FANTAGUZZI, Giuseppe
Nacque a Modena il 12 giugno del 1771 da Domenico e da Maria Monti, nella parrocchia di S. Giorgio in S. Bartolomeo (Cecchi Gattolin, 1975, p. 139); il padre, originario di Castelbolognese, nel 1803 risultava impiegato al Monte dei pegni di Modena (ibid., pp. 40, 44).
È presumibile, nonostante l'assenza di dati documentari, che il F. frequentasse l'Accademia atestina di belle arti, fondata nel 1786 dal duca Ercole III d'Este e diretta da Giuseppe Maria Soli, egemone personalità di pittore ma ancor più d'architetto, la cui cultura neoclassica, informata dai giovanili studi romani, sarebbe andata via via rinsaldandosi per i contatti assidui in epoca napoleonica, con l'ambiente lombardo di G. Piermarini e di A. Appiani.
Il primo episodio che attesta il precoce affermarsi del F. è la commissione, nei primi mesi del 1794, di una pala con S. Cecilia, da parte dell'Accademia dei professori di musica, da collocarsi nella cappella della Pia Unione di professori e dilettanti di musica presso la chiesa comunale del Voto; al sodalizio, aperto anche a pittori, scultori, architetti, due anni dopo risulta iscritto lo stesso Fantaguzzi (Cronaca Setti, in Cecchi Gattolin, 1975, p. 39).
La tela, sostituita nel 1847 da un'altra di medesimo soggetto, opera di A. Simonazzi, fu per lungo tempo ritenuta dispersa (cfr. Soli, 1974, II, p. 344); in realtà fu trasferita da Modena a Spilamberto nella chiesa di S. Giovanni Battista, dove tuttora si trova (cfr. Righi Guerzoni, 1990, pp. 157-170).Resta memoria di un'altra pala, una Madonna col Bambino e s. Carlo Borromeo orante, su incarico della Congregazione della Beata Vergine e di S. Carlo - a cui il F. pure appartenne - per lo scomparso oratorio di S. Carlo Rotondo; ivi solennemente eretta nel 1795, fu trasferita nel 1911 nella vicina chiesa di S. Vincenzo e andò probabilmente distrutta nei bombardamenti che colpirono il tempio nel 1944.
Del dipinto, riprodotto a stampa dal ravennate B. Eredi nel 1800 (cfr. Soli, 1974, I, p. 225), si conserva un modello preparatorio (Modena, raccolta privata, cfr. Cecchi Gattolin, 1975, p. 15), ove riaffiorano, suggeriti dal tema sacro, i tradizionali referenti del classicismo bolognese di ascendenza carraccesca e remana; vi si avverte nitidamente l'influsso dei modi accademici del modenese Antonio Consetti, attivo tra gli anni Venti e Sessanta dei Settecento, sia per talune soluzioni formali, come l'angioletto dalla tornita anatomia recante il cartiglio con il motto della confraternita, "Humilitas", sia per la struttura compositiva dell'opera stessa (cfr. del Consetti la Madonna del Rosario e s. Domenico, 1735 ca., Modena, chiesa di S. Domenico, sagrestia).
Ancora per l'oratorio di S. Carlo il F. eseguì nel 1795, per la Pia Unione di S. Rosalia, un ovato con S. Rosalia nell'eremo, in atto di incidere un'epigrafe; collocato nel 1808 nella chiesa di S. Carlo del Castellaro, a sottoquadro del secondo altare di sinistra (Sossaj, 1841, p. 131), andò in seguito perduto.
Ne rimane un'incisione di B. Eredi (Modena, Biblioteca L. Poletti), la quale riconsegna un'immagine di paludata retorica, assimilabile, più che al rigore neoclassico, di stampo archeologico, all'ancor vigoroso filone di classicismo risalente agli esempi del Reni.
