DE NOTARIS, Giuseppe
Nacque a Milano il 18 apr. 1805, da Antonio e Teresa Tarello, in una nobile famiglia oriunda della Valle Intrasca.
Compiuti i primi studi a Milano, frequentò l'università di Pavia, dove si laureò in medicina e chirurgia il 16 giugno 1830- 1 suoi interessi verso la botanica erano fin da allora ben delineati; la stessa tesi di laurea, dal titolo De quibusdam Chenopodii speciebus (Pavia 1830), si volgeva infatti chiaramente ad un argomento di carattere botanico. Ritornato a Milano dopo la laurea, per un breve periodo il D. si dedicò alla professione medica nell'ospedale di Milano e prese l'alunnato presso l'Ufficio protomedico provinciale; non mostrò tuttavia mai un grande interesse per questa attività, preferendo associarsi ad un gruppo di giovani appassionati come C. Vittadini, G. Balsamo Crivelli, G. A. De Cristoforis, C. Bassi, che operavano in quegli anni a Milano per una rinascita degli studi naturalistici.
In Lombardia l'insegnamento di storia naturale era già ben avviato durante la dominazione austriaca. Nel 1832, abbandonata definitivamente la professione medica, il D. riuscì ad ottenere l'incarico come supplente per la cattedra di storia naturale al liceo "S. Alessandro" di Milano, tenuta dall'amico G. Balsamo Crivelli. Quest'ultimo ebbe un ruolo di notevole importanza nella sua formazione scientifica e proprio da questo rapporto giovanile con il Balsamo, al D. derivò il grande interesse, che lo accompagnerà per tutta la vita, per gli Studi crittogamici e in particolare modo per i muschi. Quale risultato di varie escursioni compiute con l'amico nel Milanese con l'intento di individuarne la briofiora, nel 1833 il D., in collaborazione appunto con il Balsamo, pubblicava a Milano la Synopsis Muscorum in agro Mediolanensi hucusque lectorum.
Sempre nello stesso anno, ancora in collaborazione con l'amico, il D. pubblicava un primo fascicolo di MusciMediolanenses collecti et editi (Milano 1833-34); l'opera, contenente l'inizio di una collezione di muschi disseccati della provincia, fu continuata l'anno successivo con la pubblicazione di altri tre fascicoli e dei Prodromus bryologiae Mediolanensis (Mediolani 1834), scritta sempre in collaborazione con il Balsamo Crivelli. Si tratta di lavori tutti di notevole interesse, primi del genere pubblicati in Italia, nei quali viene sottolineata e analizzata criticamente la presenza nelle zone a settentrione di Milano di muschi rarissimi, tipici delle più elevate regioni alpine. Poco dopo il D. pubblicava Syllabus Muscorum in Italia et insulis circustantibus hucusque cognitorum (Taurini 1838), un'opera che suscitò notevole scalpore.
Nei primi anni della sua carriera il D. compì anche un viaggio nell'Italia meridionale e in Sicilia insieme con l'entomologo C. Bassi; riordinò inoltre molte collezioni riportate dal Balsamo dai suoi viaggi, riconoscendo spesso, durante questo lavoro, nuove specie di piante (per es. Alyssum compactum nativo dell'Etna e Geranium abortivum). Nel 1834 collaborò, con il Balsamo, al riordinamento dei musei dei licei milanesi e in quello stesso anno compì alcune escursioni sui monti vicentini e veronesi ed ascese il monte Baldo insieme con G. Kunze e M. Rainer, botanico austriaco.
G. Genè, lo zoologo che operava in quel periodo a Torino, desideroso di far venire il D. in Piemonte, ottenne per lui nel 1834, grazie alla nuova politica di Carlo Alberto, che si proponeva di favorire il progresso delle scienze, delle lettere e delle arti nel suo Stato, un incarico provvisorio come assistente del museo zoologico dell'università di Torino. Nel 1836 il D. divenne assistente di G. G. Moris al r. orto botanico del Valentino a Torino e qui continuò a svolgere assiduamente il suo lavoro rivolgendosi soprattutto a studi crittogamici sui funghi e sui muschi. L'anno successivo (per incarico del governo sardo), visitò l'isola di Capraia per raccogliere le piante che vi crescevano spontanee. Il risultato di questa esperienza fu l'opera, pubblicata alcuni anni dopo, Florula Caprariae (in Mem. d. R. Acc. d. scienze di Torino, cl. di scienze mat. fis. e nat., s. 2, I [1839], pp. 3-244), scritta in collaborazione con il Moris, nella quale, dopo una breve descrizione fisicogeologica dell'isola, sono descritte quattrocentocinquantacinque specie di Fanerogame e tutte le Crittogame raccolte.
