Patroni Griffi, Giuseppe
Scrittore, drammaturgo, regista teatrale, cinematografico e sceneggiatore, nato a Napoli il 27 febbraio 1921. Il suo cinema, direttamente derivato dal suo mondo di scrittore e dallo stile, raffinato ed estetizzante, delle messe in scena teatrali, si è orientato verso l'approfondimento di tematiche legate alle contraddizioni del mondo borghese ma anche al gioco psicologico di personaggi nevrotici e spesso morbosi. Il suo film più riuscito in tal senso, Metti, una sera a cena (1969), ha fatto presagire nella sua carriera un doppio percorso tra teatro e cinema, che di fatto è venuto poi a mancare, dal momento che in lui l'interesse per il palcoscenico ha finito per prevalere su quello per il grande schermo. La cura nella direzione degli attori è risultata una costante del suo cinema e delle sue messe in scena teatrali.
Partecipe dal 1944 a Napoli del vivace Gruppo di Chiaia (insieme, tra gli altri, al regista Francesco Rosi e allo scrittore R. La Capria), nel dopoguerra si trasferì a Roma, dove lavorò alla radio, contribuendo al rinnovamento dell'originale radiofonico, come mostra Il mio cuore è nel Sud, che vinse nel 1950 il Microfono d'argento. Il copione di Lina e il cavaliere (1958), cui pose mano con Enrico Medioli, Franca Valeri e Vittorio Caprioli, costituì il punto di avvio di una lunga attività che lo vedrà ricoprire di volta in volta il ruolo di commediografo, regista e organizzatore teatrale.Il teatro di P. G. si muove su due linee. La prima si riallaccia alla poetica della 'napoletanità': in testi quali In memoria di una signora amica (1963, regia teatrale di Francesco Rosi) e Persone naturali e strafottenti (1974) emerge una città che si salva da un opaco presente in virtù dell'inventiva linguistica, della 'grazia strampalata' di figure destinate alla scomparsa. La seconda risponde invece a richiami cosmopoliti e colloca spunti insoliti e anticonformistici in spettacoli di notevole professionalità destinati a un largo pubblico e che contengono molti spunti cinematografici, tanto che è stata poi naturale una loro trasposizione sullo schermo: D'amore si muore (1958), ridotto per il cinema da Carlo Carunchio nel 1972, racconta il permanere di passioni estreme in giovani arrivisti; Anima nera (1960), da cui Roberto Rossellini ricavò un film nel 1962, mette in scena i trascorsi di un ragazzo di vita; Metti, una sera a cena (1967) descrive i rapporti di scambio in un gruppo.
Nel cinema fornì buone prove nel lavoro di sceneggiatore, iniziato nel 1952 e sempre condotto in collaborazione con altri: si ricordano I magliari (1959) e C'era una volta… (1967) di Rosi, Lettere di una novizia (1960) di Alberto Lattuada, La ragazza con la valigia (1961) di Valerio Zurlini, La strega bruciata viva di Luchino Visconti, episodio del film collettivo Le streghe (1967). Una volta passato dietro la cinepresa rivelò però un minor controllo delle proprie potenzialità. Ha un taglio sperimentale il suo primo film, Il mare (1962), sorta di antiromanzo che si affida a suggestioni visive per affrontare il tema dell'omosessualità. Metti, una sera a cena, caratterizzato da dialoghi pungenti e da una recitazione degli attori ben orchestrata, è impostato sulla nevrotica conversazione di sodali che si amano e si odiano. In Addio, fratello crudele (1971) ‒ trascrizione di 'Tis pity she's a whore, fosco dramma dell'elisabettiano J. Ford ‒ colpisce l'occhio ghiacciato del regista nel riordinare materiali narrativi brucianti (un amore incestuoso nella Mantova cinquecentesca, seguito da uno squartamento). Quasi privo di suspense è Identikit (1974), dal romanzo The driver's seat di M. Spark. Alleggerito da guizzi ironici è Divina creatura (1975), dal romanzo La divina fanciulla di L. Zuccoli, sui casi dell'infelice Manuela sedotta da un nobile e avviata sulla strada della perdizione: come il successivo La gabbia (1985), conferma che le pulsioni presenti nel cinema di P. G. non danno luogo a persuasivi 'racconti ambigui' e rimangono soffocate da un pur raffinato involucro. La fiction televisiva La romana (1988), riduzione del romanzo di Alberto Moravia assai più elaborata di quella allestita nel 1954 da Luigi Zampa, benché sia un film di confezione, presenta un tratto elegante e una professionalità rare in questo genere. Nel 1999 è stata pubblicata l'edizione di Tutto il teatro.
F. Bolzoni, La barca dei comici, Roma 1986, pp.143-44; Giuseppe Patroni Griffi e il suo teatro, a cura di A. Bentivoglio, Roma 1998.