MENTESSI, Giuseppe
– Nacque a Ferrara il 29 sett. 1857 da Michele e da Teresa Bentini, commercianti di modeste condizioni.
Costretto alla povertà dalla morte del padre (1864), avviò la propria formazione artistica grazie ai sacrifici della madre. Dal 1870 al 1872 frequentò la scuola d’ornato del Civico Ateneo ferrarese, insieme con G. Previati, del quale sarebbe rimasto amico per tutta la vita. Nel 1872 ottenne una menzione onorevole nella classe elementare di assonometria tenuta da A. Barlaam, con il quale avrebbe poi collaborato per i corsi di disegno nell’anno scolastico 1875-76. Con i sussidi del Comune e dell’amministrazione provinciale di Ferrara, proseguì gli studi presso la Regia Accademia di Parma, dove frequentò tra il 1873 e il 1876 i corsi di ornato e scenografia tenuti da G. Magnani e da G. Giacopelli, avviando al contempo alcune collaborazioni con il teatro Regio. Nel 1876 fu premiato con una medaglia d’oro per un saggio d’invenzione scenografica, Atrio d’un camposanto (Parma, Accademia nazionale di belle arti), che espose quello stesso anno alla Mostra permanente della Società di belle arti Benvenuto Tisi da Garofalo di Ferrara. Di tale studio il Comune di Ferrara commissionò al M. una replica, Notturno (1876-77), oggi presso il Museo dell’Ottocento nella stessa Ferrara.
Incoraggiato da Previati, nel 1877 il M. si trasferì a Milano per proseguire gli studi presso l’Accademia di Brera, dove si iscrisse alla scuola di prospettiva diretta da L. Bisi e l’anno successivo vinse una medaglia d’argento.
Vi frequentò il corso di elementi di architettura e quello di scenografia tenuto dallo scenografo verdiano C. Ferrario, tramite il quale ottenne incarichi al teatro alla Scala. Suoi compagni di studio furono, oltre a Previati, che lo introdusse nell’ambiente progressista e bohémien della scapigliatura milanese e della Famiglia artistica, E. Longoni, G. Segantini, L. Bistolfi, G. Sottocornola, A. Pusterla, G. Belloni.
Nel 1878 visitò con Previati l’Esposizione universale di Parigi e l’anno seguente ottenne il primo premio al concorso dell’Istituzione Girotti con un Modello di anfora nello stile della fine del secolo XV. Nel 1880 vinse il primo premio d’incoraggiamento nella classe d’architettura e fu quindi nominato assistente di L. Beltrami negli insegnamenti di disegno architettonico e di geometria elementare. Il M. poté allora disporre di uno stipendio di 89 lire mensili e decise di farsi raggiungere a Milano dalla madre, che avrebbe vissuto con lui fino alla morte (1910).
Ancora nel 1880 il M. partecipò all’Esposizione nazionale di Torino con un modello e un disegno architettonico di una porta del duomo di Milano, connessi al progettato rifacimento della facciata. Con i dipinti Piccolo chiostro della certosa di Pavia e Sostra di legna e di carbone (ubicazione ignota: ripr. in G.M. ..., 1999, p. 4), eseguiti a Pavia durante il soggiorno estivo in compagnia di Belloni, nel 1882, inaugurò le proprie presenze alle esposizioni annuali dell’Accademia di Brera, cui avrebbe in seguito partecipato regolarmente. Ricevette nello stesso anno l’incarico dell’insegnamento di geometria elementare presso la Scuola festiva degli artieri, che avrebbe mantenuto fino al 1912. Partecipò nel 1883 all’Esposizione nazionale di Roma con il dipinto Ingresso della certosa di Pavia e, per la sezione d’arte industriale, con un’anfora con bacile in bronzo. Disegnò nel 1884 una Veduta del nuovo opificio Ricordi costruito a Milano in viale di Porta Vittoria che, tradotta in incisione, fu data in omaggio a tutti gli invitati per l’inaugurazione dell’edificio. Realizzò nel 1886 le decorazioni, oggi perdute, per la facciata del palazzo della Permanente progettato da Beltrami, con il quale pubblicò l’anno seguente il suo primo testo di carattere didattico dal titolo Raccolta di motivi decorativi per l’insegnamento del chiaroscuro nelle scuole (Milano 1887). L’interesse divenuto prevalente per la pittura di paesaggio fu consacrato nel 1887 dall’affidamento al M. della cattedra di paesaggio presso la scuola di prospettiva di Brera.
