BRUNI, Giuseppe
Chimico, nato a Parma il 2-5 ag. 1873 da Ernesto e da Emilia Mattavelli. Il padre, avvocato, ricoprì per molti anni l'ufficio di segretario del comune di quella città. Compiuti gli studi classici, si era iscritto al corso di ingegneria del politecnico di Milano, che abbandonò un anno dopo per seguire gli studi di chimica pura presso l'università di Parma. Qui si laureò nel 1896 svolgendo una tesi sperimentale sui crioidrati. Alla fine dello stesso anno si trasferiva a Bologna, ove G. Ciamician aveva fondato nel 1889la più importante delle scuole italiane di chimica. Dopo un primo lavoro di chimica organica, egli si era decisamente orientato allo studio delle soluzioni solide, un campo in cui doveva lasciare la sua impronta più originale.
Nel volgere di pochi anni, in una serie di magistrali ricerche, il B. poté dimostrare che i sistemi omogenei tra solidi seguono sempre e completamente la teoria delle soluzioni di van't Hoff. Di questo fondamentale e chiarificatore contributo alla conoscenza delle soluzioni solide doveva avere il più esplicito riconoscimento da parte dello stesso van't Hoff e da W. Ostwald. Altro contributo originale in questo campo è l'impiego dell'isomorfismo come criterio per l'assegnazione della configurazione spaziale di sostanze organiche; così dall'isomorfismo esistente tra gli acidi succinico e fumarico, tra azobenzene, stilbene e dibenzile dedusse la struttura trans dell'acido succinico allo stato solido, dell'azobenzene e del dibenzile, che doveva trovare poi brillante conferma venticinque anni dopo nelle misure di momento dipolare. A quel periodo appartiene pure il metodo, divenuto classico, di distinzione tra racemici, conglomerati e cristalli misti pseudoracemici di sostanze otticamente attive, basato sullo studio delle curve crioidratiche.
Nel 1901, vincitore li una borsa per l'estero del ministero della Pubblica Istruzione, il B. si trasferì a Berlino nel laboratorio di van't Hoff, ove tra l'altro condusse a termine la monografia Ueber feste Lösungen (Berlin 1901), divenuta opera classica su questo argomento. Rientrato dopo un anno a Bologna, si dedicò con rinnovato fervore allo sviluppo del tema preferito delle soluzioni solide e miscele isomorfe conseguendo nuovi ed importanti risultati nella soluzione di problemi strutturali interessanti la chimica organica.
Dall'isomorfismo tra azossicomposti aromatici e nitroni dedusse che la struttura di N-ossidi assegnata ai primi da A. Angeli era quella corretta, prima ancora che questi, con l'isolamento di due isomeri nel caso degli azossicomposti asimmetrici, ne desse l'inoppugnabile dimostrazione. Pure di quel periodo sono le ricerche intese a dare supporto sperimentale alla teoria della solvatazione degli ioni, il riconoscimento della natura di complesso metallammonico dei sali di rame e di nichel degli α-amminoacidi, e gli studi sulle soluzioni colloidali per le quali, sulla base del loro comportamento crioscopico, concluse che dovevano essere considerate sistemi eterogenei (Gazz. chim. ital., XXXI [1901], pp. 244-252), prima che la scoperta dell'ultramicroscopio (1902) permettesse di darne la dimostrazione diretta.
Nel novembre 1905, vincitore di concorso, il B. veniva chiamato a coprire la cattedra di chimica generale del politecnico di Milano. Qui però restò solo un anno, avendo accettato l'invito per la stessa cattedra dell'università di Parma. Apertasi nel 1908a Padova la successione di R. Nasini, si trasferiva, per consiglio del Ciamician, a quella sede. Il decennio trascorso nell'atmosfera a lui congeniale di quell'antica città universitaria fu uno dei più fruttuosi per l'attività scientifica del B., che troviamo legata ai nomi di collaboratori ed allievi come L. B. Vanzetti, G. Pellini, D. Meneghini, C. Sandonnini M. Amadori e G. R. Levi, tutti poi saliti alla cattedra universitaria.
Tra i risultati più salienti di quel periodo vanno ricordati la dimostrazione per via crioscopica della esistenza di persolfuri superiori di idrogeno, l'elegante metodo di preparazione di soluzioni solide tra metalli per diffusione allo stato solido, lo studio mediante l'analisi termica di sistemi metallici, le ricerche sugli ammoniacati dei sali di argento e, soprattutto, quelle con G. R. Levi sull'acido cloroso e i suoi sali (1915), in cui vengono gettate le basi della chimica di queste sostanze a quel tempo difficilmente accessibili e assai poco studiate.
