GENÈ, Giuseppe
Nacque il 9 dic. 1800 a Turbigo, in provincia di Milano, da Francesco e da Petronilla Cormani. Seguì i corsi di latino, lettere umane e retorica a Busto Arsizio e a Gorla; andò poi a Pavia per essere aggregato al collegio di filosofia dell'Università, ma, mentre si accingeva a iniziare il corso di matematica, una grave e lunga malattia lo costrinse all'inattività, durante la quale si dette a letture di opere naturalistiche. Di questi studi si entusiasmò e in essi progredì tanto che, consigliato anche da G.M. Zendrini, L.V. Brugnatelli e M. Rusconi, professori a Pavia, decise di seguire i corsi di scienze naturali allora inseriti nella stessa facoltà di filosofia, potendo intanto usufruire liberamente del museo e della biblioteca dell'università. Si laureò a ventun anni e tornò nel suo paese, ove trascorse quasi sei anni nella ricerca sul campo, dedicandosi agli Insetti, dei quali osservava soprattutto costumi e istinti. Raccolse una ricca collezione di esemplari nei territori montuosi e di pianura della Lombardia prima, dell'Appennino ligure poi; infine si recò in Ungheria. Nel 1827 fu chiamato a Pavia dallo Zendrini, come assistente alla cattedra di storia naturale.
Uno dei suoi primi lavori fu il Saggio sugli Insetti più dannosi in agricoltura (Milano 1827), che aprì una serie dedicata all'entomologia applicata all'agricoltura: la classificazione seguita è quella di P.-A. Latreille (Genera Crustaceorum et Insectorum, Paris-Strasbourg 1806-09), che raccoglieva gli Insetti propriamente detti insieme con i Crostacei e con i Miriapodi in una divisione più generale; le specie trattate nel saggio sono quelle che danneggiano le derrate alimentari, che parassitano piante coltivate e animali domestici, a combattere la diffusione delle quali l'autore offre consigli e suggerimenti. Due anni più tardi il G. pubblicò i risultati di una ricerca condotta sui Coleotteri, le cui uova e larve riuscì ad allevare fino alla metamorfosi, per conoscere il processo e il materiale usato dalle femmine per costruire gli involucri protettivi delle uova nel momento della deposizione (Memorie per servire alla storia naturale dei crittocefali e delle clitre, in Biblioteca italiana, LV [1829], pp. 134-143, tradotta anche in francese da J.-V. Audouin). Scoprì che il materiale non è terra impastata con un liquido organico - come altri entomologi, quali Latreille, J.G. Hubner e L. Dufour, avevano creduto - ma escrementi propri che l'insetto utilizza realizzando economia di mezzi e di energie; tale costume può essere assunto come carattere distintivo di famiglia naturale e si modula variamente nelle specie affini. Il G. richiama a questo proposito quel concetto di "scala della natura" al quale ha mostrato in altre occasioni di aderire. Dei crittocefali e delle clitre illustra anche la morfologia generale, le differenze sessuali e ne annota i nemici naturali.
Alle osservazioni sul campo condotte in quegli anni, abbandonate quando divenne professore a Torino, il G. ritornò anni dopo scrivendo la Memoria per servire alla storia naturale di alcuni imenotteri (in Mem. della Soc. ital delle scienze residente in Modena. Mem. di fisica, XXIII [1842], pp. 30-62), ricca di annotazioni originali sui costumi di alcune specie di formiche e vespe. Vi descrive la morfologia esterna, l'origine, costituzione e crescita delle società di Myrmica Redii, i comportamenti alimentari, riproduttivi e simbiontici della Vespa crabro, la deposizione e cure parentali dell'Osmia ferruginea (anticipando in larga parte le descrizioni su questo soggetto di J.-H. Fabre dei Souvenirs entomologiques [Paris 1879-1907]), il parassitismo larvale delle Xylocopa violacea. Alla serie agronomica appartengono le osservazioni Sulle memorie relative alla larva e alla mosca delle olive presentate alla sezione di agronomia del Congresso degli scienziati del 1846 (Torino 1847); gli era stato infatti affidato l'esame critico di sette memorie sui mezzi per proteggere gli oliveti dall'attacco di una mosca, il Dacus oleae, durante gli incontri della ottava adunanza degli scienziati italiani. Adempì all'incarico individuando errori e pregiudizi e indicò come causa principale della diffusione del parassita l'usanza seguita, al fine di ottenere un olio più chiaro, di ritardare la raccolta delle olive; tale ritardo favoriva la sopravvivenza delle larve, ospiti delle drupe, durante la stagione fredda. Il suggerimento di una raccolta precoce, peraltro adombrata anche da altri autori, è lo stesso dato da E. Cantoni per la difesa delle colture nella sua fondamentale Monografia sull'olivo (Torino 1880).