Nel 1837 il D. compì anche un viaggio in Sardegna con il Genè allo scopo di approfondire la conoscenza naturalistica di quella regione e nel 1839 fu chiamato come professore di botanica e direttore dell'orto botanico all'università di Genova, successore di D. Viviani. A Genova sposò Antonietta Botto dalla quale ebbe una figlia, Virginia. Vi rimase per circa trentaquattro anni, durante i quali redasse la gran parte delle sue opere e acquisì le più importanti conoscenze, dedicandosi instancabilmente allo studio delle Crittogame. Iniziò studi approfonditi delle alghe mentre continuava quelli già iniziati a Milano e proseguiti a Torino sui muschi e sui funghi. Con Padova e Pavia, Genova, per merito del D., si pose in quegli anni come uno dei principali centri da cui si irradiò l'impulso allo studio della moderna micologia. Notevole fu comunque anche l'attività del D. intorno alle Fanerogame; egli, infatti, compì varie erborizzazioni nell'entroterra ligure e da questa sua opera nasceva il Prospetto della flora ligustica e dei Zoofiti del mare Ligustico (Genova 1846).
Quest'ultimo, pubblicato in una guida offerta dal Municipio ai convenuti a Genova per l'VIII congresso degli scienziati italiani, è un sommario generale di sole Fanerogame contenente ben duemilacentocinquantotto specie accertate, più altre incerte, che amplia notevolmente gli studi compiuti precedentemente in quel senso da A. Bertoloni e D. Viviani.
Il D. non tralasciò nemmeno la cura dell'orto botanico genovese, arricchendolo di specie provenienti dalle più disparate parti della Terra e di una collezione di felci, continuando e ampliando l'opera del fondatore Viviani e del suo successore A. Sassi; a partire dal 1840-41 redasse annualmente indici di semi (Index seminum quae hortus botanicus R. Archiginnasii Genuensis pro commutatione offert, Genovae et Romae 1840-45), che assumono un notevole interesse anche scientifico perché vi sono descritte spesso nuove specie.
In questo periodo il D. divenne membro delle più importanti società naturalistiche italiane ed europee come la Società Linneana di Lione, della Reale Accademia delle scienze di Torino nel 1839, della Società di storia naturale di Strasburgo nel 1846, della Società botanica di Bruxelles nel 1862, della Società italiana delle scienze detta dei XL e dell'Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli nel 1863, dell'Accademia delle scienze zoologiche e botaniche di Vienna, della Società botanica di Berlino e della Società scientifica di Uppsala nel 1865 e di quella di Bmó e del Microscopical Club di Londra nel 1867. Il 27 dic. 1863 fu nominato rettore dell'università di Genova.Nel 1871 il ministro della Pubblica Istruzione C. Correnti gli propose un incarico presso l'università di Roma dove fu chiamato, come primo professore di botanica dal ministro A. Scialoja nel 1872, per fondare una cattedra di botanica, un orto botanico ed un laboratorio degni della capitale; appena poco tempo dopo ottenne i finanziamenti per trasferire l'orto botanico da palazzo Salviati in località Panisperna, presso il nuovo istituto di chimica, dove aveva in mente di creare uno dei più grandi ed importanti giardini universitari europei. Nel 1873, inoltre, il Parlamento votò la legge con la quale si mettevano a disposizione i fondi necessari alla costituzione di un laboratorio per gli studi crittogamici presso l'università e in questa occasione il D. pubblicò Le piante Crittogame. Prolusione ad un corso di esercitazioni crittogamologiche (Roma 1873). Ma né l'una né l'altra delle due istituzioni ebbe un seguito e lo stesso D. amaramente notava, tre anni dopo l'assegnazione del terreno per l'orto botanico, che ancora in esso non crescevano che ortaggi ed erbacce. Di fatto gli furono concesse solamente tre piccole stanze nel convento di S. Antonio dove egli poté sistemare la sua ricchissima biblioteca, le sue collezioni, crittogamiche ed i suoi microscopi. Profondamente addolorato e amareggiato da questa situazione, si dedicò comunque con fervore alle sue ultime opere (Epatiche del Borneo, raccolte dal dottor Beccari nel Ragiato di Sarawak durante gli anni 1865-66-67 descritte da G. De Notaris, in Mem. d. R. Acc. d. scienze di Torino, cl. di scienze mat. fis. e nat., s. 2, XXVIII[1874], pp. 267-308), dalle quali traspare grande vigore, nitidezza e vitalità di idee. Già fregiato da Carlo Alberto delle insegne mauriziane e, nel 