In quegli stessi anni le tele S. Marco (1888: Ferrara, Museo dell’Ottocento), Ricordi di Venezia, Nebbie del mattino e La piazzetta ducale di S. Giorgio esposte alle mostre della Promotrice di Torino nel 1889 e 1890, e le tempere Venezia. La città dei maghi (Notturno) e Venezia. La città dei maghi. L’ombra del campanile (entrambe del 1888, conservate a Milano in collezione privata) documentano i soggiorni del M. a Venezia e l’interesse per i soggetti legati al mondo del fantastico e per le atmosfere notturne, in linea con la ricerca pittorica simbolista, che si andava allora diffondendo in Europa, e con le tematiche sviluppate anche da Previati e da Conconi. Con questi artisti collaborò inoltre nel 1890 alla decorazione del loggiato della villa Facheris a Inzago.
L’adesione del M. alle tendenze simboliste è testimoniata, con esiti di rilievo, dalle Fantasie architettoniche (ubicazione ignota: in parte ripr. in Majno, 1932), esposte a Milano alla Famiglia artistica nel 1891, accanto ai disegni fantastici per i Racconti straordinari di E.A. Poe di Previati. Il M. svolse nel decennio a cavallo fra Otto e Novecento una prolifica attività di illustratore e acquafortista, favorita anche dalla predilezione che mostrò per l’artista la stampa socialista milanese. Tra i testi che il M. illustrò in quegli anni si ricordano Il lazzaretto di Milano di L. Beltrami, pubblicato nel 1893 senza indicazione di luogo, e Teresa di Neera (Anna Radius Zuccari) del 1897, Mater dolorosa di G. Rovetta del 1898, il Canzoniere veronese di B. Barbarani del 1901, La cattedrale del 1903 e La reggia del 1906 di F. Chiesa, tutti stampati a Milano. Lavorò anche alle serie di Attraverso gli albi e le cartelle: sensazioni d’arte di V. Pica (Bergamo 1901-10), e fu chiamato a collaborare alla realizzazione degli apparati figurativi della nuova edizione della Divina Commedia dei fratelli Alinari (Firenze 1902-03).
La svolta del M. verso una pittura di contenuto sociale e la sua adesione alla tecnica divisionista si ebbero con Ora triste (Milano, Pinacoteca Ambrosiana), opera presentata nel 1891 alla I Triennale di Brera, nella quale risulta evidente la sua capacità di rappresentare la sofferenza degli umili, i loro sentimenti più profondi, con un’abilità che gli fu riconosciuta in particolare da Neera e da Pica (G. M. …, 1999, p. 32). Il M. si accostava nello stesso periodo al socialismo umanitario di F. Turati, iniziando a frequentare il legale di fiducia di questo, l’avvocato L. Majno, e la moglie Ersilia Bronzini, con i quali ebbe uno stretto legame fino alla morte, tanto da nominarli suoi eredi universali. Invitato a partecipare alla I Biennale di Venezia, nel 1895, vi presentò Panem nostrum quotidianum (Ferrara, Museo dell’Ottocento), opera manifesto che fu acclamata come il suo capolavoro, nella quale affrontava la piaga della pellagra, una malattia da denutrizione assai diffusa nelle campagne del Ferrarese. Partecipò in seguito regolarmente alla Biennale veneziana fino al 1914, a esclusione dell’edizione del 1910.
I moti milanesi del maggio 1898 furono vissuti con grande partecipazione emotiva dal M. che ne trasse ispirazione per le opere L’arrestato (Bologna, collezione privata: studio preparatorio nel Museo dell’Ottocento di Ferrara), a tempera e a pastello, e Lagrime (Milano, collezione privata: ripr. in G. M. …, 1999, p. 33). Quest’ultimo lavoro fu realizzato stendendo il colore in lunghi tratti, associando pastelli e tempere, secondo una personale elaborazione della tecnica divisionista. Progettò nello stesso anno il trittico Il lavoro redento per il salone della Società di mutuo soccorso e miglioramento fra i conduttori delle ferrovie italiane a Milano (in situ), poi eseguito dagli allievi I. Cantinotti, G. Zuccaro, A. Quarantelli e A. Rizzi (Ginex, 1992). Nella seconda metà degli anni Novanta si collocano gli episodi più significativi della sua attività decorativa, ossia le pitture murali per villa Paradiso a Montesiro, su commissione di G. Pisa, per la cappella Delmati nel cimitero di Lenno, per la cappella Gnecchi Ruscone nel cimitero di Verderio, e la serie di tele di santi per la basilica di S. Babila a Milano (Antonio, Chiara, Bonaventura, Carlo, Elisabetta e Ludovico nella cappella di S. Francesco e Teresa, Elisabetta, Gioacchino, Giuseppe, Zaccaria e Anna in quella di S. Giuseppe).
