DE LEVA, Giuseppe
Nacque a Zara da nobile famiglia d'origine spagnola il 18 apr. 1821, figlio di Cesare e di Angela Nachich-Voinovich. Compì gli studi ginnasiali a Zara e subì nel 1840 una condanna per falsificazione di documento (pena scontata a Capodistria); studiò poi a Vienna e si laureò a Padova in filosofia (1847) e in giurisprudenza (1850). Nell'aprile 1848 fu nominato assistente di filosofia teoretica e morale con B. Poli, poi assistente di L. Menin, professore di storia universale (fine 1852). Nell'ottobre 1853, superato un esame rigoroso a Vienna, ebbe la nomina di professore di storia e geografia al ginnasio superiore di Padova, due anni dopo la cattedra di storia moderna all'università.
Il suo atteggiamento politico fu improntato a grande prudenza e i primi scritti sulla Questione principale della filosofia (Padova 1848), il Panteismo e la morale (ibid. 1848) e le Idee sulla filosofia della storia (ibid. 1852) ritrovano il collegamento fra la storia dell'uomo e la storia della Provvidenza "nel vincolo che unisce la libertà umana colla legge superiore del perfezionamento". Ma lentamente il D., sempre più impegnato nella ricerca storica, si scostò dagli interessi filosofici e di filosofia della storia, per far proprio il metodo di L. A. Muratori e della scuola germanica, il "metodo a freddo, consistente nel rovistare e ragionare i documenti".
Dopo alcuni scritti preliminari e altri di carattere specificamente didattico, il D. compì ricerche sistematiche negli archivi di Vienna (1854-55), di Parigi e di Madrid, rendendosi conto della necessità di studiare la storia moderna su un orizzonte europeo (Relazione dell'Archivio di Simancas in Ispagna, Padova 1858). Si precisavano pure i suoi interessi per la storia del '500, civile e religiosa, sulle guerra tra Carlo V e Francesco I, il sacco di Roma del 1527, le trattative tra Carlo V e Clemente VII per la convocazione d'un concilio ecumenico. Ha inizio la pubblicazione della monumentale Storia documentata di Carlo V in correlazione a l'Italia (I, Venezia 1863) che si concluderà solo trent'anni dopo con il V volume (Bologna 1894).
Il D., pur rimanendo estraneo alle dimostrazioni politiche padovane del 1859, non esitava a manifestare le proprie idee nel corso delle lezioni, seguite da un numero crescente di allievi attirati anche dalla sua parola colorita ed efficace. Nel 1864 fu redarguito dal delegato provinciale "pel censurabile contegno in linea politica in generale, e specialmente durante i disordini che avvennero in questa I. R. Università alla fine del II° semestre dell'anno scolastico decorso", e ammonito a compiere i "doveri assunti col giuramento, e ciò a scanso di più severe misure e, secondo le circostanze, della dimissione" (Briguglio, p. 187).
Segno del suo orientamento patriottico, su posizioni cattolico-liberali, era anche la partecipazione al comitato cittadino per il centenario dantesco e il contributo al volume Dante e Padova (Padova 1865), mentre le autorità vedevano la ricorrenza come occasione di manifestazioni antiaustriache. Nello stesso 1865 il D., che coltivava relazioni con le famiglie più in vista, sposò Elisabetta Rosa, da cui ebbe una figlia.
Con l'unione del Veneto all'Italia fu nominato direttore della facoltà filosofica e per il 1867-68 rettore dell'università. Il respiro dei suoi studi intanto si allargava: Del vero concetto della filosofia della storia (Padova 1866) e Degli uffici e degli intendimenti della storia d'Italia (discorso inaugurale letto all'univ. di Padova il 9 dic. 1867, Padova 1868).
Facendo ampie concessioni alle incalzanti concezioni positivistiche, il D. si volgeva con occhio critico alla storia della Rinascenza, e ne vedeva i limiti nel "difetto di fede in ciò che ha valore assoluto". Era attirato dalle figure dei riformatori religiosi, come Gaspare Contarini, e degli eretici attivi nel Veneto nel secolo XVI, poiché lo Stato veneziano si era elevato "sino alle generose aspirazioni dell'età avvenire, la civile egualità dei culti, la indipendenza reciproca della potestà secolare ed ecclesiastica, una fede profondamente sentita senza inquisizione, un clero, senz'altra cura che della scienza di Dio e del buon costume". Anche l'opera maggiore su Carlo V si estendeva ai contrasti religiosi e ai tentativi di comporli nel concilio.
