CANDIDO, Giuseppe
Nacque a Lecce il 28 ott. 1837 da Ferdinando e Stella De Pascalis, primogenito di sette figli. Nel 1847 entrò nel locale collegio dei gesuiti, dove si distinse per la vivacità dell'ingegno e per la grande passione agli studi di fisica e matematica (in occasione della visita a Lecce di Ferdinando II re delle Due Sicilie, nel 1859, assisté il suo maestro, il gesuita P. N. Miozzi, nell'accensione di una lampada elettrica ad arco). Alla fine del 1860 passò all'università di Napoli, dove conseguì la laurea in scienze naturali, fisiche e matematiche; in seguito si laureò pure in teologia. Tornato a Lecce, fu ordinato sacerdote e insegnò lettere nel seminario diocesano e nel liceo Palmieri. Aprì anche, nella sua casa, una scuola gratuita, molto frequentata, di fisica sperimentale, attrezzata con apparecchi scientifici fatti venire da Parigi e con altri da lui stesso costruiti nel proprio laboratorio. Tra l'altro il C. rese evidente l'esperienza di Galilei sulla caduta dei gravi mediante un piano inclinato elettrico di sua invenzione.
Sono da ricordare alcune invenzioni del C., tra cui speciali campanelli elettrici e un apparecchio elettromagnetico che suonava la sveglia all'ora voluta, accendeva una lampada idroplatinica e la spegneva dopo un determinato periodo di tempo. Per tracciare la linea meridiana sugli orologi solari il C. ideò un metodo da lui denominato eliografico, che consisteva nell'impressionare con i raggi del sole una carta sensibile per fotografia. Ma l'invenzione che lo rese più noto fu la sincronizzazione del movimento e del suono di un gruppo di pubblici orologi da torre ottenuta elettricamente. I precedenti tentativi di altri illustri fisici erano falliti perché la polarizzazione delle pile allora impiegate non consentiva di ottenere un'intensità di corrente sufficientemente costante; egli raggiunse lo scopo modificando opportunamente la pila Daniell. La pila messa a punto dal C., a diaframma regolatore, fu premiata all'Esposizione internazionale di Parigi del 1867.
La pila che azionava elettricamente e in sincronismo gli orologi di Lecce, per la prima volta in Europa, era costituita da quaranta elementi. La stazione centrale degli orologi, inaugurata il 19 ott. 1868, era installata sull'antico seggio municipale veneziano, in piazza S. Oronzo, allora corpo di guardia. Dall'orologio principale partiva il comando a tutte le stazioni orarie asservite, dove si trovavano installati gli altri quadranti; sincronicamente le elettrocalamite situate dietro i quadranti producevano lo scatto degli indici a ogni minuto primo; anche le suonerie, azionate su comando elettrico da un opportuno sistema di leve, agivano ogni quarto d'ora, in modo che le campane di tutte le torri suonavano all'unisono. L'installazione degli orologi elettrici di Lecce, realizzata a proprie spese dal C., ebbe termine nel 1874(gli orologi funzionarono ininterrottamente fino al 25 ott. 1937).Nella stazione centrale il tempo era regolato da un pendolo elettromagnetico sessagesimale, ideato anch'esso dal Candido.
Nel 1881 Leone XIII nominò il C. vescovo titolare di Lampsaco e coadiutore, con futura successione, del vescovo di Nicastro. Nominato vescovo di Nicastro nel 1882, il C. affrontò nella sua diocesi notevoli spese, soprattutto per il seminario. Nel 1888 fu nominato vescovo della diocesi di Ischia, ma ne prese possesso solo nell'agosto 1889. Qui rimediò ai danni del terremoto del 1883, riparando edifici ecclesiastici e costruendo nuove parrocchie. Provvide inoltre a una più razionale illuminazione del vescovado e del seminario, inventando un gasogeno automatico ad acetilene, sicuro contro ogni esplosione.
Il C. descrisse le sue invenzioni in saggi e monografie; collaborò assiduamente a periodici nazionali ed esteri, in particolare a Les mondes, la rivista parigina di scienze applicate. Fra le altre onorificenze conferitegli da università e accademie merita di essere ricordato l'attestato della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, della quale divenne socio corrispondente il 15 febbr. 1900. Alla opera di scienziato e di sacerdote affiancò un'appassionata attività di pittore dilettante.Una grave malattia l'obbligò a interrompere le sue occupazioni e a rinunziare alla carica di vescovo (18 apr. 1901). Ottenuto l'esonero, il C. fu nominato vescovo titolare di Cidonia. Morì ad Ischia, dove aveva voluto rimanere, il 4 luglio 1906, e fu sepolto nella cappella del capitolo in quel cimitero.
Fonti e Bibl.: Oltre alle notizie fornite da C. d'Ambra, sacerdote della diocesi d'Ischia, cfr. G. Candido, G. C. …, Lecce 1937, pp. 6-31; L. G. De Simone, Lecce e i suoi monumenti descritti e ill., Lecce 1874, I, p. 245; C. De Giorgi, S. E. mons. G. C. e gli orologi elettrici di Lecce, Lecce 1899; In mem. di mons. G. C., Lecce 1907; La stazione degli orologi elettrici di Lecce, in La Tribuna (Roma), 26 nov. 1937; G. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi, Trani 1904, p. 193; E. Morpurgo, Diz.degli orologiai italiani, Roma 1950, p. 41.