Alla Biennale di Venezia del 1899 espose Visione triste (Venezia, Ca’ Pesaro), che presentò nuovamente all’Esposizione universale di Parigi del 1900, dove ottenne la medaglia d’argento.
Questo grande quadro a tempera e a pastello offre una raffigurazione della condizione contadina intesa come un doloroso calvario umano; ed è un’opera cardine del passaggio del M. dalle poetiche del verismo sociale a quelle del simbolismo a carattere religioso. Con Previati il M. fu uno dei protagonisti più significativi dell’arte lombarda a cavallo tra Otto e Novecento, di quella stagione artistica che muove dal realismo di tema sociale a un simbolismo dal respiro europeo, come conferma la sua presenza, nel 1900, alla rassegna dedicata a «La pittura lombarda del secolo XIX» presso la Permanente di Milano. La notorietà del M., in quegli anni, è testimoniata inoltre dai riconoscimenti ufficiali che gli furono tributati per opere quali Madre operaia (ubicazione ignota: ripr. in G. M. …, 1999, p. 13), uno studio a pastello esposto nel 1900 alla IV Triennale milanese, con il quale vinse il premio Principe Umberto, il più ambito premio braidense e il trittico a pastello Gloria!, che alla Biennale veneziana del 1901 fu acquistato dallo Stato per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (in situ). Nel 1906 presentò all’Esposizione della Società di belle arti di Milano Il morticino (Milano, Galleria d’arte moderna), opera che ripropose alla Permanente del 1910.
Proseguiva intanto l’impegno del M. in ambito didattico: dal 1902 fu chiamato a dirigere la Scuola festiva di disegno professionale per le «piscinine», giovani operaie apprendiste, presso l’Unione femminile nazionale e nel 1907 succedette a Ferrario come titolare dell’insegnamento di prospettiva e scenografia a Brera, incarico che avrebbe ricoperto fino al 1923.
Alla sua visione dell’insegnamento come missione umanitaria si devono l’istituzione all’interno dell’Accademia di corsi professionali di disegno aperti a operai, orfani, mutilati di guerra e sartine. Il M. riteneva che l’insegnamento dell’arte dovesse favorire lo sviluppo delle inclinazioni personali di ogni studente e fornire uno strumento per esprimere pienamente il proprio sentire (G. M. …, 1999, pp. 25 s.). Il M. introdusse anche un’innovazione nel metodo didattico per l’insegnamento della geometria proiettiva con l’invenzione di set prospettici (metodo del quadrettato) dove posizionare gli oggetti copiati dal vero. Il M. espose le sue teorie sull’insegnamento nei due volumi Programma per l’insegnamento del disegno elementare nelle scuole serali maschili e festiva femminile (Milano 1903) e Insegnamento razionale dei primi elementi del disegno con esempi di applicazione professionale, con la prefazione di E. Majno (Roma 1911). Nel 1920, a Milano, fu pubblicato il testo Relazione e programmi per l’insegnamento del disegno nelle scuole professionali ed operaie concordati da G. Mentessi, P. Chiesa, A. Cattaneo.
Nel 1907 espose alla Biennale di Venezia la tela di gusto simbolista e liberty Pace (Ferrara, Museo dell’Ottocento), che non incontrò i favori delle nuove generazioni, che ritenevano il M. un pittore ormai non più aggiornato sulle nuove tendenze dell’arte. Alla successiva edizione della Biennale veneziana, nel 1909, presentò Ramingo (Lugano, Museo civico di belle arti), a tempera e a pastello, una delle sue ultime opere ispirate alle tematiche del realismo sociale, in quanto, nel secondo decennio del Novecento il M. tornò a dedicarsi alla pittura di paesaggio, come testimoniano i dipinti dedicati alla villa Pliniana di Torno, realizzati durante i suoi soggiorni sul lago di Como, a Torno e Lenno. Sempre nel 1909 fu chiamato a far parte della Commissione per la riforma delle scuole di disegno professionale del Canton Ticino.