Legatosi frattanto di amicizia e stima con S. Borson ed E. Sismonda, mineralogisti dell'Università di Torino, il G. fu invitato, anche per diretto interessamento di costoro, a supplire F.A. Bonelli, ammalato, nell'insegnamento di zoologia a Torino. Morto il Bonelli nel 1830, gli succedette, come reggente nel 1831 e l'anno dopo a pieno titolo. La carica era prestigiosa anche perché associata alla direzione del Museo di scienze naturali che lo stesso Bonelli aveva ricostruito e portato a grande dignità scientifica. Il museo - creato nel 1739 da G.B. Bianchi dalla cattedra di anatomia, per interessamento di Carlo Emanuele III, con sezioni di matematica, fisica, botanica, anatomia e varia - era istituzione parallela al gabinetto di storia naturale realizzato dall'Accademia delle scienze di Torino, con il quale fu poi fuso per volere di Napoleone.
Il G. continuò l'opera di arricchimento e ordinamento grazie anche alle donazioni fatte al museo. Volle inoltre che fossero curate le determinazioni scientifiche degli esemplari ivi custoditi e affidò gran parte di questo lavoro a V. Ghiliani. Quanto ai metodi di classificazione adottati, cercò di combinare per i vari tipi zoologici i quadri allora più accettati, limitandosi a intervenire soltanto in riferimento alle specie e ai generi, con correzioni basate su osservazioni personali. Mammiferi, Rettili e Pesci seguirono la classificazione di G. Cuvier, gli Uccelli quella di J.E. Gray del Catalogue of birds, London 1848-56 (sebbene solo parzialmente, perché il G. morì prima che la pubblicazione del Gray fosse completata), i Molluschi quella di H.-M. Ducrotay de Blainville, secondo le scelte del Bonelli aggiornate da contributi più moderni, e i Crostacei quella di H. Milne-Edwards. Per Insetti e Aracnidi fu mantenuta la classificazione di Latreille. Non era certo il migliore dei criteri classificatori quello di mettere insieme autori con orientamenti diversi se non contrastanti, ma in quegli anni non era facile scegliere tra i tanti sistemi che venivano proposti, alcuni basati sull'idea, variamente espressa e interpretata, che il regno animale formi una serie graduale, altri su quella che le forme animali siano costruite su alcuni fondamentali e differenti piani di struttura.
Troppo occupato con l'insegnamento e la direzione del museo il G. non poté più seguire sul campo il suo lavoro sugli Insetti; tuttavia arricchì la sua produzione con alcuni importanti saggi. Nella Memoria per servire alla storia naturale di una specie di Cecidomia che vive sugli Iperici (in Mem. dellaR. Acc. dellescienzedi Torino, s. 1, XXXVI [1833], pp. 287-294) descrisse la formazione di galle per trasformazione delle foglie nell'iperico operata da questo piccolissimo dittero; nel 1836 espose in De quibusdam Insectis Sardiniae, I, ibid., s. 1, XXXIX (1836), pp. 161-199, e II, ibid., s. 2, I (1839), pp. 43-84, un lavoro di raccolta e determinazione svolto sul materiale rinvenuto nell'isola. Vi dava la diagnosi breve di 83 specie, di cui 58 nuove, in particolare Cicindele, correggendo errori di sinonimia e consegnando l'opera alla discussione critica degli specialisti.