1844, dell'Ordine al merito civile di Savoia, per addolcire il suo animo amareggiato dallo stato di cose venutosi a creare, il D. fu nominato membro della R. Accademia dei Lincei e, su proposta dell'on. R. Bonghi, nominato con legge del 9 luglio 1876, nº 3257 senatore del Regno, ma niente veniva fatto per venire incontro alle sue necessità finanziarie. L'originalità, l'operosità e la ricchezza di idee del D. furono sempre ostacolate dalla mancanza di mezzi finanziari adeguati: tale situazione economica caratterizzò tutta la vita del D. che si vide privato dei mezzi necessari per la ricerca ed anche, a parte casi sporadici, dei finanziamenti per la pubblicazione delle sue opere, molte delle quali sono rimaste allo stato di abbozzo o manoscritte; altre furono pubblicate solo in parte o addirittura sunteggiate in opere minori, ed i suoi lavori portati avanti con frequenti interruzioni. Questa penosa situazione fu notata e condannata da insigni colleghi, primo tra tutti G. B. Gray.
L'opera del D., vissuto in un periodo in cui l'utilizzazione del microscopio, mettendo in evidenza strutture nuove, rivelava l'inesattezza delle classificazioni precedenti basate essenzialmente sui caratteri esteriori, è tutta compenetrata da un grande spirito di novità, da una continua ricerca della realtà dei fatti e di un legame tra i diversi fenomeni del mondo vegetale. I suoi lavori, pur avendo un carattere essenzialmente fitografico, sono tuttavia basati su un accurato studio preliminare della organografia. Alla luce di queste nuove conoscenze, egli cercò attivamente di delineare una più idonea classificazione dei diversi gruppi crittogamici e di stabilire quali fossero gli elementi algali e fungini, costituenti l'entità lichenica. Egli, prima di ogni altro, percepì e sottolineò l'importanza che la crittogamia avrebbe acquistato nella vita moderna, sostenendo l'interesse della conoscenza del parassitismo vegetale sia nell'agricoltura sia nella patologia e l'importanza anche economica di fenomeni quali la putrefazione e la fermentazione. Notevole fu comunque anche la sua attività di studio intorno alle Fanerogame; egli, infatti, oltre a descrivere la vegetazione e la flora di molte zone italiane da lui stesso visitate, arricchì di esemplari le collezioni fanerogamiche di Torino e Genova; a Roma si adoperò intorno ad un erbario locale e ad una collezione di piante alpine, per la maggior parte assai rare, raccolte da lui stesso, già in età avanzata, sullo Stelvio. Descrisse decine di nuovi generi e centinaia di specie nuove. Mantenne un notevole impegno didattico, amando circondarsi di allievi, molti dei quali divennero poi suoi collaboratori e a loro volta illustri botanici italiani come V. Cesati, F. Rossellini, L. Caldesi, A. Carestia, F. Baglietto.
Il suo maggiore interesse continuò, comunque, a rivolgersi verso gli studi crittogamici e la sua attività in questo senso fu notevolissima, come dimostrano le innumerevoli pubblicazioni al riguardo.
Convinto della inattendibilità delle figure, anche le più perfette, sostenne la insostituibilità degli erbari anche nelle indagini crittogamiche e insieme ai suoi collaboratori, ponendosi al passo con l'attività già svolta da botanici francesi e tedeschi, ideava e diveniva promotore della edizione dell'Erbario crittogamico italiano (cfr. Indice della specie dell'Erbario crittogamico italiano, Genova 1865 ed Erbario crittogamico italiano di G. D. e F. Baglietto, in Giornale botan. ital., n. s., II [1870], pp. 189-191), del quale furono pubblicate due serie: la prima di 1500 numeri, iniziata nel 1859, fu interrotta nel 1866 e la seconda di 500 numeri, iniziata nel 1868, nonostante notevoli difficoltà economiche, venne continuata, grazie anche all'aiuto del giovane F. Baglietto, fino al 1872 (s. 1, fasc. 1-24; s. 2, fasc. 1-14). A questa pubblicazione, per volere del D., fu affiancato anche, a partire dal febbraio 1861, un Commentario crittogamico italiano in cui venivano raccolti molti dei più rilevanti lavori briologici relativi all'Italia centrosettentrionale, comprese alcune memorie del D. stesso, di V. Cesati, F. Baglietto e altri. La pubblicazione di questa opera venne però interrotta precocemente nel 1867 per mancanza di fondi e di interesse da parte degli enti relativi. principalmente delle biblioteche universitarie; all'epoca erano stati pubblicati solo il I (1861-64) e il II (1864-67) volume.
