricerca di una mediazione, venne sempre più a trovarsi ‘tra l’incudine e il martello’, tra Roma e Vienna. Tale difficile situazione – unita al deperimento della salute con l’avanzare dell’età – generò, a partire dal 1768 e sino al 1782, reiterate richieste di rassegnare le dimissioni, ricusate tanto da Roma quanto da Vienna. Nonostante le ripetute controversie con il governo e il fatto che l’arcivescovo fosse in certa misura rappresentante della volontà di autonomia della città, la stima imperiale per Pozzobonelli è attestata dal fatto che il 1° dicembre 1771 egli fu insignito dell’importantissima onorificenza di cavaliere di gran croce dell’Ordine di S. Stefano di Ungheria.
Nel 1768 si oppose recisamente al divieto di pubblicazione annuale della bolla In Coena Domini, abitualmente letta il giovedì santo, nella quale si proclamavano i diritti della Chiesa. Una questione molto delicata riguardò la censura esercitata dalla Chiesa e rivendicata a sé dallo Stato come propria prerogativa. L’Inquisizione non fu soppressa ma, alla morte di ogni inquisitore, il regio placet fu negato ai possibili successori, operandosi così uno svuotamento progressivo dell’organismo sino al suo esaurimento, senza provvedimenti drastici.
La soppressione di case religiose con modeste rendite e scarso numero di membri fu inizialmente condotta in accordo tra le due autorità, pur segnalando Pozzobonelli il danno che poteva derivarne sul piano dei servizi pastorali; le difficoltà si accrebbero quando l’autorità civile si volse a un piano generale di contenimento dei regolari e intraprese la strada per un loro progressivo distacco da Roma. Vi fu poi l’imposizione del riordino dei luoghi pii e delle strutture assistenziali, venendo progressivamente a mancare l’accordo tra le due autorità che sino al pieno Settecento aveva retto il governo di tali enti.
Nel 1771 Pozzobonelli affidò alla nota matematica Maria Gaetana Agnesi la responsabilità del settore femminile del Pio albergo Trivulzio. In ogni caso non mancò da parte sua la volontà di collaborazione, ove possibile, con il governo, sulla base di una consolidata tradizione locale che vedeva la cooperazione tra l’aristocrazia e la Chiesa, nel tentativo di mantenere equilibri sociali e politici: tuttavia la realtà era profondamente mutata. Personalmente elargì notevoli somme in beneficenza e stabilì un importante legato testamentario a favore dell’ospedale Maggiore.
Pozzobonelli si oppose inutilmente, nel 1767, alla soppressione delle missioni svolte dai gesuiti nella città di Milano, alle quali egli riconosceva una valenza pastorale forte, non in contrasto, bensì di supporto all’azione svolta dal clero secolare. Altro momento di difficoltà fu costituito dal divieto dell’utilizzo del catechismo di Roberto Bellarmino, che provocò dissidi e sconcerti. L’opposizione di Pozzobonelli a diversi provvedimenti, ferma e moderata al tempo stesso, e la sua personalità costituirono un pur modesto freno alla politica ecclesiastica di Giuseppe II, la cui portata si sviluppò esponenzialmente alla morte dell’arcivescovo. In ogni caso, il suo lungo episcopato fu segnato da una progressiva perdita di autorità.
La preoccupazione pastorale fu al centro della sua azione. Non appena entrato in diocesi, il 1° luglio 1744 indisse la visita pastorale, che prese inizio dalla cattedrale e dalle pievi più lontane, come le Tre Valli svizzere. La diocesi gli era già in parte nota per la sua attività curiale, ma riteneva necessarie una maggiore sistematicità di azione e una più approfondita conoscenza in prima persona, tanto da essere elogiato in un sonetto da Giuseppe Parini, che gli dedicò anche altri componimenti poetici.
