DE LUCA, Giuseppe
Nacque a Napoli intorno al 1760 e fu plasticatore di figure, animali e accessori da presepe (ortaggi, frutta, carni macellate ed altro) in terracotta policroma e progettista di scenari da presepi, attivo dal 1792 al 1827.
La prima data finora reperita è infatti del 1792, preceduta (come tutte le successive) dalla sigla "G.D.L." (apposta incussa) su una testa di Giovane donna con un bambino in braccio (Monaco, Bayerisches Nationalmuseum; Doderlein, 1960, fig. 35), nonché su una Contadinella (Napoli, coll. R. Catello; Fittipaldi, 1979, p. 32, figg. 30 s.). Considerando che in alcune opere la sigla è sormontata da una corona (a tre punte), è stata avanzata l'ipotesi (Mancini, 1967, p. 50) che il D. sia stato un modellatore della Real Fabbrica di porcellane, ipotesi smentita dalle recenti ed accurate indagini di A. Carola Perrotti (La Real Fabbrica Ferdinandea, Napoli 1978). Il Perrone (1896, p. 18) scrisse che il D. era stato impiegato delle Regie Poste borboniche, ma la notizia non è stata ancora convalidata dai documenti. t verosimile, invece, che egli sia stato un nobile dilettante, della famiglia dei De Luca di Roseto, presso i cui eredi è conservata una Natività con figure in adorazione, inedita, a lui attribuibile.
Il Filangieri (1888, p.270) lo dice "rinomato per pochi bellissimi pezzi e la cui maggiore abilità consisteva nei finimenti ed accessori del Presepe". Egli attribuisce al D. un lungo elenco di accessori ed animali, alcuni dei quali in piombo colorato (nn. 1229, 1233-36; già nel Museo civico "G. Filangieri" di Napoli). Anche il Perrone lo indica come autore di animali ed accessori, precisando che "i suoi lavori in questo genere sono insuperabili" ed aggiunge che "ha fatto anche qualche testa di pastore eccezionale".
Il Perrone ha confrontato i pezzi che componevano la sua collezione con gli originali inventari (ora Museo naz. di San Martino, Napoli) redatti a partire dal 1807, quando nella sua famiglia cominciò a formarsi una delle più vaste e complete raccolte del genere (ora in parte a Napoli, Museo naz. di San Martino, Don. Perrone, una parte degl'inventari è riprodotta in Borrelli, 1970, pp. 128-134).
Tra i numerosi accessori sono da segnalare un Fascio di scarola (sigl.; Napoli, coll. Laino; Borrelli, 1970, pp. 106, 202, fig. 186) ed un magistrale Agnello squartato (Napoli, Museo naz. di San Martino, Don. Perrone; Borrelli, 1970, fig. 179).
Le indagini condotte sulle figure hanno rivelato un numero di splendidi pastori siglati, facendo passare in secondo piano la sua attività di autore di animali ed accessori. Nelle teste, inizialmente, con attente e raffinate cadenze, ripete gli schemi della tradizione, come nella Sacra famiglia (sigl.; Napoli, coll. Campobasso; Borrelli, 1970, figg. 178 s.), resa con freddezza di maniera. Ma la chiara conoscenza dell'anatomia rivela l'apprendistato presso la bottega di uno scultore, con la dipendenza da G. Cappiello (ancora attivo nella seconda metà del sec. XVIII), progettista di presepi e plasticatore di figure, dal quale apprese il gusto delle ambientazioni presepiali: nel 1795 firmò e datò un bozzetto per una scenografia da presepe raffigurante un paesaggio quasi romantico con un castello che si erge su un dirupo con un ruscello sovrastato da un ponte circondato dal verde (Napoli, Museo naz. di San Martino, racc. Ferrara-Dentice, 20525; Borrelli, 1969, p. 51).
Ancora nel 1797, quando datò e siglò uno splendido Ritratto di giovane (Napoli, coll. Mancini; Borrelli, 1970, fig. 180), non si era ancora del tutto liberato dagli esempi del più prestigioso plasticatore del momento, Giuseppe Gori, dal quale apprese la smaltata cromia porcellanata e lo studio dei modelli dal vero, elementi che fanno intendere la viva coscienza professionale del D., come dimostrano il Ritratto di vecchio e quello di Giovane (entrambi sigl. e datati 1798; Napoli, coll. Leonetti; Mancini, 1967) svincolati dagli schemi della tradizione attraverso un'autonoma interpretazione dei personaggi, probabili ritratti dei committenti.