Probabilmente suggerite da alcuni appunti sullo stesso oggetto lasciati dal Bonelli, seguirono tre brevi monografie sul genere Forficula (Saggio di una monografia delle Forficule indigene, in Annali delle scienze del Regno Lombardo-Veneto, II [1832], pp. 215-228; Descrizione di una nuova Forficula italiana, ibid., III [1833], pp. 188 s.; Descrizione di cinque nuove Forficule d'Europa con alcune osservazioni intorno a varie specie di questo genere, ibid., VII [1837], pp. 82-90) per illustrare alcune specie di Ortotteri da lui raccolti in viaggio o ricevuti da altri naturalisti, ordinarle, indicarne l'habitat e le modificazioni relative alla distribuzione geografica. L'ultimo contributo originale sugli Insetti fu quello in cui il G. chiarì il modello di copulazione degli Issodi o zecche, variamente e sempre confusamente descritto da altri entomologi.
Studiò accuratamente l'ovidotto, l'ovaio, la borsa spermatica, la deposizione, scoprì quegli organi complessi interni che poi si estroflettono nella copula e la ghiandola cefalica vicino allo scudo dorsale, secernente una sostanza viscida che facilita il trasferimento delle uova sul dorso, chiamata appunto organo del Gené (Memoria per servire alla storia naturale degli Issodi, in Mem. dellaR.Acc. dellescienzedi Torino, s. 2, LI [1848], pp. 751-786).
Dal 1833 al 1838, per desiderio del re Carlo Alberto che intendeva promuovere la conoscenza della Sardegna, il G. fece quattro viaggi esplorativi nell'isola con Alberto Ferrero della Marmora, il Ghiliani e un preparatore. Oltre agli Insetti, vi raccolse Molluschi, Rettili, Uccelli e Mammiferi che arricchirono il museo e che gli suggerirono il progetto - non realizzato - di compilare una Fauna sarda (quella di F. Cetti era ancora prelinneana). Agli studi sugli Insetti aveva da tempo affiancato quelli sui Vertebrati, accentuando qui l'interesse alla morfologia, per individuare i caratteri che potessero servire a delimitare chiaramente l'ambito di ogni specie.
La "filosofia naturale" dei tre zoologi che si succedettero nell'insegnamento della zoologia a Torino esprime un tratto della storia del pensiero evoluzionistico in Italia. F.A. Bonelli, a proposito della variabilità delle specie, mostrò di condividere le posizioni trasformistiche di impostazione lamarckiana, prima esponendole dalla cattedra e poi, all'avvento della Restaurazione in Piemonte, affidandole a manoscritti, in seguito ritrovati e studiati da L. Camerano; il successore del G., F. De Filippi, inizialmente indeciso tra la posizione fissista di Cuvier e l'ipotesi trasformista, accolse poi la teoria darwiniana dell'evoluzione che egli fu il primo a esporre pubblicamente in Italia nella conferenza divenuta famosa L'uomo e le scimie del 1864 (in Il Politecnico, s. 3, XXI, pp. 5-32). Tra i due il G. che, pur legato al Bonelli da rispetto e amicizia, non ne raccolse il pensiero e omise, nell'elogio funebre a lui dedicato, qualunque riferimento a idee trasformiste, si dichiarò invece convinto che le specie non "potessero mai confondersi". Lo scrisse nelle Considerazioni generali sulle pecore e sulle capre con alcune speciali riflessioni sul mufflone (Ovis traghelaphus) africano, in Annali delle scienze del Regno Lombardo-Veneto, IV (1834), pp. 144-147, ove si oppose alle attribuzioni di sistematici come P.S. Pallas, N.G. Leske, J.K.W. Illiger, C. Ranzani e G. Cuvier che negarono l'esistenza di un genere naturale Capra e lo unirono a Ovis per la mancanza di caratteri buoni e costanti e per la possibilità di ibridazioni. Infatti, asseriva il G., anche se l'addomesticamento può alterare gli istinti e mutare parzialmente l'aspetto, esiste una "provvidenza alla cui generalità non derogano molte dicerie e molti fatti più supposti che veri e che è fra i testimoni dell'infinita sapienza del creatore" (ibid., p. 145). Un carattere che permette di distinguere le capre dalle pecore è un canale interdigitale, da lui già individuato in un precedente lavoro (Observations sur quelques particularités organiques du chamois et des moutons, in Mem. dellaR. Acc. dellescienzedi Torino, XXXVII [1834], pp. 195-205), presente solo nelle pecore. L'errore degli zoologi che ignorarono questo fatto consistette nella collocazione di una specie selvaggia, il muflone d'Africa nel genere Ovis.