Attorno a queste date risale anche il S. Nicola da Tolentino, dipinto su incarico dell'Unione di quel santo, istituita presso S. Carlo Rotondo nel 1796; opera definita "divota" (Sossaj, Cronaca di Modena, p. 76), ovvero di valore devozionale più che stilistico, se ne persero le tracce dopo gli spostamenti tra le chiese di S. Vincenzo e S. Biagio del Carmine (1836; cfr. Soli, 1974, I, p. 190). In quest'arco cronologico si situa la copia a disegno della Madonna della Misericordia, veneratain S. Giovanni Decollato, da cui, nel 1801, l'Eredi trasse un'incisione (Modena, Curia arcivescovile).
Si ritiene, contrariamente a quanto ipotizzato, che il prototipo pittorico vada espunto dal catalogo del F., sia per ragioni cronologiche - il quadro fu esposto nel 1787, quando l'artista era appena sedicenne (Soli, 1974, II, p. 149) - sia per riscontri stilistici, non possedendo il F. un simile registro di sottile raffinatezza.
Sempre in questa temperie si scalano un quadro "oblungo" con S. Eligio e s. Lucia, eseguito attorno al 1812 per la cappella di destra nella cripta del duomo, rimosso nel 1844 e quindi perduto (Sossaj, Cronaca di Modena, p. 152), e l'intervento sulla pala di Giovan Battista Codebue con la Madonna col Bambino, i ss. Giovanni Battista e Sebastiano e s. Geminiano orante (1590 ca.), presso la chiesa di S. Maria delle Grazie, con cui il F. sostituì il s. Giovanni con s. Omobono, comprotettore di Modena, superfetazione rimossa da successivi restauri (Sossaj, Cronaca di Modena, p. 182). Ancora, nel 1811 ritrasse a disegno l'effigie della B. Vergine della Piazza (affresco di scuola bolognese, 1350 c.), tradotta in stampa dall'Eredi (Modena, Bibl. Poletti; cfr. Cecchi Gattolin, 1975, p. 41), nella circostanza della costruzione del suo altare presso la cattedrale modenese.
A margine dell'opera pittorica e di riproduzione grafica finalizzata alla stampa, per una prevalente committenza di confraternite e parrocchie, il F. coltivò con esiti cospicui una congeniale attività disegnativa. Una serie di fogli presso la Biblioteca L. Poletti di Modena (donazione marchese Giuseppe Campori) documenta un'adesione allo spirito neoclassico: accanto a repliche o varianti da saggi grafici del Parmigianino di soggetto mitologico si annoverano copie dalla statuaria, temi di architettura classica, come il colonnato di un tempio, are ed elementi figurati per decorazioni di estrazione piranesiana, oltre a brani paesaggistici e a nudi femminili. Altri e più compiuti disegni a matita e chiaroscuro, come il Sacrificio di Noè, il Sacrificio di Isacco, tre Storie di Rebecca e tre Storie di Giuseppe (Modena, Istituto d'arte "A. Venturi"), paiono ancor più segnatamente improntate a un rigore statuario e a una retorica gestuale, memori degli esempi di V. Camuccini e finanche di J.-L. David: una cultura di riporto, riflesso delle esperienze romane del Soli, il quale ne aveva trasmesso gli assunti a un'intera generazione di allievi modenesi tra cui G. Vincenzi, P. Minghelli, C. Crespolani e lo stesso Fantaguzzi.
Durante la lunga parentesi napoleonica (1796-1815) il F., come altri artisti locali, fu coinvolto negli eventi politici e sociali.