Nonostante la malferma salute, il D. dispiegò la sua fervida attività nell'insegnamento (ed ebbe devoti allievi, quali C. Cipolla, G. Monticolo, L. A. Ferrari), in istituzioni di cultura (presiedette l'Istituto veneto di scienze lettere ed arti nel 1882-83, e poi la Deputazione di storia patria per le Venezie, e nell'84 fondò a Torino con P. Villari, A. Fabretti e C. Rinaudo la Rivista storica italiana). Dedicò qualche attenzione a lavori occasionali, come quello su La chiesa abbaziale di Scardona (Zara 1868), di cui era stato arciprete il suo prozio, a commemorazioni di maestri ed amici (S. D. Luzzatto, G. Valentinelli, L. Menin, N. Tommaseo, F. Miniscalchi Erizzo, G. Cittadella, G. Zanella, R. Fulin), ai discorsi ufficiali (In morte di Vittorio Emanuele II, Padova 1878, e ibid. 1890), per l'inaugurazione dell'attività del comitato padovano della Società Dante Alighieri di cui fu il primo presidente, a recensioni, traduzioni dal tedesco, prefazioni di volumi. Ma l'interesse preminente riguardava ancora l'opera e la figura di Carlo V, considerate nodi cruciali per intendere la storia successiva dell'Europa moderna (il V e ultimo volume arriva agli avvenimenti del 1552).
Non mancano d'importanza alcuni minori contributi sulla lega smalcaldica, l'interim di Augusta, Giulio da Milano, Michele Serveto, il cardinale da Trani e Giulio III, e qualche polemica con I. Dollinger e M. Budinger, sull'interpretazione della visione di Dante e sulla figura di don Carlos, ed in difesa dell'opera Il primo Rinascimento, di G. Guerzoni. Il D. nei suoi ultimi anni era fatto segno a molte manifestazioni di stima: più volte rettore e preside della facoltà letteraria, ebbe il premio reale dell'Accademia dei Lincei (1884) per la Storia documentata di Carlo V, fusocio dei Lincei e delle accademie di Padova, di Monaco e di Torino, membro di commissioni per gli esami di Stato e per la riforma dei programmi didattici, commissario governativo dell'Istituto rabbinico.
Nei suoi scritti, che acquistarono nel tempo più largo respiro, i critici notavano qualche sproporzione di parti, ma tutti gli riconoscevano scrupolo e perizia filologica nell'uso delle fonti diplomatiche, buon tratteggio di figure ed episodi, stile sostenuto, vigoroso e sobrio. La sua indagine storica s'era rivolta agli archivi stranieri, per cui la visione era largamente innovativa, frutto d'un attento e acuto esame delle fonti. Resistono al tempo la Storia documentata di Carlo V e gli studi sul S. Offizio, i riformatori e gli eretici italiani (in particolare Degli eretici di Cittadella, in Atti d. R. Ist. ven. di sc. lett. ed arti, s. 4, II [1872-73], pp. 340-415), per i quali B. Croce e recentemente C. Morandi (C. Morandi, pref. a Storici e memorialisti dell'800, Milano-Napoli 1952), ebbero a considerarlo fra gli "storici puri" dell'800 accanto a P. Villari, M. Schipa, B. Malfatti.
Seguito e amato dai suoi studenti, il D. trascorse i suoi ultimi anni nella quiete domestica, con la vecchia e pia madre, la moglie e l'unica figlia Angelina (1866-1923), che lasciò qualche traccia nelle lettere per le sue novelle e numerosi versi d'occasione.
Morì a Padova il 29 nov. 1895.
Fonti e Bibl.: Padova, Univ., Arch. antico, cart. personale; Comune di Padova, Docum. anagr. della famiglia De Leva; C. Leoni, Cronaca segreta de' miei tempi, a cura di G. Toffanin jr., Padova 1976, pp. 635, 638 s.; A. De Gubernatis, Diz. biogr. d. scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 363; B. Morsolin, Della vita e delle opere di G. D., commemor., in Atti del R. Ist. ven. di sc. lett. ed arti, s. 7, VII (1895-96), pp. 304-40; C. Cipolla, G. D., commemorazione, in Atti d. R. Accad. d. scienze di Torino, XXXI (1896), pp. 3-56; S. Ferrari, In memoria di G. D., Genova 1897; B. Croce, Storia della storiografia ital., Bari 1921, II, pp. 21-23, 71-74, 83-86, 111, 128; G. Solitro, Maestri e scolari d. univers. di Padova nell'ultima dominazione austriaca (1813-1866), in Arch. veneto-trident., s. 4, I (1922), pp. 452 s., 488 s.; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1934, pp. 1334, 1372; A. De Benvenuti, Storia di Zara dal 1797 al 1918, Milano 1953, pp. 315 s.; S. Cella, G. D. storico di Carlo V, in Difesa adriatica, 3 maggio 1958, p. 3; L. Briguglio, Correnti polit. nel Veneto dopo Villafranca (1859-1866), Roma 1965, pp. 172 s., 186 ss.; G. Biasuz, Angelina De Leva, in Padova, XVII (1971), 7, pp. 15-19; G. Toffanin jr., Cent'anni in una città, Cittadella 1973, pp. 96 s.; S. Cella, La "Dante Alighieri" nella vita padovana, Padova 1981, pp. 16, 20; R. Donadello, Il ginnasio-liceo di Santo Stefano, in Padova e la sua provincia, XXVII (1981), 5, pp. 18 e n. 6, 31-32; 11-12, pp. 8 s.; Encicl. Italiana, XII, s. v.