Negli anni dell'attività del G. si svolsero numerosi congressi degli scienziati italiani; nel 1839 il G. intervenne a quello di Pisa e fu segretario della sezione di zoologia retta da Carlo Luciano Bonaparte, mentre fu ospite del secondo congresso a Torino e, sotto la presidenza del conte Alessandro di Saluzzo, svolse le mansioni di segretario generale. Alla terza riunione di Firenze fu presidente della sezione di zoologia e intervenne all'ottava di Genova come membro dell'Accademia delle scienze. Fu l'occasione in cui l'entomologia italiana, che fino ad allora aveva come principale riferimento la traduzione di Milne-Edwards, poté presentare un aspetto originale con l'opera di A. Costa. Fu anche l'occasione in cui il G. si interessò alla ornitologia che il Bonaparte andava illustrando e via via partecipando ai convegnisti. Scrisse alcuni articoli critici sulla monumentale Iconografia della fauna italiana del Bonaparte nei fascicoli dal 71 al 95 della Biblioteca italiana.
Fu membro della R. Accademia delle scienze di Torino, la R. Accademia agraria, l'Accademia della Società italiana delle scienze residente in Modena, l'Istituto di Bologna, l'Accademia Gioenia di scienze naturali, l'Accademia dei Lincei, l'Accademia dei Georgofili, la Società cuvieriana di Parigi, ecc.
Il G. morì a Torino il 14 luglio 1847. Dopo il trasferimento a Torino aveva sposato Teresa Melchioni.
Opere, oltre quelle citate nel testo: Osservazioni sulle abitudini e sulla larva dell'Apalus bimaculatus, in Annali dellescienzedel Regno Lombardo Veneto, I (1831), pp. 147-150; Osservazioni intorno alla Tiliguerta o Caliscertula di Cetti, in Mem. dellaR. Acc. dellescienze di Torino, XXXVI (1833), pp. 302-307; Description de quelques espèces de la collection zoologique de Turin, indiquées par le prof. Bonelli comme inédites ou mal connues, ibid., XXXVII (1834), pp. 291-305; Descrizione di una singolare varietà di pecora a coda adiposa e della femmina del becco selvatico dell'Alto Egitto (Capra nubiana, F. Cuvier), ibid., pp. 275-289; Elogio storico di F.A. Bonelli, ibid., pp. 126-151; Memoria per servire alla storia naturale degli Issodi, ibid., IL (1848), pp. 751-786.
Fonti e Bibl.: Necr. in Mem. dellaR. Acc. dellescienzedi Torino, s. 2, XI (1847), pp. 1-19; in Antologia italiana, II (1848), 4, pp. 291-315; M. Lessona, Degli studi zoologici in Piemonte, Torino 1878, pp. 39-42; Id., I naturalisti italiani, Roma 1884, pp. 39-56; L. Camerano, Gli studi zoologici in Italia nel primo cinquantennio di vita nazionale, in Atti della Soc. ital. per il progresso delle scienze, V (1911), pp. 470 s.