CIRINCIONE, Giuseppe
Nacque a Bagheria (Palermo) il 23 marzo 1863, in una modesta famiglia contadina, da Pietro e da Domenica Caviglia.
Compiuti a Palermo gli studi classici, il C. si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Napoli, ove fu allievo prediletto di L. Armanni per l'istopatologia e di C. De Vincentiis per l'oculistica. Dopo aver conseguito la laurea nel 1889, vinse per quattro anni consecutivi borse di studio per l'estero. Dapprima si recò a Berlino, ove si perfezionò in embriologia, in patologia e in oftalmologia sotto la guida di illustri maestri, O. Hertwig, J. Hirschberg, R. Virchow. Successivamente , a Lipsia, lavorò con W. His senior, professore di anatomia e famoso embriologo, e con gli oculisti H. Sattler e C. Hess; lavorò inoltre con W. Spalteholz, che in quel periodo stava preparando il suo Handatlas der Anatomie des Menschen (3 voll., Leipzig 1895-1903). Tornato in Italia, il C. conseguì la libera docenza in clinica oculistica nel 1894 e lavorò nei due anni successivi col prof. C. De Vincentiis nella clinica oculistica di Napoli. Nel 1896 venne chiamato a Tunisi a dirigere il reparto oculistico dell'ospedale italiano. Rientrato in patria, nel 1898 fondò a Palermo un istituto per la cura delle malattie oculari, che attrezzò anche per le ricerche scientifiche e dotò di una biblioteca fornita di molti periodici della specialità. Tradusse in quel periodo il trattato di oftalmoiatria di E. Fuchs (Trattato di oftalmoiatria, Napoli 11897).
Nel 1900 fondò la rivista La Clinica oculistica. Due anni dopo vinse il concorso per la cattedra di clinica oculistica presso l'università di Siena; alla fine del 1993 venne chiamato a Genova e l'anno successivo si trasferì a Palermo, ove rimase fino al 1908; nel, 1909 vinse il concorso per la cattedra di clinica oculistica dell'università di Roma.
Durante la prima guerra mondiale, arruolatosi volontario, il C. venne preposto all'organizzazione superiore dei servizi oftalmici e, al termine del conflitto, gli fu conferita la medaglia doro quale benemerito della pubblica salute. Eletto deputato per il Partito liberale nel collegio di Palermo nel novembre 1919 e rieletto nel giugno 1921, venne nominato senatore del Regno il 20 sett. 1924, In Parlamento si distinse nel campo dell'assistenza sanitaria sociale e propugnò l'istituzione del certificato medico prematrimoniale; si adoperò per la costruzione di acquedotti, di orfanotrofi, di centri di assistenza ai tracomatosi.
Fortemente attratto dai problemi dell'oftalmologia, il C. fu autore di numerosi studi riguardanti, sia l'istologia e l'embriologia, sia la patologia e la chirurgia oculare.
Da ricordare fra i lavori di embriologia: Suiprimi stadi dell'occhio umano, pubbl. nel Giorn. d. Ass. napol. d. med. e natural., del 1891; Zur Entwicklung des Wirbeltierauges, Leipzig 1898; Ober die Genese des Glaskörpers bei Wirbeltieren, in Centralblatt für prakt. Augenheilk., XXVII (1903), pp. 161-169.
Il C. studiò i primi stadi di sviluppo dell'occhio umano, descrivendo le vescicole ottiche come infundiboli delle vescicole cerebrali anteriori, che si sviluppano prima che queste si differenzino in tre parti. Notò inoltre che il sacco ectodermico che avrebbe dato origine al cristallino era ancora aperto in embrioni di 6 mim e chiuso - ma ancora aderente - in quelli di 7, 5 mm.
Nelle ricerche sullo sviluppo del vitreo ne dimostrò l'origine mesodermica e comunicò la scoperta al congresso di Heidelberg del 1903. Le teorie sostenute dal C., più volte messe in discussione, vennero infine completamente confermate quando fu possibile dimostrare l'effettiva derivazione mesenchimale del vitreo.