A questo periodo, definito da una plastica più animata e vibrante sorretta da un esercizio raffinatissimo e da un compiaciuto virtuosismo, appartengono il Ritratto di vecchio (Napoli, Museo naz. di San Martino, Don. Perrone; Molajoli, 1950), di cui si conoscono, a Napoli, altre due repliche di sua mano (coll. E. Catello, cfr. Berliner, 1926; coll. R. Catello, cfr. Mancini, 1966, tav. 18), ed il Ritratto di vecchia (Napoli, coll. M. Piccoli Catello; Mancini, 1971, n. 631). Ad un periodo immediatamente successivo sono databili i due Ritratti di uomo (Napoli, coll. Mancini, cfr. Mancini, 1967, fig. 34; Museo naz. di San Martino, Racc. Cuciniello, cfr. Mancini in Il presepe Cuciniello, 1966, figg. 3 s.), che sembrano effigiare il medesimo personaggio ad una diecina di anni di distanza, e che il Mancini (1967, pp. 52 s.) ritiene ritraggano Ferdinando IV, principalmente per la somiglianza con la più nota iconografia del re.
Il tipico gusto dilettantesco della ripetitività degli schemi non sussiste per il D. il quale, da questi anni fino al Ritratto di giovane borghese, siglato e datato 1825 (Monaco, Bayerisches Nationalmuseum; Doderlein, 1960, fig. 35), si evolve verso fonne più limpide e perfettamente calibrate, attraverso un segno controllatissimo e decantato da apporti impersonali.
Nel 1824 al D. vennero acquistati dal principe ereditario Francesco "un puledro sauro, due muli con testiera e bastol un somaro con puledro pelato un somaro di Sicilia per lontano, una giumenta saura che mangia a terra e dei volatili", ora allogati nel presepe della Reggia di Caserta (Borrelli, 1970, p. 202), a conferma della sua attività di "animalista" protrattasi fino alla fine.
Nella produzione tarda il D. mostra di aderire al clima accademico peoclassico (sviluppatosi in ritardo per le figurazioni presepiali rispetto alle altre arti): così nella Sacra Famiglia (Napoli, coll. Genovese; Mancini, 1967, figg. 35 s.), databile intorno al 1827, come dimostra il S. Francesco di Paola, siglato e datato 1827, (Napoli, coll. priv.; Borrelli, 1970, p. 203, fig. 188), dove il colore ha perduto l'accento naturalistico per assumere l'osservanza decorativa, tendente a tonalità chiare.
È possibile inoltre assegnare al D. un Ritratto di vecchio borghese, siglato e datato 1816 (Napoli, coll. Mancini; Fittipaldi, 1979, pp. 33 s., figg. 38 s.), un Angelo, (sigl.; coll. M. Piccoli Catello; Mancini, 1971, n. 634), un S. Giuseppe, (sigl.; Napoli, coll. Campobasso; Borrelli, 1970, p. 202), ed animali in varie raccolte private napoletane.
Fonti e Bibl.: G. Filangieri, Catal. del Museo civico G. Filangieri, Napoli 1888, pp. 270, 272; Id., Indice degli artefici delle arti maggiori, Napoli 1891, II, pp. 74 s.; A. Perrone, Cenni stor. sul presepe, Napoli 1896, pp. 18 s.; R. Berliner, Denkmäler der Krippenkunst, Augsburg 1926, tav. IX, 3; La scultura nel presepe napol. del Settecento, a cura di B. Molajoli, Napoli 1950, p. 17, fig. 82; R. Berliner, Die Weihnachtskrippe, München 1955, p. 107, fig. 50; W. Doderlein, Alte Krippen, München 1960, p. 25, figg. 34 s.; Motivi presepiali a palazzo reale (catal.), Napoli 1961, p. 22; Presepi a San Martino, a cura di M. Picone, Napoli 1964, p. 68; F. Mancini, Ilpresepe napol. nella collezione E. Catello, Firenze 1966, tav. 18; Id., in Il presepe Cuciniello, Napoli 1966, pp. 30 s., figg. 3 s.; T. Fittipaldi, ibid., p. 50; F. Mancini, L'attribuzionismo presepiale e G. D., in Napoli nobilissima, VI (1967), pp. 50-57, figg. 34-41; G. Borrelli, Appunti per una storia del presepe napol., in Realtà del Mezzogiorno (Roma), IX (1969), 1-2, p.51; Id., Ilpresepe napoletano, Roma 1970, pp. 105 s., 202 s., figg. 145, 168-186, 188; F. Mancini, La produzione del periodo borbonico, in Figure presepiali napol. dal sec. XIV al sec. XVIII (catal.), Napoli 1971, nn. 617-634; T. Fittipaldi, Ilpresepe napol. del Settecento, in Arte cristiana, LIX (1971), p. 309; Id., Scultura e presepe nel Settecento a Napoli, Napoli 1979, pp. 32-36, figg. 30-53; E. Catello, Ilpresepe alla mostra della civiltà del Settecento a Napoli, in Napoli nobilissima, XIX (1980), p. 121.