In campo micologico egli sconfessò una teoria accettata da molti esperti del primo '800, la quale sconsigliava l'uso del microscopio in questo tipo di indagini, ritenendolo addirittura spesso fonte di errori; il D. sottolineò invece la sempre maggiore necessità dell'uomo moderno di distaccarsi dallo studio superficiale delle cose per una ricerca più approfondita anche delle parti più riposte e questo tanto più nel campo della micologia. Si può dire che egli fu il primo a dare la classificazione sistematica degli Ascomiceti, ma il suo interesse si rivolse in particolare modo ai Pirenomiceti e nel 1844 dava alla stampa a Milano i Cennisulla tribù de' Pirenomiceti sferiacei e descrizioni di alcuni generi spettanti alla medesima, letta poi in una adunanza della VI riunione degli scienziati italiani (cfr. Atti d. VI Riunione d. scienziati ital., Milano 1845, pp. 476-487), opera nella quale egli ribadiva la necessità di una indagine microscopica e, in particolare per gli Sferiacei, metteva in evidenza come una loro più idonea e moderna classificazione dovesse basarsi sulla tessitura del peritecio e principalmente sulla struttura, numero e modo di dispersione delle spore, idee che egli successivamente estese a tutti i Pirenomiceti Aschigeri. Frutto di numerose ricerche analitiche scaturiva alcuni anni dopo il saggio Prime linee di una nuova disposizione de' Pirenomiceti Isterini (in Giornale botanico ital., II [1847], pt. 1, t. 2, pp. 5-52), in cui il D. proponeva una classificazione di questo gruppo basata sugli sporidi.
Come risultato di tanti anni di studi micologici, il D. avrebbe dovuto pubblicare in seguito (in collaborazione col Cesati) uno Schema di classificazione degli Sferiacei italici (Comment. d. Soc. crittogam. ital., I [1863], pp. 177-240), un'opera che doveva contenere descrizioni e figure di tutti i rappresentanti italiani di tale gruppo. Di questa uscirono però, grazie all'aiuto finanziario offerto dal Cesati, solo poche pagine nelle quali veniva proposta una nuova classificazione del gruppo basata sulla tessitura dei pirenii, sulla forma e struttura degli sporidi e sullo stroma quando questo fosse in forma ben distinta dal micelio; la parte rimanente del lavoro dovette invece essere sunteggiata alcuni anni dopo in Nuove reclute per la pirenomicetologia italica (ibid., II[1867], pp. 477-492).
Con intento analogo il D. si dedicò allo studio del gruppo dei Discomiceti indicando anche per questo una nuova classificazione (Proposte per alcune rettificazioni al prospetto dei Discomiceti, Genova 1864). Le idee per una nuova classificazione di alcuni gruppi di miceti proposte dal D. nei suoi lavori furono successivamente accettate da un numero sempre maggiore di studiosi e notate da molti dei più importanti micologi del secolo scorso. Secondo il Cesati (p. XLIII), E. M. Fries si disse sconvolto "ab imis fundamentis" dagli scritti del D. e ne avrebbe sottolineato il valore accettandone le asserzioni e rivedendo su queste basi la propria precedente opera Summa vegetabilium Scandinaviae (Upsaliae 1846-49).