Nel 1911 presentò all’Esposizione internazionale di Roma Il dominatore (Roma, Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea: uno studio preparatorio intitolato Il Sepolcro è conservato presso il Museo dell’Ottocento a Ferrara). «Fantasia eroica di rara suggestione» (Marangoni), che rielaborava le Fantasie architettoniche degli anni Novanta, Il dominatore fu acquistato dal Comune di Roma. Nel 1912 partecipò alla Biennale di Venezia con L’anima delle pietre e Fiori; nel 1914 prese parte per l’ultima volta alla rassegna veneziana con il trittico a tempera su tavola Settimana di passione (Ferrara, Museo dell’Ottocento). Dal 1913 al 1916 il M. partecipò alle esposizioni primaverili della Permanente di Milano. Negli anni della prima guerra mondiale collaborò con l’Illustrazione italiana e dipinse una serie di opere ispirate al conflitto, presentate alle rassegne a tema organizzate dalla Permanente milanese. Emergono fra queste l’acquerello di Ferrara, Museo dell’Ottocento, Bersaglio. Il bombardamento della cattedrale di Reims (1915) e Pro patria iustitia et iure gentium (1917), in collezione privata. Nel 1918, durante un lungo soggiorno ad Assisi, realizzò una serie di opere, alcune delle quali furono selezionate da E. Janni per illustrare il volume Le vie del santo: spiriti e luoghi del poema francescano (Bergamo 1927).
Partecipò nel 1921 alla I Biennale romana con il trittico Eterno altare, che riproponeva in chiave religiosa il tema prediletto della maternità. Da quell’anno e fino al 1924 trascorse lunghi periodi a Roma, dove disegnò una serie di vedute di monumenti e rovine, raccolte nel volume di Beltrami, Roma (Bergamo 1925). Un insieme di questi disegni è oggi conservato nelle collezioni della Cassa di risparmio di Ferrara.
L’esposizione della Società amatori e cultori di Roma gli dedicò nel 1922 una sala personale, dove le vedute romane erano presentate accanto al trittico Settimana di passione. Una serie di Impressioni romane fu esposta con successo nel 1923 alla galleria Pesaro di Milano. In seguito al suo pensionamento, gli fu conferita nel giugno del 1924 la medaglia d’oro di benemerito dell’istruzione, cui seguì in agosto la nomina a professore emerito della Reale Accademia di belle arti di Milano.
Emergono fra le tele degli ultimi anni, dedicati soprattutto alla pittura di paesaggio, alcuni dipinti di figura quali l’Autoritratto del 1926 e Gioie materne del 1928 (entrambi a Ferrara, Museo dell’Ottocento). Dal 1927 fino alla morte l’artista lavorò alla sistemazione del cimitero di Torno, in collaborazione con l’ingegnere E. Prandoni. Un importante nucleo di sue opere fu esposto alla Mostra d’arte ferrarese tenutasi a Ferrara nel 1928. Fra 1929 e 1930 eseguì nei frequenti soggiorni a Roma un nuovo ciclo di Impressioni romane, caratterizzate dal riaffiorare di quella vena onirica e fantastica che aveva connotato i suoi lavori di scenografia degli esordi e i dipinti veneziani. Sue ultime opere furono, nel 1930, le tele Ore liete e Roma (entrambe a Ferrara, Museo dell’Ottocento) e le pitture murali, oggi perdute, per il refettorio dell’asilo Mariuccia di Milano, istituzione benefica fondata da Ersilia Bronzini.
Il M. morì a Milano il 14 giugno 1931 e fu sepolto nel cimitero monumentale della certosa di Ferrara.
FONTI E BIBL.: Milano, Archivio storico dell’Unione femminile, Fondo Famiglia Majno (carteggi e documenti inediti del M.); V. Pica, Artisti contemporanei: G.M., in Emporium, XVIII (1903), 105, pp. 163-179; G. Marangoni, L’Esposizione internazionale di Roma. Arte e melancolie italiche, in Natura ed arte, 1911, n. 15, p. 238; E. Majno, G.M., Milano 1932; G. M.: 1857-1931. Mostra antologica (catal.), Ferrara 1972; L. Scardino, Inediti di G.M., in La Pianura, 1989, n. 1, pp. 101-103; F. De Caria – D. Taverna, Appunti su Evangelina Alciati (1883- 1959). Con carteggi inediti di G. M. e Ferruccio Ferrazzi, Torino 1991; G. Ginex, in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, pp. 915 s.; Id., Il lavoro redento: il trittico dei ferrovieri nel salone della Società di mutuo soccorso e miglioramento fra i conduttori delle ferrovie italiane, Milano 1992; G.M.: opere nelle collezioni del Museo dell’Ottocento di Ferrara (catal.), a cura di M. Toffanello – B. Avanzi, Ferrara 1999 (con bibl. precedente);U. Thieme – F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 398; The Dictionary of art, XXI, p. 139.