Una svolta importante nell'attività del B. doveva segnare il suo trasferimento, alla fine del 1917, alla cattedra di chimica generale e inorganica del politecnico di Milano, ove egli doveva restare per tutto il resto della sua carriera, fino al 1943. La Società Pirelli gli aveva affidato la direzione del laboratorio di ricerche chimiche e chimico-fisiche, ed egli, per la prima volta, si trovò a dover affrontare e risolvere problemi di carattere pratico.
Anche in questo campo, per lui del tutto nuovo, egli doveva portare contributi originali di elevato interesse tanto scientifico che industriale. Basti ricordare il chiarimento della natura chimica del processo di vulcanizzazione a freddo della gomma, che egli dimostrò consistere nell'addizione di cloruri politionici sui doppi legami del caucciù con formazione di ponti di atomi di zolfo (Rend. dell'Acc. dei Lincei, s. 5, XXX[1921], pp. 337-344; Giorn. di chimica ind. e appl., III[1921], pp. 351-354, con E. Romani); le ricerche sugli ultracceleranti e la scoperta di nuovi metodi di vulcanizzazione (Rend. dell'Acc. dei Lincei, s. 5, XXX[1921], pp. 280-283);la introduzione di nuovi acceleranti come i disolfuri di alchiltiourame ed il mercaptobenzotiazolo (ibid., XXXI [1922], pp. 86-88, con E. Romani).
Le geniali scoperte di M. Laue, W. L. Bragg e P. J. Debye, che avevano rivelato nell'analisi roentgenografica un nuovo e potente mezzo d'indagine della struttura della materia allo stato cristallino, dovevano riportare il B. con rinnovato entusiasmo al campo prediletto di studi.
Nel 1924 con G. R. Levi, allora suo assistente, aveva creato presso il politecnico di Milano il primo centro italiano di studi strutturistici roentgenografici, che doveva per molti anni costituire una fucina di intensa ed originale attività scientifica; a questa scuola si sono formati studiosi come G. Natta e A. Ferrari. È ancora il problema dell'isomorfismo che viene di preferenza trattato con il nuovo metodo d'indagine, con lo studio dell'isomorfismo tra composti di elementi a valenza diversa e la giustificazione della formazione di soluzioni solide tra sostanze, come il benzene e il tiofene, che non sono isomorfe.
Accanto all'attività di scienziato del B. occorre ricordare il contributo da lui portato alle delicate questioni della proprietà intellettuale. La sua eccezionale competenza in materia di brevetti, riconosciutagli anche all'estero, faceva sì che a lui si facesse spesso ricorso in importanti controversie internazionali. Fu tra i fondatori nel 1919 a Milano del Giornale di chimica industriale e applicata, divenuto nel 1935 La chimica e l'industria, e ispiratore con E. Rignano nel 1907 della rivista Scientia. Da ricordare anche la sua attività di trattatista: le sue Lezioni dichimica generale e inorganica, uscite nel 1921 (Milano) e costantemente curate e aggiornate nelle numerose successive edizioni, hanno costituito per decenni il libro di chimica più letto in Italia.
Della sua opera scientifica aveva avuto ampi riconoscimenti in patria e all'estero. Insignito nel 1913 del premio reale dell'Accademia dei Lincei, fu eletto socio nazionale di questa nel 1922. Era pure socio dell'Istituto veneto, dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, dell'Accademia delle scienze di Torino, dell'Accademia detta dei Quaranta. L'American Chemical Society lo aveva nominato socio onorario nel 1923. Fu deputato al parlamento per la XXVIII e XXIX legislatura e consigliere nazionale per la XXX. Morì il 3 genn. 1946 nella sua casa di Fossadello di Caorso presso Piacenza.
Bibl.: A. Quilico, necrologio, in La chimica e l'industria, XXVIII (1946), pp. 1-2. Commemorazione solenne tenuta dallo stesso autore al politecnico di Milano, edita a Milano (1948), da C. Tamburini, contenente l'elenco completo dei lavori; A. Coppadoro, I chimici italiani e le loro associazioni, Milano 1961, pp. 279 s.