Studiando lo sviluppo della capsula perilenticolare, scoprì che il mesoderma interposto fra l'ectoderina e la vescicola ottica scompare prima della formazione del cristallino, e concluse pertanto che - allorché questo penetra nel calice della vescicola ottica - non può esser accompagnato da tessuto mesodermico, il quale penetra invece nella vescicola attraverso la fessura ottica, dando luogo così alla prima capsula perilenticolge.
Tra i lavori istologici si ricorda tra gli altri quello sul cloroma effettuato in collaborazione con S. Calderaro (Cloroma bilaterale dell'orbita, in La Clin. Ocul., IV[1903], pp. 1417-1430, 1491-1498), nel quale, pur non riuscendo a fornirne una convincente spiegazione, escluse comunque che la particolare colorazione di tale neoplasia (attualmente attribuita all'azione di una mieloperossidasi) fosse dovuta a pigmenti ematici o biliari o a sostanze granulari od omogenee intra- o extracellulari. Il tumore, inquadrato fra le mielosi sistemiche, fu dal C. considerato come un linfosarcoma.
Descrisse per primo i caratteri istologici della retinite proliferante, ed effettuò per oltre un decennio ricerche sulle lesioni oculari da malattie della sella turcica; in relazione a tali affezioni raccomandò la pratica degli esami radiologici sistematici, ffiettendo in evidenza il fatto che rapidi e inaspettati mutamenti dei campo visivo possono costituire il sintomo clinico precoce di affezioni sellari e parasellari.
L'attività chirurgica del C. toccò quasi tutti i campi; in particolare egli è ricordato per i contributi recati alle tecniche di cheratoplastica e alla chirurgia delle vie lacrimali e dei tumori.
Notevole fu il lavoro da lui compiuto per riorganizzare la clinica, oculistica di Roma. Anzitutto, in locali costruiti exnovo, istituì l'ambulatorio per i poveri: in tale occasione il. C. volle ricordare, con una lapide tuttora insitu, ilconcreto ausilio ricevuto dal ministro per la Pubblica Istruzione dell'epoca, L. Rava. In seguito, con criteri moderni, ristrutturò i laboratori e allesti due distinte camere operatorie per gli interventi sul bulbo oculare e sugli annessi. Fece totalmente ricostruire l'aula. che dotò di un sistema meccanico, comandato elettricamente, per la chiusura delle tende - una novità per l'epoca - per la proiezione di preparati microscopici, di diapositive e, in seguito, perfino di filmati a colori di operazioni oculari, anche questi agli inizi, di cui si serviva per le lezioni agli studenti e agli specializzandi. E come nelle cliniche da lui precedentemente dirette aveva costituito, anche con personali donazioni, ricche biblioteche, altrettanta cura rivolse a quella di Roma, che provvide anche di tavole e fotografie a colori, per cui gli fu preziosa la ricordata collaborazione collo Spalteholz.
Negli ultimi anni, trascorsi a Roma il C. fuse cogli Annali di ottalmologia il suoperiodico, dando vita agli Annali di ottalmologia e di clinica oculistica, e ordinò all'estero i macchinari occorrenti perché la nuova rivista fosse stampata con mezzi moderni e la gestione risultasse autonoma. Diede impulso alla Associazione degli oculisti italiani, che assunse la denominazione di Società italiana di oftalmologia, e si adoperò perché venisse riconosciuta come ente morale (1922).
Morì a Roma il 19 marzo 1929.
Bibl.: Necrol., in Policlinico, XXXVI (1929), pp. 510 ss.; in Ann. d. R. Univ. di Roma, anno acc. 1929-1930, Roma 1930, p. 439, in Bull. d. Acc. med. di Roma, LV (1929), pp. 173-178; in Amer. Journ. of Ophth., XII(1929), p. 630; L. Maggiore, G. C. Cenni biogr., in Ann. di ottalm. e di clin. ocul., LVIII (1930), pp. 9-43; D. D'Amico, G. C. nel giudizio degli ital. e degli stranieri, Verona 1929; G. Ovio, L'oculistica di A. Scarpa e due secoli di storia, Napoli 1936, II, p. 884; A. Contino, G. C., in La celebraz. dei grandi medici sicil., Palermo 1940, pp. 81-85; J. Fischer, Biograph. Lex. der hervorragenden Ärzte... [1980-1930], I, p. 250; Enc. Ital., X, p. 441.