Anche l'attività del D. in campo lichenologico fu sicuramente di grande interesse se si pensa che A. von Kreinpelhúber in Geschichte und Litteratur der Lichenologie (München 1867-72), dividendo la storia della lichenologia in sei grandi fasi, assegnava al D. tutto il sesto ed ultimo periodo, sottolineando così come egli avesse iniziato per questa scienza una nuova era. Nell'indagine lichenologica il D. applicò principi analoghi a quelli usati per i Pirenomiceti, criticando i precedenti sistemi classificativi che avevano dato poca importanza alla organizzazione interna dell'ente lichenico e alla struttura degli apoteci e degli organi in essi contenuti. Egli così compì studi approfonditi sulla struttura interna degli organi riproduttivi dei licheni, scoprì e descrisse molti nuovi generi tra cui il genere Abrothallus (1850) e il genere Stereopeltis (1861), fece accurate osservazioni sulle Parmeliacee (Nuovi caratteri di alcuni generi della tribù delle Parmeliacee ed osservazioni sulla classificazione dei Licheni, Torino 1850) e sul genere Sticta (Le osservazioni sul genere Sticta, in Mem. d. R. Acc. d. scienze di Torino, s. 2, XII [1852], pp. 141-160); Ma soprattutto, con una serie di memorie pubblicate a partire dal 1846, egli operò una radicale rivoluzione nella storia della crittogamia ponendosi a capo della cosidetta "teoria Notarisiana" che, opponendosi a quanti assumevano la morfologia della spora come carattere di diagnosi specifica, sosteneva che tutte le specie di un genere naturale devono avere spore con uguale conformazione.
A partire dal periodo genovese il D. si dedicò alla algologia compiendo un accurato esame delle alghe del mar Ugure che descrisse nelle opere Algologiae Maris Ligustici specimen (ibid., IV [1842], pp. 273-325), contenente l'indicazione di centoventicinque specie molte delle quali nuove, e Sopra alcune alghe del mare Ligustico, in Giorn. botan. ital., I (1844), pp. 187-193; 318-322. Successivamente, studiando le alghe raccolte da A. Figari nel mar Rosso pubblicò Nuovi materiali per la algologia del Mar Rosso (in Mem. d. R. Acc. d. scienze di Torino, s. 2, XIII [1853], pp. 133-169);nel 1861pubblicava poi alcune note sulla struttura e affinità dei generi Hormosyphon e Nostoc e nel 1867usciva a Genova, grazie ai finanziamenti di F. Mylius, Elementi per lo studio delle Desmidiacee italiche, una illustrazione completa delle Desmidiaceae della Valle Intrasca.
Anche nello studio delle Epatiche l'attività del D. fu proficua e vastissima; egli si interessò infatti sia delle Epatiche italiane (Primitia hepaticologiae Italicae, in Mem. d. R. Acc. d. scienze di Torino, s. 2, I [1839] pp. 296-354, che descrive novantadue specie di Epatiche nella gran parte sconosciute, e Appunti per un nuovo censimento delle epatiche italiane, ibid., s. 2, XIX [1859], pp. 457-496 e XXII [1865], pp. 353-389) sia di quelle straniere come quelle del Borneo, raccolte dal prof. O. Beccari, descrivendole accuratamente, anche se non arrivò mai alle vette eccelse raggiunte nello studio dei Muschi che rimasero sempre il suo più grande interesse.
In questo campo il D. ottenne i risultati più interessanti, sottolineando l'importanza tassonomica della trama cellulare nei muschi e distaccandosi così dal metodo hedwigiano che fondava la classificazione sui caratteri esteriori, posizione e tipo di peristomio della capsula. Oltre alle già menzionate opere sulla flora briologica del Milanese, egli compì studi analoghi per zone del Piemonte (Mantissa Muscorum ad floram pedemontanam, Torino 1836) descrivendo moltissime nuove specie.
Sempre sulla stessa linea si pone anche l'opera (in collab. con G. Balsamo Crivelli) Pugillus Muscorum Italiae novorum vel minus cognitorum (in Mem. d. R. Accad. d. scienze di Torino, XL [1838], pp. 327-350) contenente lo studio di ben trenta specie di Muschi italiani. Nel 1838veniva inoltre pubblicata un'opera completamente diversa, Specimen de Tortulis Italici (ibid.), a carattere filosofico, nella quale il D. sottolineava la erroneità dei precedenti criteri classificativi usati in campo briologico e stabiliva le basi per una più moderna tassonomia.
Grazie alla sovvenzione concessagli per volere dell'allora ministro della Istruzione Pubblica il D. aveva inoltre iniziato nel 1859 la pubblicazione di Musci Italici in cui, secondo il suo disegno, dovevano essere descritte, con l'ausilio di tavole analitiche da lui stesso disegnate, tutte le più importanti specie e varietà di muschi italiani. La pubblicazione dell'opera, venuta a mancare la sovvenzione relativa, fu interrotta nel 1862dopo l'uscita del primo fascicolo che contiene la descrizione del solo genere Tortula (Musci Italici pars I genere Tortula, Genova 1862) con trentacinque tavole. Egli fu costretto a sunteggiare l'opera in un manuale di briologia (Cronache di briologia italiana, ibid. 1865-67), con il quale intendeva congedarsi per sempre dagli studi briologici.
