PETRONIO, Giuseppe
Critico letterario, nato a Marano (Napoli) il 1° settembre 1909. Dopo aver studiato a Reggio Calabria, Napoli e Roma, avendo come maestri F. Torraca e G. Gabetti, fu professore d'italiano e latino nei licei, e a Venezia entrò in contatto con importanti personalità della cultura degli anni Trenta iniziando una intensa attività critica, con scritti su Tasso, Leopardi, Manzoni, Verga, Ariosto, i Crepuscolari, Boccaccio. L'opera più importante, Il Decameron: saggio critico (1935), era ancora tutta interna alla metodologia critica crociana, anche se innovativa sul piano dell'interpretazione. Conseguita la libera docenza nel 1936, lo stesso anno iniziò l'insegnamento universitario all'estero, prima a Graz come lettore, poi a Iassi, in Romania (come professore incaricato), ove si accostò alla linguistica. Ne ricavò suggestioni che, affiancandosi a un più maturo ripensamento del De Sanctis soprattutto della Storia della letteratura, sollecitavano il processo di distacco dal crocianesimo; il che avvenne in due opposte direzioni, di cui P. tentava la difficile sintesi: l'attenzione al linguaggio e alla tecnica e l'esigenza di una lettura storicizzante. Un processo che si andava saldando al contemporaneo chiarirsi e consolidarsi del suo personale antifascismo. La rottura col crocianesimo è evidente nell'impostazione del saggio su Mastro don Gesualdo, scritto tra il 1944 e il 1945, e nel commento al Boccaccio del 1950, la cui introduzione però risale al 1938-43. Nel clima culturale e politico del dopoguerra ha luogo, dopo una fase azionistica, l'approdo di P. al marxismo. È un periodo d'intensa attività politica e sindacale, dapprima nelle file del Partito socialista, successivamente in quelle del Partito comunista. Sul terreno della critica, sotto l'influenza di Gramsci e poi di Lukács, ogni sforzo è rivolto all'elaborazione di un metodo di lettura che riconduca a unità la dimensione sociologica e la realtà formale dell'opera d'arte. Nel 1955 P. ottenne la cattedra di Letteratura italiana nell'università di Cagliari, dove insegnò per nove anni, poi − sino alla fine della carriera − in quella di Trieste.
La riflessione metodologica di P. è legata all'impresa di una nuova storia della letteratura, ispirata a un moderno storicismo, che inquadri autori e opere entro il sociale, in riferimento alle forme concrete di organizzazione della cultura e in rapporto al pubblico: è del 1964 infatti il notissimo manuale L'attività letteraria in Italia, più e più volte rielaborato e aggiornato negli anni successivi. Il meglio della mai interrotta riflessione teorica di P. sulla letteratura e sulla storiografia letteraria si legge nei volumi Invito alla storia letteraria (1970), Strutturalismo: ideologie e tecniche (1973), Teorie e realtà della storiografia letteraria (1981), Metodo e polemica (1986). Questo lavoro era stato preceduto e accompagnato da una fitta produzione critica, in cui il metodo veniva concretamente definendosi e articolandosi: con le edizioni, introdotte e curate, dei Poemetti del Duecento (1951), delle Commedie di Goldoni (1958), dei Poeti minori dell'Ottocento (1959), delle Opere di Carlo Gozzi (1962); con le storie della critica su Boccaccio (1954), D'Annunzio (1956) e il Romanticismo (1960); con saggi e volumi, quali La posizione del ''Decameron'' (1957), il fondamentale Parini e l'Illuminismo lombardo (1961), la raccolta Dall'Illuminismo al verismo. Saggi e proposte (1962), di cui va ricordato in specie il saggio Illuminismo, preromanticismo, romanticismo.
Dalla fine degli anni Settanta P. ha spostato l'asse del proprio interesse verso i problemi della letteratura di massa e di consumo: Letteratura di massa e letteratura di consumo (1979) e Il punto su: il romanzo poliziesco (1985). Intensa è la sua attività di direzione editoriale presso le case editrici Palumbo e Laterza. Ha fondato (1967) e dirige la rivista Problemi.