Già nel 1796 realizzava la copia del figurino con l'uniforme della guardia civica su ordinazione della Comunità di Modena (Cecchi Gattolin, 1975, p. 40). Ma soprattutto egli ha lasciato un corpus di ritratti a matita, colorati ad acquerello e biacca (già in un unico taccuino; Modena, Bibl. L. Poletti, dono Campori), autentica "galleria" che restituisce le sembianze di alcuni tra i protagonisti della Repubblica Cisalpina in Modena: così Angelo Fantozzi, della guardia nazionale, Bartolomeo Cavedoni, che ricoprì alte cariche pubbliche e militari, il Dottor Baleranti, il Marchese Agostino Levizzani, il giovaneMarchese Achille Fontanelli - individuazione plausibile, sulla base di riscontri fisionomici -, poi ministro della Guerra, Nicola Bassi, Carolina e Adolfo Bassi, il medico Michele d'Adria, la nobildonna Adelaide Rosselli, Teresa Zavarisi e vari altri personaggi, tra cui ufficiali, funzionari, dame (Cecchi Gattolin, 1975 passim).
Acuto e disincantato, il F. fissa volti e gesti con un'immediatezza priva di retorica, adottando un modulo ritrattistico semiufficiale, talvolta, invece, fermando appena un'idea fisionomica, in un'edizione più confidenziale e intimistica. A percepibile un rapporto di sintonia con P. Palagi, che in questi stessi anni, fra il 1802 e il 1803, lasciava un album di ritratti a disegno (Bologna, Collezioni comunali d'arte), egli pure sotto la comune suggestione di esemplari francesi. Non meno si colgono affinità, sempre sul filo dell'influenza francese, con l'ambiente lombardo di G. Bossi, di A. Appiani, di G. Gigola, il miniaturista a cui il F. si accosta per talune note d'intimismo. In questo diffuso clima culturale si potranno percepire remote ma non casuali consonanze con i maestri francesi, in un raffronto che, ovviamente, sottolinei la modestia d'esiti del F.: così il Ritratto di giovinetta (Cecchi Gattolin, 1975, tav. 41, cat. n. 67) rammenta il Ritratto della figlia di P. Guérin (Boulogne-sur-Mer, Musée des beaux-arts), come il Ritratto di signora (ibid., tav. 20, cat. n. 36), raffigurata fin sotto la vita, volta di tre quarti, con braccia incrociate, richiama la M.me Troudain di David (Parigi, Louvre).
Al nucleo dei ritratti a disegno si riallaccia, per stile, la miniatura con Ritratto di signora, su avorio, con nel retro un Paesaggio su fine tela (Modena, coll. privata), che suggerisce rimandi ad opere del Gigola, sia per la dignità d'esecuzione, sia per la sottile vena evocativa (Cecchi Gattolin, 1975, p. 29, fig. 19). Al F. si possono accostare ora, per coincidenze stilistiche, due inedite miniature, entrambe nel Museo civico di Modena: un tondo con Ritratto di dama a mezzobusto, con veste Impero e girocollo in corallo rosso, e un ovale con Ritratto di ufficiale, pure dal taglio a mezzobusto.
In parallelo all'attività artistica, il F. si dedicò all'insegnamento. Sin dal 1800 risulta infatti inserito nell'organico dei docenti dell'Accademia di belle arti modenese, sia pur precariamente, come "maestro di Principi di Figura". Coadiutore dal 1815 di G. Vincenzi, nell'insegnamento di "disegno, figura, dipinto", ricevette il 19 nov. 1830 la nomina a "professore di pittura e maestro degli elementi di ornato", "dopo anni di zelo professionale" (Cecchi Gattolin, 1975, pp. 40-43).
Ripristinato il governo ducale, il F. rientrò nei ranghi della cultura ufficiale. In tale fase sono di lui documentati un "Quadro di S. Geminiano (patrono di Modena) per la corsa dei cavalli" nel 1818, su commissione della Comunità - probabilmente un palio -, l'elaborato grafico di un monumento all'umanista Giovanni Pico da porsi nella chiesa di S. Francesco a Mirandola, su progetto dello scultore G. Pisani e, ancora su idea del Pisani, la riproduzione a disegno di una lapide, tuttora nell'abbazia di Nonantola, eretta emblematicamente "a memoria del primo ingresso [1814] di Francesco IV nei suoi domini" nel 1824 (Cecchi Gattolin, 1975, pp. 41 s.).