Un'offerta dal Municipio di Genova rendeva possibile la pubblicazione integrale, escluse le tavole, del manoscritto della Briologia italiana alcuni anni dopo con il titolo Epilogo della briologia italiana (ibid. 1869). Contenente la sistematica del gruppo e molti studi anatomici, l'opera, pubblicata nel primo volume degli Atti della Università di Genova, introduceva una radicale trasformazione nella briologia moderna: il lavoro, che il D. stesso, con la modestia che lo contraddistingueva, definì "... abbozzo di Briologia Italiana tenue contingente per ulteriori progressi della Scienza Briologica", è sicuramente una delle maggiori opere botaniche italiane del secolo scorso - "opus exirnium" secondo W. Ph. Schimper - e valse al suo autore uno dei più importanti e ambiti premi dell'epoca per questa materia, il premio Desmazières, concessogli dall'Accademia delle scienze di Parigi nel 1870.
Il D. morì a Roma il 22genn. 1877.
Fonti e Bibl.: Circa 400lettere (in 4-5 cartelle), in massima parte inviate a G. G. Moris, sono presso la Biblioteca dell'Istituto botanico di Torino; diverse lettere sono anche reperibili all'Archivio di Stato di Lucca (Fondo C. Bicchi). Tipibotanici ed exsiccata riferibili al D. sono conservati negli erbari degli istituti botanici delle università di Genova, Padova, Torino e Roma. Carte e materiali ordinati dalla figlia Virginia, andata sposa a G. Cuboni, ultimo allievo dei D., sono presso la Stazione di patologia vegetale di Roma. Necrol., in Mem. matematiche fisiche d. Soc. italiana di scienze, s. 3, III (1879), pp. 89-99; Atti d. R. Acc. delle scienze di Torino, XI (1877), pp. 285-296; Rend. d. R. Acc. d. scienze fisiche e matem. di Napoli, XXVI (1877), pp. 42-47; Rend. d. R. Ist. lombardo di scienze e lettere, X (1877), 4-5, pp. 106-19; Grevilles (Londra), V (1877), pp. 143-145; Hedwigia (Dresda), XVI (1877), pp. 48, 78; v. anche C. Cantù, L'Italia scientifica contemporanea. Notizie sugli ital. iscritti ai cinque primi congressi, Milano 1844, pp. 180 s.; G. A. Pritzel, Thesaurus literaturae botanicae, Leipzig 1872-77, pp. 6745-63; A. Jssel-A. Piccone, Domenico Viviani e G. D. Discorsi pronunciati per l'inaugurazione dei busti eretti ai due sommi naturalisti nella R. Università di Genova, Genova 1882; A. B. Frank, in J. Leunis, Synopsis der Pflanzenkunde, Hannover 1886, p. 72; P. A. Saccardo, Della storia e letter. della flora veneta, Sommario, Milano 1889, p. 154; P. Ascherson-P. Graeber, Synopsis der mitteleuropaischen Flora, Leipzig 1896-1914, II, 1, p. 227; V, 2, p. 136; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, Venezia 1895-1901, I, p. 65; II, p. 41; Id., Cronologia della flora italiana, Padova 1909, p. XXI; V. B. Wittrock, Acta Horti Bergiani, Londra 1903-1905, III, 2, pp. 161 s.; III, 3, p. 177; G. B. De Toni, Nel centenario della nascita di G. D., in La Nuova Notarisia, XVI (1905), pp. 37 s.; G. Lazzari, Storia della micologia ital., Trento 1973, ad Ind.;F. A. Stafieu, in Taxon (Utrecht), XXIII (1974), p. 562; Id.-R. S. Cowan, Taxonomic literature, Utrecht 1976, pp. 622-625; M. Mariotti-R. Poggi, Contributo alla conoscenza degli erbari del Museo civico di storia naturale G. Doria di Genova, in Annali del Museo civ. di storia naturale di Genova, LXXXIV (1983), pp. 631-63; Catalogue of scientific papers (1800-1900) (London), IV, pp. 645-48; VIII, p. 518; X, p. 940; XII, pp. 541 s.; G. C. Ainsworth-F. A. Bisby, Dict. of the Fungi, London 1971, p. 156; T. W. Bossert, Biographical Dict. of botanists represented in the Hunt Institute portrait collection, Boston 1972, p. 99.