Nelle visite ad limina apostolorum indirizzate a Roma Pozzobonelli espresse una valutazione complessivamente positiva per quanto concerne il livello medio del clero, nonostante qualche clamorosa eccezione, e il funzionamento dei diversi seminari, in cui introdusse nuove materie di studio. Vari editti da lui emanati riguardano la disciplina del clero, di cui curava peraltro anche la spiritualità, attraverso esercizi spirituali, svolti soprattutto dagli oblati. Tra le eccezioni figura il noto caso del ladro sacrilego Carlo Sala, che suscitò tensioni con l’autorità civile nel 1774 per ragioni di giurisdizione. Non ebbe successo il tentativo di convocare nel 1761 un sinodo diocesano, in quanto l’autorità civile intendeva interferire in modi considerati inaccettabili. Numerose invece furono le convocazioni di congregazioni dei vicari foranei, ritenute un eccellente strumento di governo nel rapporto centro-periferia (1745, 1748, 1756, 1761, 1766, 1772).
Strategie di evangelizzazione innovative furono favorite attraverso strumenti di per sé tradizionali come l’insegnamento della dottrina cristiana (sempre più ‘specializzato’ e rivolto a categorie particolari di utenti) e la predicazione. Anche il giubileo del 1751, celebrato con grande solennità, fu inteso in tal senso. Nello stesso anno la necessità di lavori allo Scurolo rese necessario lo spostamento del corpo di Carlo Borromeo: circostanza nella quale ebbe luogo una grandiosa processione il 21 settembre, a lavori terminati. Fu anche l’occasione per divulgare nuovamente la Vita di Borromeo. Le devozioni furono controllate, ma non represse, anzi in certa misura incentivate, ma nel quadro di una sostanziale moderazione di stampo forse più salesiano che muratoriano, che non escludeva peraltro l’appoggio a novità, come il culto del S. Cuore. Prudenza e moderazione, accordo tra ragionevolezza e sensibilità caratterizzano gli orientamenti di Pozzobonelli in materia, come si constata anche dalla sua cautela nei confronti delle pratiche esorcistiche.
Nel 1747 fece ristampare le Instructiones fabricae caroline. Durante i primi anni del suo episcopato vi fu un cantiere edilizio, con la benedizione del nuovo tempio di S. Bernardino alle Ossa nel 1754 e con la consacrazione del santuario mariano di Rho l’anno successivo. Nel 1756 Pozzobonelli si recò personalmente in pellegrinaggio a Einsiedeln, in occasione delle feste solenni per la consacrazione del santuario. Una volta terminati i lavori per la guglia maggiore della cattedrale, vi fece porre, nel 1774, la statua della Madonnina. Istituì la congregazione del Rito e promosse gli studi liturgici, in vista della revisione del messale e del breviario, di cui si ebbero nuove edizioni (1751, 1760). Si preoccupò anche di far riordinare l’Archivio della Curia secondo nuovi criteri.
Pozzobonelli aderì all’Accademia dei Trasformati e si pose in rapporto con l’intellettualità del tempo, pur mantenendosi fedele a canoni arcadici. Documenta i suoi orientamenti anche la Quadreria, costituita prevalentemente da vedute e paesaggi, da cui emana lo spirito che anima in buona parte i suoi componimenti poetici, quasi un’evasione da una realtà quotidiana impegnativa e difficile. La maggior parte della collezione fu lasciata per disposizione testamentaria ai suoi successori. Presso i Trasformati Pozzobonelli aveva, nel 1744, conosciuto Maria Gaetana Agnesi, per la quale ebbe grande stima. A lei, allora ventiquattrenne, affidò il compito di esprimere un parere sull’opera del marchese Giuseppe Gorini Corio dal titolo Politica, diritto e religione, stampata a Milano nel 1742, che già aveva suscitato un vivace dibattito ed era stata posta all’Indice.
A causa delle malferme condizioni di salute, Pozzobonelli non partecipò al conclave del 1775, mentre aveva partecipato ai precedenti del 1758 e del 1769, portando in quest’ultimo il veto contro il candidato sgradito all’imperatrice. Nel 1776 fu vicino alla morte; da quel momento il suo stato di salute restò precario, con un ulteriore momento di timore per la sua vita nel 1781.
Morì a Milano il 27 aprile 1783.
Pietro Verri espresse la sua opinione positiva su Pozzobonelli, che aveva conosciuto sin da bambino e riteneva buono e benefico, paziente e lontano dagli eccessi persino nella pietà. Il corpo fu esposto in cattedrale e lì fu sepolto, innanzi all’altare di S. Giuseppe, il 21 maggio 1783, con solenni onoranze funebri. Il suo nome è iscritto nel Famedio.
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