All'ambito del F. è attribuibile poi il ritratto di Sante Filippo Lanzi (Modena, palazzo comunale), appartenente alla quadreria dei ritratti di benefattori dell'Ente comunale di assistenza (Garuti, 1985). I referenti espressi dalla grafica e dai saggi miniaturistici ritornano nel Ritratto di gentiluomo (Modena, Galleria Campori), cronologicamente più avanzato, ormai negli anni Trenta dell'Ottocento, per i dati di costume, e tuttavia da ricondursi ancora ai modi lombardi. Opera di qualità elevata, offre un'ulteriore prova della capacità del F. di "caratterizzare" la sostanza umana dell'effigiato mediante l'acuta resa del dato fisionomico, facendo trapelare qui pure un qualche sentore romantico (Martinelli, 1980).
L'alta qualità dei ritratti del F., insieme con la complessità della cultura che vi traspare, induce a dubitare dell'autografia dei cosidetto Autoritratto (1830 c.?; Modena, Istituto d'arte "A. Venturi"), con tavolozza e pennelli, tradizionalmente riconosciuto al F., ma in realtà prova mediocre e stentata, che rimanda alle opere di Rosalba Carriera tanto nell'aspetto tecnico-stilistico quanto nella sensibilità cromatica.
Ancora all'ambito del F. appartiene la Madonna della Provvidenza, tela che dal 1816 era esposta nella chiesa di S. Paolo di Modena (Modena, Raccolta d'arte provinciale).
Sposatosi il 28 ott. 1811con Rosa Maria Adani, il F. ebbe un figlio, Luigi, nato il 23 genn. 1813, morto infante.
Morì a Modena il 9 ag. 1837.
Fonti e Bibl.: Modena, Arch. storico comun., ms. Cronaca Setti [1796-1814], I, 1796, p. 85; Pel monumento eretto in Nonantola a memoria del primo ingresso di Francesco IV nei suoi domini, Modena 1824, tav. ft.; Modena, Arch. stor. comun., F. Sossaj, Cronaca di Modena, ms. [1825], 22 novembre, p. 343 e passim; F. Sossaj, Modena descritta, Modena 1841, pp. 122, 131, 185; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, p. 195; La Congregazione della B. Vergine Maria e di S. Carlo detto Rotondo in Modena, Modena 1857, p. 92; F. Manfredini, Delle arti, del disegno e degli artisti nella provincia di Modena dall'anno 1777 al 1862, Modena 1862, p. 11; G. Soli, Chiese di Modena, a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, I, pp. 190, 225; II, pp. 337, 344; E. Cecchi Gattolin, Cento disegni di G. F. ... (catal.), Modena 1975; R. Grandi, Un pittore tra Rivoluzione e Restaurazione, in Pelagio Palagi, artista e collezionista (catal.), Bologna 1976, p. 75; G. Soli, La chiesa di S. Carlo del Castellaro in Modena, in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 11, I (1979), p. 334; O. Baracchi Giovanardi, La chiesa di S. Maria delle Grazie in Modena, ibid., II (1980), p. 247; G. Martinelli, in Mostra di opere restaurate, secc. XVI-XIX (catal.), Modena 1980, p. 90; Biblioteca modenese. Letteratura recente su Modena e provincia (catal.), a cura di E. Cecchi Gattolin, Modena 1980, pp. 51 s.; A. Garuti, I ritratti dei benefattori delle Opere Pie, in Il Palazzo comunale di Modena. Le sedi, le città, il contado, a cura di G. Guandalini, Modena 1985, p. 232; L. Righi Guerzoni, Il ritrovamento della pala di S. Cecilia di G. F., in Atti e memorie d. Deputaz. di st. patria per le antiche provv. modenesi, s. 11, XII (1990), pp. 157-170; G. Martinelli Braglia, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, p. 249; II, pp. 817 s.; Id., L'educazione artistica, in Il collegio e la chiesa di S. Carlo a Modena, Modena 1991, pp. 259, 265; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 254.